giovedì 13 agosto 2015

Magna Grecia front



LA PRIMA ITALIA ERA LA CALABRIA, IL NOME ITALIA DERIVA DA RE ITALO RE DEGLI ENOTRI DI CALABRIA, GIA' PRIMA DELLA COLONIZZAZIONE GRECA DEL SUD!

« quella regione fu chiamata Italia da Italo, re arcade, [10] »
Narra Aristotele:

« Divenne Re dell'Enotria un certo Italo, dal quale si sarebbero chiamati, cambiando nome, Itali invece che Enotri. Dicono anche che questo Italo abbia trasformato gli Enotri, da nomadi che erano, in agricoltori e che abbia anche dato ad essi altre leggi, e per primo istituito i sissizi. Per questa ragione ancora oggi alcune delle popolazioni che discendono da lui praticano i sissizi e osservano alcune sue leggi »
(Aristotele, Politica, VII, 9, 2 [11])
e ancora:

« Italo, Re degli Enotri, da lui in seguito presero il nome di Itali e Italìa l'estrema propaggine delle coste europee delimitata a Nord dai golfi [di Squillace e di S.Eufemia], di lui dicono che abbia fatto degli Enotri, da nomadi che erano degli agricoltori stabili, e che abbia imposto loro nuove leggi, istituendo tra l'altro per primo le sissizie »
(Aristotele, Politica, VII, 10, 2-3 [12])

mercoledì 12 agosto 2015

IL COLLASSO DELLA BIOSFERA: LA PIU' GRANDE BOLLA ECONOMICA DI SEMPRE. - GLEN BERRY

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EcoInternet

La terribile diseguaglianza per cui 200 persone possiedono metà delle ricchezze della terra mentre più di un miliardo vive con meno di 1,50$ al giorno è il diavolo incarnato e ci ucciderà” - Dr. Glen Barry

I giornali sono pieni di avvertimenti disastrosi che potrebbero verificarsi nel caso in cui l’economia della Grecia non dovesse tornare a crescere, o qualora quella cinese perdesse un paio di punti in termini di crescita. Raramente, nella storia dell’essere umano, così tanti si sono sbagliati in modo così lampante sull’importanza e l’opportunità, o anche solo la possibilità, di una crescita economica perpetua.

La vera minaccia al benessere dell’essere umano non è la scarsa crescita economica, ma il fatto che c’è troppo e che abbiamo oltrepassato il limite oltre il quale la crescita va verso la distruzione del nostro ambiente condiviso.
La crescita industriale economica sta saccheggiando gli ecosistemi naturali. Grandi quantità di capitale naturale -inclusa l’acqua, la soia, le foreste antiche, il pesce selvatico, ecc- sono state saccheggiate per gonfiare artificialmente i numeri della crescita economica di breve periodo.
La miope lente del capitalismo moderno industriale che usa la crescita del PIL come parametro di una società in stato di benessere ha completamente fallito nel tener conto dei reali e rovinosi costi di liquidazione dei sistemi naturali terrestri.
Una crescita infinita in un pianeta finito è la ricetta del disastro. Niente cresce per sempre. Niente cresce per sempre e il tentarlo squarcia inevitabilmente il sistema che tenta di farlo.
Continuare a devastare gli ecosistemi naturali della terra per una crescita sul breve periodo è la più grande bolla economica mai vista. Un tale breve periodo, uno sguardo miope sulla crescita economica può solo finire in un collasso sociale ed ecologico.

Il problema
Il sistema ecologico globale sta collassando, sta morendo. La biosfera- il nostro ambiente condiviso che rende la terra abitabile- vede i suoi ecosistemi costitutivi liquidati per lo sfruttamento delle sue risorse. L’eccessivo e ineguale consumo ha raggiunto un punto in cui i confini ecologici del pianeta sono stati sorpassati, arrivando alla reale possibilità di tirar giù la biosfera quando noi collasseremo.
Ci siamo spinti oltre, al punto in cui il brusco cambiamento climatico nelle sue varie forme di perdita dell’ecosistema naturale quali zone oceaniche morte, erosione terrestre, deposito di nitrogeno e molti altri aspetti del declino ecologico si incorporano e si danneggiano gli uni con gli altri.
Questa improvvisa crescita dell’impatto umano sull’evoluzione naturale della biosfera –gli esseri umani sono passati da uno a sette miliardi in un secolo- può onestamente essere definito come un ecocidio intenzionale.
Questa implacabile crescita industriale continua ancora ad essere, in modo del tutto erroneo, accostata al progresso. Molti non saranno disposti a cogliere le avvisaglie di un tragico epilogo da parte degli scienziati fino a che questi non saranno notevolmente più a disagio e preoccupati di quanto siano ora. Sarà comunque troppo tardi.
Il processo intrapreso per evitare il collasso della biosfera globale è stato bloccato da molti altri mali che affliggono la condizione umana incluse le condizioni di disuguaglianza, le guerre permanenti, le malattie, la miserabile povertà e l’autoritarismo. Un’orrenda iniquità, dove 200 persone possiedono metà dei beni presenti sulla Terra mentre più di un miliardo vive con meno di 1,50$ al giorno, è l’incarnazione del diavolo e ci ucciderà tutti.

La visione
Una crescita economica esponenziale in una Terra finita può portare solo a un collasso. L’umanità deve accettare una situazione economica stabile –in cui l’incremento del capitale naturale raccolto viene rigenerato annualmente- o la sua stessa fine. Ampi e connessi ecosistemi naturali devono rimanere il teatro della società umana.
L’umanità eviterà il collasso della biosfera se sceglieremo di vivere in modo più semplice, condividendo di più con gli altri, tornando al valore della terra, avendo meno figli, proteggendo e ricostituendo gli ecosistemi, nutrendoci di più del nostro cibo, smettendo di usare i combustibili fossili e accogliendo la giustizia sociale e l’amore.
Coloro che sono intelligenti e che lavorano più duramente continueranno ad avere di più ma non in maniera così grottesca. I bisogni primari di tutta l’umanità, degli ecosistemi naturali e delle specie simili verranno così soddisfatti.
La sfida del nostro tempo è di abbracciare rapidamente questi bisogni cercando di rimanere liberi ed estendere i benefici di un’esistenza libera ed economicamente sicura a tutti gli abitanti della Terra. Gli insediamenti umani devono essere costretti a vivere sottostando ai limiti delle loro bioregioni, agganciando l’essere umano ai limiti ecologici locali.
Il fallimento nel tentativo di generare un minor numero di figli, di terminare l’uso dei combustibili fossili, di restaurare gli ecosistemi naturali, comporterà la diffusione e il peggioramento del caos ecologico, morti in massa e una sorta di anarchia, prima che l’umanità ricada nel nulla più completo.

La transizione
Una vita migliore delle tossiche cazzate che uccidono noi e gli altri, è possibile. Richiede un ritorno a un involucro primordiale di sistemi naturali che rivalutino l’esperienza del troppo. Si conosce già molto in termini di tecniche per vivere e lavorare in modo più sostenibile, per educare se stessi e iniziare la transizione della propria famiglia verso una vita più leggera sulla Terra.
Dobbiamo cercare di tornare alla terra. Il più della nostra sussistenza dovrà venire da quello che produciamo dalla terra, dalla soia, dal sole e dal duro lavoro. Il futuro del lavoro risiede nella permacultura, imprese rivitalizzate, e una propria espressione creativa che alimenti la conoscenza e l’evoluzione umana.
La visione Jeffersoniana di una democrazia agraria richiede uno stile di vita totalmente sano sulla terra, frutto delle nostre mani e menti, con la volontà di respingere l’autoritarismo e il suo odio deleterio, il bigottismo e i capri espiatori. Dobbiamo partecipare assieme agli altri alla nostra comunità per rilocalizzare le nostre esistenze, e abbracciare la famiglia globale.
Il capitalismo potrà avere un qualche futuro nel momento in cui ci mobilitiamo per evitare il collasso della biosfera, introduciamo una tassa sul carbone che cerchi di abolire gradualmente l’emissione di combustibili fossili e una deindustrializzazione di tutte le attività che hanno un impatto negativo sulla biosfera; tutto ciò sarà essenziale. Altrimenti il capitalismo industriale dovrà essere sostituito a tutti i costi.
Negli Stati Uniti e nel mondo stiamo già assistendo alla crescita della demagogia autoritaria. La natura ciarlatana di tale pensiero politico dev’essere espulso come segno del nostro impegno verso una libertà verde. Assieme possiamo farcela.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15422

VIVA IL MODELLO AMERICANO ! O FORSE NO, QUESTI DIMOSTRANO UN'ALTRA VERITA'. - Marcello Foa

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Il Cuore Del Mondo

Confesso : sono stato, in gioventù, un grande ammiratore degli Stati Uniti. Poi, da inviato speciale, ho iniziato a girare questo grande Paese in lungo e in largo ma non nelle solite, note grandi città – New York, San Francisco, Boston, Washington – bensì nell’America profonda, quella, noiosissima, mai battuta dai turisti e dove i giornalisti si recano solo se costretti dai loro direttori. Un paio di anni fa con la mia famiglia abbiamo trascorso le vacanze negli Usa ; lasciammo la Grande Mela per addentrarci nello Stato di New York, su verso Albany e Catskills Mountains, sedotti dalla descrizione, letta sulle guide turistiche, dei tipici, deliziosi villaggi, simbolo di una vecchia America.

Bastarono poche decine di chilometri per restare sconcertati: i villaggi erano davvero vecchi ma tutt’altro che deliziosi. Erano angoscianti, costellati di case derelitte e talvolta piegate su ste stesse ; viaggiavamo su strade piene di buche da cui spuntavano erbacce che nessuno strappava più da tempo e intorno a noi vedvamo solo povera gente. I più fortunati vivevano in baracche di legno, gli altri vagavano trascinando i propri cenci nei carrelli della spesa.
Scoprimmo, allora, l’altro volto dell’America, quello che i turisti non vedono mai sulla Fifth Avenue o nel centro di San Francisco ed è un’America molto più numerosa di quanto si immagini, isolata, ignorata da tutti, abbandonata a se stessa.

Capii allora che erano veritiere le denunce di un commentatore molto coraggioso l’economista Paul Craig Roberts; non uno qualunque, ma uno dei principali collaboratori del presidente Reagan, docente universitario, pluripremiato. Craig Roberts sostiene che parte dei dati concernenti gli Usa, a cominciare da quelli sulla disoccupazione, non sono attendibili, in quanto manipolati alla fonte. Per intenderci : è uno di destra, un liberale. Ma con gli occhi aperti e un’autentica passione civica al servizio del proprio Paese.

Ora, grazie alla segnalazione di un amico, scopro uno studio di due docenti americani, Hershey H. Friedman e Sarah Hertz, intitolato: “Gli Stati Uniti sono il miglior Paese al mondo? Ripensateci”, basato su una serie di statistiche internazionali, da cui trova conferma il ritratto di un Paese in fase di evidente involuzione sociale, politica ed economica. Qualche dato: nella classifica sulla percentuale della popolazione che vive in povertà, gli Usa sono al 35 esimo posto su 153. Quella riguardante i bambini in povertà nei Paesi occidentali è ancora più disastrosa: gli Usa sono 34esimi su 35, solo la Romania fa peggio. Sono il quarto Paese al mondo con la maggior disuguaglianza reddituale, dietro a Cile, Messico e Turchia. E gli stessi americani non si sentono molto felici: sono appena al diciassettesimo posto della classifica mondiale. L’aspettativa di vita è bassa: gli Usa sono appena 42esimi, mentre battono tutti riguardo la popolazione carceraria: hanno 2,2 milioni di detenuti, molto più della Cina (1,6 milioni) che però ha una popolazione oltre 3 volte maggiore e della Russia dell’orribile Putin (600 mila). Secondo una fonte insospettabile, l’Economist, nemmeno Stalin raggiungeva queste cifre.
Potrei continuare ma mi fermo qui. Intuisco lo sconcerto del lettore, che si chiede: ma come? Io pensavo che l’America… Già, lo pensavamo tutti, ma per valutare davvero questo Paese non ci si può limitare agli annunci ufficiali, che descrivono solo una parte della realtà, ignorando tutto quello che non collima con la verità ufficiale, con il mito che Hollywood e le tv continuano ad alimentare.
Quanti film avete visto sui 45 milioni di americani in povertà?
Quante denunce giornalistiche?
Chi solleva questo tema nei dibattiti televisivi?
La risposta è sempre la stessa: nessuno.

Tutti pavidi e conformisti, tranne pochi commentatori coraggiosi come Paul Craig Roberts.
That’s America. Purtroppo.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15427

martedì 11 agosto 2015

RENZI SHOCK, TAGLIATE 180 PRESTAZIONI DIAGNOSTICHE: ECCO L’ELENCO DEGLI ESAMI CHE PAGHEREMO.



Non hai i soldi per curarti? Affari tuoi. Perché Renzi ha deciso di affondare definitivamente la sanità pubblica, tagliando la copertura per 180 prestazioni diagnostiche ritenute “non necessarie”: ecco l’elenco completo di esami e cure che saremo costretti a pagare, come riporta la Fondazione Gimbe.

All’enorme polverone mediatico delle ultime settimane segue un documento fatto di poche luci e tante ombre. Non emerge una chiara definizione delle priorità, latita il coinvolgimento delle categorie professionali e non viene esplicitata una metodologia rigorosa per ricercare, valutare, selezionare e sintetizzare le evidenze a supporto dei criteri di appropriatezza“.
Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, boccia la bozza di decreto (qui il pdf) sull’appropriatezza delle prescrizioni mediche, su cui sta lavorando il ministero della Salute e che è atteso a settembre.
Le prestazioni identificate sono in totale 180 “di cui 35 odontoiatriche, 53 di genetica, 9 relative a Tac e risonanza magnetica (degli arti e della colonna), 2 di dialisi e 4 di medicina nucleare. La somma delle prestazioni di allergologia e di laboratorio (non differenziate) dovrebbe essere pari a 77“.
Ecco, per ciascuna, l’analisi di Gimbe.
– Prestazioni odontoiatriche. La bozza di decreto si limita a specificare per ciascuna prestazione i soggetti beneficiari (minori fino a 14 anni, vulnerabili per motivi sanitari e per motivi sociali), lasciando alle Regioni il compito di fissare le soglie di reddito o di Isee che definiscono la vulnerabilità sociale. In altri termini, non si intravede alcuna azione per arginare l’inappropriatezza prescrittiva.
– Prestazioni di genetica. E’ l’unico caso in cui viene citato il coinvolgimento di una società scientifica, ovvero la Società italiana di genetica umana (Sigu), seppur indirettamente tramite “rilevanti esponenti”. Assolutamente condivisibile il principio che “saranno riservate alla diagnosi di specifiche malattie […] non sarà più possibile prescriverle per una generica mappatura del genoma o a fini di ricerca”.
– Prestazioni di allergologia. Il testo prevede che “alcuni test allergologici e le immunizzazioni (cosiddetti vaccini) siano prescritti solo a seguito di visita specialistica allergologica”. La reale efficacia delle immunizzazioni (vaccini) è ampiamente oggetto di dibattito in letteratura e, per definizione, non è possibile definire l’appropriatezza di un intervento sanitario la cui efficacia non è ancora stata dimostrata.
– Colesterolo e trigliceridi. Si stabilisce che “in assenza di qualsiasi fattori di rischio (familiarità, ipertensione, obesità, diabete, cardiopatie, iperlipemie, etc) colesterolo e trigliceridi siano ripetuti ogni 5 anni”, non tenendo conto innanzitutto che colesterolo e trigliceridi pari non sono: infatti, non esistono evidenze che giustifichino il dosaggio dei trigliceridi (oltre al colesterolo totale e Hdl) nei soggetti senza fattori di rischio. Considerata l’assenza di evidenze per definire il timing ottimale, inoltra, il ‘taglio burocratico’ dei 5 anni potrebbe essere eccessivo per alcune categorie di soggetti e restrittivo per altri. E ancora, i fattori di rischio elencati non coincidono con quelli previsti dalla carta del rischio cardiovascolare nel Progetto cuore dell’Istituto superiore di sanità, in particolare viene clamorosamente ignorato il fumo di sigaretta.
– Tac e Rm. Per valutare l’appropriatezza risulta incomprensibile l’utilizzo di uno score non validato invece del metodo Rand utilizzato da oltre 20 anni dalle società scientifiche, inclusa l’American College of Radiology, i cui criteri di appropriatezza vengono utilizzati in tutto il mondo.
– Dialisi. La bozza di decreto recita: “Le condizioni di erogabilità sono riservate alle metodiche dialitiche di base (domiciliari e ad assistenza limitata) che risultano appropriate solo per pazienti che non presentano complicanze da intolleranza al trattamento e/o che non necessitano di correzione metabolica intensa”.
Parole che Gimbe considera molto oscure e che danno luogo a contraddizioni.
– Medicina nucleare. Impossibile esprimere qualunque giudizio visto che il testo riporta semplicemente che “si tratta di 4 prestazioni di interesse assolutamente specialistico legate a patologie gravi di tipo neoplastico”.
Infine rimangono impliciti – conclude Cartabellotta – i criteri seguiti per definire le priorità. Infatti, eccezion fatta per le 9 prestazioni Tac/Rm, tutta la diagnostica strumentale (doppler, gastroscopie, colonscopie, ecografia addome e pelvi, ecocardiografia, eccetera) è stata ‘graziata’ in maniera incomprensibile, tenendo conto della lunghezza delle liste di attesa e dell’alto rischio d’inappropriatezza prescrittiva“.

COCULE DI PATATE SALENTINE.

COCULE DI PATATE SALENTINE

DESCRIZIONE

Per tutti gli amanti della cucina salentina,ecco la ricetta e gli ingredienti delle "cocule de patate"!! Una specialità da leccarsi i baffi . Altre ricette salentine e non solo sul sito www.salentoterradagustare.it

FASE 1

Ingredienti:  500 gr di patate lessate e schiacciate, 1 uovo grande,  100 gr di grana padano grattugiato, 50 gr di pecorino sardo grattugiato, prezzemolo tritato, sale e  pepe, 400 ml salsa di pomodoro, cipolla, basilico, olio d’oliva .

Impastiamo le patate con l’uovo, i due formaggi grattugiati, il prezzemolo tritato, sale e pepe, tenendo da parte un cucchiaio di grana padano e mezzo di pecorino. Otteniamo un impasto omogeneo da cui ricaviamo con le mani le cocule, cioè delle grosse polpette. Nel frattempo prepariamo il sugo, facendo soffriggere la cipolla nell’olio, aggiungiamo quindi la salsa di pomodoro, sale e basilico e facciamo cuocere per 15 minuti circa. Cospargiamo di sugo una pignata (teglia di terracotta) o una teglia da forno, adagiamo delicatamente le cocule una accanto all’altra e versiamo il sugo rimasto, fino a coprirle per metà. Spolveriamo con il formaggio grattugiato che avevamo tenuto da parte e inforniamo a 200° per circa 20 minuti.

lunedì 10 agosto 2015

Sciatori...



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Vent'anni di lavori e 41 milioni spesi La strada è ancora chiusa: inchiesta dei pm. - Riccardo Lo Verso

Vent'anni di lavori e 41 milioni spesi La strada è ancora chiusa: inchiesta dei pm

La Mussomeli-San Giovanni Gemini doveva collegare le province di Agrigento e Caltanissetta. L'appalto fu bandito nel 1992. Un esposto alla base di due indagini aperte dalla Procura di Agrigento e da quella della Corte de conti.

PALERMO - Sette mila e 300 giorni per costruire 6 chilometri di strada. Calcolatrice alla mano: mille e 200 lune per ogni chilometro. Roba da Guinness dei primati ma in negativo. Vent'anni dopo l'avvio dei lavori e 41 milioni di euro spesi la Mussomeli-San Giovanni Gemini è ancora chiusa. E ora indagano due Procure.

La storia è disarmante persino nella Sicilia medievale dei viadotti crollati, delle strade interrotte e delle trazzere d'emergenza. Una storia che da oggi diventa un caso giudiziario. Doppiamente giudiziario, perché una denuncia del commissario straordinario della Provincia di Agrigento è finita sul tavolo della Procura agrigentina e su quello della Procura regionale della Corte dei conti. La strada è chiusa da più di un anno dopo l'illusione di un'apertura della quale restano solo i sorrisi in favore di telecamera del giorno dell'inaugurazione.

Ci sono voluti vent'anni per costruire i sei chilometri di asfalto che collegassero le province di Agrigento e Caltanissetta. Nel 2012, ecco il taglio del nastro. Due anni dopo, nel maggio 2014, l'ordinanza di chiusura perché la strada era pericolosa. Da allora una battaglia giudiziaria fra la provincia di Agrigento, oggi divenuta Libero consorzio, e le imprese appaltatrici ha bloccato tutto fino a quando, e siamo a fine luglio scorso, il commissario dell'ex amministrazione provinciale Marcello Maisano ha scritto alla magistratura, ordinaria e contabile.

Era il 1992 quando la gara fu appaltata ad un raggruppamento temporaneo di imprese che, nel frattempo, hanno cambiato volto per via di cessioni e nuove denominazioni. Dall'ultima composizione l'appalto risulta aggiudicato alla “Campione Industries spa, giusto affitto ramo aziendale dalla Tecnofin Group spa (già Impresem spa) nella qualità di capogruppo e Cir srl (già Vita spa), Consorzio Coop Costruzioni- Co.Min spa (già Sicon spa) e Di Vincenzo spa, nella qualità di mandanti”. Tra sospensioni varie e perizie di variante che hanno fatto lievitare i costi si è arrivati all'8 agosto 2012, giorno dell'apertura al traffico. Un mese dopo c'erano già i primi problemi ai giunti di dilatazione, alcuni si conficcarono nei pneumatici degli automobilisti.

La Campione Industries ha messo le cose a posto. Poi, però, sono venute a galla altre criticità. Nel maggio 2014, la nuova chiusura al transito disposta dalla Provincia per motivi di sicurezza: “Instabilità del corpo stradale di alcuni rilevati, poggianti su terreni argillosi”, forse causata dalla successiva deviazione delle acque piovane e “anomalie esecutive nei giunti dei viadotti”. Il Libero consorzio ha di nuovo bussato al Raggruppamento temporaneo di imprese che però, stavolta, ha risposto picche perché ritiene di non essere più tenuto ad intervenire visto che è passato troppo tempo dal collaudo dell'opera. Insomma, il diritto vantato dalla provincia è ormai decaduto e prescritto. Ne è scaturito, neanche a dirlo, un contenzioso davanti al Tribunale civile. Il 28 luglio scorso, l'ultimo tappa, con la denuncia firmata da Maisano. Dopo vent'anni di lavori e 41 milioni spesi, la strada è ancora chiusa.


http://m.livesicilia.it/2015/08/10/ventanni-di-lavori-e-41-milioni-spesi-la-strada-e-ancora-chiusa-inchiesta-dei-pm_654357/