domenica 1 febbraio 2015

Sergio Mattarella, Napolitano: “Gli passerò dossier su riforme, grazia e Csm”.

Sergio Mattarella, Napolitano: “Gli passerò dossier su riforme, grazia e Csm”

Il presidente emerito al "Messaggero": "Avrò con il mio successore un colloquio riservato per informarlo sulle questioni che più riguardano il compito. Se mi chiederà consigli, glieli darò. L'esperienza internazionale? Uno se la costruisce. E poi ci sono i consiglieri diplomatici".

Si è dato da fare per aiutare Matteo Renzi a convincere Angelino Alfano a sganciarsi – di nuovo – da Silvio Berlusconi, abbandonare l’indicazione della scheda bianca e convergere sul voto a Sergio Mattarella. Un incontro a Montecitorio, una telefonata con il ministro dell’Interno. Si è speso per definire più volte nel corso dei tre giorni di votazione figura di “lealtà istituzionale” e di “garanzia”. Infine ha seguito lo spoglio insieme al presidente del Consiglio, nella sala del governo della Camera. Ora promette consigli al suo successore. 
Giorgio Napolitano, presidente emerito e senatore a vita, ammette che farà uno strappo al protocollo dovuto alla situazione di capo di Stato dimissionario: “Sarò” al Quirinale “per il passaggio delle consegne. Avrò con Mattarella un colloquio riservato, durante il quale dovrò informare il nuovo capo dello Stato dei dossier più stretti che riguardano la presidenza: le riforme, le domande di grazia, il Csm” afferma in un colloquio con il Messaggero.
Alla domanda se intenda dare dei consigli al nuovo presidente, Napolitano fa sapere: “Ho letto che intende chiedermene e io glieli darò. Consigli su richiesta, gratis ovviamente, ma li darò”. Quindi spiega: “La prima nomina, la più importante, è quella del segretario generale, per la quale il presidente può decidere di confermare o di cambiare, ci sono precedenti in uno o nell’altro senso. In entrambi i casi, si deve passare da un decreto di nomina”. Su Mattarella afferma: “Sono molto contento della sua elezione”, sottolineando quindi “l’ampia convergenza registratasi, al di là delle aspettative”, “un salto di qualità della politica”. Riguardo ai giudizi che hanno evidenziato la mancanza di esperienza internazionale del nuovo presidente apparsi in questi giorni, Napolitano osserva: “Su questa materia uno o ha un patrimonio personale o se lo costruisce. E poi ci sono i consiglieri diplomatici”.

Il nuovo Presidente di tutti loro. - Anna Lombroso




Sono molti i motivi per i quali mi angustia l’elezione di Sergio Mattarella.

Il primo, ovvio per i pochi che non si fanno ingannare dal teatro kabuki degli alleati che mimano divergenze come i guappi di strada tirano pugni inoffensivi gridando “tenetemi che io quello l’ancido”, è che è stato invece acclamato proprio il candidato di tutti, degli attori dell’alleanza oscena, operativi nel concretizzare un regime imposto dall’imperialismo finanziario, dalle troike, dei padroni globali, di quelli che aspirano all’abrogazione degli stati sovrani, alla cancellazione di quel che resta delle democrazie, alla limitazione progressiva di garanzie e diritti del lavoro, fino alla sua definitiva trasformazione in servitù precaria, incerta, ricattabile.

E infatti si è scelta una figura grigia, riservata, un professionista del “parlamentarismo”, materia nella quale si è laureato, nel solco del potere attribuito ai tecnici in loden,  in modo da mascherare  competenze ed esperienza e dare fattezze anodine, specialistiche a un lavoro non proprio lindo e squisitamente  politico, quello della “sem­pli­fi­ca­zione” del sistema poli­tico che si pone in con­tra­sto con l’art. 49 della Costituzione e che riduce una partecipazione già scoraggiata dalla distanza nella quale agisce la politica, dagli scandali, dall’incompetenza di un ceto che dopo aver negato la crisi, annega nell’ubbidienza a chi l’ha determinata, quello che sfregia il Parlamento, ne restringe sempre di più i poteri affidati a nominati grazie a una selezione del personale basata sulla fidelizzazione, l’ipocrisia e  l’assoggettamento e che piace fuori di qui se Renzi ne rivendica la “genialità” nella soluzione   dell’enigma della gover­na­bi­lità, tanto che il talentuoso con­ge­gno sarà pre­sto imi­tato in tutta Europa, e c’è da aspettarsi trasferte  di formazione del ticket Boschi-Verdini per addestrare alla vittoria certa la Merkel, Hollande e perché no? Cameron da convertire alla benefica rottamazione del sistema britannico.
Insomma l’uomo del Mattarellum ha  le caratteristiche appropriate per sovrintendere la  costru­zione meccanica della vittoria sicura del regime, alterando e sfigurando l’edificio della rappresentanza, cassando il principio della pari influenza delle sin­gole espres­sioni di voto,  grazie alla sua “credibilità”  di promotore della svolta maggioritaria.
Ne è conferma ulteriore la modalità, esplicita anzi ostentata,  ammessa anzi rivendicata, con la quale si è proceduto esemplarmente alla sua nomina certa, grazie a una procedura di controllo incrociato della disciplinata  osservanza del diktat del Nazareno: e chi doveva votare S.Mattarella, e chi invece Mattarella, e chi onorevole Mattarella, tanto che gli infantili selfie di voto dei 5stelle sono robetta da dilettanti.
Non ultimo motivo di disappunto è la condanna pronunciata contro il Paese a morire democristiano, senza la speranza dell’immortalità. Condanna che suona ancora più  allarmante per chi teme che la guerra mossa contro i diritti del lavoro, quelli contro la libertà di espressione che riguarda non solo la stampa e la rete, ma anche  la critica e l’opposizione di organizzazioni dei cittadini, le manifestazioni di lavoratori e studenti, si estenderà a quelli già conquistati ma continuamente messi a rischio, quelli per i quali da anni si lotta e che riguardano inclinazioni, contenuti esistenziali, legami affettivi e dei quali il ceto politico si fa beffa, postadatandoli come futili optional, come capricci, come esigenze secondarie in tempo di crisi.
Quelli che avevamo conquistato, compresi quelli più amari, voluti perché diventassero legali scelte dolorose ma legittime, in modo che uscissero da una infame clandestinità, erano state le vittorie sofferte di una “società civile” che lo era davvero, che si accorgeva che quello era il fronte che segnava la distanza tra repressione e libertà, tra egemonia confessionale e laicità. E fu possibile perché esisteva un movimento socialista, un partito radicale, una dirigenza comunista, renitente ma che conservava un dialogo con la base ed era costretta a ascoltarne le ragioni, per motivi ideali prima ancora che elettorali.
Ancora una volta dobbiamo rimpiangere le ideologie in assenza delle idee, a avere nostalgia di vecchi notabili che con dignità, accettavano i pronunciamenti popolari, senza tradirli tramite decreti, senza cancellarli tramite scorciatoie giuridiche, senza truffarli tramite noticine in margine  infilate proditoriamente durante l’iter delle “riforme”.
Pretese di innocenza e di onestà vengono ribadite grazie alla collocazione in ruoli visibili e simbolici di figure di “garanzia”, in un tempo nel quale le unica garanzie che ci lasciano sono la fatica, la miseria, l’abdicazione. 

Spetta a noi renderli insicuri, precari, mobili e riprenderci la certezza della democrazia e dei suoi diritti.

http://nblo.gs/134JeN

Uranio impoverito...quando il ministro mentiva



L'ex ministro della Difesa Mattarella, il 27 settembre 2000 negava la presenza e uso dell'uranio impoverito nei conflitti in Bosnia.

Leggi anche: 
http://www.liberoquotidiano.it/news/505/11750606/Maldipancia-Sel--ex-M5s-.html


sabato 31 gennaio 2015

Ecco il nuovo Presidente. - Rita Pani


Sergio Mattarella è il nuovo Presidente della Repubblica, eletto con la prassi imposta dalla Costituzione Italiana, quella che un giorno è da proteggere, un giorno da vituperare. 
Si insedierà al Quirinale, secondo un iter sempre uguale dal 1948. Sceglierà se risiedervi o se restare a casa sua. 
Avrà la scorta e le auto blu. 
Lo stipendio che per legge gli spetta. 
Maturerà vitalizi oltre quelli già maturati. 
Probabilmente godrà di altri privilegi spettanti alla più alta carica dello Stato, a meno che non decida sua sponte di rinunciarvi.
Ho voluto scriverlo a mo’ di “meme” con la speranza che si possa metter freno alla valanga di qualunquismo che ci rotolerà addosso da qui ai prossimi sette anni. Perché non se ne può più di far finta che le cose si possano cambiare.
È da stamani che sorrido colpita dalla politologia un tanto al chilo che circola, e dalla velocità con la quale un Giudice Costituzionale è passato dall’essere il signor nessuno a bordo di una Panda grigia al più feroce dei silenti serial killer che la storia italiana abbia mai annoverato. 
Da democristiano a fedele solo alla sua “famigghia tradizionalmente mafiosa”. 
Così come suo fratello, trasformato in meno di dieci minuti da “santo laico” a un Salvo Lima qualunque. 
Persino la stampa estera ci ha dato un assaggio di ciò che sarà: tanti i giornali che titolavano “un giudice eletto …” ma uno tedesco usciva dal coro con un più stimolante “eletto il presidente che viene dalla Sicilia”.
Sì possiamo anche sorridere, ma alla fine ci si accascia per sfinimento, perché la storia si mischia con le bufale, la fantasia si fa più grossa della realtà e come sempre tutto finisce per essere il contrario di tutto, imponendo l’abbandono per manifesta sopraffazione, di chi scrive e di chi sa leggere.
Ora, di grazia? 
Perché mai, un parlamento dubbio, di gente dubbia, che l’unica certezza che riesce a dare ad una nazione è la resa in schiavitù all’Europa (intesa come entità) avrebbe mai dovuto eleggere l’uomo nuovo e soprattutto diverso da sé stesso? 
Per quale recondito motivo, un paese che dopo averci imposto la morte civile con la privazione dei basilari diritti democratici, incapace non tanto di accogliere, quanto semplicemente di stare ad ascoltare le istanze del suo popolo, dovrebbe mai ricorrere all'elezione di una persona che fosse davvero garante degli interessi nostri e non dei loro?
Immagino che ci sia stato anche chi era convinto che bastasse partecipare alle “quirinarie” o a qualche sondaggio on line, per avere un briciolo di potere decisionale per il proprio futuro. E immagino anche che in mezzo a questi ci fosse qualche strenue difensore della Costituzione. 
Come sono certa che la maggioranza di chi legge, sia ancora profondamente convinto di avere dalla sua, il potere delle urne, e che lo eserciti con convinzione e responsabilità. Forse ora saranno aiutati a comprendere che non è proprio così che funziona, e forse non cadranno nel tranello dell’impallinamento a colpi di click.
Hanno eletto “un presidente”, e non trovo aggettivazioni da appioppare, semplicemente perché per me questo o quello pari son. 
In tutti questi giorni di “political show” nemmeno per un attimo ho avuto un interesse che andasse oltre la mera curiosità. 
E soprattutto non credo che sia né migliore né peggiore degli altri nomi che più di una volta s’erano uditi dalle pagine dei giornali. Non credo minimamente che vi sia stata lotta o strategia. Non credo per nulla che aiuterà a riportare un poco di civiltà in questo paese. 

L’unica cosa che credo è che finalmente sarà impossibile, per il debosciato di Arcore anche solo sperare, un giorno, di poter trasformare il salone delle feste del Quirinale, nel suo più lussuoso ed elegante bordello. 
Tanto mi basta per dire: benvenuto, qualunque cosa tu farai o ti diranno di fare. 
Tanto peggio di come stiamo, è difficile immaginare …

Rita Pani (APOLIDE)

‘Ndrangheta, le cosche dopo vittoria M5S a Parma: “I comici si sono presi la città”. - Silvia Bia

‘Ndrangheta, le cosche dopo vittoria M5S a Parma: “I comici si sono presi la città”

Dalle intercettazioni dell'inchiesta della Dda di Bologna che ha portato all'arresto di 117 persone emerge la delusione dopo la vittoria di Federico Pizzarotti nel 2012. Indagato l'ex assessore di Forza Italia Bernini. 

Denaro e appalti pubblici in cambio di voti. Era questo l’accordo che gli affiliati della ‘ndrangheta avevano stretto con Giovanni Paolo Bernini, ex assessore di Forza Italia nella giunta di Pietro Vignali a Parma. E a quanto pare non solo con lui, visto che in altre elezioni l’appoggio delle cosche avrebbe garantito molte vittorie, come nei ricchi comuni del parmense Sala Baganza e Salsomaggiore. E proprio dalle intercettazioni emerge la delusione dopo la vittoria dei 5 Stelle con Federico Pizzarotti nel 2012. È  quanto si legge nelle carte dell’inchiesta della Dda di Bologna, che ha portato all’arresto di 117 persone legate alla cosca dei Grande Aracri tra Emilia e Lombardia.
L’appoggio a Bernini
Nell’inchiesta Aemilia Bernini risulta tra gli indagati con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Per lui il gip ha respinto la richiesta di arresto, evidenziando tuttavia gravi indizi di colpevolezza. Bernini è accusato di avere stretto un patto con gli emissari sul territorio parmense dei Grande Aracri e in particolare con Romolo Villirillo, finito in manette nell’operazione Aemilia, che coordinava la raccolta di voti da destinare ai politici vicini alla cosca o con i quali veniva stretto un patto. È questo il caso delle elezioni amministrative di Parma nel 2007, dove Bernini era candidato insieme al futuro sindaco Vignali nella lista “Per Parma con Ubaldi” e la cosca aveva deciso di investire proprio su di lui, tanto che l’azzurro risulterà, con 1721 preferenze, uno dei candidati più votati. Come si legge nelle pagine dell’ordinanza, dalle indagini eseguite dai carabinieri di Fiorenzuola d’Arda, risulta una “fitta rete di contatti tra il politico e alcuni qualificati esponenti della cosca”.
È la fine del 2006 quando Ubaldi sta per terminare il suo secondo mandato e il centrodestra è alla ricerca di un nome per guidare la città. Bernini, uomo dell’ex ministro Pietro Lunardi e presidente del consiglio comunale di Parma sotto Ubaldi, viene presentato a Villirillo da alcuni intermediari, Pietro Antonio Salerno e Giovanni Gangi, che lo descrivono come “persona potentissima”. Salerno dice a Villirillo: “…Questo qua, si deve candidare a sindaco a Parma! Ora noi abbiamo fatto un colloquio ed è una persona disponibilissima nel senso che, – ragà…- mi ha detto a me, -cosa è che volete? Io sono sindaco, che cosa è che volete da Parma? Di che cosa avete bisogno? Di lavoro? Venite da me!! Di un favore? Dovete mandare qualche…-” E ancora: “…Allora, ci ha chiesto questo un favore!! Se abbi…se abbiamo la possibilità, che è con Forza Italia, sotto a Berlusconi…”. Dalle conversazioni emerge come Bernini abbia chiesto il sostegno elettorale alle amministrative del maggio 2007 attraverso Villirillo. Quando a fine gennaio 2007 il centrodestra non ha ancora trovato l’accordo sul nome da candidare, i due vengono presentati di persona e viene garantito l’appoggio politico al candidato di Forza Italia attraverso “amici”, tra cui Francesco Lepera, residente a San Secondo Parmense, e Giuliano Frijio, detto “zio Gino”, imprenditore edile di Sala Baganza parmense (che non risulta indagato), legato all’ex consigliere regionale Pdl Luigi Giuseppe Villani e a Paolo Buzzi, ex vice sindaco di Parma e oggi consigliere comunale di Forza Italia.
Villirillo contatta Frijio per avere il suo benestare sull’appoggio a Bernini e questi acconsente, comunicando però anche la necessità di aiutare i politici cui è legato, Buzzi e Villani: “…dobbiamo dare una mano anche a loro…” La cosca però punta soprattutto su Bernini: “si deve fare il conto che ha già vinto!! Io ho parlato pure con le persone!! Deve farsi i conti che ha già vinto!!…”.
Lo scambio di favori tra il politico e la cosca comincia da subito: Bernini aiuta Villirillo a ottenere il certificato di cittadinanza italiana e in cambio gli uomini della ‘ndrangheta continuano a raccogliere voti per lui. “…Io sono stato con tutte le persone che sono a Parma, ho fatto la riunione apposta per te! E noi vi facciamo vedere i fatti, i risultati, non le chiacchiere!! Come gli abbiamo fatto vedere i risultati a Tedeschi!” (riferendosi all’elezione del sindaco di Salsomaggiore Terme, Massimo Tedeschi). Cominciano così le riunioni e i patti di voto tra i cutresi, come Giuseppe Pallone, Giuseppe Cortese, Francesco Lepera, e gli incontri anche alla presenza del candidato Bernini, che intanto versa sul conto di un prestanome 20mila euro a favore di Villirillo (che dice di aspettarne altri 30mila) e che si dice disponibile anche a coprire le spese di albergo e viaggio per portare alcuni parenti e amici dei cutresi a una riunione con lui. Su Bernini confluiscono anche i voti di Lepera, come riferisce Villirillo: “…Franco Lepera, che poi te lo dice, solo lui, personalmente gli ha raccolto 60 voti!…poi altri 35 glieli da Pallone…35…40…Altri…insomma fatti il conto ohi Piè, tra tutti noi e quelli che sono…un 180…200 voti al massimo!…”.
Il pacchetto di voti va a buon fine, tanto che il 12 giugno 2007, dopo il ballottaggio che aveva portato Vignali alla vittoria contro l’ex assessore regionale Alfredo Peri, Lepera contatta Villirillo per dirglielo: “Abbiamo vinto a Parma!”. Più tardi sempre Villirillo contatta zio Gino Frijio e si compiace del risultato: “…che è una vita, che dove vi mettete voi, avete sempre la vittoria!!”. Zio Gino riferisce inoltre i buoni risultati di Bernini e anche di Buzzi: “Paolo Buzzi quell’amico mio, dovrebbe fare il vice sindaco! Ma Bernini sicuramente farà sempre il capo di Forza Italia!”.
Nell’ordinanza della maxi inchiesta Aemilia il giudice sottolinea come non sia stata possibile udire la voce di Bernini e che dunque i fatti riferibili a lui siano sempre mediati dalla ricostruzione dei suoi interlocutori, che potrebbero avere enfatizzato i termini dell’accordo con il politico. “Detto altrimenti – si legge – non è possibile stabilire senza equivoci l’oggetto della condotta cui il Bernini si sarebbe impegnato ad adempiere” ed è anche per questo che per lui è stata respinta la richiesta di carcerazione e per il giudice non è ravvisabile il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Bernini, che nella giunta Vignali venne poi nominato assessore ai Servizi per l’infanzia, e che nel 2011 finì in manette per corruzione e tentata concussione, si è detto estraneo alle nuove accuse. In passato il suo nome era già finito in un’indagine della Dda di Napoli per avere incontrato nel 2003 insieme all’ex ministro Lunardi il boss dei casalesi Pasquale Zagaria, anche se per la vicenda non è mai stato indagato.
La tentata influenza sul voto del 2012 bloccata dai Cinque stelle
Con la caduta della giunta Vignali e l’azzeramento del centrodestra al potere, anche la ‘ndrangheta si ritrova spiazzata e cerca nuove alleanze. Dalle intercettazioni ambientali emerge come Alfonso Martino, detto “cagnolino” e referente dei Grande Aracri a Salsomaggiore (arrestato nell’inchiesta), e il cognato di Villirillo Domenico Olivo cerchino di indirizzare i voti della cosca verso il candidato del Pd e oggi consigliere comunale Pierpaolo Scarpino (che non risulta indagato) e che sostiene la coalizione con Vincenzo Bernazzoli sindaco. Ma zio Gino Frijio, che da sempre sostiene il centrodestra, blocca il tentativo perché Scarpino è “dell’altra sponda” politica, e cerca di portare il pacchetto di voti a Gianluca Armellini, nella lista Pdl che sostiene la candidatura di Paolo Buzzi, come si evince da una telefonata che lo stesso fa a un conoscente: “A Parma… ora stiamo dando una mano a Paolo a sindaco… ed a consigliere c’è Armellini… che Gianluca… è a Reggio in una banca no?… lo conosci a Gianluca no?…” dice, parlandogli di Buzzi, di Armellini e di Massimo Moine (che non sono indagati nella vicenda). “E poi abbiamo pure a Moine… no?… Massimo Moine… che è vice coordinatore… insomma… qua… ne abbiamo… però… insomma… noi come se… a consigliere… dobbiamo portare Armellini… perché se vincono… lui… hanno fatto i patti… ad assessore… Armellini… il Paolo…”
Ma le cose vanno diversamente e il Pdl non arriva nemmeno al ballottaggio. “Un terremoto”, lo definisce Frijio, che così decide di dare il suo appoggio al compaesano Scarpino, anche se poi a vincere saranno i Cinque stelle con Federico Pizzarotti. Il fratello di Scarpino, si legge negli atti, organizza una festa per ringraziare i sostenitori della campagna elettorale e tra gli invitati c’è anche zio Gino, che però in una telefonata commenta amaramente il risultato elettorale su Parma: “I comici… i comici!… si sono presi la città!…” si lamenta zio Gino con Luigi Villirillo, che infatti sottolinea di essere deluso dal risultato perché “avere un assessore in casa è un’altra cosa!”.
L’interessamento per le amministrative a Salsomaggiore e a Sala Baganza
Gli emissari parmensi dei Grande Aracri si erano interessati anche alle elezioni amministrative di Salsomaggiore nel 2006, che avevano portato alla vittoria del sindaco dei Ds Massimo Tedeschi (che non risulta indagato). Lo si evince dalle conversazioni su Bernini, quando si fa riferimento al risultato portato a Tedeschi nella cittadina termale, dove i rappresentanti delle cosche scelgono di volta in volta il candidato da sostenere a seconda degli interessi sugli affari e soprattutto per accaparrarsi appalti pubblici. Nel 2007 Romolo Virrillo riferisce al telefono ad Alfonso Martino che c’è un appalto per la ristrutturazione di scuole e gli suggerisce di incontrare il sindaco: “…Allora…eh…vedi che io ho parlato…io personalmente…con il Sindaco di Salsomaggiore!…Io ho parlato telefonicamente però!…Io personalmente!!…E mi ha detto che le sue segretarie… non gli hanno mai lasciato detto della tua presenza!! Ha detto di andare dalle sue segretarie e dirgli che sei -Alfonso Martino-…-L’amico di Romolo da Cutro!-…e vedi che subito ti fanno parlare con lui!! Già si sono segnati il nome tuo!!…Devi andare dalle segretarie -siccome eh…- gli dici -ho un appuntamento con…con il sindaco, sono Alfonso Martino, l’amico di Romolo, da Cutro, giù dalla Calabria!”.
Nel 2011 il copione si ripete anche per Sala Baganza, altro comune parmense, dove gli inquirenti riscontrano un interessamento della cosca alle elezioni che portarono alla riconferma di Cristina Merusi (che è estranea alla vicenda). Villirillo dopo il risultato invita Alfonso a ricordare a Frijio il loro contributo: “…ohi Gì… abbiamo fatto bella figura?…ti ho portato un bel risultato!.. mah… ma questo… dico io… un lavoretto… una cosa…. io ho la ditta… un po’ di lavoro non me lo deve dare? ho la ditta…”.

“Salta” il regalo ai comparielli, non passa l’assunzione al Consiglio Regionale della Campania. - Pasquale Napolitano

Non passa l’assunzione dell’esercito dei comandati, amici e comparielli dei politici, in Consiglio regionale della Campania. L’ufficio di presidenza fa retromarcia (dopo l’articolo di RETENEWS24 che aveva svelato il blitz a pochi mesi dalle elezioni) e nella seduta di ieri ha cancellato il comma 6 dell’articolo 19 del nuovo ordinamento dell’assemblea regionale che prevedeva la stabilizzazione senza concorso di circa 60 (50% della pianta organica) comandati nella pianta organica.
RETENEWS24 è in grado di ricostruire tutti i passaggi dell’infuocato ufficio di presidenza. I consiglieri di centrodestra e centrosinistra spingevano per l’approvazione della disposizione legislativa per ovvie ragioni elettorali. Francesco Capalbo, direttore generale del Consiglio (dimessosi un mese fa ma ancora in servizio) è stato irremovibile: non ha voluto dare l’ok alla procedura sollevando dubbi sulla regolarità e opponendo eventuali rilievi della Corte dei Conti.
Dopo il tira e molla, l’ufficio di presidenza ha accolto la tesi di Capalbo,fratello tra l’altro di Ferruccio, il magistrato della Corte dei Conti, titolare dell’inchiesta sui rimborsi in Consiglio regionale. Il braccio di ferro tra  consiglieri regionali e burocrati (contrari all’assunzione) lascia sul tappeto anche l’altro direttore generale: Carlo d’Orta che  ha rassegnato le dimissioni dall’incarico. Tempi duri per l’assemblea regionale alle prese anche con la grana giudiziaria che investe il presidente Pietro Foglia, coinvolto nello scandalo dei falsi rimborsi per fatture di benzina non rendicontate correttamente.

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