Sarà per il prestigio internazionale o per il gusto nella scelta dei collier? Susanna Petruni è stata ufficialmente proposta dall’ancora direttore generale della Rai Mauro Masi alla guida del Tg2. Di lei si ricorda la famosa polemica sul ciondolo farfallina – l’amuleto delle amiche del premier – che sfoggiò in un’edizione serale del Tg1 (lei disse che si trattava di un fotomontaggio) e una prestigiosa citazione sul Financial Times, in occasione di una delle migliori figure mondiali dell’Italia. Quando Berlusconi, inaugurando al Parlamento europeo il semestre di presidenza italiana definì “kapò” il deputato socialista tedesco Schulz e “turisti della democrazia” gli europarlamentari. Tutti i notiziari del globo riportarono la voce di B, tranne il Tg1. Susanna Petruni riferì le parole del premier, senza far sentire e vedere le altri parti del discorso. Il quotidiano britannico scrisse: “Neanche il telegiornale sovietico di Breznev avrebbe saputo far meglio”.
Non è da ieri che si parla di lei: si è fatto a lungo il suo nome per la direzione di Rai2, ma non era mai stato trovato un accordo all’interno del cda di viale Mazzini. Intesa che pare, all’improvviso, raggiunta. Come? I consiglieri d’opposizione, Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten lo spiegano con le altre nomine proposte da Masi: Gennaro Sangiuliano (dall’attuale ruolo di vicedirettore del Tg1 a direttore vicario), Filippo Gaudenzi, Massimo Rocchi e Giuseppe Ferraro, (caporedattore di Sky Tg24, considerato vicino alla Lega) a vicedirettori del Tg1. Più poltrone, più consensi in consiglio: il nome di Ferraro circolava con insistenza per la direzione di Rai News. Ma qui c’è un guaio: la famosa circolare “lacrime e sangue” di Masi blocca le assunzioni dei giornalisti e Ferraro è un esterno. “Faremo un esposto alla Corte dei conti”, spiega Rizzo Nervo. “Ci sono 1650 giornalisti in Rai: 51 vicedirettori di testata con incarico operativo, 18 vicedirettori senza incarico operativo – alcuni sono proprio al Tg1 – 234 capi redattori. Era davvero necessario prenderne uno dall’esterno?”.
Dubbi di legittimità, ma anche profonda preoccupazione politica. “Il Tg1 è diventato il Giornale, non vorrei che il Tg2, che con Mario Orfeo si era distinto per equilibrio, si trasformasse in Libero. Auspicavamo una scelta condivisa. Ma quando si propone una nomina che esce dai palazzi romani, e questo lo sa anche la maggioranza in cda, lo interpretiamo come un atto di sfida verso una volontà di gestire normalmente questa azienda”. La questione della circolare che “stringe la cinghia” è meno irrilevante di quanto sembri: i due consiglieri Petroni (Pdl) e Bianchi Clerici(Lega) hanno già la grana della multa per la nomina dell’ex dg Meocci. Non voteranno a cuor leggero questo gustoso pacchetto: “Rischierebbero di dover rifondere il danno che eventualmente la Corte dei conti dovesse accertare”, spiega Van Straten. E aggiunge: “L’interim al Tg2 sarebbe il male minore. Senza contare che alcune testate, come Tg Parlamento, sono senza direttore da mesi”.
Ci si augura che il presidente Garimberti non si distragga sul punto e non permetta che la partita politica-informazione finisca tre set a zero. “Speravo in una scelta ampiamente condivisa come accadde per Orfeo”, commenta Garimberti. “Un metodo che dovrebbe sempre caratterizzare le decisioni del servizio pubblico. Non mi pare si vada in questa direzione e anzi mi sembra che anche le altre proposte siano destinate a spaccare il Consiglio. Mi auguro che possa esserci un’ulteriore, necessaria, riflessione”. Potrebbe decidere di non procedere con il voto, previsto per il cda convocato oggi? Se lo domandano anche al Tg2: la redazione chiede “la nomina di un direttore di alto profilo e ne auspica con forza la scelta unanime all’interno del cda, offrendo in questo modo garanzia di pluralismo”. Sul fronte sindacale il segretario dell’Usigrai, Carlo Verna, parla di “vergognoso blitz spartitorio in Rai”.
Sul tavolo c’è l’ennesima concessione alle pressioni politiche. Rizzo Nervo lo spiega senza mezzi termini: “Questo pacchetto di nomine è l’inizio di un degrado dell’immagine della Rai nella sua sottomissione alla politica che ha pochi precedenti”. Se a qualcuno fossero rimasti dubbi, basta leggere una dichiarazione di Minzolini all’Unità in edicola ieri. “Petruni o Sangiuliano al Tg2? Uno dei due, sono sempre miei. Così possiamo fare squadra”. Su questo non ci piove, e pure le altre nomine proposte da Masi sono nel segno della, chiamiamola così, continuità. Lo dice Rizzo Nervo: “Non ce n’è uno, degli aspiranti promossi, che non sia tra i firmatari della lettera di solidarietà a Minzolini”, scritta dopo il putiferio sul caso Mills. Cioè quando l’editoriale del direttorissimo trasformò la prescrizione dell’avvocato inglese in “assoluzione”: giuridicamente un obbrobrio, giornalisticamente una falsità. Per ora Minzolini può cantare vittoria, anche per aver ottenuto un vicario: i consiglieri d’opposizione ricordano che era successo una volta sola, per pochi mesi, nel 2000. Ma un direttore supplente, in grado di garantire lo stesso servizio pubblico, potrebbe tornare utile: per esempio se Minzolini venisse indagato, per la vicenda dei rimborsi spese, dalla Procura di Roma.
Non è da ieri che si parla di lei: si è fatto a lungo il suo nome per la direzione di Rai2, ma non era mai stato trovato un accordo all’interno del cda di viale Mazzini. Intesa che pare, all’improvviso, raggiunta. Come? I consiglieri d’opposizione, Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten lo spiegano con le altre nomine proposte da Masi: Gennaro Sangiuliano (dall’attuale ruolo di vicedirettore del Tg1 a direttore vicario), Filippo Gaudenzi, Massimo Rocchi e Giuseppe Ferraro, (caporedattore di Sky Tg24, considerato vicino alla Lega) a vicedirettori del Tg1. Più poltrone, più consensi in consiglio: il nome di Ferraro circolava con insistenza per la direzione di Rai News. Ma qui c’è un guaio: la famosa circolare “lacrime e sangue” di Masi blocca le assunzioni dei giornalisti e Ferraro è un esterno. “Faremo un esposto alla Corte dei conti”, spiega Rizzo Nervo. “Ci sono 1650 giornalisti in Rai: 51 vicedirettori di testata con incarico operativo, 18 vicedirettori senza incarico operativo – alcuni sono proprio al Tg1 – 234 capi redattori. Era davvero necessario prenderne uno dall’esterno?”.
Dubbi di legittimità, ma anche profonda preoccupazione politica. “Il Tg1 è diventato il Giornale, non vorrei che il Tg2, che con Mario Orfeo si era distinto per equilibrio, si trasformasse in Libero. Auspicavamo una scelta condivisa. Ma quando si propone una nomina che esce dai palazzi romani, e questo lo sa anche la maggioranza in cda, lo interpretiamo come un atto di sfida verso una volontà di gestire normalmente questa azienda”. La questione della circolare che “stringe la cinghia” è meno irrilevante di quanto sembri: i due consiglieri Petroni (Pdl) e Bianchi Clerici(Lega) hanno già la grana della multa per la nomina dell’ex dg Meocci. Non voteranno a cuor leggero questo gustoso pacchetto: “Rischierebbero di dover rifondere il danno che eventualmente la Corte dei conti dovesse accertare”, spiega Van Straten. E aggiunge: “L’interim al Tg2 sarebbe il male minore. Senza contare che alcune testate, come Tg Parlamento, sono senza direttore da mesi”.
Ci si augura che il presidente Garimberti non si distragga sul punto e non permetta che la partita politica-informazione finisca tre set a zero. “Speravo in una scelta ampiamente condivisa come accadde per Orfeo”, commenta Garimberti. “Un metodo che dovrebbe sempre caratterizzare le decisioni del servizio pubblico. Non mi pare si vada in questa direzione e anzi mi sembra che anche le altre proposte siano destinate a spaccare il Consiglio. Mi auguro che possa esserci un’ulteriore, necessaria, riflessione”. Potrebbe decidere di non procedere con il voto, previsto per il cda convocato oggi? Se lo domandano anche al Tg2: la redazione chiede “la nomina di un direttore di alto profilo e ne auspica con forza la scelta unanime all’interno del cda, offrendo in questo modo garanzia di pluralismo”. Sul fronte sindacale il segretario dell’Usigrai, Carlo Verna, parla di “vergognoso blitz spartitorio in Rai”.
Sul tavolo c’è l’ennesima concessione alle pressioni politiche. Rizzo Nervo lo spiega senza mezzi termini: “Questo pacchetto di nomine è l’inizio di un degrado dell’immagine della Rai nella sua sottomissione alla politica che ha pochi precedenti”. Se a qualcuno fossero rimasti dubbi, basta leggere una dichiarazione di Minzolini all’Unità in edicola ieri. “Petruni o Sangiuliano al Tg2? Uno dei due, sono sempre miei. Così possiamo fare squadra”. Su questo non ci piove, e pure le altre nomine proposte da Masi sono nel segno della, chiamiamola così, continuità. Lo dice Rizzo Nervo: “Non ce n’è uno, degli aspiranti promossi, che non sia tra i firmatari della lettera di solidarietà a Minzolini”, scritta dopo il putiferio sul caso Mills. Cioè quando l’editoriale del direttorissimo trasformò la prescrizione dell’avvocato inglese in “assoluzione”: giuridicamente un obbrobrio, giornalisticamente una falsità. Per ora Minzolini può cantare vittoria, anche per aver ottenuto un vicario: i consiglieri d’opposizione ricordano che era successo una volta sola, per pochi mesi, nel 2000. Ma un direttore supplente, in grado di garantire lo stesso servizio pubblico, potrebbe tornare utile: per esempio se Minzolini venisse indagato, per la vicenda dei rimborsi spese, dalla Procura di Roma.