Di Peter Gomez
La tesi esposta ieri (31 ottobere, ndr) da Libero è semplice. Il Fatto quotidiano, definito chissà perché “l’ultrasinistra del giornalismo”, segue solo vicende che riguardano Silvio Berlusconi. Tutto il resto lo cestina o lo sottovaluta. E che le cose stiano così, secondo il giornale della famiglia Angelucci, lo dimostra quanto accaduto intorno al caso di Piero Marrazzo. “Il 25 settembre”, scrive Maurizio Belpietro, “un gruppetto di colleghi e politici ricevette un sms che informava dell’esistenza di un video in cui si vedeva Marrazzo ‘che sniffa con due trans’”. Ma i cronisti de Il Fatto, al pari di Giuseppe D’Avanzo di Repubblica, non fecero niente, non andarono a “caccia d’immagini come avrebbero fatto se si fosse trattato di Berlusconi”. Alzarono, invece, le spalle e dissero “che la notizia è una bufala”.
Chi scrive potrebbe rispondere ricordando di essere uno dei pochi cronisti querelati da Marrazzo per un pezzo sulle spese allegre della sua Regione. O sottolineare che altri governatori “rossi” come, Claudio Burlando, Antonio Bassolino e Nichi Vendola, hanno visto sulle nostre pagine documentate inchieste che li mettevano alla berlina. Oppure potrebbe invitare Belpietro a rileggere i verbali del caso Marrazzo pubblicati ieri da Il Fatto (e non da Libero), da cui emerge come lui e l’editore Angelucci, avvertiti dal direttore di Chi Alfonso Signorini, esaminarono il 12 ottobre il video, ma non scrissero una riga. E cercarono, invece, di acquistarlo per 100 mila euro, pur sapendo che, viste le modalità criminali con cui era stato girato, non lo si poteva pubblicare.
Il punto però è un altro. Il 25 settembre, a noi come ai colleghi di Libero, arrivò un sms in cui si leggeva: “Altra spolverata di fango, pare stia per uscire un filmatino con Marrazzo che sniffa con due trans. Ormai siamo nella fogna infognati”. A inviarlo era Luigi Crespi, un tempo sondaggista di Berlusconi e oggi consulente di esponenti di sinistra e destra, tra i quali anche alcuni ministri. Il Fatto lo chiamò e apprese che lui non aveva il video, che non lo aveva visto, e che nemmeno voleva svelare chi gliene avesse parlato. La cosa, come si dice in gergo, “puzzava”. Crespi aveva avuto tra i suoi clienti Francesco Storace. Nel 2005 degli investigatori privati legati all’entourage di Storace erano stati arrestati proprio perché spiavano Marrazzo. Dalle intercettazioni, poi, era emerso che una delle idee era quella di infangarlo assoldando un trans da fotografare con lui. Per questo, una volta ricordata la vicenda, anche Crespi concluse che la storia sembrava solo uno dei molti veleni fatti circolare dopo gli articoli de Il Giornale sul direttore di Avvenire, Dino Boffo.
Al Fatto però si ragionò sul da farsi. Dimostrare che gli uomini del premier - come ipotizzammo - stessero raccogliendo materiale per incastrare gli avversari, era una notizia. Ma l’unico controllo possibile - parlarne con Marrazzo - fu scartato perchè, se la voce fosse stata falsa, il governatore avrebbe finito per presentare una denuncia, mettendo a rischio l’identità della nostra fonte. Solo ieri, infatti, Crespi ci ha autorizzato a fare il suo nome, peraltro dopo che era già stato spiattellato da Libero, con tanti saluti al dovere di riservatezza. Arrivati a questo punto, il suo ruolo è comunque secondario. Il video, come è noto, fu mostrato per la prima volta a due croniste di Libero, il 15 luglio. L’allora direttore Vittorio Feltri, non lo acquistò e non pubblico una riga. Lo stesso fece Oggi ad agosto. Poi in ottobre il filmato, approdato nelle mani di Signorini, fu a un passo da essere comprato da Belpietro e dal suo editore proprietario di cliniche convenzionate con la Regione Lazio. Fu esaminato più volte. Ma i lettori del quotidiano milanese lo scopriranno solo il 22 ottobre, quando il Ros arresterà chi lo commercializzava.
Questi sono i fatti.
Le conclusioni sono invece libere.
Anzi Libero.
(Vignetta di Bertolotti e De Pirro)
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