Ho sempre invidiato i colleghi arruolati nelle varie “task force anti-fake news” dell’Ue, di Facebook e del governo. Non foss’altro che per il molto tempo libero che si ritrovano. Chissà come passano le giornate, se si divertono e quali avanzatissimi strumenti tecnologico-investigativi adottano per stanare i sovversivi, perlopiù al soldo di Putin, che truccano elezioni e referendum in tutto il mondo sparando bufale a raffica nascosti dietro un nickname. Non vorrei fare il delatore, ma i nostri simpatici ghostbusters potrebbero iniziare da un caso facile facile di fake news alla enne potenza che ha il pregio dell’evidenza, privo di enigmatici pseudonimi, linguaggi cifrati e server caraibici: esce da tre giorni sulla prima pagina di Repubblica, che annovera – se non vado errato – alcuni fra i più sagaci segugi anti-fake news. Funziona così. Il primo giorno si attribuiscono a un ministro decisioni altrui e intenzioni mai dette né pensate. Il secondo, siccome il ministro annuncia le sue vere intenzioni anziché quelle mai dette né pensate, si dice che ci ha ripensato. Il terzo, siccome il ministro prepara un decreto in base alle sue vere intenzioni anziché a quelle mai dette né pensate, si dice che è stato sconfitto.
Com’è noto, circa 200 giudici di sorveglianza scarcerano quasi 400 mafiosi o presunti tali (di cui 4 al 41-bis) a causa o con la scusa della pandemia. Il ministero della Giustizia non c’entra nulla perché i governi, fortunatamente, non possono né arrestare né scarcerare tizio o caio, a meno che non varino norme generali in tal senso (valide per tutti). E non è questo il caso: l’unica norma varata dal ministro in materia di detenuti e Covid è quella del dl Cura Italia che vieta di applicare ai condannati per mafia la Svuotacarceri Alfano del 2010 (domiciliari a chi deve scontare meno di 18 mesi in carcere). Ma quei 200 giudici di sorveglianza mandano a casa quasi 400 mafiosi o presunti tali (non tutti sono condannati definitivi) perché, in base ad altre norme, li ritengono più al sicuro fuori che dentro (i dati su morti e contagi dentro e fuori dal carcere dimostrano l’opposto). La vulgata vuole che siano spinti a farlo da una circolare del Dap del 21 marzo, che però non parla mai di scarcerazioni: chiede solo informazioni sulla salute dei detenuti più anziani e gravemente malati, infatti nessun giudice la cita nelle ordinanze di scarcerazione. Il ministro, pur contrario a queste, non può commentarle né ribaltarle per legge (violerebbe la separazione dei poteri e l’indipendenza della magistratura, facendo rivoltare nella tomba da Tocqueville a Montesquieu).
Dunque, non potendo fare tutto, fa tutto quel che può. In un primo decreto impone che, prima di decidere sulle istanze di scarcerazione di un condannato o sospettato di mafia, i giudici di sorveglianza ascoltino il parere delle Procure antimafia (nazionale e distrettuali). E il 6 maggio, alla Camera, ne annuncia un secondo “che permetta ai giudici, alla luce del nuovo quadro sanitario, di rivalutare l’attuale persistenza dei presupposti per le scarcerazioni dei detenuti in alta sicurezza e al 41-bis”. I quali dunque dovranno tornare al Tribunale di sorveglianza perché la loro situazione sia rivalutata alla luce di un rischio Covid molto più blando di quando furono scarcerati. Poi, si capisce, a decidere sarà sempre il giudice, non il ministro. Titolo del sito di Repubblica : “Bonafede contro le scarcerazioni: ‘Rimando dentro tutti i boss’”. Fake news semplice. L’indomani, sul cartaceo, fake news al quadrato: “Boss, Bonafede ci ripensa”. Rispetto a cosa ci ripensi, non è dato sapere: a meno che non si pensi che sia stato Bonafede a scarcerare i boss e ora, pentito, li voglia riarrestare. Che è proprio ciò che non può fare, ma che Repubblica vuole far credere. Ieri, terzo giorno, fake news alla terza: “La sconfitta di Bonafede. Voleva subito un decreto per riportare in cella i boss, ma incassa solo un debole compromesso”. Cioè incassa ciò che aveva chiesto fin dal primo giorno alla Camera: ma il suo successo diventa una débâcle.
Ma, una volta attivato, il distributore automatico di fake news può produrne quante se ne vuole. Fake news alla quarta: “Carceri, decreto più leggero. Sul rientro dei mafiosi decideranno i giudici” (come Bonafede aveva detto alla Camera). Fake news alla quinta: “Il ministro fallisce l’obiettivo. Attaccato anche nel governo” (dove invece sono stranamente tutti d’accordo). Fake news alla sesta: “Il pasticciaccio di via Arenula” (di Stefano Folli, il giureconsulto che sta al diritto come Monica Bellucci sta alla virilità). Intanto, sempre su Repubblica, il direttore Sambuca Molinari ipotizza dietro le scarcerazioni ”una trattativa fra i boss e lo Stato” e accusa non i giudici, ma “il governo e il ministero”, mentre Roberto Saviano elogia “i magistrati (che) hanno agito nel rispetto del diritto e… realizzato l’atto antimafia più potente. Garantire la salute del detenuto, di qualunque detenuto, dall’ex boss al 41-bis al detenuto ignoto, è fondamentale”. Quindi, ricapitolando. Quando si criticano le scarcerazioni, è tutta colpa di Bonafede. Quando si elogiano le scarcerazioni, è tutto merito dei giudici. Fake news alla settima. E le task force che fanno, dormono?
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