venerdì 29 maggio 2020

Opacità, imperizia, propaganda: tutti i dati allegri della Lombardia. - Marco Palombi

Opacità, imperizia, propaganda: tutti i dati allegri della Lombardia

Verso la fase 3 - Numeri ballerini - I dimessi chiamati guariti, il caso “defunti 0” e altre meraviglie. Astuti (Pd): “Zero trasparenza e database malcostruiti”.
Il “ragionevole sospetto” è un’accusa sanguinosa per la Lombardia, tanto più che la fonte è autorevole: Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che ha prodotto in questi mesi ottime letture dei dati sull’epidemia di coronavirus. Il “ragionevole sospetto” di Cartabellotta riguarda il fatto che, così ha detto ieri a Mattino 24 su Radio24, la Regione guidata da Attilio Fontana abbia “aggiustato” i suoi dati per evitare di rimanere ancora chiusa dopo mercoledì, quando scadrà il divieto alla mobilità extra-regionale.
Il catalogo è ben noto ai lettori del Fatto: “In Lombardia si sono verificate troppe stranezze sui dati nel corso di questi tre mesi: soggetti ‘dimessi’ dagli ospedali che venivano comunicati come ‘guariti’; alternanze e ritardi nella comunicazione dei dati, cosa che poteva essere giustificata nella fase dell’emergenza, quando c’erano moltissimi casi, ma molto meno ora, eppure i riconteggi sono molto più frequenti in questa fase 2. È come se ci fosse una sorta di necessità di mantenere sotto un certo livello quello che è il numero dei casi diagnosticati”.
Accuse che la Regione definisce “gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero”, chiamando a testimone l’Istituto superiore di sanità, che quei dati ha validato, e annunciando querela. Chi ha ragione? Quanto al retropensiero (tengono giù i contagi per poter riaprire) non si sa, sulle stranezze non c’è da discutere: a stare solo agli ultimi giorni abbiamo avuto i “decessi zero” di domenica che non erano zero (seguiti nei quattro giorni successivi da 134 morti da/con Covid-19) e soprattutto l’asterisco nella slide di mercoledì in cui – scritto piccolissimo – si diceva che ai 216 contagi dichiarati ne andavano aggiunti 168 dovuti a “tamponi effettuati a seguito di test sierologici fatti su iniziativa dei singoli cittadini processati dall’Ats di Bergamo negli ultimi 7 giorni”.
Può sembrare sorprendente che a 90 giorni dall’esplosione dell’epidemia la Lombardia non disponga o non comunichi dati certi e/o razionali sull’epidemia, ma non lo è affatto per chi si occupa di questa vicenda tutti i giorni. Il consigliere regionale del Pd Samuele Astuti è membro della commissione Sanità e ogni giorno produce sul suo sito decine di slide sul Covid-19 in Regione: “La scarsa trasparenza è un fatto incontrovertibile: noi non abbiamo quasi avuto risposte sui nostri accessi agli atti e in questi giorni dobbiamo mendicare i dati sui test sierologici. I database poi sono costruiti male, basti dire che gli esiti dei (pochi) tamponi sono ‘pubblicati’ senza dire a che giorno risale il prelievo. Non solo: manca anche la capacità di leggerli i dati. E dire che in Lombardia abbiamo accademici bravissimi nel settore. Senza buoni database e senza capacità di leggere i numeri semplicemente non si può sapere cosa è giusto fare”.
La voglia di fare “bella figura”, per così dire, esiste. Prendiamo il caso della percentuale di positivi sul totale dei tamponi. Quel dato – grazie al lockdown – è in netto miglioramento tanto che da domenica, il giorno dei “decessi zero”, la Giunta Fontana ha deciso di includerlo nelle sue slide giornaliere: dal 5% di qualche tempo fa, la percentuale è passata al 2,5% del 24 maggio per scendere all’1,7% di martedì e mercoledì, giorno in cui questo lusinghiero risultato si ottiene però solo escludendo dal conto i reprobi bergamaschi dell’asterisco.
Ieri, senza asterischi, i 382 nuovi positivi erano il 2,5% dei 15.507 tamponi fatti: nel resto del Paese lo 0,3%. A pensar male si fa peccato, si sa, ma va se non altro citata la denuncia dei 5 Stelle in Regione: “Ci scrivono in moltissimi per denunciare che le Ats stanno fermando i privati che – di tasca propria – hanno prenotato i test sierologici. Motivo: ci sarebbero problemi a fare tamponi, se il test rivelasse la presenza degli anticorpi che segnalano la malattia”. Così, senza asterischi.

Caro Salvini, adesso è lei a dire spesso dei no (strumentali). - Luisella Costamagna

De Luca : "Salvini va in giro per farsi guardare gli occhiali ...

Caro Matteo Salvini, l’altra sera a Fuori dal Coro le ho fatto recapitare da Mario Giordano la seguente domanda: “Coi 5S vi siete ‘lasciati’ perché, secondo lei, dicevano troppi no. Ora però a dire No è lei, innanzitutto sul Mes, su cui è d’accordo anche Berlusconi. Non le va bene un prestito da 36 miliardi a un tasso agevolato dello 0,1%, mentre promuove i 22 miliardi di Buoni del Tesoro sui cui lo Stato – ovvero tutti noi – dovrà pagare almeno l’1,4%. Quale padre di famiglia sceglierebbe il mutuo più salato? Per lei vengono ‘Prima gli Italiani’ o l’avversione all’Europa?”. Domanda semplice. Infatti ho notato che, mentre mi ascoltava, annuiva sorridendo coi suoi nuovi occhiali, tipo studente che pensa “evvai, questa la so!”. Ma la sua risposta è stata piuttosto deludente.
Ha esordito dicendo: “I soldi per i Btp rimangono in Italia, gli interessi vanno in tasca a cittadini e imprese italiane”. Partenza inesatta: se gli investitori individuali sono stati, come scontato, quasi tutti italiani (in larga parte piccoli risparmiatori), nella seconda fase dedicata agli istituzionali il 48% (quasi la metà) è finito in mani straniere. “Poi – ha proseguito – non ci sono condizioni, mentre i soldi del Mes dovranno essere restituiti a precise condizioni decise tra Bruxelles e Berlino”. Anche su questo qualche precisazione: l’unica condizionalità prevista nell’accordo europeo è l’uso dei soldi per la sanità, spese dirette e indirette dovute all’emergenza Covid. C’è da fidarsi della Commissione Ue che garantisce che i Paesi che attiveranno il fondo non verranno messi sotto sorveglianza sui conti pubblici? Forse no, se uno pensa al passato. Ma se uno invece guarda al presente e al futuro, alla crisi in cui siamo e a come uscirne subito – e questo dovrebbe avere a mente una politica responsabile: gli interessi del Paese, non i propri calcoli elettorali – la risposta forse è sì. Avrebbe chiesto Catalano: non è meglio un prestito a 10 anni da 36-37 miliardi, disponibili subito, su cui pagare un interesse quasi nullo dello 0,1%, rispetto a meno soldi (22 miliardi), da restituire in meno tempo (5 anni), a un tasso superiore (almeno l’1,4%)? Matematica. Anche perché chi paga quel debito agli investitori, anche stranieri? I cittadini italiani. E se è vero che il Mes è limitato alla spesa sanitaria, iniettare 37 miliardi in strutture e personale che, come purtroppo abbiamo visto, ci servono, anche per i tagli che ci sono stati negli ultimi 10 anni (pari proprio a 37 miliardi), non sarebbe un bel sollievo? Potremmo liberare risorse dalla Sanità, su cui anche il decreto Rilancio è costretto a investire, per spostarle su altri settori in crisi: imprese, turismo, scuola, famiglie… Eh ma “se i soldi del Mes fossero ’sto regalo imperdibile – ha concluso –, perché Grecia, Francia, Spagna, Portogallo non li usano? O sono fessi gli altri oppure sono un prestito a rischio”. Al di là del fatto che Paesi come la Francia forse non ne hanno bisogno, visto che già investono in Sanità ben più di noi, che politica è quella che decide il da farsi non sulla base di ciò che serve, ma guardando agli altri? Lo studente di cui sopra è contento del 4 perché i compagni prendono 3?
Caro Salvini, non penso che il Mes sia la panacea dei nostri (tanti) mali, né l’unica strada. Penso però che un leader seguito – come lei – e serio – come lei vorrebbe essere – dovrebbe dimostrare serietà nei fatti, non solo con gli occhiali. Si può dire sì ai Btp, ma anche al Mes (vedi Berlusconi), agli Eurobond (vedi Meloni) e al mega Recovery Fund (sarà come annunciato?): a tutto ciò che può aiutare subito l’Italia. Così potreste anche ricompattare il centrodestra. O siete tornati nella Casa delle Libertà dove, per dirla con Guzzanti, “fate un po’ come c… vi pare”?
Un cordiale saluto.
Luisella Costamagna

A caccia della materia mancante con i lampi radio veloci.



Quanta materia c’è nell’universo? Non è facile rispondere. Solo una piccola percentuale, nemmeno un quarto, risiede in galassie e ammassi di galassie, ed è dunque quantificabile direttamente. Tutto il resto si trova in forma diffusa, difficilmente osservabile. E stiamo parlando solo della cosiddetta “materia normale”, o barionica: i protoni e i neutroni che formano tutto ciò di cui abbiamo esperienza, per intenderci. Non di materia oscura. Materia normale che però, stando ai calcoli, dovrebbe essere il doppio di quella che si vede. È il mistero della cosiddetta “massa mancante”: dove si nasconde? Una risposta potrebbe arrivare dai fast radio burst: lampi radio intensi e brevissimi – dell’ordine dei millesimi di secondo o anche meno – provenienti da galassie lontane. La loro origine è ancora sconosciuta – forse le stelle di neutroni – ma si stima che rilascino un’energia pari a quella prodotta dal Sole in ottant’anni. La ragione per cui i lampi radio possono aiutare a trovare la massa mancante si chiama dispersione. È il fenomeno per cui le diverse lunghezze d’onda che compongono un segnale elettromagnetico, quando viaggiano attraverso un mezzo – come ad esempio le particelle di materia diffusa nello spazio intergalattico – non vanno tutte alla stessa velocità – come farebbero nel vuoto, tutte alla velocità della luce – ma vengono rallentate in modo diverso e dipendente dalla loro energia. Usando le antenne radio di #ASKAP, l’Australian Square kilometer Array Pathfinder, gli astronomi hanno analizzato il ritardo accumulato alle diverse frequenze per calcolare la quantità di materia attraversata dal segnale di ciascun lampo radio, identificando al contempo con precisione le coordinate di provenienza del segnale. Coordinate passate poi ad alcuni fra i più grandi telescopi ottici al mondo per determinare la distanza della galassia nella quale ha avuto origine il lampo radio osservato. La combinazione delle misure radio e ottiche – e quindi la relazione fra ritardo temporale e distanza dell’oggetto – ha così consentito di stimare la densità della materia mancante. Per la prima volta, gli scienziati hanno potuto analizzare e confrontare il segnale proveniente da sei lampi radio provenienti da regioni diverse di cielo, ottenendo stime estremamente precise, consistenti con le previsioni della radiazione cosmica di fondo e della nucleosintesi primordiale avvenuta subito dopo il Big Bang. Servizio di Valentina Guglielmo Per saperne di più: https://www.media.inaf.it/2020/05/28/...

Ettore Zanca.

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Continuano a provarci. Lo costringono, lo ingabbiano, lo etichettano. Ne fanno carne da dare in pasto al pettegolezzo. Forse perché disorienta e spaventa. La sua nobiltà e la sua dignità pura risplende anche quando viene fuori da una discarica. Se non addirittura con più forza. L’amore non è cibo per piani alti, è l’ultima fetta di felicità da dividere attentamente in due, spesso lasciata da qualcun altro che era fin troppo sazio.

Silvia e Alessandro si sono sposati. Sembrano una coppia uscita da un bellissimo fumetto per la simpatia che donano. Tutto normale? No. Silvia e Alessandro stanno insieme da dieci anni per la strada. Sono due clochard. Si sono conosciuti e innamorati, lei 36 anni, lui 53. Seguiti da associazioni di volontariato di Como, che li hanno aiutati a organizzare la cerimonia. Hanno festeggiato nel dormitorio invernale e hanno invitato al rinfresco tutti i senzatetto.


Non è una favola moderna, è vita. Hanno ricevuto in dono cose utili come nemmeno ai matrimoni classici si fa. Primi fra tutti due comodi sacchi a pelo. Perché la vita in strada è dura e loro in strada vogliono tornare.


Non possono permettersi una casa, Silvia tra l’altro si muove con le stampelle, scrive poesie e sorride sempre. Alessandro è un uomo dotato di una sensibilità unica, è l’unico che quando lei ha crisi di paura le sa stare vicino e la calma. Per la cerimonia lei aveva un abito regalo di lui, lui se lo è fatto prestare da un volontario. Già, lo ingabbiamo, lo definiamo, ma l’amore prima o poi sfugge come un bambino e va in strada a sporcarsi le mani; è togliersi insieme dal buco di culo dell’inferno delle proprie sofferenze.


Anzi, le migliori parole per definire l’amore le ha dette proprio Silvia alla fine della cerimonia: “lui mi ha rubato il cuore, mi ha assicurato che lo custodirà con cura perché se prova a romperlo io muoio”. Direi che basterebbe così.


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Briatore, Casini e Montezemolo: i frugali d’Italia. - Antonio Padellaro

Briatore, Casini e Montezemolo: i frugali d'Italia – infosannio

















Sere fa, inquadrato su Rete4, Luca Cordero di Montezemolo sembrava uscito dalla cornice ovale di un ritratto museale, tipo: uomo con turbante rosso, oppure dama con liocorno. Infatti apparentemente non dava segni di vita fino a quando Barbara Palombelli non gli ha chiesto cosa pensasse del governo Conte, al che arricciando le aristocratiche labbra LCdM ha mormorato qualcosa come: “Inadeguato”. Quindi i custodi lo hanno riposto delicatamente in magazzino. Da giorni ci perseguita il termine “frugale” che nei tg è associato ai quattro Paesi (Austria, Danimarca, Olanda e Svezia) timorosi che qualsiasi prestito fatto all’Italia poi ce lo sputtaniamo col Gratta&Vinci o in qualche osteria. Davanti al ritratto del gentiluomo disgustato con ermellino, mi sono detto che anche noi abbiamo la fortuna di annoverare miliardari frugali, che notoriamente si nutrono di bacche e licheni, pensosi sui destini del Paese finiti nelle mani di un avvocato pugliese, inadeguato fin dal 740.
Gente sobria nel collezionare Cda e mandati parlamentari, come il senatore emerito, Pier Ferdinando Casini, promotore dell’imminente rivolta dei Forconi pariolini contro il governo affamatore dei poveri. Vip dalle abitudini frugali, come Flavio “Billionaire” Briatore, fustigatore talk della inettitudine di premier e virologi con argomentazioni implacabili (“ma sono scemi?”). Lui che per curarsi ha brevettato un nuovo formidabile antipiretico: la “Tachipirigna” (testuale), da servire con lime, distillato di canna e molto ghiaccio tritato. Ma il nostro frugale preferito resta il deputato leghista Claudio Borghi, da tempo legato e imballato in un trumeau di Montecitorio, dopo che a ogni sua dichiarazione lo spread spiccava il volo. Riesumato d’urgenza quando all’annuncio del maxi-piano Ue da 172 miliardi per l’Italia gli è stato chiesto di sparare la prima cazzata che gli veniva in mente. Questa: “Il Recovery fund è una fregatura”. Poi uno si chiede perché i Paesi frugali ce l’hanno con noi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/05/29/briatore-casini-e-montezemolo-i-frugali-ditalia/5817353/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-05-29

Ricoveri Fund. - Marco Travaglio

tour storie e leggende napoletane: spiritelli, maghi e jettatori ...
Il Paziente Zero, ormai è chiaro, non lo troveremo mai. Ma per l’Impaziente Zero c’è solo l’imbarazzo della scelta. Stormi di menagramo appollaiati sui cornicioni di Palazzo Chigi attendevano da mesi l’uscita del feretro di Giuseppe Conte, il noto pirla capitato lì per caso e destinato a morte sicura per unanime decisione dei commentatori che la sanno lunga. Restava solo da stabilire chi avrebbe premuto il grilletto, ma i candidati al ruolo di killer erano legione. L’uno valeva l’altro. Poteva essere il mitico ministro della Giustizia Usa, autore del leggendario Rapporto Barr di imminente pubblicazione destinato a smascherare le trame del premier con i Servizi per passare segreti di Stato a Trump in cambio del celebre tweet pro “Giuseppi”. Poi purtroppo è andata com’è andata: Barr non ha sbugiardato nessuno e l’unica cosa che ha rischiato di uscire non è il Rapporto Barr, ma Barr, a calci. Poteva essere il Cazzaro Verde dopo l’annunciato trionfo in Emilia. Poi purtroppo è andata com’è andata: prima suonava ai citofoni altrui, ora si telefona da solo e non si risponde.
Poteva essere l’Innominabile, da sempre ansioso di liberarsi del premier con i più svariati pretesti (la prescrizione, le manette agli evasori, il Mes, l’Ilva, Alitalia, Atlantia, la Fase1, la Fase2, gli orari delle conferenze stampa del premier, i Dpcm al posto dei decreti, i decreti al posto dei Dpcm, la svolta autoritaria, Bonafede, un’unghia incarnita), per metterci al posto ora Cantone, ora Draghi, ora Giorgetti, ora Franceschini, ora Bertolaso, ora Sassoli, ora Colao, ora sua zia. Poi purtroppo è andata com’è andata: l’unica cosa di cui l’Innominabile s’è liberato è il suo partito, che nei sondaggi rantola sull’1,5% e sta per finire alla voce “Altri”. Poteva essere Di Maio, dato regolarmente in rotta di collisione col premier, come del resto l’intero M5S, sempre descritto nel caos, in rivolta, in scissione, nell’abisso, nel baratro, nella bara. Poi è andata com’è andata: anche grazie a Conte, Di Maio sale nei sondaggi e pure i 5Stelle, anche con un capo provvisorio non proprio carismatico come Crimi. Poteva essere il Pd, da tutti dipinto come scontento e stufo marcio del premier e ansioso di metterci al posto ora Cantone, ora Draghi, ora Giorgetti, ora Franceschini, ora Bertolaso, ora Sassoli, ora Colao, ora Giovanni Rana. Poi è andata com’è andata: Conte è sempre lì e il Pd, fingendosi morto, tallona la Lega. Poteva essere la gestione della Fase1, ovviamente disastrosa perché il governo non si decideva a imitare il prodigioso “modello Lombardia”. Poi è andata com’è andata: il lockdown all’italiana è stato preso a modello da tutta Europa, il modello Lombardia un po’ meno.
Poteva essere la Fase2 della pandemia, chiaramente catastrofica e funestata da rivolte sociali da Nord a Sud per l’incapacità del noto frescone di aiutare l’Italia allo stremo. Poi è andata com’è andata: dl Liquidità da 25 miliardi, dl Rilancio da 55, totale 80 miliardi in due mesi. Che, con tutti i ritardi, gli errori e gli inceppi burocratici, sono comunque una discreta sommetta. Insomma, passavano i giorni, le settimane, i mesi e il più grande premier morente della storia era sempre lì. 
Ma gli jettatori appollaiati avevano ancora in tasca l’arma-fine-di-mondo: i Paesi “frugali” della Ue che, a bordo dei cingolati tedeschi, avrebbero schiacciato quel pirla di Giuseppi come una sottiletta, spernacchiando le sue barzellette degli Eurobond e del Recovery fund (curiosamente condivise da Francia, Spagna e altri 6 governi) e costringendolo alla resa sul Mes con la mano tesa a cucchiaio. Anzi, a cucchiaino. L’altroieri, purtroppo, è andata com’è andata: la Commissione Ue ha proposto un Recovery con Eurobond da 750 miliardi, di cui 173 andrebbero all’Italia (82 a fondo perduto, 91 in prestito condizionato). Al momento è solo una proposta, che andrà fatta ingoiare a tutti i capi di Stato e di governo dell’Eurogruppo prima di tradursi, non prima di fine anno, in moneta sonante. Ma intanto, a finire spernacchiati, sono i 36 miliardi del Mes e tutti quelli che davano per scontata la resa del premier a quella questua, con apocalisse incorporata modello estate-autunno. Per non parlare di Salvini e Meloni, che da mesi accusavano Conte di alto tradimento e svendita dell’Italia alla Germania per aver “firmato” nottetempo un Meccanismo che aveva siglato il loro ultimo governo 10 anni fa, mentre Conte non ha firmato neppure la lista della spesa.
Ora la Meloni riconosce almeno “il passo avanti”, anche se lei avrebbe ottenuto “molto di più”. Salvini invece è letteralmente scomparso. Dopo un giorno e una notte di afasia, ieri è ricomparso esalando questa dichiarazione striminzita e stiticuzza: “Per aiutare davvero famiglie e imprese italiane, i fondi europei devono arrivare subito, non nel 2021 come previsto da Bruxelles. Gli italiani senza lavoro e senza stipendio non possono aspettare i tempi della burocrazia europea”. Tutto qui? Forse non voleva disturbare gli euroalleati “sovranisti”, che sognavano di affamare l’Italia e ora rosicano perché verrà aiutata, strillando al “colpo di Stato” (l’olandese Jorg) e al “suicidio politico” (il tedesco Meuthen). O forse il Cazzaro Verde era semplicemente finito in osservazione per il classico mancamento da ipossia, come quando abbatté il Conte-1 per andare alle elezioni e a Palazzo Chigi, e si ritrovò il Conte-2. I famosi Ricoveri Fund.

giovedì 28 maggio 2020

La vittoria di Conte e dell’Europa. - Tommaso Merlo

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Tempi davvero bui per i sovranisti, adesso si mette di mezzo pure l’Europa a minare la loro propaganda. Proprio mentre si apprestavano a fomentare le rivolte sociali, arriva il Recovery Fund. Già, l’Europa è viva e vegeta e perfino solidale. Se l’Italia dovesse addirittura salvarsi grazie ai soldi europei, i sovranisti rischiano l’estinzione. Del resto non gliene va bene una. Più cercano di sciacallare sulla pandemia, più il boomerang gli ritorna sul nasone. Dall’emergenza sanitaria a quella economica, la strategia è sempre la stessa, manganellare. Tra i loro pestaggi preferiti c’è ovviamente quello di Conte. Gli han dato del criminale, dell’incapace e perfino del traditore per aver firmato il MES di nascosto svendendo il paese alla Merkel. Già, come no. Carne avariata in pasto ai loro famelici leoni da tastiera. Con l’unico risultato che adesso lo sa l’Italia intera che il MES lo hanno varato loro. Non gliene va bene una e all’estero non se la passano certo meglio. Al parlamento europeo han fatto i furbi astenendosi e votando a caso. Puntavano all’ennesimo fallimento per poi scatenarsi con le solite moine propagandistiche antieuropee. Ed invece se lo sono presi in quel posto. A Roma come a Bruxelles i sovranisti han commesso un errore politico madornale. Quello di sottovalutare la pandemia. Una crisi di tale gravità da smuovere perfino la Germania e con essa equilibri ed idee malsane che tenevano ostaggio il progetto continentale da anni. I sovranisti nostrani hanno reagito alla notizia del Recovery Fund con imbarazzati balbettii mentre i loro ragionieri già vagheggiano di fregature. Panico malcelato con propaganda riscaldata. Più trasparente la reazione dei sovranisti d’oltralpe che han definito il Recovery Fund addirittura un “colpo di stato”. Rabbia e disperazione. Si rendono perfettamente conto che il Recovery Fund non è solo una questione economica, ma anche dannatamente politica. Se milioni di cittadini europei dovessero salvarsi dalla crisi pandemica grazie alla forza e alla solidarietà dell’Europa, per il continente si aprirà una pagina storica nuova. Il progetto europeo ritroverà slancio unitario dopo anni di stallo burocratico e finanziario. Una pagina che ricaccerebbe i sovranismi ai margini della storia, sul binario morto dei loro rigurgiti nazionalisti, dei loro retrogradi egoismi, dei loro ipocriti bigottismi. Le paure, le miopie e le chiusure su cui hanno costruito il loro consenso lascerebbero spazio ad un periodo di speranza, di cooperazione e di ricostruzione virtuosa dei popoli europei. Tempi davvero bui per i sovranisti. Han sottovalutato Conte, han scommesso sul fallimento dell’Europa. Non gliene va bene una. Di questo passo rischiano l’estinzione molto prima di quanto si potesse sperare.

https://repubblicaeuropea.com/2020/05/28/la-vittoria-di-conte-e-delleuropa/