Si è lanciato dalla finestra della Regione. Mister preferenze, lo chiamavano. Era amatissimo dai bolognesi. Si ritirò lo scorso anno dalla corsa per diventare sindaco a causa di un malore. Ieri sera era atteso a una lotteria benefica, alle 21 lo hanno chiamato. Lui ha risposto: "Sì, sì, sto arrivando".
Mister preferenze era diventato mister solitudine. Ma nessuno dei suoi compagni di partito, dei coleghi della Regione, lo aveva forse capito. Nessuno è riuscito ad aiutarlo, neppure la figlia che stravedeva per il padre e lo amava, così come lo amavano senza se e senza ma i bolognesi.
Così, nella stessa solitudine, il consigliere regionale dell’Emilia Romagna e comunale di Bologna, Maurizio Cevenini, 58 anni, ex candidato sindaco del Pd e recordman in Italia per celebrazioni dei matrimoni civili, è morto suicida davanti all’assemblea legislativa. Si è gettato da un terrazzo di Viale Aldo Moro, quello più vicino al suo ufficio. Non è ancora chiaro se sia accaduto ieri sera (ipotesi più accreditata) o stamani mattina, molto presto. Secondo la polizia Cevenini sarebbe rimasto chiuso nel suo ufficio. Ha maturato la decisione di farla finita e solo, come nel totale isolamento politico che viveva negli ultimi mesi, ha scritto un biglietto e l’ha fatta finita. “Una serie di biglietti”, ha detto il procuratore aggiunto Valter Giovannini. Alla famiglia, ma non solo.
La notizia è stata confermata in lacrime dal presidente del’assemblea, Matteo Richetti. Il corpo è stato trasportato all’interno del palazzo, dove per il momento l’accesso è consentito solamente alle forze dell’ordine. Il palazzo è stato raggiunto dal Prefetto Angelo Tranfaglia, dal Questore Vincenzo Stingone e dal Pm Marco Mescolini. Sono poi arrivati arrivati il coordinatore del Pdl di Bologna, Paolo Foschini.
Amato dai bolognesi, il Cev, come veniva comunemente chiamato, era una persona particolarmente sensibile, un dirigente del partito – da sempre – molto apprezzato. Negli ultimi mesi era stato accusato da più parti per il doppio ruolo, quello in consiglio ragionale, e quello in consiglio comunale, al quale aveva risposto attraverso un blog sulle pagine del fattoquotidiano.it. Lo stesso Romano Prodi, che stimava Cevenini, gli aveva detto di non fare un passo indietro. Prodi ha saputo di quanto accaduto a Vienna, appena sceso dall’aereo. Chi era con l’ex presidente del consiglio dice di averlo visto piangere. “Povero amico mio”, sono state le uniche parole che Prodi è riuscito a pronunciare. Prodi è immediatamente rientrato a Bologna e si trova adesso nel suo ufficio.
Secondo quanto sappiamo Cevenini avrebbe lasciato un biglietto, ma le persone che in questo momento si trovano all’interno della Regione, quelle che lavoravano con lui, dicono di non averlo visto. Nessuno, a parte gli inquirenti, al momento sa cosa ci sia scritto.
Una passione sfrenata per il Bologna calcio, e quella per la politica, anche se negli ultimo anno era stato messo un po’ da parte. Dalla nuova giunta di Bologna che era stata eletta anche e soprattutto grazie ai voti di preferenza che Cevenini era capace di portare, era stato fatto da parte. Si aspettava di avere la presidenza del consiglio comunale, ma alla fine venne preferita un’altra persona.
Circondata da una serie di sussurri, invece, è sempre stata la vicenda del ritiro dalla corsa per diventare sindaco. Cevenini era il successore naturale di Delbono. Non c’erano dubbi. Godeva di popolarità, conosceva Bologna e i bolognesi. Aveva esperienza, sia di partito, dove è cresciuto, sia amministrativa. A due mesi dalle elezioni però Cevenini venne colpito da un leggero ictus. Dopo il ricovero a Villalba e qualche giorno per rimettersi in forma annunciò, insieme all’amatissima figlia Federica, che avrebbe lasciato: “I medici e i famigliari mi hanno proibito di mettermi a rischio stress”. Da quel giorno in poi, nei salotti di Bologna, cominciò a girare la storiella che fosse tutta una messa in scena: “Il partito ci aveva ripensato”, dicevano. “E hanno trovato un modo indolore per farlo uscire”. Il Pd sorrideva di fronte a questo chiacchiericcio, ma quando si entrava nel merito della questione in maniera seria, dicevano: “Forse non avrebbe avuto le spalle così larghe per fare il sindaco”.
In realtà Bologna e i bolognesi, come sindaco, è lui che avrebbero voluto. E lo ha dimostrato a spoglio avvenuto: in percentuale era il candidato più votato in Italia, più forte ancora di Berlusconi e degli altri big della politica. I suoi voti furono determinanti perché Merola la spuntasse al primo turno.
Ma le promesse che gli vennero fatte dall’apparato furono tutte disattese: doveva avere la presidenza del consiglio comunale, il Cev, ma Merola, anche per la paura di essere oscurato da una persona così popolare, alla fine gli preferì Simona Lembi. “Sono rimasto male”, disse Cevenini, “ho fatto per Merola una campagna elettorale sincera, non mi sono risparmiato, come forse per motivi di salute avrei dovuto. Non mi piace per nulla la moneta con la quale sono stato ripagato”.
Niente di tutto questo sembra riconducibile a un gesto del genere, è bene precisarlo. La vicenda era stata archiviata dall’alto, con la promessa del parlamento. In queste ore sappiamo che ha lasciato una lettera. E che ha scelto la finestra del suo ufficio per lanciarsi nel vuoto. Ma non si conoscono né i contenuti della lettera né i motivi reali che lo abbiamo spinto a compiere un gesto del genere. Sul caso è stato aperto un fascicolo, per dare maggiore chiarezza. Non è esclusa neppure l’ipotesi che non si sia ucciso questa mattina, ma ieri sera dove il Cev era atteso al Parco Nord alla festa di fine stagione del Centro Bologna club, uno di quegli appuntamenti a cui di solito lui non mancava mai. Visto che non arrivava, è stato chiamato varie volte: alle 21 ha risposto al telefono dicendo “sì sì, sto arrivando”. Ma al Parco Nord non è mai arrivato. E le chiamate seguenti sono andate a vuoto.
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