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giovedì 15 agosto 2024

Ucraina e gasdotti Nord Stream.

Nelle ultime ore dalla Germania fanno sapere che hanno spiccato un mandato d'arresto per un cittadino Ucraino perché fece saltare i gasdotti Nord Stream. Oggi il Wall Street Journal ci va più pesante raccontando la presunta storia.
Dice che ad architettare l'operazione di sabotaggio dei gasdotti Nord Stream sia stato Zaluzhny, ex capo delle forze armate ucraine dietro autorizzazione di quel buffone di Zelensky. L'operazione avrebbe avuto il costo di 300.000 dollari. A parte che, come detto già in precedenza, credo fermamente che dietro i gasdotti ci sia la mano dei servizi Usa, UK, Polacchi e Norvegesi. Ma un paio di cose vanno segnalate.
Con questa nuova narrazione della propaganda criminale occidentale si smentiscono da soli, visto che per anni sono riusciti a sostenere la tesi di "Putin che bombarda i propri gasdotti" dopo averci speso oltre 20 miliardi assieme alla Germania. Inoltre hanno censurato tutti quelli che non credevano alle loro tesi, vedi anche il bavaglio al premio Pulitzer Seymour Hersh per mano dei vari Puente e Mentana.
La seconda rilevazione riguarda l'articolo 5 della Nato, quello che scatta quando un Paese membro viene attaccato: l'attacco dei Nord Stream rappresenta l'attacco più grande a un paese dell'UE dalla seconda guerra mondiale in poi. Quella era un'infrastruttura rilevantissima per l'economia, la manifattura e il benessere dei cittadini europei visto che portava gas di alta qualità a basso costo.
Se è vero che siano stati gli Ucraini a farli saltare, in teoria dovremmo difenderci da loro! Ma siccome questa è un'azione che va a beneficio principalmente degli Stati Uniti d'America, va benissimo e quindi i paesi europei si attaccano al tram. Se va bene agli Usa allora nessuna minaccia e nessun problema. A dimostrazione di quanto siano ipocriti e servi della Casa Bianca.
Ripeto, anche se non credo alla narrazione che siano stati solo Zelensky e company, questa narrazione oggi ci dice una sola cosa: ad attaccare l'Unione Europea e la sua sicurezza, a oggi, è stato Zelensky, non Putin. A fare più danni all'Unione Europea, a oggi, è stato Zelensky, non Putin.
Questa è la realtà, il resto è becera propaganda Hollywoodiana!

giovedì 8 giugno 2023

La rivelazione del Washington Post: “Gli Usa sapevano da giugno 2022 di un piano ucraino per sabotare il gasdotto Nord Stream”.

 

(ilfattoquotidiano.it) – Nuove, pesanti, rivelazioni sul sabotaggio del gasdotto sottomarino Nord Stream, avvenuto lo scorso settembre con l’uso di esplosivi. Il quotidiano statunitense Washington Post scrive che tre mesi prima che avvenisse l’operazione, l’amministrazione Biden aveva saputo dai servizi di intelligence di un Paese alleato che l’esercito ucraino stava preparando un attacco segreto all’infrastruttura con l’impiego di una piccola squadra di sommozzatori che riferiva direttamente al comandante della Forze armate ucraine. I dettagli sull’operazione sono stati raccolti dal servizio di intelligence europeo e condivisi con la Cia nel giugno 2022 e forniscono prove circostanziate che ricollegano Kiev al sabotaggio. Il rapporto dell’intelligence è stato pubblicato sulla piattaforma di chat Discord, presumibilmente dal membro dell’Air National Guard Jack Teixeira, arrestato nelle scorse settimane. Il Washington Post ha ottenuto una copia da uno dei contatti online di Teixeira. I documenti visionati dal quotidiano rivelano anche serie preoccupazioni sui possibili sviluppi del conflitto e sulla reale capacità di Kiev di condurre una controffensiva di successo contro le forze russe.

Tornando al sabotaggio, i dettagli presenti nei files includono il numero di agenti e i metodi di attacco e mostrano che da quasi un anno gli alleati dispongono di elementi per sospettare Kiev. Questa pista però si è rafforzata solo nelle ultime settimane, dopo che gli investigatori tedeschi hanno scoperto alcuni indizi sull’attentato che riconducono all’Ucraina. Funzionari di più Paesi hanno confermato che il riepilogo dell’intelligence pubblicato su Discord riscostruisce con precisione ciò che il servizio di intelligenze europeo aveva comunicato alla Cia. Il Washington Post ha accettato di nascondere il nome del Paese europeo e alcuni aspetti del piano su richiesta dei funzionari governativi, i quali hanno affermato che esporre le informazioni avrebbe minacciato fonti e operazioni. Funzionari ucraini, che in precedenza avevano negato che il Paese fosse coinvolto nell’attacco al Nord Stream, non hanno risposto alle richieste di commento. Silenzio anche da parte della Casa Bianca.

Inizialmente si era ipotizzato un ruolo di Mosca. Sebbene il gasdotto sia stato costruito da Germania e Russia, e sia gestito Gazprom, il suo sabotaggio avrebbe aumentato l’insicurezza sugli approvvigionamenti energetici europei, spingendo ulteriormente al rialzo le quotazioni di gas e petrolio. Lo scorso febbraio il giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh aveva però diffuso una ricostruzione, citando una fonte anonima, da cui emergeva un coinvolgimento di Cia e Casa Bianca nell’operazione. Il giornalista è stato oggetto di attacchi su una presunta mancanza di professionalità da parte di diversi opinionisti italiani. Il gasdotto Nord Stream 1 ha una capacità di trasporto di 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno e corre sotto il mar Baltico dalle coste russe a quelle tedesche. A fine 2021 è stato completato il controverso raddoppio della condotta che però, a causa della guerra in Ucraina, non è mai entrato in funzione. Il progetto era apertamente osteggiato dagli Stati Uniti in quanto fattore di ulteriore avvicinamento tra Mosca e Berlino.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/06/06/gli-usa-sapevano-da-giugno-2022-di-un-piano-ucraino-per-sabotare-il-gasdotto-nord-stream-la-rivelazione-del-washington-post/7185419/#:~:text=Mondo-,%E2%80%9CGli%20Usa%20sapevano%20da%20giugno%202022%20di%20un%20piano%20ucraino,la%20rivelazione%20del%20Washington%20Post&text=Nuove%2C%20pesanti%2C%20rivelazioni%20sul%20sabotaggio,con%20l'uso%20di%20esplosivi.

lunedì 5 ottobre 2015

INDIGENI RIFIUTANO UN MILIARDO DI DOLLARI DAL GIGANTE PETROLIFERO PER UN NUOVO GASDOTTO IN CANADA. - Francesca Mancuso

gasdottoindigeni

Una storia da leggere con calma, staccandosi per un momento dagli impegni del quotidiano. Una testimonianza di amore incondizionato e di attaccamento per Madre Terra. Voliamo virtualmente al confine tra Canada e Alaska, dove vivono gli indigeni Lax Kw’alaams: nelle loro terre verrà costruito l'impianto per la produzione di gas naturale liquefatto Pacific Northwest. È stato offerto loro un mega risarcimento di un miliardo di dollari da parte della società petrolifera Petronas, ma i Lax Kw’alaams hanno rifiutato.
L'offerta comprendeva esattamente un miliardo cash in 40 anni e altri 108 milioni in terre, pari a 320mila dollari per ogni indigeno. Un NO che suona ancora più forte se si pensa che è il simbolo della Natura contro i veleni umani, dell'amore per la terra contro quello delle multinazionali per il denaro.
Bastano le parole del grande capo Stewart Phillip a far capire come il denaro sia nulla se rapportato al valore degli ecosistemi naturali, di cui gli indigeni si porgono a tutela:
I nostri anziani ci ricordano che il denaro è come la polvere che viene soffiata via velocemente dal vento, mentre la terra è per sempre” ha detto al quotidiano canadese The Globe and Mail.
Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la storia che si snoda attorno al progetto del gruppo Pacific Northwest Lng (Pnw Lng), un piano che prevede un investimento da 11,4 miliardi di dollari per la realizzazione di una struttura dedicata alla trasformazione del gas naturale in gas naturale liquido e poi al trasporto in Asia via mare lungo un gasdotto di 950 chilometri. Non è un errore: quasi 1000 km.
La struttura partirebbe dall'isola Lelu e dal Flora Bank, un banco di sabbia che la marea a volta nasconde sull'estuario del fiume Skeena. E qui si aggancia la vicenda dei Lax Kw’alaams che rivendicano queste aree come indigene. Il fiume Skeena è l'antichissima casa di questa comunità formata da 3.600 persone, che hanno accesso esclusivo alle risorse naturali.
firstnation
Spiegano gli indigeni che il significato della foce del fiume Skeena non può essere sottovalutato e che i Kw'alaams Lax sono vincolati dalla legge tradizionale che coinvolge anche le altre comunità a proteggere le risorse naturali per le generazioni future.
In base alla legge canadese, Petronas, proprietario di maggioranza del gruppo Pacific Northwest Lng, doveva avviare le consultazioni con la comunità indigena. Così ha fatto. Ma i Lax Kw’alaams hanno rifiutato all'unanimità l'enorme risarcimento offerto, rivendicando il diritto sancito dall’articolo 10 della Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni delle Nazioni Unite. E in un comunicato spiegano:
“ Speriamo che il pubblico riconosca il consenso unanime della comunità (dove l'unanimità è l'eccezione) nei confronti di un progetto in cui alla comunità stessa è fatta un'offerta al di sopra di un miliardo di dollari. Non è un problema di soldi ma una questione ambientale e culturale”.
Per il progetto, gli indigeni saranno esclusi dall’isola Lelu, da cui ricavano tradizionalmente piante e medicine tradizionali. Non si tratta solo di diritti delle popolazioni indigene ma di un'intera comunità che non vuole sacrificare i propri luoghi per gli interessi delle multinazionali. La consultazione per il progetto è stata rivolta a cinque gruppi indigeni ma solo i Lax Kw’alaams hanno rifiutato ogni compromesso pur essendosi detti aperti al dialogo e al confronto.
Peccato però che intanto il governo provinciale abbia rinnovato il proprio impegno nel progetto, firmando un accordo con Pacific Northwest Lng per uno dei 19 progetti nella Columbia Britannica. L'ultima parola spetta ora alla Canadian Environmental Assessment Agency, che si pronuncerà in autunno.

domenica 19 aprile 2015

SPUNTA FUORI IL "CAVALIERE BIANCO" CHE SALVA LA GRECIA ANTICIPANDO AD ATENE € 5 MILIARDI SUL GASDOTTO. - Tyler Durden


 FONTE: ZEROHEDGE.COM

Un report di Zero Hedge sulle voci di un imminente accordo della Grecia con Putin, che ad un prezzo irrisorio assesterebbe un colpo forse definitivo all’Eurozona al collasso e alla geopolitica americana delle sanzioni. L’avvicinamento tra Grecia e Russia avviene comodamente, su un tappeto rosso steso dai tedeschi, che come sempre si dimostrano lungimiranti e flessibili…
Con la Grecia sull’orlo del fallimento e costretta a razziare i fondi pensione e la maggior parte degli altri fondi pubblici, con davanti a sé un altro mese di pesanti rimborsi al FMI, e con la BCE che si è spinta ad ipotizzare l’introduzione di una valuta parallela, un Cavaliere Bianco è apparso dal nulla, ad offrire 5 miliardi di dollari in contanti.

Il Cavaliere Bianco non è altro che Vladimir Putin. “Solo perché la Grecia è piena di debiti, questo non significa che sia legata mani e piedi, e non possa avere una sua politica estera indipendente, aveva detto Putin in precedenza.
Secondo Der Spiegel, che cita una figura di alto livello del partito al governo Syriza, la Grecia è pronta a firmare un accordo sul gas con la Russia già martedì, accordo che potrebbe portare fino a 5 miliardi di € nelle spolpate casse greche.
Secondo un alto funzionario greco, la mossa potrebbe “ribaltare le sorti” del Paese oberato dal debito.
Reuters aggiunge che, nel corso di una visita a Mosca all’inizio di questo mese, il primo ministro greco Alexis Tsipras aveva espresso interesse a partecipare ad un gasdotto che porterebbe il gas russo verso l’Europa attraverso la Turchia e la Grecia:
“Secondo l’accordo, la Grecia avrebbe ricevuto delle anticipazioni dalla Russia sui profitti futuri attesi legati al gasdotto. Il ministro dell’energia greco ha detto la settimana scorsa che Atene avrebbe ripagato Mosca dopo il 2019, quando si prevede che il gasdotto entrerà in funzione.
I funzionari del governo greco per il momento non hanno commentato la notizia riportata da Spiegel.”
Naturalmente, nella situazione della Grecia, la probabilità di un rimborso effettivo è trascurabile: dopo tutto, la probabilità di un default greco è altissima, e 5 miliardi di € potranno fare ben poco per cambiare la sostenibilità del debito greco. E Putin lo sa molto bene.
Tuttavia, il leader russo non agisce per bontà di cuore, ma semplicemente secondo un altro calcolo, col quale conta di prendere due piccioni con una fava:
“Dopo la fine del South Stream, per cui l’UE aveva fatto pressioni sulla Bulgaria perché rifiutasse il passaggio del gasdotto russo verso l’Europa, la Russia aveva bisogno di un percorso alternativo che evitasse completamente l’Ucraina (e la Bulgaria), cosa che secondo i piani del Cremlino sarebbe dovuta accadere nei prossimi 3 anni. E con l’Ungheria e la Serbia ansiose di ospitare il transito del gas russo verso l’hub centrale europeo dell’Austria, la Grecia era l’anello mancante per il transito della rete fissa. Con questo accordo, la Russia ottiene il via libera per estendere il Blue Stream  fino all’Austria e preservare la sua posizione dominante sul mercato europeo dell’energia, lasciando l’Ucraina completamente isolata.

Blue Stream

Cosa forse altrettanto importante, improvvisamente la Russia apparirà come il generoso benefattore che corre in soccorso della Grecia, soffiando sul fuoco delle discordie della zona euro e consolidando ulteriormente l’opinione pubblica in suo favore. Come promemoria, alcune settimane fa abbiamo dimostrato che la Russia ha già un più elevato indice di gradimento tra la popolazione greca rispetto all’Eurozona. In questo modo, la Russia ha appena conquistato un alleato fondamentale al prezzo irrisorio di soli € 5 miliardi, senza nemmeno dover ristrutturare l’intero bilancio greco se la Grecia dovesse uscire dall’euro ed entrare nell’Unione economica eurasiatica. Il che significa anche che tutti i futuri tentativi di imporre ulteriori sanzioni alla Russia attraverso l’Europa falliranno, grazie al veto greco.”
La Russia non è la sola a cercare di dividersi le spoglie della zona euro al collasso: anche Pechino ha investito nelle infrastrutture greche e il Telegraph riporta che la scorsa settimana ha comprato 100 milioni di € di debito pubblico a breve termine.
Ironia della sorte, è stato niente meno che il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble ad affermare che i greci sono liberi di perseguire accordi con la Russia e la Cina, se hanno urgenza di evitare un fallimento imminente. Risulta così che i greci hanno deciso di fare esattamente quello che hanno loro suggerito i tedeschi, e il risultato non sarà certamente gradito alla Germania.
L’unica questione che subito si pone dopo quello che potrebbe essere un altro colpo magistrale di Putin è cosa farà l’Europa, ora che nel giro di meno di un anno Putin ha, non solo “annesso” la Crimea, ma anche attratto la Grecia nella sua sfera di influenza.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=14942