Da "IL GAZZETTINO" di mercoledì 20 maggio 2009 |
«Caro Zaia, rispetto i dialetti non la propaganda» di Mariastella Gelmini* Gentile Direttore, ho letto attentamente quanto affermato dal Ministro Zaia. Tengo a ribadire che i dialetti sono le base della nostra cultura e che il mio pensiero è stato volutamente travisato. Pensare che il Ministro dell`Istruzione non sia sensibile (...) (...) ad una parte così rilevante della nostra tradizione è un`accusa che respingo e che non si comprende se non ritenendola dettata da motivi di visibilità `elettorale. Da subito ho attuato provvedimenti per legare la scuola al proprio territorio. I professori ad esempio devono sempre di più provenire dalla stessa regione nella quale insegna. Le classi inoltre non possono essere composte da più del 30% di stranieri per favorire una migliore integrazione. Ogni regione devo poter strutturare un sistema educativa in linea con le richieste del mondo del lavoro della zona. Allo stesso modo la spinta verso il futuro e la modernizzazione non può non essere accompagnato dalla valorizzazione della cultura ivi compresa la lingua e il dialetto. Per questo la polemica è distituita di qualsiasi fondamento soprattutto per chi è rivolta ad una persona che abita al confine con il Veneto e che conosce bene l`eccellenza, il valore e la cultura delle persone che lo popolano. Mariastella Gelmini *Ministro dell`Istruzione http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=37079731 |
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 16 luglio 2010
La competenza linguistica del nostro Ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini
Federico Bricoli uno dei promotori dell'emendamento 1707
Federico Bricolo, Lega nord.
Ha presentato il disegno di legge:
"Disegno di legge sull'esposizione del crocifisso negli uffici pubblici"
Che prevede:
« Non si ritiene che l'immagine del Crocifisso nelle aule scolastiche, o più in generale negli uffici pubblici, nelle aule dei tribunali e negli altri luoghi nei quali il Crocifisso o la Croce si trovano ad essere esposti, possa costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa. »
E' lo stesso che ha proposto l'emendamento 1707 che prevedeva "nessun arresto per abusi lievi su minori".
Emendamento 1707:"Niente obbligo di arresto per chi verrà sorpreso a compiere violenze sessuali 'di lieve entità' verso minori." I firmatari della legge: Gasparri (PdL), Bricolo (Lega), Quagliariello (PdL), Centaro (PdL), Berselli ...(PdL), Mazzatorta (Lega), Divina (Lega).
Io non ho capito il nesso, voi?
Forse basta esporre il crocifisso per sentirsi meno colpevole di abusi su minori?
La BBC ironizza sullo spot "Magic Italy" di Brambilla-Berlusconi
Ma la favola (sulla Bbc e in Rete) svanisce
“Io e la P3” Corruzione globale - Luca Telese
L'ex giudice tributario si confessa al deputato dell'Idv, Francesco Barbato, pensando di rivolgersi a un omonimo dell'Udeur
Sta di fatto che, tre giorni fa, i due si ritrovano faccia a faccia in una cella angusta. Lombardi sdraiato sul lettino, Barbato seduto su uno sgabello. Il primo in maglietta bianca e pantaloni celesti, il secondo in giacca e cravatta. Il detenuto, ex grand commis della giustizia, l’uomo di collegamento tra il gruppo di Flavio Carboni e l’arcipelago della giustizia ha voglia di raccontare e di raccontarsi. Ad esempio con delle rivelazioni sui suoi rapporti con i leader di centrodestra e di centrosinistra (da Lusetti e De Mita ad Alfano, Cappellacci e Formigoni); ma anche con i retroscena di una incredibile rete di relazioni che mette insieme esponenti togati, travet ministeriali, raccomandazioni e convegni. Forse a tratti la ricostruzione si impreziosisce di qualche piccola millanteria. Forse talvolta la tentazione del colore addomestica gli eventi. Sta di fatto che il racconto di Lombardi è in ogni caso un documento incredibile per restituire “il tono” e il retroscena delle inchieste che stanno mettendo a soqquadro il Palazzo. Il deputato dell’Italia dei valori entra nella cella con un block notes immacolato, e ne esce con una mole d’appunti tale da dover riempire anche la copertina. Questo è il resoconto del dialogo fra lui e il detenuto.
Dottor Lombardi, perché lei è qui?
(Sorriso) Questa è una bella domanda. Il Pm, uno che mi ha preso di mira, dice che io ho molti rapporti con la magistratura. Questo, dopotutto è vero. Tutta la storia inizia perché io organizzo convegni.
In che senso?
Sì, convegni. Ne faccio dai 20 ai 25 l’anno. Scelgo i posti più belli d’Italia. Chiamo i migliori relatori, gli pago le spese. A che serve questo? A far parlare le persone, a farle conoscere.
Che tipo di convegni?
Sulla giustizia, sulle regole… Io ho un gruppo di ospiti di primissimo piano: c’è Arcibaldo Millerche conosco da trent’anni, e che più di un amico, è roba mia… e poi ci sono Martone, Caliendo, il fratello di Peppino Gargani che è doppiamente importante perché Peppino era responsabile giustizia di Forza Italia…
Ci sono solo magistrati?
No, anche dei politici. Ad esempio in Sardegna doveva venire anche Alemanno, e poi ha mandato il suo capo gabinetto, Sergio Gallo.
Come mai?
Sergio è una mia creatura. Di Cervinara, come me. Sono stato io a favorire il suo ingresso in quella squadra, a fargli avere in trasferimento al Comune.
Lei riesce a fare tutte queste cose?
(Sorriso). Anche di più.
Però non è un momento felicissimo, immagino.
Ehhh.. Se io sto in galera, oggi, è per colpa dei miei. Barbato, voi dovete seguirmi, un giorno, e io vi faccio conoscere tutta Forza Italia…..
Ma che c’entra la galera?
Vede, Carboni si è mosso troppo. Ha iniziato troppo presto, e invece doveva stare fermo. Pazientare, attendere, si fa così. Io avrei potuto andare da qualche amico magistrato…
E invece?
Il casino dell’eolico è scoppiato perché Verdini ha tolto di bocca la polpetta di un grande affare dalla bocca di De Benedetti e di Moratti, chill’do petrolio…
So chi è Moratti…
Il più rosso dei magistrati è proprio questo Capaldo, che mi tiene sotto tiro.
Lei mi stava spiegando dei convegni.
Ecco. L’ultimo lo abbiamo fatto in Sardegna. Me lo ha finanziato Cappellacci, con 50mila euro, su 150 di spese previste. Non è poco.
E come lo ha conosciuto?
Cappellacci si mette sempre a disposizione. L’ho conosciuto addirittura prima che diventasse presidente, tramite un amico mio, avvocato di Napoli.
Ma quando parla di se, a chi fa riferimento: a un partito, a una corrente?
I miei riferimenti nel Pdl sono Cosentino, Caliendo e l’avvocato Ignazio Abrignani, uno che è fortissimo perché fa una montagna di tessere…
Però lei si è adoperato anche per altre candidature alla guida della regione Campania.
Ma solo dopo che è tramontata la possibilità di eleggere Cosentino! Ho tifato per avere Lettieri…. Ma guardi che non ho rapporti solo con il Pdl!
No?
No, è importante avere amicizie a 360 gradi….
Ad esempio?
Beh, Lusetti. Lusetti l’ho fatto deputato io… Si è candidato nel mio collegio, e solo nel mio comune, per dire, ha preso 1200 voti.
E’ passato da poco dal Pd all’Udc.
Perché gli ho fatto una testa così io. Gli ho fatto il lavaggio del cervello…
Ma perché?
Perché, perché…. Renzo, se l’Udc entra al governo, ha il posto da sottosegretario già prenotato
Però forse l’Udc non entra.
E allora se Casini non fa l’accordo, lui o passa in ogni caso nel Pdl, e sempre sottosegretario può diventare. Lusetti mi sta a sentire, fa quello che dico io….
Sarà vero?
(sorriso) Ha lasciato il Pd insieme a Sommese. Ebbene, Sommese ha già avuto l’assessorato in Campania!
Ma come lo ha conosciuto Lusetti?
Era nel gruppo di De Mita, mi è stato presentato quando Tanzi veniva giù in elicottero, e io viaggiavo con lui. Anche con De Mita ho avuto rapporti.
Sì?
Era in un brutto momento, quando volevano portarlo al Tribunale dei ministri…
E lei che c’entra?
Gliel’ho detto che alla Giustizia sono di casa.
Non ho capito ancora bene che cosa lei faccia.
Gliel’ho detto. Io sono amico di molti magistrati. Li faccio conoscere tra di loro, li seguo… Per esempio, il figliolo di Ferri, Cosimo, è un buono Guaglione, un ragazzo in gamba.
Ma quindi lei che fa, l’animatore?
Faccio un esempio, il procuratore di Avellino, Mario Romano… gli mancava un voto per essere nominato, e quel voto glielo ho trovato io.
Si ricorda tutti questi dati?
Ho una agenda, a casa, in cui ho segnato tutto: tutti i numeri, tutti i fatti, tutte le date dei miei incontri.
Altri sponsor?
Formigoni è un altro amico mio. Mi ha dato 20mila euro per dei convegni all’Hotel Gallia a Milano. Poi io l’ho invitato giù, può controllare, all’hotel Gran Principe di Sorrento. Vede Barbato, io sono amico delle massime autorità della giustizia. Però, da tutto quello che ho fatto non ho tratto interesse, non ho guadagnato nulla. Carboni e Martino sono imprenditori, è un altra storia.
E lei perché lo fa ?
Per la passione che ho, per la politica. Tutti i mercoledì sono a Roma. A Casini, che conosco dai tempi della Dc, incontrato davanti a un bar ho detto: ma perché non lo fai questo benedetto accordo?
Anche con membri del governo?
Ad Alfano gli ho detto: Ma cazzo! Queste intercettazioni! Le cose vanno prima fatte, e poi dette. Se era per me io l’avrei già fatto.
Ma lei cosa fa?
Io faccio questo lavoro di mantenere i rapporti con i magistrati, da 25 anni. Ho iniziato seguendo mio cugino, Giuseppe Faraone, che prima passò per il Csm, e poi fu distaccato all’agricoltura. Ora è morto.
Ma cosa fa per vivere?
Il perito demaniale. Lavoro in tutta Italia, anche grazie alle raccomandazioni, perché questo paese è così. Sono intervenuto anche presso Ugo Bergamo, membro laico del Csm, che ho contribuito a far diventare assessore a Venezia.
E la sua vita?
Ho tre figli. Bice, che è segretaria del sindaco Iervolino, ma che lavora anche con l’assessoreOddati, perché io ho ottimi rapporti pure con Bassolino. Gianfranco, che ha appalti con il ministero della Giustizia. Il terzo fa l’archietto, ma si occupa di perizie legali con i tribunali di Roma, Benevento e Napoli.
giovedì 15 luglio 2010
‘Cesare’ è sempre più solo - Peter Gomez
Oggi tocca a Nicola Cosentino difeso ad oltranza per mesi – sebbene avesse portato i propri legami familiari con la camorra sino al cuore del governo – ma alla fine costretto alla dimissioni. Ieri era toccato ad Aldo Brancher, per il quale il premier aveva inventato un dicastero solo per metterlo al riparo da un complicato processo per ricettazione e appropriazione indebita. Qualche settimana fa era stata la volta del potentissimo Claudio Scajola: il ministro apparentemente ladro che prima si era fatto comprare casa a sua “insaputa” e che poi se l’era fatta ristrutturare – a insaputa dei contribuenti – con fondi del Sisde.
L’elenco dei caduti sul campo, insomma, non è breve. E ben presto potrebbe allungarsi ancora. Tra chi trema c’è l’ex uomo immagine dell’esecutivo, Guido Bertolaso, che non protetto da immunità parlamentare prima o poi dovrà decidersi a spiegare esattamente ai magistrati e all’opinione pubblica quale tipo di rapporti ha intrattenuto con la cricca.
E poi c’è lui. Il mito. Denis Verdini, il banchiere toscano che considera gli affari e la politica una cosa sola. Verdini: la prova vivente di come avesse ragione Tacito quando scriveva: “Il crimine una volta scoperto non ha altro rifugio che nella sfrontatezza”.
Verdini nelle copiose interviste ha ammesso di tutto. Ha detto di aver davvero richiesto al ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli la nomina di un provveditore alle opere pubbliche (poi finito in manette) gradito a un suo amico imprenditore che era interessato a un appalto da 280 milioni di euro. Ha raccontato di aver pure fatto nominare direttore dell’Arpa Sardegna un altro funzionario, solo perché così gli era stato richiesto dal pluri-pregiudicato Flavio Carboni, grande elettore sardo del Pdl. E, tanto che c’era, ha pure ricordato di aver ricevuto da Carboni (non però da lui direttamente, ma dal suo autista ndr) 800mila euro poi finite nelle casse di un giornale legato al centro-destra.
Certo, lui assicura che i cittadini e i contribuenti non hanno nulla da temere. “Perché”, spiega, “non ho fatto niente di illegale”. Ma è chiaro che anche la sua sorte è (politicamente) segnata. Si tratta solo di aspettare.
E qui nascono i veri problemi per Berlusconi. L’idea, a lungo accarezzata, di far cadere il proprio governo e di chiedere al presidente Napolitano di sciogliere le Camere per andare al voto, appare di giorno in giorno più balzana. Dalla ordalia elettorale, è vero, il Cavaliere uscirebbe probabilmente vittorioso.
Ma la questione al momento è arrivarci al voto. Non vincerlo.
Da una parte, man mano che la pattuglia dei finiani aumenta di numero, la prospettiva di un esecutivo tecnico sostenuto da tutti i parlamentari anti-Berlusconi prende quota. Dall’altra c’è l’incognita dei possibili traditori. Dei fedelissimi che il Cavaliere si è visto costretto ad allontanare, i quali, da oggi in poi, hanno molti buoni motivi per accoltellarlo alle spalle.
A loro abbandonare le comode e immuni poltrone di deputati e senatori, dietro la promessa di essere nominati un ‘altra volta, non conviene. Il rischio è di uscire da Montecitorio e Palazzo Madama per poi non rientrarci più.
A causa della crisi, infatti, sale per la prima volta nel Paese la disapprovazione sociale per i comportamenti che alla lunga danneggiano la collettività. Anche agli elettori di centro-destra i furbi piacciono sempre meno. E i primi ad accorgersene sono i direttori di quotidiani come Libero e Il Giornale sempre più sommersi da e-mail di protesta.
Per i Cosentino, per i Dell’Utri, per i Verdini, per gli Scajola è ormai persino complicato farsi vedere in giro. Loro lo sanno. E Berlusconi lo sa. Come sa che, in caso di elezioni anticipate, ripresentare in lista certa gente diventa un pericolo. Anzi un assist per l’odiato Fini che a tutti dice di brandire la bandiera della legalità.
Per questo l’Imperatore, anzi Cesare, come chiamavano Berlusconi quelli della nuova P2, è triste e sempre più solo. Sbraita, urla, medita la rivincita, ma è costretto a giocare in difesa. E intanto quando cammina sta bene attento a tenere le spalle al muro. Le avventure come la sua, dice la Storia, hanno un unico epilogo. La congiura di Palazzo. E, a volte, persino il regicidio.