sabato 22 settembre 2012

Un privilegio da 200 milioni. - Primo Di Nicola



La Casta taglia le pensioni degli italiani, ma non tocca le proprie. Per i parlamentari il diritto al vitalizio scatta dopo soli cinque anni di mandato. Con contributi molto bassi. E con compensi incassati anche prima dei 50 anni. Così 2.307 tra ex deputati ed ex senatori si mettono in tasca ogni mese fino a settemila euro netti.

Giovanotti con un grande avvenire dietro le spalle che si godono la vita dopo gli anni di militanza parlamentare. Come Alfonso Pecoraro Scanio, ex leader dei Verdi ed ex ministro dell'Agricoltura e dell'Ambiente. Presente alla Camera dal 1992, nel 2008 non è riuscito a farsi rieleggere e con cinque legislature nel carniere è stato costretto alla pensione anticipata. Ma nessun rimpianto. Da allora, cioè da quando aveva appena 49 anni, Pecoraro Scanio riscuote il vitalizio assicuratogli dalla Camera: ben 5.802 euro netti al mese che gli consentono di girare il mondo in attesa dell'occasione giusta per tornare a fare politica.

Oliviero Diliberto è un altro grande ex uscito di scena nel 2008 causa tonfo elettorale della sinistra. Segretario dei Comunisti italiani ed ex ministro della Giustizia, con quattro legislature alle spalle e ad appena 55 anni, anche lui si consola riscuotendo una ricca pensione di 5.305 euro netti. Euro in più, euro in meno, la stessa cifra che spetta a un altro pensionato-baby della sinistra, addirittura più giovane di Diliberto: Pietro Folena, ex enfant prodige del Pci-Pds, passato a Rifondazione e trombato nel 2008 quando, con le cinque legislature collezionate, a soli 51 anni ha cominciato a riscuotere 5.527 euro netti al mese. 

Davvero niente male, considerando le norme restrittive che le varie riforme pensionistiche dal 1992 hanno cominciato ad introdurre per i comuni cittadini. Norme ferree per tutti, naturalmente, ma non per deputati e senatori che, quando si è trattato di ridimensionare le proprie pensioni, si sono ben guardati dal farlo. Certo, hanno accettato di decurtarsi il vitalizio con il contributo di solidarietà voluto da Tremonti per le "pensioni d'oro" e pari al 5 per cento per i trattamenti compresi fra i 90 e i 150 mila euro (una penalizzazione che tocca solo i parlamentari con oltre i 15 anni di mandato), ma per il resto hanno evitato i sacrifici imposti agli altri italiani. Tutto rinviato alla prossima legislatura quando, almeno stando all'annuncio del questore della Camera Francesco Colucci, e a una proposta del Pd, potrebbe entrare in vigore un nuovo modello pensionistico contributivo. A Montecitorio, però, il clima è rovente. Pochi giorni fa il presidente Gianfranco Fini non ha ammesso un ordine del giorno dell'Idv, che chiedeva l'abolizione dei vitalizi ("Un furto della casta", secondo il dipietrista Massimo Donadi). Secondo Fini, i diritti acquisiti non si toccano, al massimo si potrà discutere della riforma. 


IL CLUB DEI CINQUE
Nel frattempo, l'andazzo continua, con l'esercito dei parlamentari pensionati che si ingrossa sempre più, fino a toccare il record dei 3.356 vitalizi erogati fra le 2.308 pensioni dirette e le reversibilità, divise tra le 625 alla Camera e 423 al Senato. Un fardello che si traduce ogni anno in una spesa di 200 milioni di euro, oltre 61 dei quali pagati da palazzo Madama e i restanti 138 da Montecitorio. In questo pozzo senza fondo del privilegio ci sono anzitutto i superfortunati che con una sola legislatura, cioè appena cinque anni di contribuzione, portano a casa il loro bravo vitalizio. Personaggi anche molto noti e quasi sempre ancora nel pieno dell'attività professionale. Nell'elenco compare Toni Negri, ex leader di Potere operaio, docente universitario e scrittore. Venne fatto eleggere mentre era in carcere per terrorismo nel 1983 dai radicali di Marco Pannella. Approdato a Montecitorio, Negri ci restò il tempo necessario per preparare la fuga e rifugiarsi in Francia. Ciononostante, oggi percepisce una pensione di 2.199 euro netti. Stesso importo all'incirca riscosso da un capitano d'industria come Luciano Benetton (al Senato nel 1992, restò in carica solo due anni per lo scioglimento anticipato della legislatura) e da un avvocato di grido come Carlo Taormina. E sono solo due casi tra i tanti. Nel "club dei cinque" sono presenti quasi tutte le categorie lavorative, con nomi spesso altisonanti. Compaiono intellettuali come Alberto ArbasinoAlberto Asor Rosa Mario Tronti. Giornalisti di razza come Enzo BettizaEugenio ScalfariAlberto La VolpeFederico Orlando; altri avvocati di grido come Raffaele Della ValleAlfredo Galasso e Giuseppe Guarino; star dello spettacolo come Gino PaoliCarla Gravina e Pasquale Squitieri. Tutti incassano l'assegno calcolato con criteri tanto generosi quanto lontani da quelli in vigore per i comuni lavoratori.


GIOCHI DI PRESTIGIO

Per i deputati eletti prima del 2008 (per quelli nominati dopo è stata introdotta una modesta riforma di cui solo tra qualche anno vedremo gli effetti) vale il vecchio regolamento varato dall'Ufficio di presidenza di Montecitorio nel 1997. Dice che i deputati il cui incarico sia cominciato dopo il '96 maturano il diritto al vitalizio a 65 anni, basta aver versato contributi per cinque. Fin qui, nulla da dire: il requisito dei 65 pone i deputati sulla stessa linea stabilita per la pensione di vecchiaia dei comuni cittadini. Ma basta scorrere il regolamento per scoprire le prime sorprese. L'età minima dei 65 anni si abbassa di una annualità per ogni anno di mandato oltre i cinque prima indicati, sino a toccare la soglia dei 60. E non è finita. Alla Camera ci sono ancora un gran numero di eletti prima del '96 e per questi valgono le norme precedenti. Secondo queste norme il diritto alla pensione si matura sempre a 65 anni, ma il limite è riducibile a 50 anni e ancor meno (come nel caso di Pecoraro Scanio), facendo cioè valere le altre annualità di permanenza in Parlamento oltre ai cinque anni del minimo richiesto. Questo accade nell'Eldorado di Montecitorio. 

A palazzo Madama gli eletti si trattano altrettanto bene. Un regolamento del 1997 stabilisce che i senatori in carica dal 2001 possono, come alla Camera, andare in pensione al compimento del sessantacinquesimo anno con cinque anni di contributi versati. Ma attenzione, anche qui dal tetto dei 65 si può scendere eccome. Possono farlo tutti i parlamentari eletti prima del 2001. Per costoro, il diritto alla pensione scatta a 60 anni se si vanta una sola legislatura, ma scende a 55 con due mandati e a 50 con tre o più legislature alle spalle. 


IL BABY ONOREVOLE
Dall'età pensionabile alla contribuzione necessaria per la pensione, ecco un altro capitolo che riporta agli anni bui delle pensioni baby. Si tratta delle pensioni che consentivano alle impiegate pubbliche con figli di smettere di lavorare dopo 14 anni, sei mesi e un giorno (i loro colleghi potevano invece farlo dopo 19 anni e sei mesi). Ci volle la riforma Amato del '92 per cancellare lo sfacciato privilegio. Ma cassate per gli statali, le pensioni baby proliferano tra i parlamentari. Secondo il trattamento Inps in vigore per tutti i lavoratori, ci vogliono almeno 35 anni di contributi per acquisire il diritto alla pensione. I parlamentari invece acquisiscono il diritto appena dopo cinque anni e il pagamento di una quota mensile dell'8,6 per cento dell'indennità lorda (1.006 euro). Fino alla scorsa legislatura le cose andavano addirittura meglio per la casta. Bastava durare in carica due anni e mezzo per assicurarsi il vitalizio (è il caso di Benetton). Il restante delle annualità mancanti per arrivare a cinque potevano essere riscattate in comode rate. Nel 2007 è arrivato un colpo basso: i cinque anni dovranno essere effettivi. Una mazzata per Lorsignori, che si rifanno con la manica larga con la quale si calcola il vitalizio.

RIVALUTAZIONE D'OROSino agli anni Novanta, tutti i lavoratori avevano diritto a calcolare la pensione sui migliori livelli retributivi, cioè quelli degli ultimi anni (sistema retributivo). Successivamente, si è passati al sistema contributivo per cui la pensione è legata invece all'importo dei contributi effettivamente versati. Il salasso è stato pesante. Per tutti, ma non per i parlamentari. Che sono rimasti ancorati a un vantaggiosissimo marchingegno. Invece che sulla base dei contributi versati, deputati e senatori calcolano il vitalizio sulla scorta dell'indennità lorda (11 mila 703 euro alla Camera) e della percentuale legata agli anni di presenza in Parlamento. Con 5 anni di mandato si riscuote così una pensione pari al 25 per cento dell'indennità, cioè 2 mila 926 euro lordi. Raggiungendo invece i 30 anni di presenza si tocca il massimo, l'80 per cento dell'indennità che in soldoni vuol dire 9 mila 362 euro lordi. Vero che con una riforma del 2007 Camera e Senato hanno ridimensionato i criteri di calcolo dei vitalizi riducendo le percentuali: si va da un minimo del 20 dopo cinque anni al 60 per 15 anni e oltre di presenza in Parlamento. Ma a parte questa riduzione, gli altri privilegi restano intatti. Con una ulteriore blindatura, che mette al sicuro dall'inflazione e dalle altre forme di svalutazione: la cosiddetta "clausola d'oro", per cui i vitalizi si rivalutano automaticamente grazie all'ancoraggio al valore dell'indennità lorda del parlamentare ancora in servizio.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/un-privilegio-da-200-milioni/2157780

I 4 vicepresidenti da 12mila euro al mese che non hanno tempo di presiedere il Senato.

Ecco cosa avevano da fare 
i vicepresidenti assenti al Senato

La domanda è più che legittima considerato che i vicepresidenti del Senato guadagnano 12 mila euro netti al mese (al netto anche dei benefit e dei rimborsi spese): che cosa avevano da fare di così importante giovedì 21 settembre l'ex leghista Rosi Mauro, il Pd Vannino Chiti, la radicale Emma Bonino, il pidiellino Domenico Nania da non poter presiedere una seduta del Senato dedicata all'approvazione di mozioni sulla violenza contro le donne? L'unico con una giustificazione valida è Chiti che era a Strasburgo alla Conferenza dei presidenti dei parlamenti del Consiglio d'Europa, rappresentava il Senato. Ma gli altri, cosa avevano da fare di così importante da non poter stare al loro posto di lavoro: Bonino una conferenza stampa, Nania le elezioni siciliane. E Rosi Mauro? 

http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1082012/I-4-vicepresidenti-da-12mila-euro-al-mese--che-non-hanno-tempo-di-presiedere-il-Senato.html

Gentilissima signora Polverini. - Angela Vitaliano


La smetta, per cortesia, e se le resta un briciolo di dignità, di parlare del suo tumore, come vittima, come metafora, come difesa, come paravento.
Le ricordo prima di tutto che Lei è una sopravvissuta mentre c’è chi questa battaglia la sta ancora vivendo, senza molte speranze o chi non l’ha vinta. Perciò la smetta. Le ricordo ancora che è volgare e patetico provare ad usare una malattia per attirarsi simpatie di cittadini che, invece, in ogni caso, dovrebbero cacciarla via senza neppure un arrivederci. Perciò la smetta. Le ricordo che in un paese civile, anzi no, mi scusi, normale, lei dignitosamente avrebbe già annunciato e dato seguito alle sue dimissioni. E, invece, non lo ha fatto. Perciò la smetta.
Le ricordo, infine, che quando un rappresentante delle istituzioni tradisce il significato più importante del suo ruolo e cioè, glielo ricordo, occuparsi dei cittadini (e non tradirli) non dovrebbe provare minore o maggiore vergogna solo perché sopravvissuta a qualche malattia. Perciò la smetta.
Se non vuole abbandonare il suo posto come dovrebbe, si difenda usando, se le riesce, la ragione politica e la legalità. Ma, in nome dell’umana dignità, la smetta di usare la sua malattia.
Cordialmente.

Leggi i precedenti della Polverini e del cancro:

Ha chiuso il Center Gross del Centro Olimpo a Palermo. - Loredana Ales


centro-olimpo
Ha chiuso il Center Gross del Centro Olimpo a Palermo. A sorpresa i lavoratori e i consumatori hanno trovato i cancelli chiusi. L’ennesimo brutto colpo per il commercio palermitano che vive uno dei periodi più bui degli ultimi anni.
Per i lavoratori che da oggi non hanno più il posto di lavoro c’è ancora una piccola speranza. Così come é successo in passato per Grande Migliore continua la trattativa per l’acquisizione da parte di altre aziende di cui non si conoscono ancora i nomi e per la ricollocazione del personale e per la cassa integrazione in deroga.
Qualche giornio fa la Fisascat Cisl aveva avanzato in una nota all’azienda, la Center Gross Sicilia che gestisce i reparti di elettronica ed elettrodomestici (ex Euronics) e del Centro Olimpo, la proprosta di attuare i procedimenti di cassa integrazione in deroga per tutti gli operai, al momento 14 sarebbero coinvolti e di ricollocare i lavoratori presso le aziende che acquisiranno il centro commerciale.
“La proprosta, riferiscono i sindacati, è stata accolta”.Per la fine di settembre, si terrà, infatti, un incontro con vertici aziendali e i sindacati per la stipula dell’accordo.
“Accogliamo con molto piacere – dichiara a BlogSicilia Mimma Calabrò, segretario generale Fisascat Cisl Sicilia il fatto che l’azienda abbia preso atto di quanto qualche giorno fa avevamo ribadito in una nota, ovvero la possibilità di cassa integrazione e ricollocazione del personale. Gli ammortizzatori sociali in deroga sono di estrema importanza perché in questo modo si permette agli operai di rimanere legati all’azienda”.

Crisi Fiat, Marchionne cambia idea sugli aiuti di Stato: “Guardate il Brasile”.


Crisi Fiat, Marchionne cambia idea sugli aiuti di Stato: “Guardate il Brasile”


Non più tardi del 6 giugno l'ad del Lingotto diceva: "Non abbiamo nessuna intenzione di chiedere impegni finanziari al governo. Il governo ha molte cose da fare in questo momento, noi stiamo facendo da soli".

“Non abbiamo nessuna intenzione di chiedere impegni finanziari al governo. Il governo ha molte cose da fare in questo momento, noi stiamo facendo da soli”, aveva detto Sergio Marchionne il 6 giugno scorso a margine  dell’incontro di Cars 21 il gruppo a cui partecipano i produttori, la Ue, i governi e le parti sociali, ribadendo la sua dichiarata avversione agli incentivi. Qualcosa, però, dev’essere cambiato.
Al punto che a una settimana dalla disdetta del piano Fabbrica Italia, con i suoi 20 miliardi di investimenti nel Paese, ma soprattutto alla vigilia dell’incontro col governo a Palazzo Chigi, il manager ha mostrato le carte e cambiato volto. “Sono felice che il ministro Passera, andando in Brasile, si sia reso conto dei grandi risultati della Fiat in quel Paese. Certamente non gli sarà sfuggito che il governo brasiliano sia particolarmente attento alle problematiche dell’industria automobilistica. Sono sicuro che il Ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali“, ha infatti dichiarato in risposta alle esternazioni del ministro dello Sviluppo economico.
“In particolare per lo stabilimento nello stato di Pernambuco, in corso di costruzione, la Fiat riceverà finanziamenti sino all’85 per cento su un investimento complessivo di 2,3 miliardi di euro. A questi si aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni. Per quanto riguarda la Fiat l’ultima operazione del genere in Italia si è verificata all’inizio degli anni novanta per lo stabilimento di Melfi”, ha aggiunto completando la rivendicazione e riconoscendo che “l’attuale quadro normativo europeo, simili condizioni di finanziamento non siano ottenibili nell’ambito dell’Unione Europea”. Nessun accenno, invece, all’ipotesi di richiedere al governo la cassa integrazione in deroga per gli addetti degli impianti italiani, versione degli ammortizzatori sociali a carico dello Stato o delle regioni,  in cambio del mantenimento degli attuali livelli occupazionali.
Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, dal 1977 a oggi, la Fiat ha ricevuto l’equivalente di 7,6 miliardi di euro dallo Stato, e ne ha investiti 6,2 miliardi. Dal computo sono esclusi  ammortizzatori sociali impiegati in questo periodo né gli ultimi contratti approvati dal Cipe nel biennio 2010-2011.  In generale nel 2011, per sua stessa ammissione, la Fiat spa e Chrysler hanno ricevuto a livello globale 2,551 miliardi di euro, quasi il doppio del miliardo abbondante ottenuto l’anno prima. E’ quanto scrive il Lingotto stesso nel bilancio di sostenibilità pubblicato dall’azienda che precisa che la somma si divide in 93 milioni di contributi a fondo perduto e 1,229 miliardi di finanziamenti, 669 milioni dei quali agevolati, mentre i restanti 560 milioni sono arrivati dalla Banca Europea per gli Investimenti.
Da un punto di vista geografico, al di là delle dichiarazioni di indipendenza di Marchionne, la sua azienda dichiara che dall’Italia l’anno scorso le sono arrivati 591,832 milioni di euro, il 23,2% del totale. La Penisola, quindi, è il terzo sostenitore pubblico della Fiat, dietro alla Serbia (25,7% con 655,607 milioni) e, appunto al Brasile (30,6% con 780,606 milioni).  Al quarto posto, infine, il Messico, altro Paese dove il Lingotto è molto attivo anche grazie al sostegno pubblico pari a quasi 324 milioni di euro (12,7% del totale). Non è solo una questione di mercato che funziona o non funziona, quindi. 

Mosaico del IV secolo a.C. rinvenuto in Calabria, è uno tra i più grandi del sud.



Reggio Calabria - (Adnkronos) - Il sito, tra i più grandi del meridione, è stato ritrovato aMonasterace durante la 14esima campagna di scavi archeologici promossa dalla Soprintendenza dei beni archeologici della Calabria.

Reggio Calabria, 21 set. (Adnkronos) - Un mosaico di 25 metri quadrati è stato rinvenuto aMonasterace durante la 14esima campagna di scavi archeologici promossa dalla Soprintendenza dei beni archeologici della Calabria, diretta dal professore Francesco Cuteri, con la supervisione della direttrice del museo archeologico della cittadina jonica, Maria Teresa Iannelli. Il sito, tra i più grandi del meridione, risale al IV secolo a. C.

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Mosaico-del-IV-secolo-aC-rinvenuto-in-Calabria-e-uno-tra-i-piu-grandi-del-sud_313717924542.html

Religion...



Le Tre Religioni monoteiste,
Le quali credeno in in Unico Dio,
Ma divergono totalmente,, sino ad arrivare
Al Sentimento piú puro: L'ODIO. 


ezio indelicato


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