http://video.sky.it/news/cronaca/caruso_corte_conti_corruzione_ora_peggio_di_tangentopoli/v272904.vid
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 25 febbraio 2016
mercoledì 24 febbraio 2016
Fiore di Jambo. Malay Rose Apple, Jambu Bol (Syzygium malaccense). - Francesco De Agazio
Esposto alla luce naturale, riflette l'effetto della fibra ottica.
Fonte di calcio, ferro, fosforo, carboidrati (14,2 gr x 100gr) vitamina A, B1-B2, C, di medio valore calorico.
In India, il frutto è considerato un tonico per il cervello e reni, essendo una pianta originaria del sud est dell'Asia.
L'infuso della frutto è usato come diuretico, mentre il succo delle foglie e dei fiori, macerati, è usato come febrifugo e antireumatico.
In Nicaragua la farina estratta dai semi è usata contro il diabete, come regolatore di tasso glicemico, permettendo l'espulsione dell'eccesso di zuccheri nel sangue, attraverso l'urina.
In Colombia, i semi di Jambo sono considerati moderatori di dolore.
A Cuba, le radici sono usate per il trattamento dell'epilessia.
A Porto Rico, il liquido ottenuto dalla cottura della corteccia dell'albero è utilizzato contro i dolori di stomaco, dissenteria.
Foto: Francesco de Agazio
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10207300950193937&set=a.4002998205271.2153900.1590574877&type=3&theater
Expo, gli amministratori: “Rosso 2015 è di almeno 32,6 milioni. A marzo riduzione del capitale per perdite”. - Gaia Scacciavillani
La relazione del consiglio di amministrazione di Expo 2015 presentata ai soci il 9 febbraio. Sala: "Risorse sono sufficienti per le prossime 3-4 settimane". Corte dei Conti: "Mancano risposte sulla copertura dei costi post esposizione".
Il candidato sindaco di Milano del Pd, Giuseppe Sala, ha un bel dire che non c’è nessun buco Expo. La società che ha gestito l’esposizione universale meneghina ha chiuso il 2015 con un rosso di 32,6 milioni di euro. A smentire Sala è lo stesso Sala. O meglio, il consiglio di amministrazione di Expo 2015 da lui guidato, che lo scorso 18 gennaio ha messo nero su bianco la cifra in una relazione che è stata discussa dai soci il 9 febbraio scorso. Dieci giorni dopo la data inizialmente prevista, il 29 gennaio a ridosso delle primarie del Pd che hanno incoronato Sala candidato sindaco di Milano, poi spostata su indicazione del ministero dell’Economia. Nel documento si legge anche che “in considerazione delle spese strutturali previste nei primi mesi del 2016 (quantificabili in 4 milioni mensili), è probabile una ricaduta nelle previsioni dell’articolo 2447 del codice civile durante il mese di marzo”. Il che significa, in altre parole, che secondo i calcoli del consiglio guidato dallo stesso Sala, da febbraio 2016 le disponibilità liquide di Expo 2015 si sono esaurite, ma non le spese. E andando avanti così, è sempre la stima del cda, è prevedibile che entro il mese prossimo la società arrivi ad accumulare perdite superiori a un terzo del suo capitale. Una situazione in cui la legge impone l’abbattimento del capitale stesso e il suo contemporaneo aumento per riportarlo al minimo legale.
La scivolosità del caso non è sfuggita al collegio sindacale di Expo 2015 che, nel corso dell’assemblea che due settimane fa ha deliberato la messa in liquidazione della società, ha chiesto “chiarezza in relazione alla necessità di risorse per la liquidazione” stessa. Richiesta condivisa dal magistrato della Corte dei Conti, Maria Teresa Docimo, che ha sottolineato come la messa in liquidazione risponde “ad uno solo dei temi inseriti nella relazione degli amministratori, mentre non sono fornite risposte, nel merito, in relazione alla copertura dei costi sopportati dalla società successivamente alla data di chiusura dell’evento”. Tanto più che lo stesso Sala ha confermato che “le risorse sono sufficienti per le prossime 3-4 settimane” e che “è importante rendere chiara la situazione al nominato organo di liquidazione”. Anche perché i liquidatori freschi di nomina – il prorettore della Bocconi Alberto Grando, Elena Vasco (Camera di Commercio), Maria Martoccia (ministero Finanze) e i confermati Domenico Ajello (Regione Lombardia) e Michele Saponara (Città Metropolitana) per i quali è stato fissato un compenso complessivo di 150mila euro – hanno 90 giorni per elaborare un progetto di liquidazione. Per la scadenza, però, stando alle stime del cda, Expo 2015 avrà una carenza di liquidità di oltre 80 milioni di euro.
Nel frattempo, però, è imminente una finalizzazione degli accordi con Arexpo sulla gestione delle aree fino al 30 giugno 2016, quando i terreni torneranno sotto l’ala della società in cui sta facendo il suo ingresso il Tesoro. Le indicazioni dei soci di Expo 2015 ai liquidatori sono inequivocabili, in quanto auspicano “il compimento di una attività di rivitalizzazione di parti del sito Expo 2015 nella fase transitoria dello smantellamento del sito stesso, attuato preservando i valori del sito medesimo, secondo principi di sinergia fra le società Expo 2015 S.p.A. e Arexpo S.p.A., nel rispetto delle funzioni proprie di ciascuna delle due società”. I liquidatori, quindi, sono invitati ad individuare, tra i principali criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione, quelli preordinati alla realizzazione “di eventuali sinergie e collaborazioni tra Expo e Arexpo S.p.A; anche con riferimento alla fase convenzionalmente denominata Fast Post Expo“. Cioè l’evento previsto in concomitanza con la ventunesima Triennale Internazionale di Milano, tra aprile e settembre, che dovrebbe utilizzare l’area del Cardo.
Il punto non è secondario. Secondo i calcoli del vecchio cda di expo, infatti, per il 2016 la società ha bisogno di 58,3 milioni di euro: 39,6 per lo smantellamento e 18,7 per la chiusura dell’azienda. La somma andrebbe chiesta pro quota ai soci (pubblici) di Expo. Ma grazie al Fast Post Expo può essere ridotta di 19,5 milioni con il “ribaltamento dei costi sostenuti ad Arexpo”. E così agli azionisti di Expo toccherebbe sborsare “solo” 38,8 milioni: al ministero dell’Economia toccherebbero 15,5 milioni, alla Regione e al Comune 7,8 a testa, mentre la Provincia e alla Camera di Commercio ne dovrebbero versare 3,9 ciascuna. Resta da capire quanto costerà l’operazione sul lato Arexpo i cui soci, dopo l’ingresso del Tesoro, saranno ancora una volta lo Stato, la Regione e il Comune, oltre alla Fondazione Fiera Milano pur destinata a diluirsi fortemente.
martedì 23 febbraio 2016
Bonifaci indagato, scoperto libro mastro delle tangenti: “Dai 2mila ai 30mila euro per dipendenti del Comune di Roma”
La Guardia di Finanza ha rinvenuto il quaderno durante le perquisizioni del 18 febbraio nella sede del gruppo imprenditoriale: i pubblici ministeri di Roma hanno ascoltato il titolare dell'ufficio in cui è stato trovato il documento, Una sfilza di sigle e nomi appuntati accanto a colonne di cifre.
Soldi destinati a funzionari e dipendenti pubblici del Comune di Roma. Una sfilza di sigle e nomi appuntati accanto a colonne di cifre. Per gli inquirenti è il libro mastro in cui sono appuntati due anni di tangenti, un tariffario che va dai duemila ai trentamila euro. Lo hanno trovato, scrive Il Messaggero, gli uomini del Nucleo Speciale Anticorruzione della Guardia di Finanza nella sede di una delle due società del gruppo Bonifaci perquisite giovedì 18 febbraio.
Il fronte giudiziario è quello che nel gennaio 2015 portò a scoprire un giro di tangenti tra funzionari del Campidoglio ricevute in cambio del silenzio su presunti abusi edilizi e per il rilascio di licenze. Nella prima tranche dell’indagine, ribattezzata Vitruvio, finirono in manette una quarantina di persone, tra imprenditori, funzionari pubblici e professionisti. Da quel procedimento la Procura di Roma ha avviato nuovi accertamenti che hanno portato alle perquisizioni di giovedì scorso.
A finire nel mirino dei pm di piazzale Clodio anche l’imprenditore e costruttore capitolino Domenico Bonifaci. Complessivamente sono 11 le persone indagate: un funzionario e un dipendente del dipartimento di programmazione ed attuazione urbanistica di Roma Capitale guidato da Antonello Fatello, indagato, tre professionisti e sei soggetti del gruppo Bonifaci, tra cui appunto lo stesso imprenditore. L’indagine Vitruvio porto’ tra gennaio e marzo del 2015 all’applicazione di 43 ordinanze di misure cautelari e al sequestro di circa 800mila euro.
Ora il libro mastro. Lunedì in procura a Roma i pubblici ministeri hanno sentito a lungo il titolare dell’ufficio all’interno del quale le Fiamme Gialle hanno rinvenuto il quaderno. Le tangenti riguardano un periodo compreso tra il 2013 e il 2015 e sarebbero state utilizzate per ottenere favori vari tra i quali varianti sui progetti. Quali? Il lavoro dei pm prosegue in due direzioni: da un lato il cambio di destinazione d’uso del settecentesco Palazzo Raggi, in via del Corso, convertito “dell’attuale caveau della banca (assimilabile a deposito interrato) in negozi interrati” ma anche in un centinaio di mini appartamenti, dall’altro l’accordo di programma con cui il gruppo Bonifaci avrebbe messo le basi per un megastore sulla via Flaminia.
Dall’altro, ed è il secondo fascicolo aperto dai pm, si indaga sul business delle tre Torri dell’Eur. La Finanza, scrive ancora il quotidiano capitolino, indaga sull’accordo stretto tra il Campidoglio e la società Alfiere Spa, un’intesa che avrebbe consentito alla società di risparmiare tra i 40 e i 60 milioni di euro pagando oneri di concessione relativi a una qualificazione urbana e non a una ristrutturazione privata.
Iscriviti a:
Post (Atom)