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lunedì 14 settembre 2015

Le parcelle, le accuse, l'inchiesta. La galassia dei beni confiscati. - Riccardo Lo Verso

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Amministratori giudiziari, consulenti a vario titolo, periti, commissari liquidatori, presidenti e consiglieri di amministrazione: nomine che si basano sul rapporto di stima e di conoscenza fra chi sceglie e chi viene scelto. La giustizia è una grande occasione di lavoro.

PALERMO - La parola d'ordine è fiducia. Perché fiduciari sono gli incarichi che ruotano attorno alla gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia. Amministratori giudiziari, consulenti a vario titolo, periti, commissari liquidatori, presidenti e consiglieri di amministrazione: una galassia di nomine che si basa sul rapporto di stima e di conoscenza fra chi sceglie e chi viene scelto. Nomine giudiziarie e nomine "politiche". Senza contare gli incarichi - anch'essi fiduciari - assegnati dai pubblici ministeri, le consulenze tecniche disposte dai Tribunali in sede penale o civile e gli incarichi conferiti ai curatori dei fallimenti. La giustizia è una grande occasione di lavoro e guadagni, ma questa è un'altra storia.

In mancanza di un apposito albo dei professionisti da cui attingere la gestione dei beni strappati ai boss può reggersi sulla sola fiducia oppure, come in molti denunciano, ha finito per dare vita a dei centri di potere? È innegabile: l'esigenza di combattere la mafia colpendo i patrimoni dei boss è diventata una enorme macchina economica che va gestita a suon di incarichi. Quasi 10.500 immobili, circa 4.000 beni mobili e oltre 1.500 aziende che valgono 30 miliardi di euro e che generano incarichi, polemiche e, da qualche giorno, anche inchieste giudiziarie. Un patrimonio sterminato. Basti pensare che per la promozione della legalità e l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie è nata una associazione non governativa, Libera, oggi alla testa di un coordinamento di oltre 1500 tra associazioni e gruppi, che gestisce 1.400 ettari di terreni, dà lavoro a 126 persone e muove un fatturato che nel 2013 ha sfiorato i sei milioni di euro.

Un terremoto si è abbattuto da giorni sul Palazzo di giustizia di Palermo dove la presidente della Sezione misure di prevenzione Silvana Saguto ha lasciato l'incarico dopo essere finita nel registro degli indagati assieme al più noto degli amministratori giudiziari, Gaetano Cappellano Seminara. Quest'ultimo avrebbe affidato incarichi al marito del magistrato in una partita di giro, sporca e presunta. Nell'indagine sono coinvolti anche altri tre magistrati palermitani.

Di incarichi, parcelle d'oro, chiacchieratissimi conflitti di interessi e ragioni di opportunità si parla da tempo. Ora la questione si sposta sul piano penale, sfociando in un'inchiesta che ipotizza gravissimi reati: corruzione, induzione alla concussione e abuso d'ufficio. Trovare le prove è compito della Procura di Caltanissetta che da giorni cerca negli uffici del Tribunale i riscontri alle “ipotesi di corruttela”. L'inchiesta alimenta il tema della trasparenza nell'assegnazione degli incarichi. E si ritorna all'interrogativo iniziale: la scelta di chi deve gestire i beni può basarsi sul solo rapporto di fiducia fra chi assegna gli incarichi e chi li riceve? La fiducia può sgombrare il campo dai dubbi su alcune nomine? Da anni si parla di riforma del codice antimafia nella parte che riguarda i beni confiscati. Si avverte, dunque, la necessità di rivedere un sistema che rappresenta la più grande holding economica del Paese. Tra i fattori da risolvere in fretta, secondo il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, ci sono “l'eccessiva lunghezza dei tempi del processo di prevenzione e la mancata attuazione dell'albo degli amministratori giudiziari che impone criteri di rotazione, il divieto di cumulo degli incarichi, e una maggiore trasparenza nel conferimento degli incarichi".

Gli stessi incarichi che non convincevano il prefetto Giuseppe Caruso, fino al 2014 direttore dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati: troppi affidamenti concentrati in poche mani. Concetto che ha ribadito in queste ore. Per la verità, negli ultimi tempi, le cose sono cambiate con i sequestri assegnati ad una cinquantina di nomi nuovi, fra avvocati e commercialisti. Caruso, due anni fa, puntò il dito contro Cappellano Seminara per il fatto che avesse incassato una parcella milionaria per la lunghissima amministrazione giudiziaria del patrimonio del costruttore Vincenzo Piazza e nel contempo pure i 150 mila euro come presidente del consiglio di amministrazione della Immobiliare Strasburgo dello stesso Piazza. A Caruso, ironia della sorte, la commissione parlamentare antimafia, chiese chiarimenti sulla nomina del "successore" di Cappellano Seminara, l'avvocato Andrea Gemma, da lui chiamato ad amministrare il patrimonio di Piazza una volta confiscato definitivamente e per questo passato sotto la competenza dell'Agenzia. Perché ad un certo punto la gestione dei patrimoni strappati ai boss passa di mano dalla magistratura alla politica, dai Tribunali all'ente del ministero dell'Interno. Sulla scelta di Gemma aveva pesato la sua vicinanza con il ministro Angelino Alfano? "Gemma - spiegò Caruso - è stato segnalato in sede di consiglio direttivo come persona che aveva già risolto il problema Valtur”. Già, la Valtur di cui Gemma, già consulente in passato di Alfano quando era ministro della Giustizia, è stato uno dei tre commissari straordinari scelti dal dicastero dello Sviluppo economico con l'obiettivo di mettere a posto i conti disastrati del gruppo turistico ormai in stato di insolvenza. In precedenza Gemma era stato nominato anche liquidatore di un'importante gruppo assicurativo e infine anche all'Eni.

Fiducia, sempre fiducia: un criterio, abbinato alle presupposte e necessarie capacità, che deve servire a blindare i beni ed evitare che tornino nelle mani sbagliate, ma che finisce per alimentare sospetti e veleni. Che non hanno risparmiato, ad esempio, la scelta della Saguto di affidare a Walter Virga la gestione di due tra i più importanti sequestri eseguiti in città negli ultimi anni. Quelli che hanno colpito i beni della famiglia Rappa (compresi una concessionaria di auto di lusso e l'emittente televisiva Trm) e la catena dei negozi Bagagli. Virga, il cui nome rispondeva nella logica di chi lo scelto alla volontà di trovare nuove figure, è un giovane avvocato, ma anche figlio di Tommaso, pure lui magistrato. E al Palazzo si mugugnava. Oggi si scopre, nella stessa inchiesta che ha coinvolto la Saguto, che l'incarico assegnato al figlio - questa è l'ipotesi - sarebbe un riconoscimento nei confronti del padre che aveva aiutato la Saguto durante un procedimento davanti al Csm, di cui Tommaso Virga è stato consigliere togato.

I beni confiscati sono un approdo per tanti ex. Ex magistrato, per l'esattezza ex procuratore generale a Messina, è Luigi Croce scelto dall'Agenzia dei beni confiscati come consigliere delegato di Villa Santa Teresa, la casa di cura bagherese confiscata all'ingegnere Michele Aiello, ex re della sanità privata siciliana, condannato per associazione mafiosa. Il consiglio di amministrazione è presieduto da un altro ex, il prefetto Giosuè Marino, per un periodo assessore regionale. Uomini delle istituzioni al di sopra di ogni sospetto che, però, non sono rimasti immuni dal brusio dei corridoi del palazzo. Eppure, dicono in tanti, basterebbe una riforma che facesse davvero un'operazione di trasparenza affinché la fiducia non finisse per apparire o, nella peggiore delle ipotesi, qualora la recente inchiesta approdasse ad un giudizio di colpevolezza, addirittura essere un separé per evitare gli occhi indiscreti.


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