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lunedì 18 novembre 2013

Cosa sta succedendo davvero agli ulivi pugliesi. - Lisa Signorile

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Piante di ulivo vicino Monopoli. Fotografia di Paul Williams - Funkystock/imagebroker/Corbis

Nelle ultime settimane si è molto parlato della moria delle piante di ulivo in Puglia, ma la situazione sembra più complessa di come è stata descritta.

Si chiama "Complesso del disseccamento rapido dell'olivo" (CDRO) l’ultima minaccia ecologica che ha recentemente suscitato grandi preoccupazioni tra gli addetti ai lavori e i semplici ammiratori di queste piante secolari. Quanto c’è però di vero? 

Siamo davanti a una catastrofe ecologica o si tratta di una esagerazione mediatica?

La moria degli ulivi è cominciata in sordina nel Salento leccese, nell’area intorno a Gallipoli, un paio di anni fa. I primi  focolai, di modesta estensione, erano stati scambiati per attacchi di una malattia localmente endemica, nota come "lebbra delle olive", causata da un fungo. Il CDRO è invece esploso improvvisamente negli ultimi mesi, interessando, al momento, un’area di circa 80 km2. 

Ciononostante, il danno è circoscritto, così da rendere difficile trovare persone che ne possano parlare per conoscenza o competenza diretta.

La malattia incomincia con il disseccamento della chioma a zone, estendendosi via via a tutto l’albero e terminando con la morte della pianta. La coltivazione dell’ulivo in Salento, spiega Nicola Iacobellis, batteriologo vegetale dell’Università della Basilicata, è 

ancora praticata con metodi tradizionali e la poca attenzione rivolta agli ulivi, spesso secolari, è uno dei fattori che hanno portato a dare l’allarme in ritardo. “Nella zona d’interesse”, aggiunge Giovanni Martelli, fitopatologo dell’Università e del CNR di Bari, “sono proprio le piante secolari a soffrire e morire. Nella zona colpita non ho visto impianti recenti”.

Le cause della malattia

Le cause di questa moria improvvisa hanno dato un bel grattacapo ai ricercatori di Bari, in quanto non sembra esserci una causa unica. "Il CDRO”, spiega ancora Giovanni Martelli, a capo del laboratorio che si sta occupando delle indagini sulla causa della malattia, “è verosimilmente il risultato dell'azione di tre diversi attori: il lepidottero Zeuzera pyrina (rodilegno giallo), le cui larve scavano delle gallerie nel tronco e nei rami dell'olivo che facilitano l'ingresso del secondo attore, un complesso di funghi microscopici del generePhaeoacremonium. Il terzo attore è il batterio Xylella fastidiosa

La sintomatologia e la rapidità della diffusione della malattia mi avevano  fatto pensare al possibile coinvolgimento del batterio e le analisi  molecolari effettuate hanno  confermato che l'intuizione era  corretta. La presenza del batterio nei tessuti fogliari degli olivi  malati è stata poi confermata da osservazioni al microscopio elettronico che lo hanno identificato nei vasi legnosi”.

Per capire l’importanza del ruolo dei singoli patogeni saranno necessarie ulteriori analisi, già programmate. È quindi prematuro incolpare solo il batterio, come invece asseriscono invece alcuni media. I dati molecolari acquisiti dallo staff del CNR indicano che  il ceppo salentino di Xylella fastidiosa è diverso da quello della variante americana  che causa una malattia distruttiva della vite e il batterio non è stato ritrovato sulla vite neanche nel cuore della zona infetta salentina.

Le piante colpite sono poche

Per quanto la situazione descritta sia preoccupante, forse non è quindi drammatica come descritto. Occorre infatti fare una precisazione: le piante effettivamente uccise da questa misteriosa infezione sono poche. Leggendo I giornali ci si aspetterebbe una distesa di ceppaie morte che si estende a perdita d’occhio. Chiedendo però informazioni a una persona del posto mi è stato risposto “non saprei, l’oliveto di mio padre, a 4 km da Gallipoli (e quindi nell’area identificata come 'focolaio'), gode di ottima salute”. Questo ha fatto scattare la curiosità di informarsi presso chi sul territorio ci vive e ci lavora.

Secondo l’agronomo salentino Cristian Casili gli alberi morti per via di questa patologia sono una percentuale davvero minima dei 9 milioni di ulivi presenti in Salento, meno dell’1%, e l’infezione è comunque a macchia di leopardo, con poche piante gravemente colpite frammiste a piante sane o debolmente affette. “Bisogna tener presente”, ricorda Casili, “che l’ulivo è una pianta molto resistente e con una grande capacità di ripresa. Le piante colpite erano probabilmente indebolite da tecniche colturali errate o scarse, con potature estreme che favoriscono l’ingresso di patogeni e altri fattori antropici che avevano precedentemente colpito l’agroecosistema”.

Allo stato attuale delle conoscenze è dunque impossibile trarre conclusioni definitive sulla gravità dell’infezione. Siamo sicuramente agli albori e non c’è ancora nulla di paragonabile ad esempio ai danni del punteruolo rosso sulle palme del nostro paese. Questo però è il momento di cominciare a pensare a come limitare i danni. 

La raccolta delle olive è infatti già in corso e andrà avanti ancora per almeno un mese. Anche gli alberi colpiti infatti hanno comunque prodotto frutti che vanno raccolti, in quanto sono una delle principali fonti di reddito della regione. Le norme profilattiche già messe in atto dal Servizio Fitosanitario della Regione Puglia impediscono gli spostamenti di piante e attrezzi agricoli fuori dalla zona focolaio, e hanno istituito una zona tampone che circonda l’area colpita. Non è chiaro però come queste procedure verranno fatte rispettare, anche perché occorre sia un monitoraggio completo sugli ulivi che sulle altre piante. 

Una portaerei circondata da uliveti

Secondo quanto riporta Nicola Iacobellis, ad esempio, Xylella fastidiosa colpisce almeno 150 specie, sia arboree come ulivi, agrumi, querce e mandorli, sia erbacee. Non è chiaro però se questo particolare ceppo del batterio sia in grado di fare tutto ciò. Citando una metafora usata da Iacobellis, “l’Italia è una portaerei al centro del Mediterraneo, intorno a cui ci sono migliaia di ettari di uliveti”. 

Se l’infezione fosse dunque seria questa è una frase che dovrebbe far riflettere, soprattutto considerando lo stato di incuria, o di cattiva gestione, a cui sono normalmente sottoposte queste piante così belle paesaggisticamente e così redditizie. Secondo Cristian Casili, ad esempio, è particolarmente grave il mancato rispetto delle norme di tutela europee a cui gli ulivi salentini dovrebbero sottostare, e per cui i proprietari ricevono incentivi comunitari.

Ciononostante, e malgrado la pioggia di cattivi presagi piovuti in questi giorni, gli esperti sono ottimisti, il che fa sperare che possa trattarsi solo di una fitopatologia come tante altre e non dell’inizio di una catastrofe. “Non credo di peccare di ottimismo”, dice Giovanni Martelli, “se dichiaro che  il contenimento della malattia e della Xylella, il vero oggetto delle preoccupazioni, anche comunitarie, sia un obiettivo perseguibile”.