Sì, preferirebbe essere adulato come ‘Cavaliere’ o ‘Presidente’, e un bell’‘Onorevole’ ci starebbe sempre bene, giacché ha riconquistato l’agibilità politica e uno scranno in europarlamento. Silvio Berlusconi, però, dovrà farsene una ragione: definirlo “delinquente” non è diffamatorio, non è ingiurioso, non è sbagliato. Nemmeno se aggiungiamo “terrorista”, “malavitoso”, “pregiudicato” e se ricordiamo che “ha gettato una minorenne nelle braccia di una puttana” ed è “sospettato di avere cominciato la sua carriera di imprenditore grazie ai soldi della mafia” e le tante altre prodezze che sappiamo.
Lo dice il giudice civile di Roma Damiana Colla nelle motivazioni della sentenza con cui il magistrato ha rigettato la citazione civile di Berlusconi contro Massimo Fini, Marco Travaglio, Peter Gomez e la società editrice del Fatto Quotidiano, condannandolo a pagare più di 10.000 euro di spese legali ai nostri avvocati Caterina Malavenda e Valentino Sirianni.
In dodici pagine, il giudice spiega che si può dare del delinquente a Berlusconi purché sia chiaro il contesto della critica generale e politica in cui si inserisce il sostantivo, in un quadro dove si sottolinea che il fatto è vero: delinquente è colui che delinque, Berlusconi è stato condannato con sentenza passata in giudicato per frode fiscale, quindi per sillogismo aristotelico Berlusconi è un delinquente. E i sei articoli di Massimo Fini pubblicati nel 2018 sul Fatto, prima e dopo le elezioni politiche celebrate con lo spauracchio della presenza in campo dell’uomo di Arcore, sono rimasti nel recinto della critica politica.
I legali di Berlusconi invece sostenevano che gli articoli erano “caratterizzati da contenuti non solo diffamatori nella sostanza, ma anche apertamente ingiuriosi e illeciti nella forma, in quanto tutti costellati da gratuite e immotivate offese ad personam, esorbitanti da ogni possibile limite di tolleranza”. Ed è qui che il giudice inizia a fare coriandoli delle tesi dell’ex premier. “Nulla è specificamente allegato da parte attrice – scrive la dottoressa Colla – circa la ‘sostanza’ diffamatoria di ogni articolo, concentrandosi piuttosto l’attore sul requisito formale della continenza espositiva”.
In parole povere: Berlusconi sottolinea i presunti insulti, ma trascura la parte in cui dovrebbe provare di essere vittima di menzogne. E non può fare altro, perché per quanto aspre e urticanti, le parole di Fini si muovono sul terreno di fatti e notizie vere. E quindi sono critiche legittime. Quando Fini dà del “terrorista” a Berlusconi parte dal dato, vero, che B. ha appena definito “criminale” la sentenza che lo ha condannato, “che gli impedisce di fare il premier”. Quindi, come i brigatisti, delegittimando quella sentenza, non riconosce le istituzioni dello Stato. Ecco perché Fini non è sanzionabile quando paragona B. a Vallanzasca preferendo il secondo al primo perché Vallanzasca “non ha mai contestato il diritto dello Stato a punirlo”. È una critica legittima anche questa.
Berlusconi inoltre non può lamentarsi di essere chiamato “delinquente naturale”: lo afferma la sentenza del Tribunale di Milano sulle “enormi evasioni off shore”. Il resto è riferibile alle vicende di Ruby e Nicole Minetti, e al ruolo di Marcello Dell’Utri nel patto tra l’ex senatore e la mafia per proteggere B. e i suoi interessi economici in cambio di fiumi di denaro.
La sintesi migliore della sentenza a nostro avviso è in questo passaggio: “Il giudizio critico manifestato dall’autore è dunque interamente frutto delle numerose vicende giudiziarie che hanno coinvolto l’attore, con gli esiti più diversi, ma dei quali non era necessario dare conto (…), in ragione del fatto che esso non ha a oggetto cronaca giudiziaria, ma l’espressione di un complessivo e ragionato giudizio critico soggettivo”.
IlFQ