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giovedì 9 ottobre 2014

Trattativa, deposizione Napolitano senza imputati. Le difese: “Processo nullo”. - Giuseppe Pipitone

Trattativa Stato - Mafia

"Le scelte dei giudici vanno sempre rispettate” si limita a dire Leonardo Agueci, che guida ad interim la procura di Palermo, dopo il no alla presenza degli imputati alla deposizione del capo dello Stato. “Una dichiarazione a caldo è controproducente, preferisco studiarmi prima l'ordinanza del giudice” dice invece l'aggiunto Vittorio Teresi, coordinatore del pool che indaga sulla Trattativa.
La sede del Quirinale è immune alla presenza degli imputati, anche quando a testimoniare sul Colle più alto di Roma è il presidente della Repubblica. È per questo motivo che il prossimo 28 ottobre Giorgio Napolitano testimonierà nel processo sulla Trattativa tra pezzi dello Istituzioni e Cosa Nostra, alla sola presenza dei legali e dei pm: assenti saranno Totò RiinaLeoluca Bagarella e Nicola Mancino, gli unici imputati del processo che avevano fatto richiesta di presenziare all’udienza. Rigettata anche l’istanza presentata dall’Associazione tra Familiari della strage di via dei Georgofili, tra le parti civili ammessi al dibattimento.
Dalla difesa dell’ex vice di Napolitano al Csm è subito arrivata eccezione di nullità per l’intero processo: l’avvocato Nicoletta Piergentili si è appellata all’articolo 178 del codice di procedura penale, che al terzo comma prescrive l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private. In caso contrario incombe la nullità processuale. Il presidente della corte d’Assise di Palermo, Alfredo Montalto, nell’ammettere la testimonianza di Napolitano aveva fatto cenno all’articolo 205 del codice di procedura penale, che fissa il luogo della deposizione nella sede in cui il presidente esercita le funzioni di capo dello Stato. Non esistendo però norme che disciplinino le esatte modalità della deposizione del presidente della Repubblica, il giudice aveva applicato per analogia l’articolo 502, quello previsto per la testimonianza di chi è impossibilitato a comparire personalmente in aula: quella norma prevede che se uno degli imputati faccia richiesta di assistere all’udienza, tale richiesta dovrà essere accolta dalla corte. Così non è stato, perché Montalto ha riconosciuto una sorta di immunità alla sede del Quirinale. Una profilo di immunità che per la corte è garantito dalla stessa Costituzione e che impedisce l’accesso delle forze dell’ordine al Quirinale, “con la conseguenza – ha detto Montalto leggendo la sua ordinanza – che non sarebbe possibile né coordinare l’accompagnamento di un detenuto con la scorta, né assicurare l’ordine come avviene durante le udienze nelle aule a ciò preposte”.
In pratica al Colle potranno entrare solo accusa e difesa, e nemmeno un uomo di scorta ai magistrati. La video conferenza per i boss invece è esclusa perché prevista solo per le deposizioni in aula. “Ad ulteriore conferma dell’esclusione degli imputati – ha continuato Montalto – deve considerarsi il fatto che, per gli imputati per i quali è già esclusa la presenza fisica in udienza anche nelle aule di giustizia ordinaria, quali Riina e Bagarella, la previsione rende ancora più evidentemente incompatibile la presenza degli stessi nella sede del Quirinale. Nè in assenza di norme specifiche, potrebbe farsi ricorso alla partecipazione a distanza, poiché questa è prevista solo per le attività svolte nelle aule d’udienza”.
Anche le difese dei boss però annunciano battaglia contro la decisione della corte. “Non sono d’accordo con il giudice Montalto: ci sarà modo di rivedere questa decisione in altre sedi. Io chiederò certamente l’annullamento del processo: qui è stato negato il diritto di difesa” annuncia Luca Cianferoni, legale di Riina, al sito affaritaliani.it. E mentre Antonio Ingroia, ex pm e coordinatore dell’indagine sulla Trattativa, propone al capo dello Stato di “andare a Palermo a rendere la sua testimonianza”, per salvare il processo dal rischio nullità, dalla procura siciliana arrivano al momento solo stizziti no comment. “Le scelte dei giudici vanno sempre rispettate” si limita a dire Leonardo Agueci, che guida ad interim la procura ancora senza un capo dopo l’addio di Francesco Messineo. “Una dichiarazione a caldo è controproducente, preferisco studiarmi prima l’ordinanza del giudice” dice invece l’aggiunto Vittorio Teresi, coordinatore del pool che indaga sulla Trattativa. Due giorni fa la procura aveva dato parere favorevole all’ammissione della presenza di Riina e Bagarella, argomentando che in caso contrario si sarebbe potuta verificare l’ipotesi di nullità processuale. Una spada di Damocle quella della nullità che adesso incombe seriamente sul processo più delicato degli ultimi anni. 

giovedì 2 ottobre 2014

Trattativa, Napolitano deporrà il 28 ottobre. Il boss Riina chiede di assistere.

Giorgio Napolitano

Alla scorsa udienza la corte d’Assise, respingendo le richieste dei difensori di alcuni imputati che avevano chiesto la revoca dell’ordinanza che ammetteva la deposizione dell'inquilino del Quirinale, aveva ribadito la necessità della testimonianza.
Una settimana fa i giudici di Palermo erano stati categorici decidendo che il capo dello Stato doveva testimoniare al processo sulla trattativa Stato-mafia. Oggi è stata fissata la data della deposizione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che dovrà rispondere alle domande delle parti il prossimo 28 ottobre.
Alla scorsa udienza la corte d’Assise, respingendo le richieste dei difensori di alcuni imputati che avevano chiesto la revoca dell’ordinanza che ammetteva la deposizione dell’inquilino del Quirinale, aveva ribadito la necessità della testimonianza. Secondo la corte, infatti, la lettera con cui Napolitano faceva presente di non avere circostante da riferire su quanto sollecitato dalla procura non rende, comunque, inutile la deposizione.
Intanto i capimafia Totò Riina e Leoluca Bagarella, intervenendo in videoconferenza, hanno espresso la volontà di partecipare, sempre in video-collegamento, all’udienza del 28 ottobre, fissata, al Quirinale. L’Avvocatura dello Stato si è opposta e la corte si è riservata di decidere. Pur annunciando la riserva sulla decisione, vista la richiesta esplicita degli imputati, la corte ha fatto notare di essersi già pronunciata sul punto. Alla scorsa udienza, infatti, i giudici hanno stabilito che alla deposizione, al Quirinale, del capo dello Stato parteciperanno, oltre al collegio, solo i magistrati dell’accusa e i difensori, escludendo, così, la presenza degli imputati. La deposizione del capo dello Stato è regolata dall’articolo 502 del codice di procedura penale, che al secondo comma dice chiaramente: “L’esame si svolge con le forme previste dagli articoli precedenti, esclusa la presenza del pubblico. L’imputato e le altre parti private sono rappresentati dai rispettivi difensori. Il giudice, quando ne è fatta richiesta, ammette l’intervento personale dell’imputato interessato all’esame”. 
I pm avevano chiesto di sentire Napolitaano come teste in relazione alla lettera scritta da Loris D’Ambrosio e indirizzata proprio al capo dello Stato. Il 18 giugno del 2012, poco dopo la chiusura delle indagini sulla Trattativa e il deposito delle intercettazioni tra Nicola Mancino (oggi imputato per falsa testimonianza) e lo stesso consulente giuridico del Colle, infatti, D’Ambrosio prese carta e penna per esporre al presidente i suoi dubbi sulle possibilità di essere stato “utile scriba di indicibili accordi” tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, ai tempi in cui lavorava all’Alto Commissariato Antimafia. Il capo dello Stato aveva inviato una lettera i giudici in cui spiegava di non aver nulla di utile da riferire sulla questione.
I pm invece chiederanno al teste particolari ulteriori su quella singolare condizione di apprensione manifestata da D’Ambrosio, che nel frattempo è deceduto. Napolitano, però, dopo aver già sollevato nel luglio 2012 il conflitto d’attribuzione davanti la Consulta contro la procura, ottenendo la distruzione delle quattro intercettazioni in cui colloquiava con Mancino, nell’ottobre scorso manifestò alla corte di non avere “nulla da riferire” su quella missiva ricevuta da D’Ambrosio, chiedendo ai giudici di “valutare nel corso del dibattimento, il reale contributo che le mie dichiarazioni, sulle circostanze in relazione alle quali è stata ammessa la testimonianza, potrebbero effettivamente arrecare all’accertamento processuale in corso”. 
In pratica il Colle chiedeva di cancellare la deposizione chiesta dai pm e già accordata dai giudici. La medesima richiesta era arrivata in aula, durante il dibattimento, sia dall’Avvocatura dello Stato che dai legali di Marcello Dell’Utri: è per questo che il 17 novembre 2013 il presidente della corte Montalto annunciava la decisione di riservarsi sulla possibile testimonianza di Napolitano. Riserva che ha sciolto un anno dopo: Napolitano deve essere sentito dato che “non si può di certo escludere il diritto di ciascuna parte di chiamare e interrogare un testimone su fatti rilevanti per il processo sol perché quel testimone abbia, in ipotesi anche e persino, in una precedente deposizione testimoniale, escluso di essere informato dei fatti medesimi”.