giovedì 9 agosto 2012

Zero tituli. - Marco Travaglio.



Il regime dei Cinque dell’Apocalisse (Quirinale, Avvocatura dello Stato, Procura della Cassazione, Csm e Governo) che assedia la Procura di Palermo può ritenersi soddisfatto. La notizia anticipata dal Fatto sul procedimento disciplinare contro i pm Messineo e Di Matteo, rei del terribile delitto di intervista, ha raccolto l’audience mediatica auspicata: omertà assoluta di politici, giornali e tg. Fa eccezione il Foglio che, per quanto clandestino, fa il suo sporco mestiere: plaude al Pg della Cassazione e lo esorta a radere al suolo la Procura, “luogo di mille abusi”, anche con processi penali per “violazione del segreto istruttorio”.
Pazienza se il segreto istruttorio è stato abrogato nel 1989 e se per le toghe – lo dimostreremo domani – rilasciare interviste non è illecito disciplinare, ergo l’unico “abuso” è proprio il procedimento disciplinare contro Messineo e Di Matteo. Quanto agli altri quotidiani – direbbe José Mourinho–, “zero tituli”. Compresi il Giornale e Libero che forse, per la prima volta nella storia, provano un filo d’imbarazzo. Ma anche Repubblica, sempre in prima linea a protestare quando i governi B. promuovevano od ottenevano azioni disciplinari contro i pm più impegnati (nelle indagini su B. & his band).
Munendosi di microscopio elettronico, si rinvengono su Repubblica alcune righe riservate alla notizia, pudicamente nascoste in fondo a un articolo dedicato a tutt’altro dal titolo “Caso Mancino-Quirinale, no alla legge ad hoc”, per evitare che qualcuno le noti. Problemi di spazio, probabilmente, in una giornata dominata da notizione come il pensiero di Brunetta su Monti, “Porcellum, la battaglia solitaria del soldato Giachetti”, “L’Italia dei borghi a 5 stelle”. Sul Corriere, neanche tre righe camuffate dietro la siepe: in compenso, ampio spazio al pensiero di Follini, alla gigantografia della famiglia reale Giorgio & Clio sulla sdraio a Stromboli, agli alti lai del nuovo Pellico, il ciellino Simone detenuto per corruzione dunque “prigioniero della politica e dei magistrati”.
Seguono le polemiche sullo spot agreste di Aldo, Giovanni e Giacomo e gli scoop del giorno: “La collanina del primo amore” dello scrittore Buzzi, “Il gossip non è più quello di una volta”, “Gli ultimi ciak dei Soliti idioti” e la “caccia ai polpi di Ponza”. Roba forte, altro che la caccia ai pm della trattativa. Non manca, sul Corriere, il diario di un cane che risponde all’angosciante interrogativo: “Perché nascondono sempre il mio osso?”. E non è mica l’unico cane a scrivere sui giornali. La Stampa regala un paginone su “le vacanze misurate degli onorevoli”, poi s’avvicina pericolosamente alla trattativa: “Tanti indagati, poche condanne”. Allusione a Stato e mafia? No, ai finti ciechi, vera emergenza nazionale. E volete mettere, poi, la ricomparsa del “maschio alfa fra i lupi dei Monti Sibillini”? Si dirà: almeno l’Unità, con la sua centenaria tradizione antimafia, gliene dirà quattro a chi vuol fermare i pm. Invece no. Siccome non c’è peggior Sardo di chi non vuol sentire, c’è ben altro in menu: “Bersani: i progressisti non si chiudono nell’autosufficienza”, “Sui valori della Carta d’intenti si può ricostruire la politica”, “Geografie dell’utopia” (ma anche, volendo, utopie della geografia) e l’imprescindibile “Elogio del ‘non so’”. Più che un titolo, un piano editoriale.
da Il Fatto Quotidiano del 9 agosto 2012
FIRMA QUI LA PETIZIONE DEL FATTO:

La sentenza su De Mauro "Ucciso per lo scoop su Mattei".


La sentenza su De Mauro "Ucciso per lo scoop su Mattei"


Le motivazioni della Corte d'assise sul caso del cronista scomparso e ucciso: violò il segreto sulla morte del patron dell'Eni, mettendo a rischio l'impunità di tanti potenti.

"La causa scatenante della decisione di procedere senza indugio al sequestro e all'uccisione di Mauro De Mauro fu costituita dal pericolo incombente che egli stesse per divulgare quanto aveva scoperto sulla natura dolosa delle cause dell'incidente aereo di Bascapè, violando un segreto fino ad allora rimasto impenetrabile e così mettendo a repentaglio l'impunità degli influenti personaggi che avevano ordito il complotto ai danni di Enrico Mattei, oltre a innescare una serie di effetti a catena di devastante impatto sugli equilibri politici e sull'immagine stessa delle istituzioni". 

In 2.199 pagine, depositate questo pomeriggio, i giudici della prima sezione della Corte d'assise di Palermo ricostruiscono così l'omicidio del giornalista Mauro De Mauro, sequestrato da Cosa nostra il 16 settembre 1970 e mai più tornato a casa.

Pur assolvendo l'unico imputato, Totò Riina, il collegio presieduto da Giancarlo Trizzino, a latere Angelo Pellino (estensore della motivazione) ricostruisce il torbido contesto in cui il cronista del quotidiano "L'Ora" pagò il suo scoop sulla morte del presidente dell'Eni, Mattei, simulata da incidente aereo nei pressi di Pavia il 27 ottobre 1962.

"La natura e il livello degli interessi in gioco -scrive il giudice Pellino- rilancia l'ipotesi che gli occulti mandanti del delitto debbano ricercarsi in quegli ambienti politico-affaristico-mafiosi su cui già puntava il dito il professor Tullio De Mauro (fratello del giornalista, ndr) nel 1970. E fa presumere che di mandanti si tratti e non di una sola mente criminale. Non per questo deve escludersi qualsiasi responsabilità di elementi appartenenti a Cosa Nostra, stante il livello di compenetrazione all'epoca esistente e i rapporti di mutuo scambio di favori e protezione tra l'organizzazione mafiosa e uomini delle istituzioni ai più disparati livelli".

Ironizzando, ma non troppo...



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TOKELAU NEL PACIFICO: LA PRIMA NAZIONE CHE VA AD ENERGIA SOLARE.


DA SETTEMBRE CON 4MILA PANNELLI FOTOVOLTAICI

TOKELAU NEL PACIFICO: LA PRIMA NAZIONE CHE VA AD ENERGIA SOLARE
Tokelau, Nuova Zelanda. Ecco dove l'energia rinnovabile fa passi da gigante. Con oltre 4000 pannelli fotovoltaici installati, i tre atolli corallini nell'Oceano Pacifico potrebbero diventare dal prossimo settembre il primo Paese al mondo solare al 100 per cento. Come riporta 3News, fra poche settimane sui tre atolli tropicali potrebbero spegnersi per sempre i generatori diesel lasciando il passo ad un'energia più sostenibile: più di 4.000 pannelli solari forniranno elettricità alla piccola nazione di 1.400 abitanti. Il progetto da 7,5 milioni di dollari, finanziato dal ministero degli Affari Esteri e del Commercio della Nuova Zelanda, sarà in grado di evitare il consumo di oltre 2000 barili di benzina all'anno normalmente utilizzati per generare energia elettrica a Tokelau. "Sarà un cambiamento incredibile rispetto all'utilizzo dei combustibili fossili - ha commentato Foua Toloa, ministro dell'Energia a Tokelau - In questo modo verranno evitate forti spese, ma anche pericolose fuoriuscite che potrebbero danneggiare l'ambiente".

Truffata la più grande industria del fotovoltaico. Crollano i titoli di Suntech. - Roberto Cicchetti

Zhengrong Shi

Una truffa per mezzo miliardo di euro, è quanto ha subito la più grande azienda del mondo di pannelli fotovoltaici, la cinese Suntech, già entrata in conflitto con gli USA per i dazi sul fotovoltaico.


Tre anni fa iniziò il suo progetto fotovoltaico in Puglia e Sicilia per decine di MW, e venne finanziata dalla China Development Bank che trovò l'idea buona concedendo alla Puglia Solar II, una società veicolo di Suntech, un finanziamento di 560 milioni di euro.
La Puglia Solar II mise a garanzia del prestito dei falsi Bund tedeschi. I sospetti sono subito andati su Javrier Romero, un socio di minoranza e agente di Suntech Spagna, il quale nega tutto, ma ormai il titolo a Wall Street è crollato. I soci di minoranza americani hanno dato via ad una class action per recuperare i soldi perduti in borsa a causa della maxi truffa, ma resta da pagare il debito di mezzo miliardo entro marzo 2013.
Una mission impossible per il colosso cinese. Probabilmente finirà nelle grinfie del Governo Cinese che nazionalizzerà il tutto, con il risultato di un inasprimento delle tensioni tra Cina e USA già ai ferri corti in una guerra doganale che va avanti dalla primavera.
Fonte: Reuters
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TROVATA LA CURA PER IL CANCRO. NON INTERESSA PERCHÈ NON "RENDE".


cura-per-il-cancro

Le grandi Case Farmaceutiche la snobbano perchè non è un “affare”.
E’ una soluzione semplice ed è sempre stata sotto il naso degli scienziati. C’è da utilizzare semplicemente il di-cloro-acetato, che attualmente è impiegato nei problemi metabolici. La scoperta della sua efficacia contro i tumori è stata fatta nell’Università canadese di Alberta nel gennaio 2007. Stranamente, i media non ne hanno parlato. Eppure è una sostanza che può essere utilizzata da chiunque, non ha effetti collaterali particolari ed è estremamente economico (a differenza dei costosi farmaci antitumorali prodotti dalle grandi Aziende Farmaceutiche internazionali). Gli scienziati canadesi hanno testato il DCA (di-cloro-acetato) sull’uomo ed hanno ucciso le cellule tumorali dai polmoni, dal seno e dal cervello lasciando integre le cellule sane. Lo stesso risultato era stato ottenuto alimentando cavie ammalate con acqua contenente DCA. Nel corpo umano abbiamo già chi combatte le cellule tumorali: i mitocondri. Gli scienziati, però, hanno da sempre ipotizzato che fossero danneggiabili dal cancro e si sono indirizzati sulla glicolisi, che è meno efficace ma… più costosa.
Il DCA, che innesca la reazione nei mitocondri, è ampiamente disponibile e la terapia è relativamente semplice, potete trovare maggiori informazioni su thedcasite.com  sul quale vengono pubblicate le esperienze, i dosaggi, i vari casi, i pro e contro.
DOMANDA: perchè le Case Farmaceutiche snobbano la scoperta?
RISPOSTA: perchè il metodo è naturale e non può essere brevettato. Niente brevetto, niente affari. Senza brevetto non è possibile sfruttare la scoperta come stanno facendo, ad esempio, con le costosissime cure per l’AIDS. Meglio che la gente continui a finanziare campagne anti-tumori ed a pagare salate le cure sul mercato.
Ma forse c’è una speranza: piccoli Laboratori indipendenti potrebbero iniziare a produrre il DCA e, dopo le previste procedure, commercializzare finalmente il farmaco.

Province in Sicilia. Il TAR di Palermo sentenzia: incostituzionale la legge che ha introdotto le province “regionali”. I gattopardi in azione per salvare poltrone e potere …


Le province in Sicilia, giusto l’art. 15 dello Statuto, peraltro mai modificato, sono state abolite nel lontano 1946.
Una legge “costituzionale” quindi, ha decretato la fine di questi enti inutili, o utili solo per poter avere a disposizione posti di potere, di sottogoverno e mantenere feudi territoriali.
Testo integrale dell’art. 15 : r.d.l. 15/5/1946, n. 455 e conv. con l. cost. 26/2/1948, n. 2),   recita: <
 Si evince quindi, che la regione ha materia di ordinamento e controllo ma non di reintroduzione di una istituzione abolita con legge costituzionale.
Qui c’è da precisare un fatto. Si parla sempre di Statuto come legge di rango costituzionale. In realtà anche qui ci troviamo di fronte ad un grande imbroglio. 
La legge istitutiva dello Statuto prevedeva il suo “coordinamento” con la costituenda costituzione italiana.
Ciò significa che lo Statuto andava inserito integralmente nella Costituzione italiana. Invece, con la prima truffa italiana ai danni della Sicilia, è stato ripromulgato con una legge costituzionale (la numero 2 del 1948).
Sappiamo tutti come è andata a finire. Lo Statuto è rimasto lettera morta e la grande ammucchiata DC/PCI italiana, ha permesso alla casta di vassalli siciliani di demolire lo Statuto e tenere in vita le province con proroghe fino al 1986 quando, con il classico uovo di Colombo, sono state istituite le “province regionali”.
Praticamente, a provincia è stato aggiunto l’aggettivo “regionale” ….
Geniale. Talmente geniale che anche la Corte Costituzionale con vergognosa sentenze “politica” che grida ancora vendetta, dichiarò, con argomentazioni illogiche che sfociavano nell’offesa alla pubblica intelligenza, corretto l’operato della Regione.
Ora, dopo decenni, un tribunale riporta le lancette indietro nel tempo e boccia di incostituzionalità la legge 9/1989 anche se lo fa intervenendo per una questione ben diversa, ovvero, una questione relativa ai comizi elettorali.
La  sentenza del TAR di Palermo del 19 giugno 2012, n. 1276, tenuta ”sotto tono” da media locali e politica,  emessa a seguito di un ricorso della Provincia Regionale di Ragusa contro il decreto con cui l’Assessorato Regionale Autonomie Locali ha revocato l’atto di indizione dei comizi elettorali e contestualmente ha disposto il commissariamento della Provincia fino al 31 marzo 2013, riapre la questione e rimette in discussione la l.r. 9/1986.
Secondo la Regione, le elezioni di Ragusa non vanno svolte nel 2012, ma nel 2013 nello stesso tempo in cui si sarebbero svolte le elezioni per tutte le altre province regionali.
Il TAR  ha ritenuto  legittimo l’operato dell’Amministrazione Regionale, che correttamente ha fatto buon uso del principiotempus regit actum a seguito della sopravvenuta legge regionale n. 14/2012, respinge anche la sollevata questione di costituzionalità per violazione dell’art. 15 dello Statuto siciliano.
Per il Tar la l.r. n. 14/2012 non viola alcuna norma costituzionale anche perché “…non sopprime in alcun modo le province regionali, ma rinvia solo ad una legge successiva (da adottarsi entro il 31712/2012) il riordino degli organi di governo delle stesse”.
Ma aggiunge in chiusura,  un passaggio fondamentale: Tuttavia: “Rileva, infine, il Collegio, ad abundantiam, che l’art. 15 dello Statuto della Regione Siciliana (approvato con r.d.l. 15/5/1946, n. 455 e conv. con l. cost. 26/2/1948, n. 2), avente rango di legge costituzionale, recita: <>. Detta norma attribuisce, evidentemente, una diversa configurazione all’assetto istituzionale sovracomunale rispetto a quello attualmente esistente e scaturito dalla l.r. 6/5/1986, n. 9 e s.m.i. che ha attuato la norma costituzionale solo apparentemente secundum legem nel momento in cui ha determinato l’organizzazione delle province nella Regione Siciliana, come nel resto dell’Italia, quali enti locali territoriali dotati di autonomia anche politica e non solo amministrativa e finanziaria”.
Il TAR in pratica, pone dubbi di legittimità costituzionale su quanto attuato in virtù della famigerata l.r. 9/1989 che mantenne lo status quo delle province aggiungendo soltanto l’aggettivo “regionale”.
Insomma, dopo quasi trent’anni, un tribunale amministrativo pone l’accento sul grande imbroglio siciliano e sulla incostituzionalità della norma siciliana perché  di fatto ha innovato le norme statutarie con l’ntroduzione delle province regionali. 
Per il Giudice amministrativo tutto quanto “inventato” per mantenere gli scanni provinciali con la l.r. 9/86  non è  conforme all’applicazione dell’art. 15 dello Statuto.
Per meglio comprendere, si deve risalire all’etimologia di consorzio che ha significato ben preciso:  “ …. unione di più individui (o istituzioni) con doveri e diritti uguali e per un fine determinato. Di conseguenza,  il consorzio (provincia regionale) è rappresentativo degli stessi soggetti che lo istituiscono, ha i soci (comuni) con i propri rappresentanti (espressione dei soci), i rappresentanti  sono gli stessi rappresentati, tutte le cariche sono decise ed approvate dall’assemblea  e sono espressione diretta dei soci (comuni) e quindi non sono eletti a suffragio universale, di conseguenza i costi degli stipendi dei politici (eletti a suffragio) sarebbero azzerati!
Di conseguenza: ………..la legge 9/86 è incostituzionale perché non è rispettosa “del quadro  dei principi generali costituzionali” Però,  le province regionali garantiscono una infinità di posti di potere, hanno un giro vorticoso di finanziamenti, nel solo anno 1987 la somma globale di contributi per il loro funzionamento distolta incostituzionalmente dalle casse regionali e quindi dalle tasche dei contribuenti per le province regionali è stata di  150 milioni di euro (trecento miliardi delle vecchie lire). Oggi si parla di quasi un miliardo di euro l’anno! Una fetta enorme di finanziamento pubblico per mantenere in vita solo posti di potere. Nove presidenti di provincia, nove vice presidenti, nove capi di gabinetto, nove uffici stampa, decine di dirigenti, enti provinciali, uffici, un centinaio di assessori e qualche  centinaio di consiglieri. Un esercito che vive e prospera con i soldi pubblici. Le province “regionali” in Sicilia sono un’offesa alla Costituzione ma soprattutto un’offesa al popolo Siciliano, ma… nessuno se ne cura. Osservatorio Permanente per la tutela dell’immagine della Sicilia
La Corte Costituzionale nel 1956 a proposito delle norme di attuazione degli statuti con la sentenza  n. 20/1956,  ha chiarito alcun aspetti relativi alle norme di attuazione praeter legem, o anche apparentemente secundum legem, risolvendolo testualmente come segue: “Se poi le norme di attuazione siano praeter legem, nel senso che abbiano integrato le disposizioni statutarie od abbiano aggiunto ad esse qualche cosa che le medesime non contenevano, bisogna vedere se queste integrazioni od aggiunte concordino innanzi tutto con le disposizioni statutarie e col fondamentale principio dell’autonomia della Regione, e se inoltre sia giustificata la loro emanazione dalla finalità dell’attuazione dello Statuto. Laddove, infine, si tratti di norme secundum legem, è ovvio che se esse, nel loro effettivo contenuto e nella loro portata, mantengano questo carattere, non è a parlarsi di illegittimità costituzionale, ma sarebbe pur sempre da dichiararsene la illegittimità nel caso che esse, sotto l’apparenza di norme secundum legem, sostanzialmente non avessero tal carattere, ponendosi in contrasto con le disposizioni statutarie e non essendo dettate dalla necessità di dare attuazione a queste disposizioni”.
Il combinato disposto delle due sentenze è inequivobabile … La legge regionale 9/86  è chiaramente non costituzionale perché “elude” il principio costituzionale dei liberi consorzi di comuni – enti sprovvisti di autonomia amministrativa e finanziaria – e istituisce  enti territoriali dotati non solo di autonomia amministrativa e finanziaria ma anche di autonomia politica i cui membri sono eletti con suffragio universale e non nominati dai soci.
Era ora quindi. La Sicilia dalla promulgazione dello Statuto, avvenuta oltre 18 mesi prima della Costituzione italiana, ha subito truffe politiche inimmaginabili per chi non conosce i fatti storico-politici italiani e siciliani, tra tutte le truffe, oltre la truffa relativa alle province regionali, lo scippo delle prerogative dell’Alta Corte paritetica.
La Corte Costituzionale che “modifica” le norme della Costituzione.
Più attentato alla Costituzione di così … Unico caso al mondo di una corte costituzionale che deve regolare la conformità delle leggi ordinarie con la costituzione, che modifica di fatto la Costituzione stessa a cui deve obbedienza ….
Chissà cosa dirà Giorgio Napolitano … !
E ora, Trapani, che è indicata fra le proice da sopprimere,  chiede a Menfi di entrare a far parte del suo territorio … così che la poltrona sotto il Monte Erice può rimanere …
Cultura, territorio, identità, storia  ed economia arattate per un pugno di poltrone …
Che tristi episodi di “normale” vita politica di casta feudale siciliana !