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giovedì 20 agosto 2015

Lotto, Consiglio di Stato blocca gara: fatta per i soliti noti. Scontro col governo. - Giorgio Meletti

Lotto, Consiglio di Stato blocca gara: fatta per i soliti noti. Scontro col governo


L'ex numero uno del Sismi Nicolò Pollari, oggi consigliere a Palazzo Spada, relatore del parere: "Requisiti appaiono clausole escludenti". L'esecutivo protesta e accusa: ha abusato del suo potere. 


La posta in gioco è un affare da 3,5 miliardi di euro, destinato nei prossimi nove anni a sostenere i bilanci di Lottomatica, una delle aziende lobbisticamente più forti in Italia. Stavolta però a insinuare che il bando di gara per la concessione del Lotto sia fatto su misura per chi controlla da 22 anni il lucroso business non è un focoso oppositore del governo Renzi. È sceso in campo nientemeno che il Consiglio di Stato, facendo esplodere sotto Ferragosto uno scontro istituzionale senza precedenti.
Nel ruolo di guastatore c’è il consigliere di Stato più famoso d’Italia, l’ex capo dei servizi segreti Nicolò Pollari. Con apparente ingratitudine per Matteo Renzi – che il 4 giugno scorso ha confermato il segreto di Stato sui dossieraggi per i quali i giudici di Perugia devono decidere a settembre sul rinvio a giudizio dello stesso Pollari e del suo ex braccio destro Pio Pompa – l’ex direttore del Sismi ha tirato un calcione alla gara del Lotto. E il ministero dell’Economia ha deciso una risposta durissima: il sottosegretario Pier Paolo Baretta, che ha la delega ai Giochi, sta limando una lettera con cui accuserà Pollari e il Consiglio di Stato, di un abuso di potere.
La legge prevede per i bandi di gara su concessioni per “giochi pubblici” il parere obbligatorio del Consiglio di Stato. Il ministero dell’Economia lo ha chiesto e la seconda sezione del Consiglio di Stato l’ha formulato il 10 luglio. Il documento, firmato dall’estensore Pollari, è arrivato sulla scrivania di Baretta il 7 agosto, 28 giorni dopo, benché dal Consiglio di Stato al ministero di via XX settembre si impieghino, secondo Google Maps, 36 minuti a piedi e 14 in auto blu.
Il contenuto è severo, la conclusione è esplosiva: “Si sospende l’emissione del richiesto parere, in attesa delle precisazioni e/o degli adeguamenti indicati in motivazione”. Tradotto: se il governo non si adegua il parere non lo diamo, e la gara non si fa.
Il governo però ha fretta. Vuol chiudere la gara entro l’anno perché ha già messo in preventivo per il 2015 l’incasso di 350 milioni, la metà della base d’asta di 700 milioni per la concessione. La posizione del ministero dell’Economia guidato da Pier Carlo Padoan è netta: il parere del Consiglio di Stato è obbligatorio ma non vincolante, quindi i giudici amministrativi, in questo caso nella funzione costituzionale di “consulenza” e non di “giurisdizione”, non possono subordinare il parere all’arrivo di precisazioni convincenti da parte del governo. Nei prossimi giorni Baretta scriverà a Pollari nel merito delle obiezioni, annunciandogli nei saluti che il governo considera acquisito il parere del Consiglio di Stato e che la gara partirà senza indugi. Insomma, per il governo l’ex capo dei Servizi segreti potrà incorniciare la sospensiva e appendersela in salotto.
Scontro istituzionale a parte, rimane la bomba innescata da Pollari. Per una beffa della storia, l’uomo che cinque governi consecutivi (ProdiBerlusconiMontiLettaRenzi) hanno difeso a colpi di segreto di Stato porta alla pubblica discussione uno dei segreti più sacri per tutti i politici di governo: gli affari di Lottomatica, che nel frattempo si è trasferita a Londra e si chiama Igt. La società del gruppo De Agostini ha la concessione del lotto da 22 anni. Sarebbero stati due contratti da nove anni, ma a un certo punto gli abili legali della società si sono attaccati a un cavillo per sostenere che l’inizio formale della concessione andava post-datato di 4 anni. Hanno chiesto un collegio arbitrale per il quale Lottomatica ha designato l’ex ministro socialista Angelo Piazza, il ministero dell’Economia l’ex parlamentare Ernesto Stajano. I due avvocati chiamati a incrociare le lame giuridiche erano soci in affari. Cose che capitano e non sia mai detto che il dettaglio abbia favorito la vittoria di Lottomatica. In Italia, quando si parla di giochi e scommesse, l’attenzione è sempre abilmente attirata sulla piaga della ludopatia e sul gioco illegale. Pochi si occupano dei profitti di Lottomatica, azienda cara ai politici di ogni colore, finanziatrice di primi ministri e peones. Esemplare il caso di Alberto Giorgetti, deputato berlusconiano e sottosegretario con delega ai Giochi nel governo Berlusconi e in quello Letta. L’anno scorso, appena persa la poltrona, annunciò le dimissioni da deputato per farsi assumere da Lottomatica. Travolto dalle polemiche, ritirò le dimissioni. Nel luglio scorso ha ottenuto la vicepresidenza della commissione Finanze, che si occupa anche di giochi e lotterie. Lottomatica, senza che nessuno batta ciglio, incassa un aggio del 6% su ogni giocata al lotto, cosicché negli ultimi nove anni, a fronte di giocate complessive per 55,5 miliardi ha portato a casa 3,5 miliardi. Nel bilancio 2014 del gruppo Igt, risultato dell’espansione internazionale decisa da De Agostini per investire i soldi guadagnati in Italia, su 3 miliardi di ricavi, 1,7 sono fatti in Italia, ma su 567 milioni di risultato operativo ben 543 provengono dagli affari con il distratto governo italiano, che non sembra accorgersi del dato più inquietante.
Nel 2006, primo anno dell’ultima concessione novennale, le giocate sono state 6,6 miliardi come nel 2014, quindi Lottomatica ha incassato nel primo come nell’ultimo anno circa 400 milioni di aggio. Invece le entrate dello Stato, a parità di volumi giocati, sono scese da 2 miliardi del 2006 a 1,1 del 2014, con una flessione secca del 45 per cento.
Contenti dell’affarone per cui sul Lotto guadagnano solo Lottomatica e l’altra potentissima lobby, i tabaccai, al governo hanno pensato bene di fare il bando di gara che perpetua le attuali condizioni. Aggio del 6% su ogni giocata, una rendita assicurata senza nessun rischio. Pollari, nel suo parere, allude in giuridichese a un bando su misura per Lottomatica. Esempio: “I requisiti per la partecipazione alla procedura di selezione appaiono, per taluni versi, eccessivi, tanto da figurare come clausole escludenti”. Poi ricorda l’ultima relazione della Commissione europea sulla corruzione, nella quale è segnalata tra le altre cose “la pratica della stesura di capitolati d’oneri su misura al fine di favorire determinati offerenti”. Quanto a Lottomatica, non pare turbata dagli eventi. E secondo insistenti voci del settore, fiutando il vento, starebbe già trattando per assorbire il maggior concorrente italiano, la storica Sisal, in difficoltà economiche, ma con un presidente di spicco come l’ex ministro delle Finanze Augusto Fantozzi. Nel settore giochi e lotterie nessuno passa di là per caso.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/19/lotto-consiglio-di-stato-blocca-gara-fatta-per-i-soliti-noti-scontro-col-governo/1968668/

Lo stato, ormai, esterna sempre più spesso un atteggiamento di ottusa ed immotivata opposizione alle leggi, alla logica ed all'etica. Lo dimostra rifiutando di ottemperare alle decisioni dei maggiori organi di controllo che sono la Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato.
La faccenda Lottomatica, inoltre, presenta vari punti che meritano un approfondimento specifico per comprendere e quantificare l'incompetenza e la dappocagine, per usare termini inoffensivi, di chi gestisce l'argomento.
I punti sono:
1) la protezione garantita a Pollari in quanto probabile custode di segreti scottanti riguardanti membri dei vari governi passati e presenti;
2) l'ingente mole di denaro che circola nell'ambiente del lotto e dei giochi appetibili per gli avvoltoi in circolazione;
3) tutto il marcio che gravita intorno all'ambiente del Lotto e dei giochi.
Per dirla in breve, un approfondimento della materia spiegherebbe e chiarirebbe definitivamente gli intrecci tra organi dello stato e personaggi di inesistente trasparenza legale. (cdg)


martedì 19 maggio 2015

Sismi: parlano i dossierati da Pompa e Pollari. Tutti contro il segreto di Stato. Stefano Iannaccone e Lea Vendramel

Sismi: parlano i dossierati da Pompa e Pollari. Tutti contro il segreto di Stato

C'è chi ha preferito non costituirsi parte civile. C'è chi parla di danni subiti. E Chi tira in ballo la Cia. Da Caselli a Giulietto Chiesa, da Di Pietro a Furio Colombo, da Salvi a Veltri, grande malcontento per la decisione del governo Renzi.

C’è chi parla di danni subiti, come l’ex procuratore Antonio Ingroia che denuncia «una massiccia campagna di discredito nei suoi confronti». C’è chi ha preferito non costituirsi parte civile  al processo perché convinto che «la questione dovesse essere spogliata di qualunque profilo personale soggettivo», come l’altro magistrato Gian Carlo Caselli. C’è ancora chi, come il giornalista e scrittore, Giulietto Chiesa, vede la mano dei servizi segreti americani. E ancora chi, come Andrea Cinquegrani, direttore della”Voce della Campania”, denuncia una serie di gravi ripercussioni sulla propria attività professionale. Tutti però concordano su un punto: «E’ assurdo mettere il segreto di Stato sulla vicenda»Ilfattoquotidiano.it ha contattato alcuni dei magistrati, politici e giornalisti finiti nel mirino della struttura organizzata a Roma, in via Nazionale 230, tra il 2001 e il 2006, dall’ex capo del Sismi Niccolò Pollari e dall’agente Pio Pompa.Personaggi oggetto di “attenzioni” e dossieraggio perché più o meno considerati avversari dell’allora premier Silvio Berlusconi. Una vicenda su cui pesa come un macigno la posizione assunta dai governi che si sono succeduti in questi anni, accomunati dalla scelta di apporre il segreto di Stato. Dal governo Prodi a quello attuale di Matteo Renzi, che lo ha riproposto manifestando l’intenzione di sollevare nuovamente di fronte alla Corte costituzionale il conflitto di attribuzione, come ha scritto il direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza di Palazzo Chigi, Giampiero Massolo, allo stesso Pollari chiamato a deporre sull’affaire dai magistrati di Perugia. Ebbene, cosa dicono i dossierati su quello che sta succedendo? Come giudicano la riproposizione del segreto di Stato? Come hanno vissuto l’intrusione nella loro vita professionale e privata? Che danni ne hanno ricevuto?
MARIO ALMERIGHI, ex magistrato: «Credo che l’ampiezza del segreto di Stato sia inversamente proporzionale ai livelli di democrazia di un Paese. Quando venni a conoscenza della vicenda, tenuto conto dei processi che in quel periodo stavo trattando e di quelli che avevo trattato in passato, la cosa non mi sorprese affatto. Mi sorprese l’esiguo numero dei magistrati romani inseriti nell’elenco. L’unica cosa che mi preoccupò alquanto fu che nel documento di Pompa si diceva anche che nei confronti delle persone “attenzionate” potevano essere poste in essere anche “azioni violente”. La mia preoccupazione aumentò quando, in seguito al mio trasferimento a Civitavecchia come presidente di quel tribunale, mi venne tolta la scorta. Ma, visto che oggi posso tranquillamente rispondere a queste domande, devo dedurre che quella decisione fu giusta».
GIANCARLO CASELLI, ex magistrato: «Io non riesco a capire che razza di segreto di Stato possa esserci quando si tratta di un’attività di spionaggio nei confronti di servitori dello Stato che facevano soltanto il loro mestiere e il loro dovere, a volte, come nel mio caso e di tanti altri magistrati “spiati”, anche rischiando la pelle. Il segreto di Stato su questi argomenti è un ossimoro. Premesso che non discuto le decisioni diverse dalla mia, di non costituirmi parte civile, credo che la questione dovesse essere spogliata di qualunque profilo personale soggettivo. Secondo me, infatti, era ed è una grave questione di carattere pubblico-istituzionale, quindi ho ritenuto opportuno lasciare soltanto alle sedi istituzionalmente competenti il compito di affrontare questo problema che riguarda soprattutto il funzionamento di strutture pubbliche».
GIULIETTO CHIESA, giornalista e politico: «Il segreto di Stato è giustificabile quando riguarda gli interessi nazionali dell’Italia. Ma non è questo il caso. Ci sono dei sacrari che sono al di fuori di ogni controllo democratico e legale. Questi sacrari riguardano il comportamento dei servizi segreti italiani, che sono una dépendance dei servizi segreti americani. Il potere di interdizione degli Stati Uniti è più forte di qualsiasi legge italiana».
ANDREA CINQUEGRANI, giornalista: «Il segreto di Stato si pone quando ci sono delle emergenze nazionali e internazionali. Invocarlo per un’attività di dossieraggio che cosa ha a che vedere con la sicurezza nazionale? Questa follia si è perpetuata in modo bipartisan in tutti i governi. Tra l’altro il governo Renzi ha parlato di desecretare tutti i documenti e di trasparenza, allora perché inciampare su questa vicenda? Siamo stati spiati dal 2001 al 2006. In quegli anni ero già direttore de “La Voce della Campania”, facevamo un giornale autofinanziato, è plausibile pensare che essere stati attenzionati in quel modo dai servizi segreti, essere stati definiti una sorta di “al Qaeda dell’informazione”, una cupola di controinformazione anti-Berlusconi, possa aver delegittimato la nostra testata, creando effetti negativi sugli introiti pubblicitari, ledendo la nostra immagine e provocandoci danni morali ed esistenziali».
FURIO COLOMBO, giornalista e politico: «Il segreto di Stato su questa vicenda è una decisione grave e sbagliata. I fatti risalgono a quando ero direttore de “l’Unità”. Anche se in quel momento non potevano esserci per me delle ripercussioni professionali, un dossieraggio di questo genere determina comunque un alone infido intorno a una persona. Non ho avuto modo di verificare se ci sono stati degli effetti negativi, perché non cercavo lavoro, non avevo bisogno di referenze e dopo quel dossieraggio sono stato eletto anche senatore. Ipotizzo comunque di aver subito un danno anche grave. Ognuno di noi può dire quante porte gli si sono aperte nella vita, ma nessuno può sapere quante siano quelle rimaste chiuse».
ANTONIO DI PIETRO, politico: «Roba da pazzi, questo non è segreto di Stato. Ho il cuore pieno di amarezza».
ANTONIO INGROIA, ex magistrato: «È grave che oggi lo Stato preferisca ancora la copertura, appellandosi al segreto di Stato e parlando di possibile conflitto di attribuzioni. Mentirei se dicessi che sono sorpreso. L’Italia, infatti, è un Paese in cui non c’è alcuna voglia di scoperchiare certe pentole. Fa poi riflettere che questo comportamento sia tenuto da una figura come Matteo Renzi che si presenta come il nuovo e il rottamatore.  Io sono stato spiato durante la mia attività di pubblico ministero. È una vicenda per la quale sono indignato come persona e amareggiato come uomo dello Stato. Mi ha creato più danni di quanto sembri, visto che c’è stata una campagna massiccia di discredito nei miei confronti».
LIBERO MANCUSO, ex magistrato: «Trovo assurdo che il premier Renzi, dopo essersi impegnato a togliere il segreto di Stato da tutti gli atti secretati, non sembra intenzionato a farlo per questa vicenda paradossale, intimidatoria e molto oscura che vede coinvolti un organo di controspionaggio e una serie di magistrati che non hanno fatto altro che il loro dovere. Io ho avuto circa dieci inchieste disciplinari, da cui comunque sono sempre uscito indenne».
PAOLO MANCUSO, magistrato: «Il permanere del segreto di Stato è disarmante, una situazione che non riesco a comprendere. Mi sono sentito molto turbato da questa vicenda che non è rimasta isolata. Ho presentato, infatti, denunce per questa situazione e per altre avvenute successivamente sempre ad opera, secondo me, di personaggi appartenenti all’area dei servizi segreti, da cui sono stato attenzionato e monitorato».
CESARE SALVI, politico: «È strano e inquietante che su questa vicenda ci sia il segreto di Stato. Non si capisce il motivo, è evidente che c’è qualcosa che non sappiamo. Quando sono venuto a sapere di essere tra le persone oggetto di queste attività, mi sono molto infastidito. Anche se non ho niente da nascondere, ho sentito lesi molti miei diritti».
ELIO VELTRI, giornalista e politico: «Il segreto di Stato su una vicenda che ha coinvolto persone spiate solo per le loro idee politiche è inspiegabile e inaccettabile. Un fatto di una gravità inaudita, come gravissima è la minaccia di sollevare il conflitto di attribuzioni».
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/18/sismi-parlano-dossierati-da-pompa-e-pollari-tutti-contro-il-segreto-di-stato/1693371/