martedì 16 novembre 2010

“Lo scioglimento ad personam”, di Stefano Rodotà




L´uomo che aveva sempre accusato gli avversari di indietreggiare di fronte alla prova democratica delle elezioni, l´uomo che aveva sempre dileggiato il Parlamento per la tortuosità dei suoi percorsi, improvvisamente cerca di costruirsi una strada.
Una via che lo ponga al riparo dalle incognite di un voto, mettendo così a nudo il suo vero modo d´intendere democrazia e sovranità popolare. Ma ogni sorpresa è fuori luogo. Berlusconi dovrebbe averci abituati ad ogni genere di forzatura. Messo ormai alle corde dalla scomparsa della sua maggioranza politica, dall´incapacità di governare, dal discredito personale, intravvede uno spiraglio nella possibilità di andare alle elezioni rinnovando solo la Camera dei deputati. Una strategia per la sopravvivenza personale, che rischia di aggravare ancora di più la crisi che stiamo attraversando. Una conferma dell´irresistibile sua propensione ad un uso congiunturale delle istituzioni, piegate al soddisfacimento dei suoi immediati interessi.
Analizziamo fatti e regole. Nell´articolo 88 della Costituzione è scritto che «il presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camera o anche una sola di esse». Non vi sono precedenti significativi in materia. Anzi, gli scioglimenti anticipati del solo Senato ebbero la semplice funzione «tecnica» di far coincidere la durata delle due Camere, tanto che alcuni conclusero che, parificata la durata nel 1963, veniva meno la ragione che aveva indotto i costituenti a prevedere lo scioglimento di uno soltanto dei rami del Parlamento. Ma, essendo comunque evidente che nel nostro sistema la decisione sullo scioglimento non può in nessun caso essere ricondotta alla volontà del presidente del Consiglio, bisogna chiedersi quali finalità ed effetti avrebbe oggi lo scioglimento della sola Camera.
Berlusconi vuole far sopravvivere il governo anche dopo la fine della sua maggioranza politica e non vuol correre il rischio di trovarsi, all´indomani di eventuali elezioni anticipate, vincitore alla Camera e minoritario in Senato. Questa è una possibilità concreta, come hanno ripetutamente messo in evidenza gli studiosi della materia elettorale, ed è una conseguenza diretta della legge elettorale da lui voluta nel 2006 proprio per azzoppare al Senato Prodi, del quale si dava per certa la vittoria. Si confezionò così il «porcellum» calderoniano, una vera trappola, nella quale ora può cadere lo stesso Berlusconi. Se, infatti, dopo le elezioni anticipate, la sua coalizione non avesse la maggioranza al Senato, il presidente della Repubblica, non potendo certo procedere ad un altro immediato scioglimento, dovrebbe affidare l´incarico di trovare una maggioranza e di formare il governo ad una personalità diversa da Berlusconi. Esattamente ciò che il presidente del Consiglio non vuole. Pretende, allora, di blindare il Senato, congelarlo nella composizione attuale e votare solo per la Camera, sperando di avere anche qui una maggioranza sicura. E se avvenisse il contrario? Questa inedita modalità di voto renderebbe più acuta la crisi. L´inammissibilità della scioglimento della sola Camera discende proprio dal fatto che esso non garantisce il superamento delle difficoltà attuali, anzi può accrescerle, e comunque si configura come uno strumento per sfuggire alle conseguenze della legge elettorale in vigore e per sanzionare i comportamenti politici dei finiani. Finalità costituzionalmente inammissibile.
Inoltre, per arrivare al risultato desiderato, Berlusconi ha bisogno di un´altra forzatura: la discussione sulla fiducia prima al Senato e solo dopo alla Camera. Se, infatti, si votasse prima alla Camera, con un prevedibile voto di sfiducia, Berlusconi dovrebbe subito dimettersi senza avere la possibilità di giocare la carta, sia pure impropria, di una maggioranza al Senato a lui favorevole, derubricando il successivo voto della Camera come semplice «incidente di percorso»: conclusione politicamente e istituzionalmente inammissibile.
Lo scioglimento della sola Camera, dunque, accrescerebbe pericolosamente la deriva personalistica del sistema istituzionale, ne aumenterebbe l´instabilità, e soprattutto confermerebbe nell´opinione pubblica la distruttiva versione di istituzioni che hanno la sola funzione di cucire un vestito sulla misura dei potenti. In tutto questo vi è un elemento di violenza che va denunciato e impedito. Con le sue ripetute dichiarazioni, Berlusconi usurpa le funzioni del presidente della Repubblica. Lo minaccia, anzi, qualora si discosti dalla linea da lui enunciata, parlando di “guerra civile” (dichiarazione ai limiti del codice penale) e pretendendo di dettare tempi e modi di gestione della crisi.
È una grande fortuna per questo sfortunato paese che la difesa della Costituzione sia oggi affidata ad una persona come Giorgio Napolitano. Ma questa fiduciosa consapevolezza deve essere accompagnata da altrettanta consapevolezza di tutte le forze politiche di opposizione della forza distruttiva dell´attuale legge elettorale, ben al di là dell´espropriazione dei cittadini della possibilità di scegliere i loro rappresentanti. Qui deve soccorrere la politica. O eliminando prima del voto il «porcellum». O realizzando un sistema di alleanze che risponda all´emergenza democratica che stiamo vivendo, con una intesa comune che ci liberi non da un uomo, ma da un modo d´intendere e esercitare il potere che sembra non esitare di fronte al rischio di trascinare tutti nella sua caduta.

La repubblica 15.11.10

Nessun commento:

Posta un commento