domenica 27 febbraio 2011

Romiti contro Berlusconi "Su scuola e giovani sbaglia".



"Gli insegnanti ci mettono abnegazione e amore, si sacrificano e le famiglie amano i maestri. Abbiamo un debito enorme rispetto alle generazioni attuali. Abbiamo avuto tanto e ora non possiamo dare altrettanto. E la situazione peggiora". "Spero che Mediaset non si interessi alla carta stampata, sarebbe un duro colpo alla libertà d'informazione"


Romiti contro Berlusconi. Sul tema della scuola, dei giovani ma anche su quello delle concentrazioni editoriali. E l'ex amministratore delegato di Fiat e, oggi, presidente della Fondazione Italia-Cina, è critico anche sulla politica italiana rispetto alla Libia. Le sue parole sono state raccolte da Sky Tg24, nell'intervista di Maria Latella.

La scuola - "Il presidente del consiglio, se è convinto dell'inutilità della scuola pubblica, uscendo dalla sede dove ha fatto queste affermazioni, doveva chiamare il ministro della Pubblica istruzione e costringerla a dimettersi", ha spiegato Romiti. "Berlusconi non ha fatto un'affermazione vera, perché la maggioranza degli insegnanti ha pochi mezzi, guadagna pochissimo, eppure le famiglie amano maestri e maestre di scuola elementare". Gli insegnanti, afferma Romiti, "ci mettono molta abnegazione e amore. Si sacrificano".

I giovani - "I giovani hanno una sensibilità grandissima. Quando qualcosa non va lo dovrebbero dire. Oggi abbiamo perso un sentimento che è quello della vergogna. Non ci vergognamo più. I giovani devono intervenire. Giovani svegliatevi", ha spiegato. Quello che dice il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, "è vero" e sono "affermazioni molto sagge". "La nostra generazione - sottolinea Romiti - ha un debito enorme rispetto alle giovani generazioni attuali. Abbiamo avuto tanto dai nostri padri e dai nostri nonni e ora non possiamo dare altrettanto ai nostri giovani. E il problema è che la situazione peggiora".

Concentrazioni editoriali - L'ex presidente di Rcs Cesare Romiti auspica che Mediaset non si interessi alla carta stampata sulla scorta della norma sugli incroci tra tv e stampa contenuta nel decreto milleproroghe. "Credo che sarebbe un passo ulteriore gravissimo della nostra economia e del nostro sistema di vita", ha detto Romiti, sottolineando che peggiorerebbe il "sistema di libertà" garantito dai giornali italiani. "Vedo che c'è un pò di turbolenza, mi auguro ci sia senso dello Stato", ha detto.
Durissimo anche con Fedele Confalonieri. L'ex presidente di Rcs ha affermato di non credere alle affermazioni del presidente di Mediaset che ha bollato come "stupidaggini" le ipotesi di un ingresso dell'azienda nella proprietà di quotidiani come 'Corriere della sera'. "Non ci credo - ha detto Romiti - perché quando uno fa queste dichiarazioni dietro chissà cosa ha".
"C'è un pò di turbolenza. Finchè sono rimasto in Rcs abbiamo fatto sì che ci fossero pochi azionisti. In pochi azionisti si governa meglio e nessuno di loro allora si era introdotto nei giornali. Oggi non è più cosi, allora facevamo diversamente". Romiti, auspica che venga tutelata la "libera informazione" che nasce dai giornali.

La Libia - "Guardo con grande preoccupazione a quello che sta succedendo in Libia. La Libia ci ha fatto comodo perchè ha investito in molte aziende italiane ma la politica avrebbe dovuto avere un atteggiamento diverso nei confronti della Libia. Da parte governativa, non da questo governo, siamo stati troppo accondiscendenti rispetto al Babbo Natale del deserto", ha sottolineato Cesare Romiti. "Avremmo dovuto mantenere più dignità e difendere meglio le nostre aziende", ha concluso l'ex presidente di Rcs.
Romiti ricorda anche i rapporti stretti tra Fiat e la Libia. "Era un periodo difficile, era l'inizio degli anni '70. Era un momento difficile per la Fiat e i libici si fecero avanti. Furono trattative lunghissime. Alla fine - sottolinea Cesare Romiti - proposero di partecipare all'aumento di capitale e di entrare nel capitale di Fiat. Ci preoccupava perchè all'epoca la Libia era quello che era. Chiedemmo agli Stati Uniti che ci raccomandava di non divulgare nessuna cosa sensibile e al presidente della Repubblica italiana che allora era Carlo Azeglio Ciampi e che mi abbracciò".
Per Romiti la decisione della Libia di partecipare allora al salvataggio di un'azienda italiana si spiega con il fatto che all'epoca "la Libia era talmente screditata che il fatto di fare un'operazione capitalistica e comportarsi bene gli permetteva di riacquistare un'autorevolezza nel mondo".



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