giovedì 2 giugno 2011

I Giovani della Lega mollano Berlusconi. - di Lorenzo De Cicco


Lorenzo De CiccoMentre i leader del Carroccio, almeno formalmente, rimangono fedeli al presidente del Consiglio, l’universo dei Giovani padani, il movimento giovanile della Lega Nord, è in subbuglio. Per molti seguaci di Renzo Bossi la sconfitta di Milano è stata l’ennesima prova che l’alleanza con Berlusconi è giunta al capolinea. Per rendersi conto di cosa bolle in pentola, basta farsi un giro sul forum ufficioso* dell’organizzazione. “Abbandonare Berlusconi è vitale per noi leghisti”, scrive Alsesto22, che ammette: “Molti di noi non sono andati a votare perchè ormai hanno le scatole piene di Scilipoti, Berlusconi e compagnia cantante. La Moratti ha perso perchè contro di lei vi è stato un voto di protesta contro Berlusconi”. La “favoletta dei ministeri a Milano” da queste parti non ha convinto nessuno: “La Lega deve abbandonare questa alleanza. Credo che il Bossi di dieci anni fa non avrebbe avuto nessun dubbio a lasciare Berlusconi”.

Qualcuno che difende il premier c’è, ma più per opportunismo che per convinzione. “Dividere il centrodestra mentre la sinistra si sta unendo in un gozzoviglio non è una cosa saggia”, scrive Quasarnova, che però poi aggiunge: “Io sono il primo che spero che Berlusconi vada fuori dalle palle anche perché fa prendere voti alla sinistra e smerda la destra”.

L’insoddisfazione della base nasce da lontano. La batosta rimediata nel capoluogo meneghino ha solo rigirato il dito nella piaga. Già prima dell’elezione, sul forum del Mgp figuravano appelli espliciti: “Non votate la Moratti”, o “Chi è leghista davvero vota Pisapia”. Mentre subito dopo il voto gli applausi sono tutti per Matteo Salvini, l’unico dirigente che ha criticato apertamente il Pdl. E spuntano fuori vecchi rancori: “Il Ministero dell’Agricoltura ci spettava per diritto. Ma Berlusconi ha preferito accontentare i furbetti”.

Secondo molti militanti la via per uscire dal pantano è quella “di fare riforme condivise, cosa impossibile finché esisterà Berlusconi”. “Ma non sarà ora che il popolo di centrodestra capisca che si può fare anche a meno di Berlusconi? – scrive un altro utente – Può mai da un solo uomo dipendere il destino di una nazione intera?”.

Il segnale per far capire ai leader nazionali del partito che la strategia deve cambiare può essere il referendum del 12 e 13 giugno. “Io vado a votare fosse l’ultima cosa che faccio nella vita – scrive Albertos – Se Berlusconi e Bossi vogliono farmi una centrale sotto casa me lo devono chiedere. Non siamo i loro sudditi”. “Sarebbe giusto che la Lega dia un segno stavolta – scrive un altro visitatore – L’aria è cambiata e se non vuole proprio affondare del tutto con B, si deve schierare da qualche parte”.




2 giugno, Berlusconi tra i fischi. Presenti 80 delegazioni diplomatiche del mondo.


Nel 150esimo dell'Unità d'Italia, la Capitale diventa punto d'incontro delle diplomazie mondiali. In programma oggi, insieme alle tradizionali cerimonie, incontri trilaterali tra il premier e alcuni capi di Stato. Accoglienza tra gli applausi per Napolitano, arrivano i fischi della folla per Berlusconi. In una città blindata

Nel 150esimo dell’Unità d’Italia, la Festa della Repubblica si fa più internazionale che mai. Le delegazioni diplomatiche di 80 Paesi sono volate in una Roma blindata, guidate da diversi capi di Stato. Almeno 40, tra cui il presidente russoDmitrij Medvedev, quello israeliano Shimon Peres, quello dell’Autorità nazionale palestineseAbu Mazen, re Juan Carlos di Spagna e il segretario di Stato delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. In rappresentanza degli Stati Uniti partecipa il vicepresidente Joe Biden. Accolto tra moltissimi applausi il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, mentre alcuni fischi hanno raggiunto il premier Silvio Berlusconi. Per la prima volta alle celebrazioni partecipa anche il ministro dell’Interno, Roberto Maroni.

Accanto ai tradizionali festeggiamenti – come la deposizione della corona d’alloro sulla tomba del Milite ignoto, all’Altare della Patria, e la parata militare ai Fori imperiali – il presidente del Consiglio,Silvio Berlusconi, ha in programma una serie di incontri. Prima un trilaterale con Medvedev e Biden, seguito subito dopo da quello con il presidente dell’Unione europea, Herman VanRompuy, e quello afgano Hamid Karzai. Che intanto ha parlato fitto il vicepresidente Usa, seduto accanto a lui, poco prima dell’inizio delle celebrazioni. Domani per Berlusconi appuntamento con il presidente dell’Anp Abu Mazen. Chiusura con il gran galà al Quirinale: un’affollata cena e un concerto, omaggio del presidente della Repubblica alle delegazioni. E proprio GiorgioNapolitano aveva già incontrato ieri la presidente dell’Argentina, Cristina Kirchner, il segretario dell’Onu Ban Ki-moon e il vicepresidente cinese Xi Jinping, oltre a Biden e Medvedev.

I media israeliani non escludono oggi neanche un incontro a tre fra il rappresentante statunitense Biden e i presidenti di Israele e Anp, a margine delle celebrazioni del 2 giugno. Prima della partenza per Roma, Peres si era detto “pronto” a incontrare e a “stringere la mano come sempre” ad Abu Mazen. Che è stato definito dal collega “un partner per la pace” e “un interlocutore credibile”. Una linea più morbida, scelta da Peres, rispetto a quella del premier israelianoBenjamin Netanyahu.

Per l’evento, comunque, la città è blindata. Alla massiccia presenza internazionale corrisponde un dispiegamento di forze dell’ordine. Con più di 2mila tra soldati e agenti, tiratori scelti sui tetti e forze speciali. Vietato sorvolare la Capitale dall’alba fino alle 22 di stasera, mentre per l’accesso al pubblico all’area della celebrazione sono stati previsti due varchi, uno in piazza Venezia e l’altro in piazza del Colosseo. Già ieri, Roma era sotto controllo, con la bonifica delle sedi dove alloggiano le delegazioni e servizi di scorta per i loro spostamenti.



Berlusconi ''rimprovera'' la scrutatrice.



Pretendere che tutti gli sorridano e gli stringano la mano, non è da clima dittatoriale?





Berlusconi: “In parlamento ci occuperemo di Annozero”. Poi nomina Alfano segretario. -



Restano coordinatori La Russa, Verdini e Bondi. All'attuale ministro della Giustizia va invece la guida politica. Mentre si attendono le sue dimissioni, per la successione sono pronti in quattro: Lupi, Cicchitto, Vito e Longo. Intanto il premier attacca "la tenaglia dei media" e sul referendum dice: "Lasceremo libertà di voto"

Una conferenza stampa del tutto inaspettata. Alle 22 Silvio Berlusconi convoca i giornalisti non solo per annunciare la nomina di Angelino Alfanocome segretario politico nazionale, ma soprattutto per dare la sua versione della sconfitta elettorale e attaccare “la tenaglia dei media” specie di “Annozero, una trasmissione micidiale che ha dato una visione distorta della realtà di Milano e delle città in cui si votava”. Una trasmissione contro cui il Cavaliere annuncia di voler “prendere provvedimenti” in Parlamento.
Il premier parla a tutto campo: dalla leadership nel 2013 (“Ancora non sappiamo chi sarà il candidato premier”), alla riforma della giustizia (“Rimane assolutamente in campo”) fino alle indicazioni di voto per il referendum del 12 e 13 giugno: “Lasceremo libertà di voto”, ha spiegato Berlusconi senza specificare a quale dei quattro quesiti si riferisse. Sul referendum si è verificato anche un piccolo incidente con uno dei portavoce del Popolo Viola, Gianfranco Mascia: “Lo sa che i referendum la spazzeranno via? Berlusconi, si farà processare?”, ha chiesto Mascia prima di essere portato via a forza dalla sicurezza.

Il nome di Angelino Alfano è stato votato all’unanimità dall’ufficio di presidenza del Pdlconfermando la volontà del premier di rinnovare il partito per “tornare più forte di prima (Leggi l’articolo). E’ stato lo stesso Silvio Berlusconi a leggere al termine della riunione un dispositivo in cui viene introdotta la carica che sarà ricoperta dall’attuale ministro della Giustizia. Ora toccherà al Consiglio nazionale, in previsione per giugno, modificare lo statuto del partito che al momento non prevede la figura del “segretario nazionale”. ”Mi dimetterò da ministro della Giustizia non appena il consiglio nazionale mi immetterà nell’esercizio della funzione e non prima del decreto sul codice antimafia e di quello sulla semplificazione dei riti dei processi civili”, ha precisato Alfano nel corso della conferenza stampa con il presidente del Consiglio.
Ma chi è destinato a prendere il posto di Guardasigilli? “Abbiamo valutato varie personalità, ma non è il momento di fare nomi”, ha detto il premier. In realtà i nomi che circolano sono quattro: il ciellino Maurizio Lupi, attuale vice presidente della Camera che incontrerebbe però le resistenze della Lega; il fedelissimo capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, iscritto nel 1980 alla loggia massonica P2 con la tessera 2232; il senatore Piero Longo, avvocato difensore del Cavaliere insieme a Niccolò Ghedini; infine il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito che lascerebbe il suo dicastero a Claudio Scajola, ex ministro dimissionario allo Sviluppo economico.

A fianco di Alfano, gli attuali coordinatori del Pdl: Ignazio La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi. Che manterranno le loro cariche, nonostante quest’ultimo avesse presentato le sue dimissioni subito dopo la disfatta del centrodestra ai ballottaggi. Il segretario Alfano sarà “l’unica guida politica” del partito, mentre i tre coordinatori avranno competenze settoriali. La Russa si occuperà di propaganda, Verdini di organizzazione e Bondi di filosofia dei valori. Il potere e le deleghe dei tre saranno trasferiti al segretario, che poi procederà all’assegnazione dei rispettivi settori di competenza. Un annuncio previsto proprio durante la riunione di oggi, dopo le indiscrezioni che si sono susseguite tra ieri e stamattina.

Esce trionfante da Palazzo Grazioli Maurizio Gasparri. Secondo il capogruppo del Pdl al Senato, la nomina di Angelino Alfano “dimostra la coesione e l’unità” del Pdl. Nessun rompete le righe, dunque, ma “la capacità di guardare avanti”. “Con la designazione di Alfano – ha aggiunto – dimostriamo di guardare avanti. La designazione è stata fatta con il contributo di tutti e dà il senso della prospettiva e della continuità. I coordinatori – ha concluso – continuano ad agire, quindi senza strappi né rotture con le varie aree di provenienza”.

Critica la posizione di Alessandra Mussolini: ”Alfano? Penso che così litigheranno in quattro – ha detto la deputata intervenendo a La Zanzara su Radio24 – Serviva un atto di coraggio per cambiare veramente. Così ne sposti uno e ne scontenti cento. O si faceva un unico coordinatore oppure così è una babele. La batosta presa non ci ha insegnato niente, resta tutto così com’è. O dai anche all’elettore un’idea di meritocrazia oppure…“ Commentando il nuovo organigramma del Pdl, la nipote del Duce ha aggiunto: “Berlusconi non è finito ma ci vuole un cambiamento. Bondi, poverino, non citiamolo perché si dimette. La Russa invece si occuperà del ministero della Difesa: meno risate finte in tv e si occupasse di più delle questioni militari che in questi giorni purtroppo sono attuali”. Fini? “Fini – continua la nipote del Duce – è una persona allucinante: poteva stare nel Pdl senza tanto casino e oggi avrebbe avuto le sue soddisfazioni, invece è andato a fare la spalla muta di Casini”.



mercoledì 1 giugno 2011

Calcio scommesse, 16 arresti tra cui Signori Indagati Bettarini e Cristiano Doni.


L'inchiesta partita da una denuncia della Cremonese. Gli inquirenti hanno scoperto l'esistenza di una "organizzazione criminale" che tentava, corrompendo i giocatori, di falsare le partite e scommettere sul risultato finale senza rischi. Così facendo, secondo il Gip Guido Salvini, sono stati influenzati i campionati di serie B e Lega Pro. L'Atalanta rischia di vedersi cancellare la promozione in A

Una vera e propria “organizzazione criminale” composta da calciatori, ex calciatori, titolari di ricevitorie e liberi professionisti, con l’obiettivo di manipolare gli incontri di calcio per poter scommettere forti somme e arrivando così a falsare i “campionati di serie B e Lega Pro in corso”, incidendo “sulle ultime fasi del campionato, con gravi danni per le società, per gli scommettitori leali e per la regolarità delle competizioni sportive”.

L’ordinanza del Gip, Guido Salvini, ricostruisce l’indagine che ha portato stamani all’arresto di 16 persone, tra cui l’ex capitano della Lazio e attaccante della nazionale, Beppe Signori, e a iscrivere nel registro degli indagati 44 persone per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva. Tra questi anche Stefano Bettarini e Cristiano Doni, storico capitano-bandiera dell’Atalanta. La squadra bergamasca rischia di vedersi cancellare la promozione in A appena conquistata. Doni, infatti, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, è l’uomo di riferimento dell’associazione per falsare le partite dell’Atalanta. In particolare gli incontri con Ascoli, Padova e Piacenza.

Alcune delle persone coinvolte nell’inchiesta “indicavano nel capitano dell’Atalanta Cristiano Doni uno dei calciatori che avevano realizzato la combine unitamente al difensore del PiacenzaGervasoni Carlo”, scrive il Gip per la partita Atalanta-Piacenza del 19 marzo scorso che finì 3-0, risultato che era “l’obiettivo dell’organizzazione” che aveva scommesso sul match. Il gip segnala inoltre la “seconda rete di Cristiano Doni su calcio di rigore assegnato per un fallo di Gervasoni”, il difensore del Piacenza. Sulla partita scommise anche Stefano Bettarini, soprannominato “il bello”. In un sms intercettato l’ordine: “Fai 1852 al Bello (Bettarini Stefano) 1 Atalanta i soldi li ha Angelo lui è in attivo”. L’incontro di calcio Atalanta-Piacenza, prosegue il gip, “veniva pianificato in Bologna e precisamente in via Bassi 7, presso lo studio Professionisti Associati”. Su quella partita Beppe Signori “ha investito 60.000 euro”.

Seguendo il flusso di scommesse di Signori, inoltre, gli inquirenti sono arrivati a scoprire che il gruppo ha tentato di falsare anche l’incontro Inter-Lecce, ma fallendo nell’intento: la vittoria della squadra milanese per tre reti a zero. L’obiettivo fu mancato, così Massimo Erodiani, uno degli uomini chiave dell’organizzazione, telefona a Francesco Giannone (indicato come “organizzatore, promotore e scommettitore su eventi sportivi manipolati”) per comunicargli che la sua preoccupazione “è in primis fare recuperare i soldi a te… a Manlio (Bruni) e a Beppe (Signori)… la prossima partita ve la diamo gratis e loro recuperano tutto”. L’ex attaccante della Nazionale aveva scommesso “150mila euro”. Il bomber è indicato, inoltre, come “elemento centrale del gruppo di scommettitori di Bologna” e partecipava alle riunioni “per la pianificazione delle partite e delle scommesse”. Per raggiungere l’obiettivo, inoltre, gli inquirenti hanno accertato che almeno in un episodio l’organizzazione è arrivata a somministrare dei calmanti ai giocatori della Cremonese per far sì che giocassero al dì sotto delle loro possibilità. Al termine della partita cinque giocatori e un massaggiatore della squadra si erano sentiti male. Da quell’episodio ha preso il via l’inchiesta.

Il sistema era piuttosto semplice ma ben organizzato. Una sorta di società in cui la testa, composta da Signori e controllava due settori separati: uno dedicato a corrompere i giocatori, l’altro a gestire le scommesse. E, “quasi un sodalizio nel sodalizio”, ci sono “più gruppi di scommettitori” che ne “costituiscono un punto di riferimento stabile”. Gruppi “omogenei” che “anticipano quasi sempre il denaro necessario per pagare i giocatori corrotti”. Cosi facendo l’organizzazione riusciva a “manipolare contemporaneamente anche cinque partite” anche grazie a un “tariffario di massima per la compera” degli incontri. Secondo quanto scrive il Gip nell’ordinanza, il giro d’affari e l’attività dell’associazione, crea “un terreno fertile per l’insinuazione di elementi di una criminalità organizzata ai più alti livelli”. Nella misura di custodia cautelare, infatti, si segnala “la presenza tra gli investitori e scommettitori di alcuni gruppi dai contorni incerti, quale quello degli zingari”, a capo del quale c’era Almir Gegic detto “lo zingaro”, slovacco arrestato nell’operazione. Inoltre era presente anche un gruppo albanese. Il gip spiega che “sono investiti da questi gruppi per ogni partita truccata capitali dell’ordine delle centinaia di migliaia di euro” di cui non è nota la “provenienza”, dunque non si possono “escludere fatti di riciclaggio”.



Lungo il viale del tramonto. - di Arturo Meli

Questa volta è una disfatta. Non ci sono sotterfugi, divagazioni, manipolazioni mediatiche che possano nascondere la realtà. Il berlusconismo crolla. Lo investe un moto di rigetto, da Milano a Napoli, che segna il tramonto di un’era politica. Il volto del Paese è cambiato. Tuttavia, il premier tenta di rimpicciolire il risultato. Non può negare la sconfitta, ma scarica su altri le responsabilità Nega che sia stato investito da questo esito disastroso il suo modo di governare. Attribuisce l’insuccesso a fattori locali, alle modeste qualità dei candidati messi in campo. Può essere comprensibile il tentativo di allontanare le realtà spiacevoli. Ma tutto ciò diventa patetico quando in questa umana debolezza cade un capo di governo, un leader. L’incapacità di dire la verità anche a se stesso è impressionante. Berlusconi sembra vivere in un mondo a parte. Si racconta la sua favola. Ma ormai ha raschiato anche il fondo del barile.

La vittoria del centrosinistra può avere molti padri, e già si vede la corsa a chi riesce a intestarsela per primo. Ma la sconfitta del centrodestra ha già un’accertata paternità, quella del Cavaliere. E’ difficile da spiegare come, in appena due anni, sia riuscito a dilapidare il patrimonio che aveva accumulato nelle ultime elezioni politiche. Certo, ci sono tutte le promesse non mantenute, c’è la crisi economica. Ma il discorso va oltre. Le ragioni vanno ricercate all’interno del berlusconismo, negli intrecci privati e personali inconfessabili, nella volgarità e rozzezza degli ultimi comportamenti, nel disprezzo sistematico delle regole e degli istituti di garanzia, nel discredito di cui soffre il Paese anche sullo scenario internazionale. Né si può trascurare l’indignazione suscitata sul terreno dell’etica privata e pubblica. C’è, in questo risultato elettorale, anche il caso Ruby, con le feste indecenti di Arcore, i misteriosi bonifici, i favori accordati alle compiacenti olgettine. Il risentimento popolare è diventato ribellione politica. Anche tra chi vota abitualmente centrodestra sono sorti i dubbi, e si è manifestato il rifiuto al momento di andare alle urne. L’inganno si è rivelato. Il rapporto seduttivo si è incrinato. E, con il crollo della fiducia in Berlusconi, è crollato anche Bossi. La sconfitta non è solo a Milano. Investe tutto il Nord, la fortezza del centrodestra, il suo serbatoio di voti.

Berlusconi e Bossi. Due debolezze che dovrebbero risollevarsi insieme. Ma è impresa assai difficile. Al principio, è naturale, prevale la prudenza. Almeno ufficialmente, il Cavaliere e il senatur non si scoprono. Ma per la Lega c’è l’esigenza primaria di ricostruire un rapporto con la base, di recuperare l’identità perduta. E, lungo questa strada, il rischio di entrare in rotta di collisione con il premier è reale. C’è chi prevede che il Caroccio chiederà la nomina di un vicepremier, il superministro dell’Economia Tremonti, mettendolo in rampa di lancio per il “dopo”. Ma Berlusconi è ancora convinto di avere lui il coltello dalla parte del manico. Certamente si muoverà. Però, con qualche trucco pirotecnico, ben difficilmente accettando di porre concretamente sul tavolo il tema della sua successione. Si parla nel Pdl di usare le primarie per scegliere i candidati. Ma dovrebbe valere anche per il candidato premier? E’ impensabile questo metodo per un partito a struttura cesarista, legato al destino di uno solo, condannato alla mancanza di ogni dibattito interno. Tuttavia, nemmeno il Pdl è il partito di un tempo. Con la crisi, si sono messe in moto correnti strutturate e agguerrite in lotta tra loro, si agitano pezzi di oligarchia che cercano di salvare almeno una parte del patrimonio. Anche tra i berluscones si è incrinato il mito del Cavaliere invincibile. E, del resto, anche sulla Lega soffia un insidioso venticello. Oggi, il Carroccio assomiglia sempre meno alla monarchia assoluta di un tempo..

Tracciare uno scenario ben definito è al momento prematuro. Ci sono i referendum di metà giugno. C’è, subito dopo, il 19 giugno, il pratone di Pontida e, a seguire, la verifica in Parlamento sulla maggioranza “allargata” e i nuovi sottosegretari imbarcati al governo. C’è, inequivocabile, la crisi economica, e si parla di mettere mano a una manovra di quaranta miliardi di euro. Come può il premier limitarsi al piccolo cabotaggio, chiuso nel suo bunker? Il berlusconismo sta finendo. Una nuova strada è possibile. Bisogna guardarsi, però, dalle insidie del suo arroccamento finale. Dagli ultimi frutti avvelenati di un carisma autoritario al tramonto.


http://www.libertaegiustizia.it/2011/05/31/sul-viale-del-tramonto/



“Nessuna mediazione sui principi”. di Massimo Vanni

«È una bella giornata per presentare questo libro», premette la presidente di Libertà e Giustizia Sandra Bonsanti. E le vittorie di Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli diventano al cinema Odeon la scenografia per un secondo dialogo – dopo quello raccolto nel libro edito da Laterza «La felicità della democrazia» – tra il presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky e il direttore di Repubblica Ezio Mauro. «Questi giorni segnano la fine di una degenerazione della democrazia, sta a noi controllare che non si torni indietro», rileva Zagrebelsky. «Il pericolo più grave non è che qualcuno metta in discussione la democrazia ma che attacchi la sua sostanza», risponde Mauro.
È un secondo dialogo incalzato dallo storico Paul Ginsborg, oltreché dalla giornalista Bonsanti. E nonostante la complessità della materia tantissimi “cercatori di felicità” sono arrivati all´Odeon ieri pomeriggio: platea piena (330 posti), alcune decine nel loggione. Con in prima fila il presidente della giunta regionale Enrico Rossi.
A Ginsborg piace quando il dialogo, nel libro, «diventa dibattito». Soprattutto all´inizio: «Mauro si dice sicuro nella nostra democrazia, dice che nessuno oggi, qui, nel mezzo dell´Europa attenterebbe alla democrazia. Zagrebelsky fa notare che una volta si misuravano i progressi della democrazia, oggi invece si misurano i regressi», annota lo storico. Anche lui, Ginsborg, ha scritto sullo stesso tema («La democrazia che non c´è», pubblicato da Einaudi) e immagina una democrazia quotidiana, che riconquista uno spazio alla politica, oggi protesa invece a consumare tutto dentro il palazzo.
Zagrebelsky non gradisce la parola “berlusconismo”: «Questi anni non sono il prodotto di una idea politica tanto da arrivare ad un “ismo”». E a Bonsanti che chiede del populismo, il presidente emerito replica: «Abbiamo avuto una vicenda degenerativa abbastanza normale». Sulla degenerazione però nessun dubbio: «Basta pensare alla legge elettorale, con la quale chi sta in basso conferma le scelte dall´alto». E invece «nessuna mediazione è possibile sui principi» di fondo della democrazia, dice Zagrebelsky. Citando pure Gianfranco Miglio e la sua teoria del ciclo democratico («50-60 anni, tre generazioni»).
Mentre per il direttore di Repubblica «il populismo può essere una tentazione per tutta l´Europa: non è solo un problema italiano, è un impasto di forte tradizione e novità pericoloso perché seducente in un momento di disorientamento delle persone». E´ però il populismo, annota il direttore Mauro, di una «destra al cubo, una destra reale, alla quale si contrappone una sinistra che non sa bene neppure cos´è».

Leggi l’intervista a Zagrebelsky.



http://www.libertaegiustizia.it/2011/06/01/nessuna-mediazione-sui-principi/