Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 19 marzo 2011
venerdì 18 marzo 2011
Polverini, affitto di favore a Roma.
Renata Polverini ci è andata giù pesante. Lo scandalo Affittopoli e delle case di proprietà di enti locali svendute a quattro soldi ai soliti potenti l'ha davvero scandalizzata. «L'era dei privilegi è giunta al capolinea», ha detto in un'intervista pochi giorni fa: «Sono contratti assolutamente fuori dai valori di mercato». Una vera indecenza. Sotto il fuoco di fila del Popolo della Libertà sono finite le giunte di centrosinistra, da quella di Francesco Rutelli a Walter Veltroni. Accusate di aver girato appartamenti a sindacalisti e politici amici per pochi spicci, per non parlare degli immobili di lusso svenduti a prezzi di favore in aste pubbliche.
L'indignazione del presidente della Regione Lazio ha contagiato anche il suo assessore alla Casa, l'ex fascista Teodoro Buontempo, che ha ordinato di bloccare all'istante la vendita dei gioiellini dell'Ater, l'Azienda territoriale per l'edilizia residenziale pubblica. «Non ci saranno sconti per chi ha violato la legge. Ecco perché ho voluto una commissione straordinaria che faccia chiarezza». Gianni Alemanno s'è subito accodato allo sconcerto generale, varando un'altra commissione ad hoc. Stavolta al Campidoglio: «Non voglio fare né allarmismo né dossieraggio, solo appurare la verità».
Chissà se per far luce sull'Affittopoli romana il sindaco farà un salto anche a via Bramante, nel cuore di San Saba. Uno dei quartieri più belli della capitale, a pochi passi dall'Aventino, dove chi vuole acquistare una casa ai valori correnti può sborsare anche 10 mila euro al metro quadrato. Al numero civico 3 e 5 ci sono i due ingressi di un condominio degli inizi del Novecento, sei palazzine di proprietà dell'Ater con giardinetto interno annesso. In tutto una novantina di alloggi, destinati per legge a quei cittadini indigenti che non possono permettersi i canoni d'affitto imposti dal mercato. Entrando nel vialetto, nascosto da felci e alberelli, in fondo a sinistra c'è l'edificio B. Scorrendo i cognomi perfino Alemanno strabuzzerebbe gli occhi leggendo sul citofono, accanto al pulsante in alto a destra, "Cavicchioli-Polverini-Berardi".
L'indignazione del presidente della Regione Lazio ha contagiato anche il suo assessore alla Casa, l'ex fascista Teodoro Buontempo, che ha ordinato di bloccare all'istante la vendita dei gioiellini dell'Ater, l'Azienda territoriale per l'edilizia residenziale pubblica. «Non ci saranno sconti per chi ha violato la legge. Ecco perché ho voluto una commissione straordinaria che faccia chiarezza». Gianni Alemanno s'è subito accodato allo sconcerto generale, varando un'altra commissione ad hoc. Stavolta al Campidoglio: «Non voglio fare né allarmismo né dossieraggio, solo appurare la verità».
Chissà se per far luce sull'Affittopoli romana il sindaco farà un salto anche a via Bramante, nel cuore di San Saba. Uno dei quartieri più belli della capitale, a pochi passi dall'Aventino, dove chi vuole acquistare una casa ai valori correnti può sborsare anche 10 mila euro al metro quadrato. Al numero civico 3 e 5 ci sono i due ingressi di un condominio degli inizi del Novecento, sei palazzine di proprietà dell'Ater con giardinetto interno annesso. In tutto una novantina di alloggi, destinati per legge a quei cittadini indigenti che non possono permettersi i canoni d'affitto imposti dal mercato. Entrando nel vialetto, nascosto da felci e alberelli, in fondo a sinistra c'è l'edificio B. Scorrendo i cognomi perfino Alemanno strabuzzerebbe gli occhi leggendo sul citofono, accanto al pulsante in alto a destra, "Cavicchioli-Polverini-Berardi".
Massimo Cavicchioli lui lo conosce bene: è infatti il marito del governatore Polverini. Un uomo schivo, ex sindacalista della Cgil, oggi esperto informatico da sempre lontano dalle luci della ribalta. Berardi è il cognome di sua madre Pierina, morta anni fa. «Un errore, forse un omonimo, non possono essere loro, lei guadagna oltre 10 mila euro al mese», penserebbe il sindaco di Roma passando dal portoncino, dove è attaccato un avviso del Comitato Inquilini Ater San Saba che annuncia l'apertura di un nuovo sportello di zona.
Eppure sulla buca delle lettere al piano terra ci sono anche le iniziali degli inquilini: "Cavicchioli M.-Polverini R.". Due indizi non fanno una prova. Ma tre? La targhetta accanto alla porta dell'abitazione, al quarto piano, riporta gli stessi cognomi. Una chiacchierata con i vicini fuga altri dubbi: «Mi ricordo della signora Clementina, la nonna del signor Cavicchioli. Lei non c'è più, anche i genitori di lui sono morti, e da sempre vedo entrare solo il figlio e i suoi amici. Quanto si paga qui? Dipende dalla metratura, ma la mia bolletta è di 130 euro al mese».
A "l'Espresso" risulta che nell'appartamento (quattro vani più bagno e cucina) risieda proprio il marito della Polverini. Ma non è tutto: i documenti dell'Anagrafe dimostrano che la governatrice ha vissuto per ben 15 anni nella casa popolare di via Bramante. Per la precisione, dal giorno del matrimonio (celebrato il 21 giugno del 1989) al settembre del 2004. Periodo in cui Renata ha fatto carriera, diventando prima responsabile delle relazioni internazionali e comunitarie dell'Ugl, poi - dal 1999 - vice segretario della Confederazione sindacale di destra.
Non si sa quanto la famiglia Cavicchioli-Polverini guadagnasse al tempo (da leader dell'Ugl Polverini prendeva 3.500 euro al mese; nel 2008, secondo la dichiarazione dei redditi, sfiorava i 140 mila euro annui), ma i maligni sospettano che i due non avessero i requisiti per vivere negli appartamenti dell'ex Istituto autonomo case popolari. «Se il reddito del nucleo familiare supera il limite stabilito, ora fissato a 38 mila euro lordi annui, l'assegnazione decade automaticamente. Chi ci resta diventa un occupante abusivo non sanabile», ragionano dall'Ater. Forse le entrate dichiarate erano più basse, ma la coppia presidenziale non doveva passarsela male, visto che la Polverini - restando ferma a San Saba - chiedeva mutui e comprava altri immobili. Per centinaia di migliaia di euro.
A "l'Espresso" risulta che nell'appartamento (quattro vani più bagno e cucina) risieda proprio il marito della Polverini. Ma non è tutto: i documenti dell'Anagrafe dimostrano che la governatrice ha vissuto per ben 15 anni nella casa popolare di via Bramante. Per la precisione, dal giorno del matrimonio (celebrato il 21 giugno del 1989) al settembre del 2004. Periodo in cui Renata ha fatto carriera, diventando prima responsabile delle relazioni internazionali e comunitarie dell'Ugl, poi - dal 1999 - vice segretario della Confederazione sindacale di destra.
Non si sa quanto la famiglia Cavicchioli-Polverini guadagnasse al tempo (da leader dell'Ugl Polverini prendeva 3.500 euro al mese; nel 2008, secondo la dichiarazione dei redditi, sfiorava i 140 mila euro annui), ma i maligni sospettano che i due non avessero i requisiti per vivere negli appartamenti dell'ex Istituto autonomo case popolari. «Se il reddito del nucleo familiare supera il limite stabilito, ora fissato a 38 mila euro lordi annui, l'assegnazione decade automaticamente. Chi ci resta diventa un occupante abusivo non sanabile», ragionano dall'Ater. Forse le entrate dichiarate erano più basse, ma la coppia presidenziale non doveva passarsela male, visto che la Polverini - restando ferma a San Saba - chiedeva mutui e comprava altri immobili. Per centinaia di migliaia di euro.
Già. Il governatore sembra avere una vera passione per il mattone, e grande fiuto per gli affari. Mentre risiedeva nella casa popolare, si dava da fare per acquistare appartamenti a Roma, e non solo.
Andiamo con ordine. Nel marzo del 2001 la Polverini compra un pied-à-terre nel piccolo borgo di Torgiano, tre vani più box in provincia di Perugia. Città a lei cara, visto che sua madre è nata lì. Firma l'atto di compravendita il giorno 21 dal suo notaio di fiducia, da cui torna dopo meno di una settimana per formalizzare l'acquisto di un'altra casa romana, quartiere Monteverde. Cinque stanze, bagni e cucina a due passi da Villa Doria Pamphilj. La casa forse non le piace (in effetti San Saba è molto più trendy), di certo un anno dopo la gira alla madre Giovanna. L'atto di donazione è del 19 marzo 2002.
Dieci giorni dopo, il 28 marzo, un nuovo colpo da maestra: la Polverini compra un altro appartamento, stavolta al Torrino. La zona è semicentrale, vicino all'Eur, ma l'abitazione è molto grande, sette vani più box. Soprattutto, è un immobile ex Inpdap, e il prezzo è da record: come ha scritto Marco Lillo su "Il Fatto", la Polverini se lo prende sborsando appena 148 mila euro. � la cifra chiesta a tutti gli inquilini del palazzo dalla società di cartolarizzazione di Stato (Scip) che vendeva con forti sconti.
Sui documenti dell'Anagrafe consultati da "l'Espresso" risulta però che la Polverini al Torrino non abbia mai avuto residenza: chissà come ha fatto a condurre in porto l'operazione. Anche stavolta l'appartamento non deve essere di suo gusto, tanto che nel 2007 lo vende a prezzo ben più alto (234 mila euro dichiarati) a un suo collega sindacalista, Rolando Vicari dell'Ugl.
Lo slalom tra gli acquisti di Renata non è finito. Perché sette mesi dopo, a dicembre del 2002, quando ancora risiede nella casa Ater, compra dallo Ior una bella casa con nove stanze, due box e tre balconi sull'Aventino. Un posto da sogno, che la Banca Vaticana dà via per 272 mila euro. Dopo due anni, il 20 settembre del 2004, l'ex leader dell'Ugl si allarga comprando l'appartamento gemello confinante con terzo box annesso. Stavolta dalla Marine Investimenti Sud, una società immobiliare da sempre in affari con la Santa Sede, un tempo partecipata al 90 per cento dalla Finnat di Giampiero Nattino, ma oggi controllata da società off-shore che rimandano fino a Montevideo, in Uruguay.
Andiamo con ordine. Nel marzo del 2001 la Polverini compra un pied-à-terre nel piccolo borgo di Torgiano, tre vani più box in provincia di Perugia. Città a lei cara, visto che sua madre è nata lì. Firma l'atto di compravendita il giorno 21 dal suo notaio di fiducia, da cui torna dopo meno di una settimana per formalizzare l'acquisto di un'altra casa romana, quartiere Monteverde. Cinque stanze, bagni e cucina a due passi da Villa Doria Pamphilj. La casa forse non le piace (in effetti San Saba è molto più trendy), di certo un anno dopo la gira alla madre Giovanna. L'atto di donazione è del 19 marzo 2002.
Dieci giorni dopo, il 28 marzo, un nuovo colpo da maestra: la Polverini compra un altro appartamento, stavolta al Torrino. La zona è semicentrale, vicino all'Eur, ma l'abitazione è molto grande, sette vani più box. Soprattutto, è un immobile ex Inpdap, e il prezzo è da record: come ha scritto Marco Lillo su "Il Fatto", la Polverini se lo prende sborsando appena 148 mila euro. � la cifra chiesta a tutti gli inquilini del palazzo dalla società di cartolarizzazione di Stato (Scip) che vendeva con forti sconti.
Sui documenti dell'Anagrafe consultati da "l'Espresso" risulta però che la Polverini al Torrino non abbia mai avuto residenza: chissà come ha fatto a condurre in porto l'operazione. Anche stavolta l'appartamento non deve essere di suo gusto, tanto che nel 2007 lo vende a prezzo ben più alto (234 mila euro dichiarati) a un suo collega sindacalista, Rolando Vicari dell'Ugl.
Lo slalom tra gli acquisti di Renata non è finito. Perché sette mesi dopo, a dicembre del 2002, quando ancora risiede nella casa Ater, compra dallo Ior una bella casa con nove stanze, due box e tre balconi sull'Aventino. Un posto da sogno, che la Banca Vaticana dà via per 272 mila euro. Dopo due anni, il 20 settembre del 2004, l'ex leader dell'Ugl si allarga comprando l'appartamento gemello confinante con terzo box annesso. Stavolta dalla Marine Investimenti Sud, una società immobiliare da sempre in affari con la Santa Sede, un tempo partecipata al 90 per cento dalla Finnat di Giampiero Nattino, ma oggi controllata da società off-shore che rimandano fino a Montevideo, in Uruguay.
Renata spende altri 666 mila euro ed è finalmente soddisfatta. Una settimana dopo il rogito dal notaio Giancarlo Mazza (finito sulle cronache dei giornali come recordman dell'evasione nazionale) cambia finalmente la sua residenza e dà l'addio alla casa dell'Ater, a soli 850 metri di distanza, dove lascia la sua residenza il marito Massimo (seppure sulle Pagine Bianche anche lui risulti all'indirizzo della moglie). L'ultimo acquisto sull'Aventino la Polverini lo fa lo scorso agosto, quando compra un quarto box (ma di quanti posti auto ha bisogno la presidente?) nel condominio in cui abita da sola.
Nel palazzo di mattoncini rossi a via Bramante la vita scorre tranquilla. Dei business immobiliari di Renata nessuno sa nulla. Non sanno che per le valutazioni del Cerved su dati dell'Agenzia del Territorio solo la maison può valere 1,8 milioni di euro. «Massimo e Renata sono persone gentilissime», dice un'anziana che s'appresta a portare a spasso il cane. Anche il barista che conosce la coppia da vent'anni ha parole affettuose, e racconta - senza mai esserci andato - delle feste che Renata organizza nella casa dell'Aventino. «Una donna forte e onesta, una che si è fatta da sola», chiosa un altro avventore. «Ecco lì Cavicchioli, vede, è quello con le buste della spesa», dice un'inquilina del condominio Ater mentre appende i panni fuori dalla finestra. «Scrivete che qui il giardiniere non viene mai, e che le aiuole sono incolte. E soprattutto che a lor signori, quelli che comandano, non venisse mai in mente di aumentarci l'affitto».
Nel palazzo di mattoncini rossi a via Bramante la vita scorre tranquilla. Dei business immobiliari di Renata nessuno sa nulla. Non sanno che per le valutazioni del Cerved su dati dell'Agenzia del Territorio solo la maison può valere 1,8 milioni di euro. «Massimo e Renata sono persone gentilissime», dice un'anziana che s'appresta a portare a spasso il cane. Anche il barista che conosce la coppia da vent'anni ha parole affettuose, e racconta - senza mai esserci andato - delle feste che Renata organizza nella casa dell'Aventino. «Una donna forte e onesta, una che si è fatta da sola», chiosa un altro avventore. «Ecco lì Cavicchioli, vede, è quello con le buste della spesa», dice un'inquilina del condominio Ater mentre appende i panni fuori dalla finestra. «Scrivete che qui il giardiniere non viene mai, e che le aiuole sono incolte. E soprattutto che a lor signori, quelli che comandano, non venisse mai in mente di aumentarci l'affitto».
giovedì 17 marzo 2011
150 anni, Berlusconi contestato: “Dimettiti”. Bossi: “Peggio per lui”.
Stessa accoglienza, fischi e urla, quando il premier è giunto poi alla Basilica di Santa Maria degli Angeli. Il presidente del Consiglio è stato fischiato in piazza della Repubblica, appena sceso dall’auto per entrare nella chiesa dove ad attenderlo c’era il Capo dello Stato per assistere insieme ad altre autorità alla celebrazione religiosa presieduta dal cardinal Angelo Bagnasco.“Dimettiti, dimettiti” è stato lo slogan gridato da un gruppo di cittadini. Altri fischi e un ‘vergogna, vergogna’ sono stati urlati anche quando Berlusconi è entrato nella Basilica. Al termine della cerimonia religiosa, il Cavaliere è stato l’unico tra le autorità di Stato ad uscire dal retro della basilica. Diversi fischi sono stati indirizzati nei confronti del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, appena uscita sulla piazza.
Dalla sua Berlusconi non ha avuto neanche il sostegno del Senatur. Umberto Bossi è stato lapidario con i cronisti che lo hanno incontrato alla Camera: “Le contestazioni a Berlusconi? Peggio per lui“. Poi il leader del Carroccio ha tentato di smorzare le polemiche sull’assenza della Lega per queste celebrazioni: “Invece per la Lega ci sono io”. Scarna, a parte Bossi, la rappresentanza della Lega a Montecitori in occasione del discorso di Napolitano. Gli unici presenti erano i ministri Roberto Maroni, Roberto Calderoli, il sottosegretario Sonia Viale e il deputato Sebastiano Fogliato.
Non sono mancate comunque in questa giornata di cerimonie le esternazioni del premier. “Vado avanti, non lascio il paese in mano ai comunisti“, è stata la frase pronunciata da Silvio Berlusconi ad un gruppo di cittadini presenti alle celebrazioni dell’Unità d’Italia a Piazza Venezia.
Intanto a poche centinaia di metri da piazza Venezia, a Montecitorio, proiezioni di luci tricolore e simboli che ricordano la bandiera si vedono un po’ dappertutto nel palazzo che ospita il Parlamento e che è stato lo scenario per la visita a seduta congiunta delle Camere a Montecitorio, quando Napolitano ha pronuncia il suo discorso solenne di fronte a ministri e deputati. Il presidente della Camera Gianfranco Fini si è complimentato con gli organizzatori “è tutto molto bello” ma non entra nella polemica sui leghisti “abbiate pazienza, parlerò dopo” esclama ai cronisti. Intanto fuori dal palazzo, nella Galleria Colonna di Largo Chigi, un gruppo di ragazzi ha organizzato un flash mob: “C’è una festa alla quale non siamo stati invitati” è lo slogan di uno striscione srotolato da un gruppo di giovani precari.
C’è poi un’altra Italia che lavora costantemente per fronteggiare l’emergenza e che non dimentica, però, di lanciare un tributo al Paese. Sono gli ufficiali della guardia costiera italiana impegnati sulle coste di Lampedusa con l’aumento degli sbarchi di queste settimane. Oggi a mezzogiorno le motovedette suoneranno le proprie sirene per onorare la ricorrenza dei 150 anni. Ma a Lampedusa non mancano le polemiche. Innescate dal sindaco dell’isola, Bernardino De Rubeis, ”l’Italia, che oggi dovrebbe essere unita, non ci è vicina, per questo tengo la bandiera amezz’asta, in segno di protesta”, dichiara il primo cittadino, che aggiunge “c’è sofferenza degli operatori turistici dell’isola a causa della presenza di oltre tremila immigrati, che dovrebbero essere trasferiti altrove”.
Anche le “Snorq” ci tengono a lasciare un segno della loro presenza in questo 150mo anniversario. Un gruppo di una ventina di donne del comitato “Se non ora quando?” si sono riunite sotto il monumento di Anita Garibaldi e hanno affisso un lungo striscione con la scritta: “Le donne sono il nuovo Risorgimento”. Poi il gruppo di attiviste ha dato il via ad un flash mob. “Abbiamo messo in scena questo flash-mob – racconta Claudia Bella – perché vogliamo farci sentire ancora. Non vogliamo disperdere l’esperienza del 13 febbraio, ma radicarla sul territorio romano per affrontare i tanti problemi di questa città. Nel centocinquantenario dell’Unità d’Italia – continua – siamo sempre di più il motore per il futuro del Paese e di Roma”.
L’Unità d’Italia è stata celebrata anche da molti dei nostri connazionali all’estero. I frati cappuccini in missione nel centro-Africa hanno voluto inviare alle redazioni dei giornali italiani un loro messaggio: ”Cappuccini d’Italia. Fratellidel mondo. Auguri, Italia, Grande Paese”. Una didascalia su una grande foto che ritrae sullo sfondo una capanna in paglia, a Bouar, nella Repubblica Centrafricana e cinque frati cappuccini che, sorridenti, innalzano la bandiera dell’Italia per festeggiare la giornata dell’Unità. Anche in Cina è stato ricordato il 150mo anniversario dell’unità d’Italia con una serie di iniziative organizzate dall’ambasciata Italiana a Pechino. Convegni, proiezioni di film a tema, concerti sono stati allestiti a Shanghai e nella vicina Suzhou, dove sarà la cucina italiana a farla da padrone.
Emanuele Filiberto di Savoia, nipote dell’ultimo re d’Italia, ringrazia “tanto” il capo dello Stato quanto il presidente del Consiglio per aver reso omaggio stamani al Pantheon, al “padre della patria”. L’unità d’Italia, dice Emanuele Filiberto “oggi si sente tutta”. “Sei mesi fa tutti dicevano che i festeggiamenti sarebbero stati sottotono e invece non è affatto così – ha aggiunto – l’Italia oggi la sento mia e la sentono così anche tutti gli italiani”. Ai figli, questa giornata, dice di averla raccontata così: “L’anniversario della creazione dell’Italia unita, liberale, patria”. “E’ una bella cosa rivedere la storia – ha concluso – e questo ci darà il valore stabile per andare avanti”.
Bagnasco: “I colpi bassi non aiutano il Paese” - Assistiamo in questi mesi a ad “un gioco tra poteri, fortemente personalizzati, fatto di colpi bassi che demoliscono la fiducia nella democrazia e fanno il gioco del nichilismo, anche quando a parole si afferma il contrario”. Lo denuncia il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, che esorta a svelenire il clima pur restando convinto che “chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta”. ”Alimentare lo scontro – spiega però in un’intervista a Il Corriere – può essere una strategia per interessi che non sono quelli del Paese”. Secondo il porporato, nell’Italia di oggi “la politica è diventata strumentale, sembra priva di grandi idee dopo la stagione per niente invidiabile delle ideologie, autoreferenziale e in difficoltà ad ascoltare il Paese, ad intercettare i bisogni e le speranze delle persone”. Ed è “sempre meno il luogo della mediazione dei conflitti e degli interessi in funzione del bene comune”. Occorrerebbe invece affrontare i problemi veri: “il cambiamento demografico, la crisi economica, la fatica a uscire dai particolarismi e a promuovere le mediazioni necessarie per perseguire il bene comune”. E soprattutto quello dei giovani, che rappresentano il futuro del Paese: “nessuna società – infatti – può prosperare senza investire nell’educazione dei suoi giovani”. Bagnasco conferma l’apertura della Cei sul federalismo, che se “maturo non può voler dire localismo” e consente invece di “realizzare il principio di sussidiarietà, intersecando quello di solidarietà”. In tema di giustizia, il cardinale registra posizioni “più possibiliste rispetto al ‘niet’ assoluto” a ogni ipotesi di riforma e considera questo “un segnale di onesta’”. Esorta però a un’”estrema cautela” nel modificare la Costituzione, pur convenendo con il governo sull’esistenza di “situazioni di carattere strutturale che hanno bisogno di essere riviste”.
La Russa: “Inaccettabile la posizione della Lega” – Questa mattina il titolare della Difesa ha commentato la posizione della Lega sulle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia: ”A volte c’è un po’ di folklore in alcune esternazioni degli esponenti del Carroccio”, ma “non sono accettabili atti di scorrettezza e di ostilità”. La Russa, ha invocato “un passo in avanti” del Carroccio: “Dobbiamo avere la pazienza di aspettare che termini un percorso: dalla richiesta di secessione a un federalismo solidale”. “Campate in aria”, secondo La Russa, alcune dichiarazioni di esponenti leghisti, come quelle di Borghezio e Speroni: per il coordinatore del Pdl “sarebbe un errore” se la Lega inseguisse “posizioni estremiste solo per non perdere i voti di una parte minoritaria del partito”. Il ministro definisce poi “strumentali” le polemiche della sinistra e si chiede “dov’erano Bersani e D’Alema” quando sono state ricordate le foibe. “I suoi esponenti – aggiunge La Russa – per mettere in difficoltà Berlusconi hanno detto ‘noi siamo quelli dell’inno nazionalè anche se dovrebbero impararne le parole”. “La scelta da parte della Lega del Nabucco – conclude – è la prova che il Carroccio è una tessera del mosaico più bello del mondo, l’Italia”. Ieri sera in piazza Venezia il ministro della Difesa è stato fischiato. Dopo aver preso il microfono in diretta televisiva con Raiuno in occasione dell’esibizione della banda militare Interforze, dalla folla si sono anche levate grida quali “vergognati” e “dimettiti”. La Russa, parlando dall’Altare della Patria, ha espresso il suo “orgoglio di essere italiano”. Poi, ha ringraziato i militari che si trovano “nei posti lontani, come l’Afghanistan, che ogni giorno fanno qualcosa per il nostro paese”.
La ‘Notte tricolore’ - ”Stiamo rivivendo l’orgoglio di essere stati la prima capitale italiana”. Dal palco dello spettacolo musicale in piazza Vittorio Veneto, a Torino, il sindaco Sergio Chiamparino, ha ringraziato “le torinesi e i torinesi, le tante persone venute dal Piemonte e da tutta l’Italia per festeggiare il 150/o anniversario della nostra nazione”. La ‘Notte tricolore’ inizia un lungo programma di celebrazioni che nel capoluogo piemontese si protrarrà fino al prossimo autunno. “In questi sei mesi – è stato l’invito di Chiamparino – aiutiamo l’Italia di oggi a trovare l’orgoglio di essere l’Italia del futuro”. Anche nella Capitale, la ‘Notte tricolore’ ha raccolto un’affluenza ”eccezionale”. “Agli eventi hanno partecipato circa 100 mila persone”. A fare le prime stime di partecipanti è stato l’assessore capitolino alla Cultura Dino Gasperini che ha snocciolato i dati per le varie location. Sono stati 20 mila i visitatori ai musei, 18 mila i presenti a piazza Venezia, 5 mila al Quirinale, 9 mila alla stazione Termini, 5 mila in Campidoglio, 20 mila ai Fori Imperiali, rispettivamente 8 mila a Castel Sant’Angelo e in via del Corso con la Galleria Alberto Sordi. “Un successo straordinario – ha detto Gasperini – nonostante le difficoltà causate dal tempo e lo spostamento al coperto di alcuni eventi”.
Il tributo di Barack Obama - ”Io Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, in virtù del potere che la Costituzione e la legge americana mi affida, proclamo il 17 marzo la giornata di celebrazione del 150/mo anniversario dell’Unità d’Italia”. Il presidente degli Stati Uniti ha scelto la formula più solenne per rendere omaggio al nostro Paese nel giorno in cui tutti gli italiani festeggiano una tappa importante della nostra Patria. Il giorno, in cui, scrive Obama, anche gli Stati Uniti festeggeranno l’Italia e “la sua unificazione in un singolo stato”. All’interno del lungo comunicato diffuso dalla Casa Bianca, Obama cita Garibaldi e illustra le profonde ragioni storiche che spiegano questa giornata di celebrazioni, rendendo onore al “coraggio al sacrificio e alla visione di quei patrioti che fecero nascere la nazione italiana”. E si lascia andare a un parallelo storico di grande valore tra la guerra civile americana e l’impresa dei Mille. “Mentre gli Stati Uniti stavano combattendo per preservare la propria unione, la campagna di Giuseppe Garibaldi per unire l’Italia ispirò molti in tutto il mondo alle prese con le proprie lotte”. Ma dagli Stati Unit non è mancata qualche critica. Con un’analisi durissima del NewYork Times nei confronti dell’unità d’Italia: “Nonostante oggi si celebri il 150mo anniversario dell’unità della Nazione, l’Italia resta un Paese più diviso che mai, politicamente, geograficamente ed economicamente”. Il giudizio durissimo del quotidiano americano.
Il 150mo anniversario dell’Unità d’Italia è stato salutato ieri sera con una grande festa tricolore a Roma. A Piazza Venezia a presentare la serata in diretta tv Manuela Arcuri davanti all’Altare della Patria. Non sono mancati però fischi e cori contro il ministro della Difesa Ignazio La Russa e anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, è stato contestato.
Dalla sua Berlusconi non ha avuto neanche il sostegno del Senatur. Umberto Bossi è stato lapidario con i cronisti che lo hanno incontrato alla Camera: “Le contestazioni a Berlusconi? Peggio per lui“. Poi il leader del Carroccio ha tentato di smorzare le polemiche sull’assenza della Lega per queste celebrazioni: “Invece per la Lega ci sono io”. Scarna, a parte Bossi, la rappresentanza della Lega a Montecitori in occasione del discorso di Napolitano. Gli unici presenti erano i ministri Roberto Maroni, Roberto Calderoli, il sottosegretario Sonia Viale e il deputato Sebastiano Fogliato.
Non sono mancate comunque in questa giornata di cerimonie le esternazioni del premier. “Vado avanti, non lascio il paese in mano ai comunisti“, è stata la frase pronunciata da Silvio Berlusconi ad un gruppo di cittadini presenti alle celebrazioni dell’Unità d’Italia a Piazza Venezia.
Intanto a poche centinaia di metri da piazza Venezia, a Montecitorio, proiezioni di luci tricolore e simboli che ricordano la bandiera si vedono un po’ dappertutto nel palazzo che ospita il Parlamento e che è stato lo scenario per la visita a seduta congiunta delle Camere a Montecitorio, quando Napolitano ha pronuncia il suo discorso solenne di fronte a ministri e deputati. Il presidente della Camera Gianfranco Fini si è complimentato con gli organizzatori “è tutto molto bello” ma non entra nella polemica sui leghisti “abbiate pazienza, parlerò dopo” esclama ai cronisti. Intanto fuori dal palazzo, nella Galleria Colonna di Largo Chigi, un gruppo di ragazzi ha organizzato un flash mob: “C’è una festa alla quale non siamo stati invitati” è lo slogan di uno striscione srotolato da un gruppo di giovani precari.
C’è poi un’altra Italia che lavora costantemente per fronteggiare l’emergenza e che non dimentica, però, di lanciare un tributo al Paese. Sono gli ufficiali della guardia costiera italiana impegnati sulle coste di Lampedusa con l’aumento degli sbarchi di queste settimane. Oggi a mezzogiorno le motovedette suoneranno le proprie sirene per onorare la ricorrenza dei 150 anni. Ma a Lampedusa non mancano le polemiche. Innescate dal sindaco dell’isola, Bernardino De Rubeis, ”l’Italia, che oggi dovrebbe essere unita, non ci è vicina, per questo tengo la bandiera amezz’asta, in segno di protesta”, dichiara il primo cittadino, che aggiunge “c’è sofferenza degli operatori turistici dell’isola a causa della presenza di oltre tremila immigrati, che dovrebbero essere trasferiti altrove”.
Anche le “Snorq” ci tengono a lasciare un segno della loro presenza in questo 150mo anniversario. Un gruppo di una ventina di donne del comitato “Se non ora quando?” si sono riunite sotto il monumento di Anita Garibaldi e hanno affisso un lungo striscione con la scritta: “Le donne sono il nuovo Risorgimento”. Poi il gruppo di attiviste ha dato il via ad un flash mob. “Abbiamo messo in scena questo flash-mob – racconta Claudia Bella – perché vogliamo farci sentire ancora. Non vogliamo disperdere l’esperienza del 13 febbraio, ma radicarla sul territorio romano per affrontare i tanti problemi di questa città. Nel centocinquantenario dell’Unità d’Italia – continua – siamo sempre di più il motore per il futuro del Paese e di Roma”.
L’Unità d’Italia è stata celebrata anche da molti dei nostri connazionali all’estero. I frati cappuccini in missione nel centro-Africa hanno voluto inviare alle redazioni dei giornali italiani un loro messaggio: ”Cappuccini d’Italia. Fratellidel mondo. Auguri, Italia, Grande Paese”. Una didascalia su una grande foto che ritrae sullo sfondo una capanna in paglia, a Bouar, nella Repubblica Centrafricana e cinque frati cappuccini che, sorridenti, innalzano la bandiera dell’Italia per festeggiare la giornata dell’Unità. Anche in Cina è stato ricordato il 150mo anniversario dell’unità d’Italia con una serie di iniziative organizzate dall’ambasciata Italiana a Pechino. Convegni, proiezioni di film a tema, concerti sono stati allestiti a Shanghai e nella vicina Suzhou, dove sarà la cucina italiana a farla da padrone.
Emanuele Filiberto di Savoia, nipote dell’ultimo re d’Italia, ringrazia “tanto” il capo dello Stato quanto il presidente del Consiglio per aver reso omaggio stamani al Pantheon, al “padre della patria”. L’unità d’Italia, dice Emanuele Filiberto “oggi si sente tutta”. “Sei mesi fa tutti dicevano che i festeggiamenti sarebbero stati sottotono e invece non è affatto così – ha aggiunto – l’Italia oggi la sento mia e la sentono così anche tutti gli italiani”. Ai figli, questa giornata, dice di averla raccontata così: “L’anniversario della creazione dell’Italia unita, liberale, patria”. “E’ una bella cosa rivedere la storia – ha concluso – e questo ci darà il valore stabile per andare avanti”.
Bagnasco: “I colpi bassi non aiutano il Paese” - Assistiamo in questi mesi a ad “un gioco tra poteri, fortemente personalizzati, fatto di colpi bassi che demoliscono la fiducia nella democrazia e fanno il gioco del nichilismo, anche quando a parole si afferma il contrario”. Lo denuncia il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, che esorta a svelenire il clima pur restando convinto che “chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta”. ”Alimentare lo scontro – spiega però in un’intervista a Il Corriere – può essere una strategia per interessi che non sono quelli del Paese”. Secondo il porporato, nell’Italia di oggi “la politica è diventata strumentale, sembra priva di grandi idee dopo la stagione per niente invidiabile delle ideologie, autoreferenziale e in difficoltà ad ascoltare il Paese, ad intercettare i bisogni e le speranze delle persone”. Ed è “sempre meno il luogo della mediazione dei conflitti e degli interessi in funzione del bene comune”. Occorrerebbe invece affrontare i problemi veri: “il cambiamento demografico, la crisi economica, la fatica a uscire dai particolarismi e a promuovere le mediazioni necessarie per perseguire il bene comune”. E soprattutto quello dei giovani, che rappresentano il futuro del Paese: “nessuna società – infatti – può prosperare senza investire nell’educazione dei suoi giovani”. Bagnasco conferma l’apertura della Cei sul federalismo, che se “maturo non può voler dire localismo” e consente invece di “realizzare il principio di sussidiarietà, intersecando quello di solidarietà”. In tema di giustizia, il cardinale registra posizioni “più possibiliste rispetto al ‘niet’ assoluto” a ogni ipotesi di riforma e considera questo “un segnale di onesta’”. Esorta però a un’”estrema cautela” nel modificare la Costituzione, pur convenendo con il governo sull’esistenza di “situazioni di carattere strutturale che hanno bisogno di essere riviste”.
La Russa: “Inaccettabile la posizione della Lega” – Questa mattina il titolare della Difesa ha commentato la posizione della Lega sulle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia: ”A volte c’è un po’ di folklore in alcune esternazioni degli esponenti del Carroccio”, ma “non sono accettabili atti di scorrettezza e di ostilità”. La Russa, ha invocato “un passo in avanti” del Carroccio: “Dobbiamo avere la pazienza di aspettare che termini un percorso: dalla richiesta di secessione a un federalismo solidale”. “Campate in aria”, secondo La Russa, alcune dichiarazioni di esponenti leghisti, come quelle di Borghezio e Speroni: per il coordinatore del Pdl “sarebbe un errore” se la Lega inseguisse “posizioni estremiste solo per non perdere i voti di una parte minoritaria del partito”. Il ministro definisce poi “strumentali” le polemiche della sinistra e si chiede “dov’erano Bersani e D’Alema” quando sono state ricordate le foibe. “I suoi esponenti – aggiunge La Russa – per mettere in difficoltà Berlusconi hanno detto ‘noi siamo quelli dell’inno nazionalè anche se dovrebbero impararne le parole”. “La scelta da parte della Lega del Nabucco – conclude – è la prova che il Carroccio è una tessera del mosaico più bello del mondo, l’Italia”. Ieri sera in piazza Venezia il ministro della Difesa è stato fischiato. Dopo aver preso il microfono in diretta televisiva con Raiuno in occasione dell’esibizione della banda militare Interforze, dalla folla si sono anche levate grida quali “vergognati” e “dimettiti”. La Russa, parlando dall’Altare della Patria, ha espresso il suo “orgoglio di essere italiano”. Poi, ha ringraziato i militari che si trovano “nei posti lontani, come l’Afghanistan, che ogni giorno fanno qualcosa per il nostro paese”.
La ‘Notte tricolore’ - ”Stiamo rivivendo l’orgoglio di essere stati la prima capitale italiana”. Dal palco dello spettacolo musicale in piazza Vittorio Veneto, a Torino, il sindaco Sergio Chiamparino, ha ringraziato “le torinesi e i torinesi, le tante persone venute dal Piemonte e da tutta l’Italia per festeggiare il 150/o anniversario della nostra nazione”. La ‘Notte tricolore’ inizia un lungo programma di celebrazioni che nel capoluogo piemontese si protrarrà fino al prossimo autunno. “In questi sei mesi – è stato l’invito di Chiamparino – aiutiamo l’Italia di oggi a trovare l’orgoglio di essere l’Italia del futuro”. Anche nella Capitale, la ‘Notte tricolore’ ha raccolto un’affluenza ”eccezionale”. “Agli eventi hanno partecipato circa 100 mila persone”. A fare le prime stime di partecipanti è stato l’assessore capitolino alla Cultura Dino Gasperini che ha snocciolato i dati per le varie location. Sono stati 20 mila i visitatori ai musei, 18 mila i presenti a piazza Venezia, 5 mila al Quirinale, 9 mila alla stazione Termini, 5 mila in Campidoglio, 20 mila ai Fori Imperiali, rispettivamente 8 mila a Castel Sant’Angelo e in via del Corso con la Galleria Alberto Sordi. “Un successo straordinario – ha detto Gasperini – nonostante le difficoltà causate dal tempo e lo spostamento al coperto di alcuni eventi”.
Il tributo di Barack Obama - ”Io Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, in virtù del potere che la Costituzione e la legge americana mi affida, proclamo il 17 marzo la giornata di celebrazione del 150/mo anniversario dell’Unità d’Italia”. Il presidente degli Stati Uniti ha scelto la formula più solenne per rendere omaggio al nostro Paese nel giorno in cui tutti gli italiani festeggiano una tappa importante della nostra Patria. Il giorno, in cui, scrive Obama, anche gli Stati Uniti festeggeranno l’Italia e “la sua unificazione in un singolo stato”. All’interno del lungo comunicato diffuso dalla Casa Bianca, Obama cita Garibaldi e illustra le profonde ragioni storiche che spiegano questa giornata di celebrazioni, rendendo onore al “coraggio al sacrificio e alla visione di quei patrioti che fecero nascere la nazione italiana”. E si lascia andare a un parallelo storico di grande valore tra la guerra civile americana e l’impresa dei Mille. “Mentre gli Stati Uniti stavano combattendo per preservare la propria unione, la campagna di Giuseppe Garibaldi per unire l’Italia ispirò molti in tutto il mondo alle prese con le proprie lotte”. Ma dagli Stati Unit non è mancata qualche critica. Con un’analisi durissima del NewYork Times nei confronti dell’unità d’Italia: “Nonostante oggi si celebri il 150mo anniversario dell’unità della Nazione, l’Italia resta un Paese più diviso che mai, politicamente, geograficamente ed economicamente”. Il giudizio durissimo del quotidiano americano.
Il 150mo anniversario dell’Unità d’Italia è stato salutato ieri sera con una grande festa tricolore a Roma. A Piazza Venezia a presentare la serata in diretta tv Manuela Arcuri davanti all’Altare della Patria. Non sono mancati però fischi e cori contro il ministro della Difesa Ignazio La Russa e anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, è stato contestato.
Italia 150: Berlusconi esce dal retro per evitare i fischi. E’ l’immagine di un premier in fuga.
Sono molti i segnali che nelle ultime ore hanno fatto capire al Cavaliere di non rappresentare più la maggioranza del Paese. Segnali politici, come l’estrema difficoltà di organizzare il rimpasto di Governo accontentando tutte le componenti che chiedono poltrone in cambio di un sostegno decisivo alla maggioranza. Segnali istituzionali, direttamente collegati alla questione rimpasto, conNapolitano che ieri ha di fatto bloccato la nomina a ministro del “Responsabile” Saverio Romano, stoppando così i piani del premier e del Pdl. Elementi che esortano il capo del governo a evitare esposizioni mediatiche in un momento politico così delicato. Prima conseguenza: marcia indietro sui processi. A una settimana da dichiarazioni inequivocabili sulla sua partecipazione ai procedimenti giudiziari (“sarò sempre presente, mi prenderò questa soddisfazione. E spiegherò agli italiani come stanno veramente le cose”), oggi gli avvocati Ghedini e Longo hanno chiesto di rinviare la prima udienza del processo Ruby, prevista per il 6 aprile: “Troppi atti da valutare, ci serve più tempo”.
Al di là delle strategie di immagine e di difesa, sono però i sondaggi, come sempre, il vero spauracchio che fa cambiare platealmente idea al premier: a partire dal nucleare. Con l’emergenza giapponese, si è improvvisamente impennato l’interesse degli italiani per il referendum del 12 giugno, che mette in gioco la linea del governo su questo tema. Le ultime rilevazioni dicono che il quorum verrebbe raggiunto, probabilmente con buone probabilità di bocciatura per il nuovo piano pro atomo dell’esecutivo. Il grattacapo per il premier, però, è doppio. Perché insieme al nucleare, gli italiani si dovranno esprimere sul legittimo impedimento, uno dei capisaldi della sua epopea “ad personam”. Un provvedimento la cui efficacia è già in parte disinnescata dal pronunciamento di gennaio della Corte costituzionale. Ma la bocciatura popolare suonerebbe come una sfiducia popolare a Berlusconi in persona. E allora sarebbe più difficile tenere insieme la maggioranza numerica risicata alla Camera. Così la parola d’ordine è far fallire i referendum.
Per abbassare l’interesse sul quesito nucleare, l’unica strada è accodarsi alla volontà popolare. Dopo giorni in cui, nonostante l’emergenza Fukushima, il governo italiano ha strenuamente difeso l’ipotesi di nuove centrali nucleari nel nostro Paese, proprio oggi da palazzo Grazioli è partito l’ordine di retromarcia su tutta la linea: “Cerchiamo di non alimentare polemiche – ha detto Berlusconi ai suoi – anche perché l’argomento potrebbe essere usato in modo strumentale in campagna elettorale alle amministrative”. L’idea è di scaricare la responsabilità sull’Unione europea: Berlusconi ha sottolineato la necessità di allinearsi a quanto verrà deciso in sede europea. “Decide l’Europa”, ha ribadito più volte. Subito il ministro Romani, uno dei “falchi” pro nucleare nel governo, ha parlato di “estrema prudenza necessaria” e di “necessità di una riflessione”.
Sondaggi sul nucleare, ma non solo: secondo l’ultima rilevazione citata dal premier nell’ufficio di presidenza del Pdl, il centrodestra è dato al 43%, il centrosinistra al 41%. E l’Udc al 6,3%. Ago della bilancia. Da qui la necessità di riconquistare Pierferdinando Casini: “Non sarà facile, forse per riuscirci dovremmo offrirgli la presidenza del Consiglio”, ha scherzato il Cavaliere. Poi bisognerà vedere se Bossi è della stessa idea. Insomma, anche in questo caso Berlusconi è pronto a tornare sui suoi passi. Per tutte queste ragioni, i fischi di oggi, per lui, più che una sorpresa, sono suonati come una conferma. Meglio passare dal retro e restare nell’ombra.
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