Il Pdl, il partito nato per rappresentare il centrodestra italiano nei prossimi decenni, all’età di un anno e mezzo è già preda d’una sorta di cupio dissolvi. Dei due fondatori, Gianfranco Finise n’è andato, mentre Silvio Berlusconi non lo ama più e preferisce flirtare coi Promotori della Libertà di Michela Vittoria Brambilla, nuovi sacerdoti del culto del capo. A nessuno piace più questo corpaccione impazzito, dentro il quale – al riparo del carisma del leader – si sviluppa e prospera ogni guerra di potere, ogni scontro fratricida, ogni genere d’odio e sospetto reciproco. Colonnelli, marescialli e caporali litigano sui posti di sottogoverno, la quota di caccia per gli ex An, gli appetiti dei cosiddetti quarantenni provenienti da Forza Italia.
Prendiamo i coordinatori nazionali: gli ex azzurri riuniti nell’associazione Liberamente (Frattini, Fitto, Gelmini, Carfagna, Prestigiacomo e Valducci) ne vogliono uno solo, meglio se dei loro,La Russa e Gasparri, con i berluscones un po’ più agée (Cicchitto, Bondi), preferirebbero che tutto restasse com’è, Denis Verdini vorrebbero farlo fuori tutti, ma è nel cuore del Cavaliere e non si può. Tutti contro tutti? Mica tanto. Lunedì gli ex forzisti d’ogni età hanno stretto una tregua di qualche settimana, il che ha fatto innervosire assai il ministro della Difesa. La Russa – come ha avuto modo di gridare allo stesso Cicchitto martedì notte in un albergo romano – non ci sta a farsi cannibalizzare da Forza Italia: “Piuttosto facciamo i gruppi autonomi”, ha urlato mentre Maurizio Gasparri lo guardava con faccia più che perplessa. Riassunto: gli ex An vogliono un Congresso vero per far pesare la loro maggiore perizia con le tessere nell’elezione dei dirigenti locali, Cicchitto e gli altri anziani vogliono le tessere ma sempre con l’ultima parola a Berlusconi, Frattini e i suoi vogliono comandare loro. Berlusconi invece non vuole più il PdL, ma una riedizione italica dei Tea party con la ministra rossa al posto della Palin.
Questo a Roma, sul territorio è anche peggio. I dossier sul tavolo del Cavaliere ormai non si contano più. Il caso più delicato quello siciliano. A Palermo non solo c’è un’altissima percentuale di gente passata con Fini, ma quel che è rimasto nel Pdl è dilaniato nella guerra tra Gianfranco Micciché da una parte, e Renato Schifani e Angelino Alfano dall’altra. Il primo, com’è noto, adesso ha deciso di uscire dal partito: in regione ha fondato il gruppo “Forza del Sud” e il relativo partito, l’ennesimo scimmiottamento meridionale della Lega, nascerà ufficialmente il 30 ottobre. Anche in Lombardia, altro feudo berlusconiano, è ormai battaglia senza quartiere. All’ingrosso i contendenti fanno riferimento a tre aree: i ciellini del governatore Formigoni, i berlusconiani (spesso laici e liberali) che s’appoggiano a Mariastella Gelmini e gli ex An egemonizzati da La Russa. Il partito lombardo è allo sfascio: il presidente del consiglio comunale di Milano, Manfredi Palmeri, è in odore di passaggio a Fli, mentre nella provincia di Como sei consiglieri e tre assessori superberlusconiani se ne sono andati fondando il gruppo “Autonomia comasca” in odio al ras di zona, Alessio Butti, uomo di La Russa. In Toscana ha fatto scalpore la fronda organizzata da cinque parlamentari – la più nota è Deborah Bergamini – contro Denis Verdini: a Lucca il PdL s’è spaccato addirittura in tre gruppi.
Pure al centrosud il partito del predellino traballa assai. Nel Lazio, Cicchitto, Tajani e il sottosegretario Giro stanno costruendo una corrente di ex Fi: sostengono che la destra capitolina(Polverini, Alemanno, Piso, Augello, anch’essi in lotta tra loro) sta facendo carne di porco del partito e dei posti di sottogoverno. Situazione a cui va aggiunto almeno il bailamme di Latina: l’ex sindaco Zaccheo contro il senatore Fazzone, grande elettore basato a Fondi, che si ritrova contro anche Ciarrapico e i suoi giornali privi di kippah. In Campania c’è la faida tra Cosentinoda una parte – che continua ad attaccare il presidente Caldoro (da ultimo perché favorisce i finiani) – e Carfagna e Nunzia Di Girolamo dall’altra, quest’ultima beatificata alla sua festa di Pietrelcina da una telefonata di Berlusconi.
In Puglia c’è un rancore sordo tra i seguaci di Raffaele Fitto, ritenuto responsabile della vittoria diVendola, e le poche truppe di Gaetano Quagliariello. In Calabria gli ex forzisti accusano il neogovernatore Scopelliti di averli cancellati dalla mappa del potere. In Sardegna i reduci della Prima Repubblica come i senatori Pisanu e Massidda (che s’è pure presentato contro il Pdl alle ultime provinciali) flirtano col governo tecnico. Mentre in Piemonte e Veneto temono tutti di essere fagocitati dalla Lega per colpa dello strapotere di Bossi a Roma. Qualcuno nel Pdl continua a sorridere, è l’allegria dei naufragi.
Prendiamo i coordinatori nazionali: gli ex azzurri riuniti nell’associazione Liberamente (Frattini, Fitto, Gelmini, Carfagna, Prestigiacomo e Valducci) ne vogliono uno solo, meglio se dei loro,La Russa e Gasparri, con i berluscones un po’ più agée (Cicchitto, Bondi), preferirebbero che tutto restasse com’è, Denis Verdini vorrebbero farlo fuori tutti, ma è nel cuore del Cavaliere e non si può. Tutti contro tutti? Mica tanto. Lunedì gli ex forzisti d’ogni età hanno stretto una tregua di qualche settimana, il che ha fatto innervosire assai il ministro della Difesa. La Russa – come ha avuto modo di gridare allo stesso Cicchitto martedì notte in un albergo romano – non ci sta a farsi cannibalizzare da Forza Italia: “Piuttosto facciamo i gruppi autonomi”, ha urlato mentre Maurizio Gasparri lo guardava con faccia più che perplessa. Riassunto: gli ex An vogliono un Congresso vero per far pesare la loro maggiore perizia con le tessere nell’elezione dei dirigenti locali, Cicchitto e gli altri anziani vogliono le tessere ma sempre con l’ultima parola a Berlusconi, Frattini e i suoi vogliono comandare loro. Berlusconi invece non vuole più il PdL, ma una riedizione italica dei Tea party con la ministra rossa al posto della Palin.
Questo a Roma, sul territorio è anche peggio. I dossier sul tavolo del Cavaliere ormai non si contano più. Il caso più delicato quello siciliano. A Palermo non solo c’è un’altissima percentuale di gente passata con Fini, ma quel che è rimasto nel Pdl è dilaniato nella guerra tra Gianfranco Micciché da una parte, e Renato Schifani e Angelino Alfano dall’altra. Il primo, com’è noto, adesso ha deciso di uscire dal partito: in regione ha fondato il gruppo “Forza del Sud” e il relativo partito, l’ennesimo scimmiottamento meridionale della Lega, nascerà ufficialmente il 30 ottobre. Anche in Lombardia, altro feudo berlusconiano, è ormai battaglia senza quartiere. All’ingrosso i contendenti fanno riferimento a tre aree: i ciellini del governatore Formigoni, i berlusconiani (spesso laici e liberali) che s’appoggiano a Mariastella Gelmini e gli ex An egemonizzati da La Russa. Il partito lombardo è allo sfascio: il presidente del consiglio comunale di Milano, Manfredi Palmeri, è in odore di passaggio a Fli, mentre nella provincia di Como sei consiglieri e tre assessori superberlusconiani se ne sono andati fondando il gruppo “Autonomia comasca” in odio al ras di zona, Alessio Butti, uomo di La Russa. In Toscana ha fatto scalpore la fronda organizzata da cinque parlamentari – la più nota è Deborah Bergamini – contro Denis Verdini: a Lucca il PdL s’è spaccato addirittura in tre gruppi.
Pure al centrosud il partito del predellino traballa assai. Nel Lazio, Cicchitto, Tajani e il sottosegretario Giro stanno costruendo una corrente di ex Fi: sostengono che la destra capitolina(Polverini, Alemanno, Piso, Augello, anch’essi in lotta tra loro) sta facendo carne di porco del partito e dei posti di sottogoverno. Situazione a cui va aggiunto almeno il bailamme di Latina: l’ex sindaco Zaccheo contro il senatore Fazzone, grande elettore basato a Fondi, che si ritrova contro anche Ciarrapico e i suoi giornali privi di kippah. In Campania c’è la faida tra Cosentinoda una parte – che continua ad attaccare il presidente Caldoro (da ultimo perché favorisce i finiani) – e Carfagna e Nunzia Di Girolamo dall’altra, quest’ultima beatificata alla sua festa di Pietrelcina da una telefonata di Berlusconi.
In Puglia c’è un rancore sordo tra i seguaci di Raffaele Fitto, ritenuto responsabile della vittoria diVendola, e le poche truppe di Gaetano Quagliariello. In Calabria gli ex forzisti accusano il neogovernatore Scopelliti di averli cancellati dalla mappa del potere. In Sardegna i reduci della Prima Repubblica come i senatori Pisanu e Massidda (che s’è pure presentato contro il Pdl alle ultime provinciali) flirtano col governo tecnico. Mentre in Piemonte e Veneto temono tutti di essere fagocitati dalla Lega per colpa dello strapotere di Bossi a Roma. Qualcuno nel Pdl continua a sorridere, è l’allegria dei naufragi.
Prove generali di dissoluzione? Magari, ma temo che il Caimano è duro a morire, 'Die hard'!
RispondiEliminaIl caimano è duro a morire, ma commette troppi errori, basta aspettare che commetta l'errore "fatale".
RispondiEliminaCome va?
Il punto non è il Caimano che commetta errori fatali (ne ha già commesso più di uno) ma la capacità della c.d. "opposizione" di saper cogliere l'attimo fuggente, e non lo sa cogliere.
RispondiEliminaSto bene, grazie.
Cetta, censuralo sto' deficiente. Il tuo è un blog, non un palcoscenico su cui consentire l'accesso alla Padanìa. Si sta troppo divertendo alle tue spalle, di Mandi. Quanto a me, anche in questo caso non replicherò oltre ai commenti del quadrupede.
RispondiEliminaL'opposizione? Dov'è? Non la vedo.
RispondiEliminaBUONA PADANIA NONNETTO!
RispondiEliminaCOSA DICEVI CHE AVEVA FATTO CETTINA?