venerdì 24 gennaio 2014

Natura affascinante...



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Alessandro Di Battista (M5S) - Servizio Pubblico

Università, test con il trucco: nomi dei professori già scritti prima della selezione. - Carlo Di Foggia e Francesco Ridolfi

Università, test con il trucco: nomi dei professori già scritti prima della selezione

Diversi candidati alla selezione per docenti universitari hanno inviato - sia al ministero dell'Istruzione che a Il Fatto Quotidiano - una lettera con i nomi che sarebbero stati scelti all'esame in Storia antica. E 15 erano proprio quelli poi abilitati. Rapporti tra commissari e aspiranti, romanzi e un diploma in chitarra presentati come pubblicazioni scientifiche: c'è anche questo nel caos dell'abilitazione scientifica nazionale.

Volevo complimentarmi con voi…”. Sono i primi di maggio quando iniziano a circolare email in cui compaiono i nomi degli abilitati alla prima fascia (professore ordinario) nella materia di Storia antica. È uno dei 180 settori che compongono l’abilitazione scientifica nazionale (Asn): si tratta del nuovo sistema di reclutamento voluto dall’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini per evitare lo scandalo dei concorsi truccati, dove spesso passava chi aveva il cognome giusto. Lo scandalo, invece, si ripete e il copione è sempre lo stesso: i vincitori si conoscono in anticipo, in palese violazione delle regole. Con studiosi di profilo internazionale con decine di pubblicazioni bocciati e modesti concorrenti promossi. I risultati della commissione esaminatrice sono stati infatti pubblicati solo molti mesi dopo, per la precisione, il 14 gennaio scorso. Eppure gli scambi di complimenti sono continuati ben prima della chiusura della selezione, tanto che tutti i nomi degli abilitati sono usciti fuori. A quel punto la rabbia dei candidati è esplosa, anche alla luce di giudizi contraddittori e rapporti tra commissari ed esaminati.
In ottobre, una lista con 15 nominativi viene spedita con raccomandata al ministero dell’Istruzione, all’attenzione del ministro Maria Chiara Carrozza e al direttore generale per l’Università, Daniele Livon. La stessa lista viene spedita anche a Il Fatto Quotidiano, anticipata da una email, datata 18 dicembre, cioè quasi un mese prima che i risultati fossero resi pubblici. L’incertezza è durata fino a martedì 14 gennaio, poi la clamorosa scoperta: i nomi combaciavano tutti. “Si è verificata una situazione deplorevole – si leggeva nella lettera – e, per più ragioni, di grave irregolarità: ancora prima che fosse avviata la procedura di valutazione dei candidati, già circolavano i nomi dei ‘fortunati’ che avrebbero ottenuto l’abilitazione. I sospetti sono divenuti certezza da almeno sei mesi, anche se a tutt’oggi gli esiti del Concorso di abilitazione non sono pubblici, circola la lista degli abilitati”. I firmatari sono pronti a recarsi dai magistrati perché indaghino sulla selezione. Mentre dal ministero prima negano di aver ricevuto la lettera, poi chiedono lumi sulla ricevuta di ritorno. Appurato che sulla lettera c’è il timbro ministeriale, non commentano.
Tra i mittenti della missiva, ci sono diversi nomi di candidati che pur avendo i titoli per ottenere l’abilitazione, sono stati bocciati. Tra questi, un ricercatore con oltre 80 pubblicazioni e esperienze di insegnamento all’estero, tra cui la Sorbona di Parigi . Oltre al profilo penale ipotizzato, infatti, ce n’è anche uno amministrativo. “In questo stesso periodo, è ampiamente noto che intensi sono stati i contatti tra i candidati e i loro commissari ‘sostenitori’ – continua il testo – È facile capire che l’attribuzione dell’abilitazione non è sempre avvenuta su base meritocratica. Alcuni studiosi, con un curriculum ricco e articolato e di profilo internazionale sono stati esclusi, pur rispondendo ai criteri adottati dal Miur e dalla stessa Commissione; mentre altri, di produttività scientifica più modesta, hanno conseguito l’abilitazione”. Le anomalie sono le stesse segnalate in molti altri insegnamenti, come i rapporti pregressi tra commissari (5 nomi sorteggiati in una lista di idonei), e tra questi e gli stessi candidati. Qui il commissario esterno, di norma uno straniero, è italiano, ed è stato allievo del presidente della commissione. Un altro commissario risulta relatore della tesi di laurea di uno degli abilitati, nell’elenco di titoli compare anche un “diploma in Chitarra classica” e nessuna esperienza d’insegnamento.
Ma le segnalazioni di irregolarità, brogli, parentele e favoritismi pesano sull’intero sistema, e si ripetono ormai da settimane, con diverse interrogazioni parlamentari. A Lecce, durante un convegno, sarebbero stati anticipati i risultati del settore “Organizzazione aziendale”, violando il segreto. In “Storia medievale” 38 studiosi hanno accusato i commissari di aver truccato i propri curricula. A “Scienze del libro e Scienze storico-religiose”, nessuno dei commissari aveva competenze in quest’ultima, e in alcuni curricula compaiono pubblicazioni che nulla hanno a che fare con il settore, come libri di poesia e romanzi. A “Sociologia” diversi candidati stanno studiando i risultati con un supporto legale. Qui i commissari avrebbero dedicato solo 50 secondi per valutare ogni singolo candidato. Tutta materia per i giudici. Dubbi sull’intero sistema erano già stati avanzati dal Consiglio di Stato, ma ignorati dalla Gelmini. La scientificità dei parametri (le mediane) era stata contestata dal mondo accademico.
Nel gennaio del 2013 una circolare dell’allora ministro Francesco Profumo ha lasciato ampio margine ai commissari, creando il caos. Il 16 gennaio due commissioni hanno congelato i risultati e riaperto i lavori con la procedura di “autotutela”. In meno di una settimana se ne sono aggiunte altre otto. Ma non quella di “Storia” di cui ci stiamo occupando.
Ma non sono solo questi concorsi truccati, lo sono anche i test per accedere alle facoltà universitarie. Se non si è negli elenchi inviati dai partiti politici non c'è speranza di superarli. I test compilati dai più bravi, infatti, non essendo prevista la firma del concorrente, vengono attribuiti ai "nominati" negli elenchi. E' la solita vergogna dei voti di scambio, un "do ut des" continuo tra la malapolitica e chi si sottopone ad essa per riuscire ad ottenere un qualcosa.

giovedì 23 gennaio 2014

Italia, 52 miliardi di euro sottratti al fisco. 14mila lavoratori in nero.

Italia, 52 miliardi di euro sottratti al fisco. 14mila lavoratori in nero

La Guardia di finanza ha diffuso i dati riguardanti la lotta all’evasione fiscale nel 2013. Individuati 12mila responsabili di reati fiscali e 8mila evasori. Quasi 300 milioni di euro intercettati ai valichi di frontiera. Scontrini irregolari per un negozio su tre.

Quasi 52 miliardi sottratti alla tassazione e 4,9 quelli di Iva evasa, mentre un’attività commerciale su tre ha emesso, se lo ha fatto, una ricevuta o uno scontrino fiscale irregolare. A questo si aggiungono 2.726 denunce per frodi e reati fiscali, che hanno portato a 202 arresti principalmente per aver utilizzato o emesso fatture false (5.776 violazioni), non aver versato l’Iva (534 casi), aver omesso di presentare la dichiarazione dei redditi (2.903 violazioni) o aver distrutto e occultato la contabilità (1.967 casi). Infine sono 27mila i lavoratori in nero o irregolari, 12mila persone responsabili di reati fiscali e 8mila evasori totali. La guardia di finanza ha pubblicato i dati riguardanti la lotta all’evasione fiscale nel 2013, rendendo noto che sono state avviate procedure di sequestro per 4,6 miliardi di euro e in totale sono 298 i milioni in contanti e i titoli intercettati ai valichi di frontiera.
Numeri che producono gravi danni al bilancio dello Stato, dell’Unione Europea, delle Regioni e degli Enti locali, alterando anche la concorrenza tra imprese. La lotta all’evasione fiscale, chiarisce una nota della Guardia di Finanza, è stata condotta per colpire in modo unitario tutti gli aspetti di illegalità connessi alle violazioni tributarie attraverso verifiche e controlli, indagini, analisi di rischio e controllo del territorio per far emergere anche i responsabili di altre forme di illeciti tributari.
Il “tesoretto” sottratto al fisco – Ammontano a 15,1 miliardi di euro i ricavi non dichiarati ed i costi non deducibili scoperti sul fronte dell’evasione fiscale internazionale grazie anche agli strumenti di collaborazione amministrativa con altri Stati ed all’attività degli “esperti” all’estero. In particolare, i casi più rilevanti riguardano i trasferimenti “di comodo” della residenza di persone e società in paradisi fiscali e l’individuazione di stabili organizzazioni occulte, ovvero di sedi secondarie non dichiarate al fisco di società con sede estera che svolgono in Italia attività soggette a tassazione. Sono stati scoperti 8.315 evasori totali che hanno occultato redditi al fisco per 16,1 miliardi di euro e sono pari a 20,7 miliardi di euro i ricavi non contabilizzati ed i costi non deducibili rilevati con riferimento agli altri fenomeni evasivi. E’ di oltre 4,9 miliardi di euro l’Iva evasa, di cui 2 miliardi riconducibili a “frodi carosello” basate su fittizie transazioni commerciali con l’estero. Sono 145 milioni di euro di imposte evase sono state constatate in esito a frodi nel settore delle accise (imposte che riguardano anche i prodotti energetici).
Lavoratori in nero e irregolari – Individuati anche 14.220 lavoratori completamente “in nero” e 13.385 irregolari, impiegati da 5.338 datori di lavoro, effettuati oltre 9mila interventi nel settore dei giochi e delle scommesse, scoprendo violazioni in 3.500 casi a carico di 10mila responsabili e rilevando scommesse non assoggettate ad imposta per 123 milioni di euro. Inoltre sono stati eseguiti oltre 400 mila controlli sul rilascio di scontrini e ricevute fiscali, sia attraverso il sempre più frequente ricorso a piani coordinati di controllo calibrati sulle singole realtà territoriali che nell’ambito dei quotidiani servizi rivolti al contrasto delle varie forme di abusivismo ed illeciti in campo economico: rilevate irregolarità nel 32% dei casi.
Contanti alle frontiere – A questo si aggiungono oltre 298 milioni di euro in contanti intercettati e titoli illecitamente trasportati attraverso i confini nazionali, con un forte incremento (+ 140% rispetto al 2012) della valuta sequestrata in frontiera, pari ad oltre 258 milioni, anche grazie ad un sistema sanzionatorio più severo ed incisivo entrato in vigore nel corso del 2012. Le violazioni contestate sono state 4.760. Da segnalare anche la cooperazione delle altre istituzioni e della collettività nel contrasto all’evasione fiscale che ogni giorno affiancano la gdf e le altre istituzioni da sempre impegnate in prima linea: comuni, ordini professionali, associazioni di categoria e non solo. Tra i molti casi, si segnala il “Patto Antievasione” contro gli affitti in nero recentemente siglato dal Comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma con Regione Lazio, Roma Capitale e tre Università capitoline (“La Sapienza”, “Tor Vergata” e “Roma Tre) secondo una strategia che muove su due direttrici parallele: da una parte più peso all’intelligence ed alle sinergie per smascherare i proprietari disonesti. 

martedì 21 gennaio 2014

Nuovo arresto per Monsignor Scarano: sequestrati beni immobili e denaro per milioni di euro.



All'ex contabile dell'amministrazione del patrimonio della Sede apostolica è stata notificata un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. Le accuse ipotizzate nei suoi confronti sono concorso in riciclaggio e falso. Ai domiciliari anche un altro sacerdote.

Nuovo arresto per monsignor Nunzio Scarano, l'ex contabile dell'Aspa, l'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica. 
La Guardia di Finanza gli ha notificato un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. 
Gli investigatori avrebbero accertato finte donazioni per milioni di euro. 
Le accuse ipotizzate nei confronti dell'alto prelato, che era già stato arrestato lo scorso giugno e poi messo ai domiciliari, sono concorso in riciclaggio e falso. 

Monsignor Scarano alla notifica della nuova misura cautelare ha avuto un malore. 
Il suo legale, Silverio Sica, ha già chiesto al gip la visita psichiatrica del suo assistito, a causa del "profondo turbamento psicologico" generato dalle nuove accuse. 
In corso una perquisizione anche nel domicilio del monsignore su ordine del gip del Tribunale di Salerno. 
Non c'è stato al momento alcun accesso della Finanza nella sede dello Ior: stamattina è stata avanzata per il tramite del ministero della giustizia una richiesta di rogatoria al Vaticano che è ora in attesa di risposta.  
Ai domiciliari anche un altro sacerdote. 
Le accuse di riciclaggio che hanno portato Scarano agli arresti domiciliari, a Salerno, sono state formulate dalla Procura della Repubblica campana in un'inchiesta su riciclaggio di ingenti somme di denaro. 
Ai domiciliari è stato posto anche un altro sacerdote, Don Luigi Noli, parroco a Salerno

Per un notaio è stato adottata la misura del divieto dell'esercizio dell'attività professionale
I provvedimenti sono del Gip di Salerno e sono stati eseguiti dalla Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Giudiziaria di Salerno.  
Scarano già agli arresti. 
Dallo scorso 25 ottobre monsignor Scarano era agli arresti ospedalieri, per gravi motivi di salute, presso una casa di cura di Salerno su decisione del gip di Roma. 
Nella capitale, dove si indaga da tempo sui conti accesi presso lo Ior, l'altro prelato è sotto processo perché accusato di corruzione in concorso con l'ex 007 Giovanni Maria Zito e il broker Giovanni Carenzio (per i quali il gup si deve ancora pronunciare) in relazione al tentativo (fallito) di far rientrare in Italia 20 milioni di euro depositati in Svizzera e riconducibili agli armatori D'Amico. 
Contro Scarano si erano costituiti parte civile la Presidenza del Consiglio dei ministri e l'Aisi, il servizio di sicurezza interna. 
Il monsignore, che risponde anche di un episodio di calunnia, aveva fatto sapere ai giudici della quinta sezione penale del tribunale, tramite il proprio difensore, l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, che non si sarebbe presentato mai in aula.  

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/nuovo-arresto-monsignor-scarano-guardia-di-finanza-7d30f28f-c192-4fa5-b635-7f710d583c9b.html?refresh_ce

Giustizia, il ministro Cancellieri: “Oltre otto milioni di processi pendenti”.

Annamaria Cancellieri

Il Guardasigilli legge alla Camera la relazione annuale sull'amministrazione della Giustizia. "Siamo in presenza di un fenomeno imponente di dilatazione, in termini quantitativi, ma soprattutto qualitativi, del lavoro giudiziario provocato non solo da un aumento della litigiosità nel campo civile o della attività criminale in campo penale", ma anche dalle "trasformazioni della società".

“Il funzionamento del sistema giudiziario” continua a essere “in sofferenza” “pur a seguito dei numerosi interventi introdotti negli ultimi anni. È sotto gli occhi di tutti l’eccessivo carico di lavoro che affligge gli uffici giudiziari. Alla data del 30 giugno 2013 si contano 5.257.693 di processi pendenti in campo civile e quasi 3 milioni e mezzo in quello penale”.
Il Guardasigilli Annamaria Cancellieri legge alla Camera la relazione annuale sull’amministrazione della Giustizia. “Siamo in presenza di un fenomeno imponente di dilatazione, in termini quantitativi, ma soprattutto qualitativi, del lavoro giudiziario provocato non solo da un aumento della litigiosità nel campo civile o della attività criminale in campo penale”, ma anche dalle “trasformazioni della società“. 
Con la riforma della geografia giudiziaria “non solo sono state eliminate le strutture di modeste dimensioni, dove in alcuni casi era evidente la sproporzione tra il numero di persone addette all’ufficio ed il basso carico di lavoro, ma è stata anche alleggerita la pressione sugli uffici metropolitani di maggiori dimensioni, come Milano, Torino e Napoli” spiega il ministro della Giustizia. 
“Le inefficienze della giustizia hanno pesanti ricadute anche sul debito pubblico. I ricorsi per il riconoscimento della responsabilità dello Stato per i ritardi in materia giudiziaria, regolati dalla legge Pinto, costituiscono larga parte del contenzioso seguito dal ministero. Numero ed entità delle condannerappresentano annualmente ancora una voce importante del passivo del bilancio della Giustizia, la cui eliminazione va posta come prioritario obiettivo –  dice il ministro -. L’alto numero di condanne ed i limitati stanziamenti sul relativo capitolo di bilancio, hanno comportato un forte accumulo di arretrato del cosiddetto debito Pinto che, ad ottobre 2013, ammontava ad oltre 387 milioni di euro” aggiungendo che sono “circa1000 i ricorsi proposti alla Corte Europea dei Diritti Umani per lamentare il pagamento ritardato degli indennizzi, che comporteranno ulteriori esborsi a carico dello Stato”. 
“Al 9 gennaio 2014 i detenuti in carcere erano 62.326, in progressivo decremento rispetto alla rilevazione del 4 dicembre 2013 quando il numero era di 64.056. Si registra inoltre un sostanziale dimezzamento degli ingressi mensili” spiega la Cancellieri  facendo un bilancio degli esiti del decreto carceri varato a dicembre, parlando di “primi risultati incoraggianti”.
Egregia ministra, l'imponente dilatazione dei termini, l'aumento della litigiosità, la trasformazione della società, sono solo le cause della vostra pessima amministrazione del paese.
Se solo vi decideste e dare il buon esempio, a fare leggi intelligenti che non siano in conflitto tra loro creando caos, forse, e dico forse, qualcosa cambierebbe. Ma siamo in Italia, dove si dà l'opportunità ad un pregiudicato di partecipare alla creazione di una legge elettorale che rispetti la costituzione e la volontà dei cittadini, che si trasmettano in tv trasmissioni feccia in cui il litigio è doveroso, dove la classe dirigente dà di se un pessimo esempio, sperare che qualcosa cambi è utopistico.

Sicilia, il parlamento più costoso d’Europa: solo in caffetteria se ne vanno 800mila euro. - Giuseppe Pipitone

Sicilia, il parlamento più costoso d’Europa: solo in caffetteria se ne vanno 800mila euro


Spesi 165 milioni di euro nel 2013 dall'Assemblea Regionale Siciliana. Contro i 68 milioni di Regione Lombardia, che ha quasi il doppio degli abitanti dell'isola. Il Piemonte si ferma a quota 62 e la Campania, che ha contenuto le uscite, è a quota 66 milioni. Ecco la lista di tutte le spese: dalle tende alla manutenzione di Palazzo Normanni, dal costo dei dipendenti in servizio a quelli in pensione. E poi le spese di rappresentanza: ogni onorevole si fa rimborsare 27 caffè al giorno.

È il parlamento più antico del mondo, convocato per la prima volta da re Ruggero I addirittura nel 1097. Il 10 maggio del 1947 fu anche il primo parlamento a riunirsi nell’Italia repubblicana. Oggi, dieci secoli dopo la prima convocazione, ambisce anche a un altro primato: quello di parlamento regionale più costoso d’Europa. E forse anche del mondo intero. È l’Assemblea Regionale Siciliana, il più speciale dei consigli regionali italiani e non solo perché i suoi componenti sono gli unici, fuori da Montecitorio e Palazzo Madama, a potersi fregiare del titolo di onorevoli. A Palazzo dei Normanni, tra le scalinate percorse nei secoli da Angioini e Borbone, di onorevole c’è anche la lista della spesa.
Se il Parlamento italiano è il più costoso d’Europa, quello siciliano infatti è il parlamento regionale che costa di più non solo in Italia, ma anche nel resto del continente. Le cifre parlano da sole: nel 2013 l’Ars è costata quasi 165 milioni di euro. A poco è servita la spending review da una decina di milioni operata dal nuovo presidente Giovanni Ardizzone (nella foto): nell’ultimo bilancio varato da Palazzo dei Normanni si sottolinea che, rispetto al 2012, l’Ars ha fatto risparmiare 11.135.656 euro, per una spesa corrente di 164.077.563. Un piccolo taglio su una cifra che rimane comunque spropositata e fuori mercato, se si pensa agli appena 68 milioni di euro spesi dalla Regione Lombardia, che ha quasi il doppio degli abitanti dell’isola, al Piemonte, che si ferma a quota 62 milioni, e alla Campania che ha contenuto le uscite a quota 66 milioni.
In realtà la situazione è molto peggiore di come appare: fatti due conti, si scopre infatti che il parlamento siciliano costa ad ogni cittadino più del Senato e della Camera dei Deputati, che pure non brillano certo per sobrietà. Montecitorio e Palazzo Madama, infatti, costano ad ognuno di noi 27 euro e 15 centesimi (più di quanto costano insieme i parlamenti di Francia, Germania, Spagna e Inghilterra ai rispettivi cittadini), mentre ogni siciliano spende ben 33 euro all’anno per mantenere in funzione Palazzo dei Normanni, che quindi ha un costo pro capite superiore del 25 per cento rispetto al Parlamento nazionale. Gran parte delle spese dell’Ars sono dovute alle indennità dei novanta deputati che costano 20.425.000 euro all’anno. Dal 2017, ovvero dalla prossima legislatura, gli onorevoli rimarranno soltanto in settanta, nel frattempo però l’Ars continuerà a spendere altri venti milioni all’anno per previdenza e vitalizi degli ex onorevoli.
Esorbitante il costo dei dipendenti di Palazzo dei Normanni: 37.895.000 euro per quelli in servizio, più 45.580.000 euro per quelli in pensione. Sette milioni e duecentomila euro sono invece serviti nel 2013 per far funzionare i gruppi parlamentari, cifra ridotta rispetto al passato, dopo che l’inchiesta della procura di Palermo ha squarciato il velo sulle spese pazze e fuori controllo rimborsate agli onorevoli della scorsa legislatura. Oltre ai fondi per i gruppi, però, Palazzo dei Normanni spende anche tre milioni e settecentomila euro per imprecisate “collaborazioni esterne per il Consiglio di Presidenza e per le Commissioni parlamentari”. Dispendiosa anche l’attività istituzionale: 600 mila euro ai quali ne vanno aggiunti altri 150 mila per la celebrazione della prima seduta dell’Ars, più l’acquisto di generiche “pubblicazioni di carattere storico-politico- sociale”. Libri, pubblicazioni e giornali sono un vero pallino per gli onorevoli siciliani che solo di abbonamento alle agenzie di stampa spendono 585mila euro all’anno, mentre 120mila euro servono per abbonarsi a quotidiani e riviste. Abbonamenti multipli dato che altri 52 mila euro all’anno per i giornali sono inseriti anche nei 220 mila euro previsti per il funzionamento della biblioteca, dove la rilegatura dei quotidiani costa 65 mila euro, mentre la promozione culturale pesa sulle casse di Palazzo dei Normanni per 80 mila euro ogni anno.
Questo diventerà un palazzo di vetro” disse Ardizzone insediandosi sulla poltrona più alta dell’Ars. Ma promuovere ciò che avviene dentro il palazzo di vetro vuol dire mettere mano al portafogli, dato che a bilancio ci sono 220 mila euro per “studi, ricerche, documentazione e informazione dell’Amministrazione” e 70 mila euro per la stampa degli atti parlamentari. Ben 1.295.000 euro occorrono invece per la duplicazione dei documenti: logico dunque che a bilancio siano messi anche 130 mila euro per l’acquisto di carta, 30 mila di spese postali, mentre 480 mila euro vengono girati alla Fondazione Federico II, che ha come scopo “la diffusione dell’attività istituzionale e la promozione dei beni monumentali”. Sfogliando il bilancio del parlamento siciliano sembra quasi di tornare indietro nel tempo, alla scintillante corte di Federico II, il sovrano che amava a tal punto vivere nello sfarzo, che arrivò a meritarsi l’appellativo di Stupor Mundi. Un millennio dopo, a Palazzo dei Normanni, i tempi non sembrano essere granché cambiati. Non si spiegano altrimenti i 590.000 euro spesi per l’acquisto di arredi e opere d’arte, o i 50 mila euro investiti nella confezione dei tendaggi. E che dire dei 50 mila euro messi a bilancio alla voce “facchinaggio”? Senza considerare che solo per il noleggio di automobili l’Ars ha speso 320 mila euro, mentre un nuovo bando per l’affitto di sette nuove fuoriserie è finito nei giorni scorsi nel mirino del Movimento Cinque Stelle. La voce più costosa del bilancio di Palazzo dei Normanni però è costituita dal palazzo stesso, che deve le sue origini agli arabi, autori della prima costruzione nel ontano IX secolo dopo Cristo. Sarà per questo che oggi Palazzo dei Normanni ha bisogno di continui lavori: solo nel 2013 la manutenzione ordinaria è costata due milioni di euro. Enorme invece il costo della manutenzione straordinaria: quasi sei milioni di euro, con 250 mila euro prosciugati dal riadattamento del giardino interno. È un capitolo a parte invece il costo del caffè: nel 2013 sono stati destinati alla caffetteria ben 800mila euro. Considerato il costo medio di un espresso (90 cent), diviso per il numero dei deputati (90) e per i giorni dell’anno (365) si arriva alla conclusione che ogni parlamentare regionale siciliano beve tra i 27 e 28 caffè al giorno, tutti i giorni, inclusi i festivi. Numeri che fanno di Palazzo dei Normanni non solo il Parlamento più antico e costoso d’Europa, ma probabilmente anche il più vigile e insonne.