venerdì 15 febbraio 2013

Genocidio cattolico in Canada, ecco perchè il Papa ha abdicato.



Di seguito riporto due testi, uno dell’Aprile del 2010 dove vengono riportate le torture e gli abusi fatti su 50.000 bambini nelle scuole cattoliche Canadesi, e l’altro è del 13 Febbraio 2013, un bollettino ufficiale del ITCCS – International Tribunal into Crimes of Church and State di Bruxelles, dove viene spiegata un’imminente azione del Governo europeo, che ha spiccato un mandato di arresto contro Ratzinger.
Primo testo
Abusi sessuali, sterilizzazioni di massa, decine di migliaia di bambini morti nelle scuole cattoliche del Canada dal 1922 al 1984. Un caso che sta per arrivare a Romadi Marco Cinque il manifesto“, 4 aprile 2010
IL MENÙ DELLE TORTURE
Dai capelli strappati alle bastonature, dall’isolamento all’acqua ghiacciata
Decine e decine di sopravvissuti provenienti da dieci diverse scuole residenziali degli stati canadesi della British Columbia e dell’Ontario hanno descritto, tutti sotto giuramento, le seguenti torture, inflitte fra il 1922 ed il 1994, a loro stessi e ad altri bambini, alcuni di solo cinque anni di età:
• stringere fili e lenze da pesca attorno al pene dei bambini;
• inserire aghi nelle loro mani, guance, lingue, orecchie e pene;
• tenerli sospesi sopra tombe aperte minacciando di seppellirli vivi;
• costringerli a mangiare cibo pieno di vermi o rigurgitato;
• dire loro che i genitori erano morti o che stavano per essere uccisi;
• denudarli di fronte alla scolaresca riunita e umiliarli verbalmente o sessualmente;
• costringerli a stare eretti per oltre 12 ore di seguito sino a quando non crollavano;
• immergerli nell’acqua ghiacciata;
• costringerli a dormire all’aperto durante l’inverno;
• strappare loro i capelli dalla testa;
• sbattere ripetutamente le loro teste contro superfici in muratura o in legno;
• colpirli quotidianamente senza preavviso tramite fruste, bastoni, finimenti da cavallo, cinghie metalliche decorate, stecche da biliardo e tubi di ferro;
• estrarre loro i denti senza analgesici;
• rinchiuderli per giorni in stanzini non ventilati senza acqua né cibo;
• somministrare loro regolarmente scosse elettriche alla testa, ai genitali e agli arti.
IL CASO CANADESE
Dal consiglio delle tribù sette domande al Vaticano

Le richieste rivolte al Papa Ratzinger e ai vertici vaticani da dodici anziani del Consiglio
che rappresentano le nazioni Cree, Squamish, Halda e Metis
1. Identificare il posto dove sono sepolti i bambini morti in queste scuole cattoliche, e ordinare che i loro resti vengano restituiti ai loro familiari per una degna sepoltura.
2. Identificare e consegnare le persone responsabili per queste morti.
3. Divulgare tutte le prove riguardanti questi decessi e i crimini commessi nelle scuole residenziali, consentendo il pubblico accesso agli archivi del Vaticano ed altri registri delle altre Chiese coinvolte.
4. Revocare le bolle pontificie “Romanus Pontifex” (1455) e “Inter Catera” (1943), e tutte le altre leggi che sanzionarono la conquista e la distruzione dei popoli indigeni non-cristiani nel Nuovo Mondo.
5. Revocare la politica del Vaticano, in parte formulata dall’attuale Papa, che richiede che vescovi e preti tengano segrete le prove degli abusi subiti da bambini indigeni nelle loro chiese invitando le vittime al silenzio.
6. Venire in Canada di persona per visitare i quartieri più poveri, dove abitano i sopravvissuti
delle scuole residenziali, e chiedere perdono a queste persone per il genocidio e per la politica
messa in atto dalla sua Chiesa nei loro confronti, e giurare pubblicamente che tali azioni e politiche non si ripeteranno mai più.
7. Presentarsi davanti al Tribunale Internazionale sui Crimini di Guerra e sul Genocidio in Canada per rispondere alle accuse che lui e la sua chiesa siano responsabili per la distruzione
e la morte di milioni di Nativi Americani.

Secondo Testo

Joseph Ratzinger è stato costretto ad annunciare le sue dimissioni senza precedenti storici dalla carica di Papa a causa di un’imminente azione delGoverno europeo, che ha spiccato un mandato di arresto contro Ratzinger e, entro Pasqua, emetterà un lien commerciale pubblico sopra le proprietà del Vaticano.

L’Ufficio centrale dell’ITCCS – International Tribunal into Crimes of Church and State di Bruxelles è stato costretto, dall’improvvisa abdicazione di Benedetto XVI, a rivelare i dettagli seguenti:
1. Venerdì 1 febbraio 2013, sulla base delle prove fornite dalla nostra affiliata Corte di Giustizia Common Law (itccs.org), il nostro ufficio ha concluso un accordo con i rappresentanti di una non specificata nazione europea e dei suoi giudici, a garanzia di un mandato di arresto contro Joseph Ratzinger, alias Papa Benedetto XVI, per crimini contro l’umanità ed associazione a deliquere.
2. Questo mandato d’arresto sarà consegnato all’ufficio della Santa Sede di Roma il giorno venerdì 15 febbraio 2013. La suddetta nazione ha concesso il permesso di trattenere Ratzinger, come criminale sospettato, all’interno del territorio sovrano della Città del Vaticano.
3. Lunedì 4 febbraio 2013, detta nazione ha consegnato una nota diplomatica nelle mani del Segretario di Stato Vaticano, Card. Tarcisio Bertone, informandolo dell’imminente mandato di arresto e invitando il suo ufficio a farlo rispettare. Nè il card. Bertone nè il suo ufficio hanno fornito alcun riscontro immediato a questa nota, tuttavia, solo sei giorni più tardi, papa Benedetto si è dimesso.
4. L’accordo tra il nostro Tribunale e i tribunali della nazione in parola comprende, come seconda disposizione, quella di emettere un lien commerciale sopra le proprietà e le ricchezze della Chiesa Cattolica Romana con effetto a partire dalla domenica di Pasqua, 31 marzo 2013. Questo lien sarà accompagnato a livello globale dalla pubblica Campagna Pasquale di Rivendicazione (“Easter Reclamation Campaign”, n.d.t.), in base alla quale le proprietà della Chiesa Cattolica saranno occupate e rivendicate dai cittadini come beni pubblici ed incamerate ai sensi del Diritto Internazionale e dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale.
5. È decisione del nostro Tribunale e del governo della nazione in parola, quella di procedere all’arresto di Joseph Ratzinger e alla sua rimozione dall’incarico di Pontefice Romano, con l’accusa di crimini contro l’umanità e associazione a delinquere.
6. È altresi nostra nuova decisione quella di procedere come previsto anche all’incriminazione e all’arresto del pontefice successore di Joseph Ratzinger, secondo le stesse accuse, e di imporre il lien commerciale e la Campagna Pasquale di Rivendicazione contro la Chiesa cattolica romana.
In chiusura, il nostro Tribunale riconosce che, a causa della complicità di Papa Benedetto XVI nelle attività criminali della Banca Vaticana IOR, quest’ultimo è stato persuaso alle dimissioni dai più alti funzionari del Vaticano. Secondo le nostre fonti, è stato il Segretario di Stato Tarcisio Bertone a costringere Joseph Ratzinger a rimettere immediatamente il suo incarico, in risposta diretta alla nota diplomatica relativa al mandato d’arresto a lui notificata il 4 febbraio 2013 da parte del governo della suddetta nazione.
Facciamo appello a tutti i cittadini e ai governi affinchè supportino i nostri sforzi per demolire legalmente e direttamente la corporation Vaticana ed arrestare i principali ufficiali e membri del clero complici in crimini contro l’umanità e nella cospirazione criminale in corso per proteggere ed insabbiare la tortura e il traffico di bambini.
Questa settimana, il nostro ufficiò pubblicherà ulteriori bollettini di aggiornamento sugli eventi dellaCampagna Pasquale di Rivendicazione.

ITCCS – Ufficio Centrale di Bruxelles Bollettino pubblicato il 13 febbraio 2013
ore 12:00 GMT (ore 13:00 italiane)


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Io non so se quanto riportato risponda a verità, ma mi incomincia a sorgere il dubbio che possa esserlo.

Edison, le bollette degli italiani arricchiscono le casse statali francesi. - Costanza Iotti


Corrado Passera


Dopo un triennio di maxiperdite, il primo anno del passaggio sotto il controllo al 100% del colosso pubblico transalpino Edf con il "lodo Passera", per Foro Bonaparte si chiude con il ritorno all'utile e un forte contributo ai margini della controllante francese. Ad di là delle Alpi tornano anche i dividendi, da questo lato restano i debiti.

Edison macina profitti sulle bollette dei cittadini italiani. E i francesi di Edf ringraziano Roma che l’anno scorso gli ha permesso di ottenere il controllo della più antica società energetica d’Europa particolarmente forte nel segmento gas. Come infatti spiegano i cugini d’Oltralpe, alla crescita del margine operativo lordo 2012 del gigante pubblico francese dell’energia ha contribuito “la forte performance” dell’Italia grazie ai risultati realizzati da Edison dopo la rinegoziazione del prezzo dei contratti di fornitura di gas a lungo termine. Grazie al tributo italiano, Edf, che ha la totalità del capitale Edison nelle proprie mani, è riuscita ad archiviare il 2012 con un margine operativo lordo da 16,1 miliardi in crescita del 7,7% sull’anno precedente. Un risultato che ha permesso alla società guidata da Henri Proglio, che si prepara ad effettuare 12 miliardi di investimenti, di portare a casa 3,3 miliardi di utili con un balzo del 5,3 per cento.
Numeri importanti cui Edison, per ragioni di timing, non ha potuto contribuire ancora di più. Foro Buonaparte è infatti diventata totalmente controllata dai francesi solo dopo la metà dell’anno con l’Opa chiusa il 3 agosto 2012 seguita all’accordo di vendita concluso con gli ex azionisti di Delmi, società controllata (51%) dalla multiutility milanese A2A e partecipata da Iren (15%), Dolomiti Energia (10%), Sel (10%), Mediobanca(6%), Fondazione Crt (5%) e Banca Popolare di Milano (3%). Un’operazione di cui è stata consulente la stessa Piazzetta Cuccia e che si allineò ai desiderata del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, che, negli incontri che ebbe anche con i soci delle municipalizzate, puntò sull’italianità della genco Edipower in cambio del passaggio di mano di Edison ai francesi.
Non a caso proprio all’indomani dell’accordo, il 27 dicembre 2011, Passera dichiarava a Il Sole 24 Ore: “Sono particolarmente soddisfatto per l’esito delle trattative tra il gruppo Edf e il gruppo A2A , unitamente ai suoi principali soci italiani. Due protagonisti del mondo energetico italiano chiariscono le rispettive strutture azionarie e rafforzano validi e trasparenti rapporti di collaborazione operativa. A2A, con l’impegno in Edipower, diventa il secondo produttore nazionale di energia elettrica”. Ma mentre A2A è alle prese con l’abbattimento del debito che nel 2012 dovrebbe attestarsi fra i 4,5 e 4,6 miliardi, Edison non solo lo scorso anno è tornata in utile per 81 milioni, ma ha anche distribuito ai suoi soci un dividendo da 15 centesimi dopo tre anni di digiuno e un 2011 di maxiperdite (871 milioni). Il tutto grazie alla rinegoziazione dei contratti di gas in Qatar e Libia.
E intanto gli italiani, in assenza di un vero piano strategico energetico, continuano a pagare care le proprie bollette dell’energia anche a causa del fatto che, secondo quanto sospetta l’Authority per l’energia, ben 1,6 miliardi di margini in più sono stati fatti sulla pelle degli utenti traslando la Robin tax sui consumatori.

Ironizzando...



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Meteorite Russia, pioggia di frammenti sugli Urali: 514 feriti di cui 82 bimbi.



Secondo l’agenzia Interfax sono sei le città in cui sono stati riscontrati danni. La caduta dei pezzi ha provocato l'esplosione dei vetri delle case ed è stato questo che ha causato i ferimenti. Alcuni testimoni avevano pensato all'esplosione di un aereo in volo. Nessun danno alla centrale nucleare, Putin critica sistema di allerta. Inviata la Protezione civile.

Una pioggia inattesa e violenta dal cielo. Sono 514 le persone sono rimaste ferite o contuse a causa dei frammenti di un meteorite caduti nella regione di Cheliabynsk, sui monti Urali (Russia), a 1500 chilometri da Mosca. Lo ha riferito il ministero dell’Interno russo. I frammenti dell’oggetto celeste hanno fatto esplodere i vetri della case e provocato il ferimento dei residenti. Molti i bambini feriti di cui due gravi.
Tra i feriti anche 82 bambini, nessun danno alla centrale nucleare. “Secondo le prime informazioni moltissime persone hanno fatto ricorso all’assistenza medica, la maggioranza a causa di tagli causati dai frammenti” ha spiegato un portavoce. Fonti ufficiali russe hanno spiegato che si è trattato di frammenti di un meteorite che “si è disintegrato nella parte bassa dell’atmosfera“. Tre dei feriti sono gravi, ma in totale sono quattordici quelli che sono stati ricoverati in ospedale. I cristalli avrebbero provocato violente esplosioni a bassa quota nell’atmosfera negli Urali e nelle regioni centrali della Russia. Secondo l’agenzia Interfax sono sei le città in cui sono stati riscontrati danni. 
Pattuglie della polizia stanno ispezionando gli edifici danneggiati. Il fenomeno si è verificato a circa 80 chilometri dalla città di Satka, nell’omonimo distretto, alle 9.20 ora locale, le 4.20 in Italia. Alcuni testimoni in un primo momento avevano pensato all’esplosione di un aereo in volo. Secondo i servizi di emergenza il fenomeno non ha causato un innalzamento dei livelli di radiazioni, che sono rimasti nei parametri abituali per la regione. L’agenzia russa per l‘energia atomica Rosatom ha riferito che le installazioni negli Urali (c’è una centrale nella zona) non hanno subito danni. Come hanno riferito le autorità russe di Chelyabinsk, citate dall’agenzia di stampa Interfax, tra i feriti ci sono anche 82  bambini.
La maggior parte delle persone, ha spiegato il ministero dell’Interno, è rimasta ferita dai vetri che sono andati in frantumi a causa dell’impatto. I pezzi del meteorite hanno infatti colpito numerose case, distruggendo tetti e finestre. Oggi tutte le scuole della zona rimarranno chiuse, ha aggiunto da Mosca il responsabile del servizio sul controllo della salute pubblica, Genadi Onishchenko. Il fenomeno è stato registrato anche a Tyumen, Kurgan, nella regione di Sverdlovsk, e nel Kazakhstan settentrionale.
Nessun legame con l’asteroide 2012 DA14 in avvicinamento alla Terra. Non c’è nessun legame comunque tra la pioggia di meteoriti e il passaggio ravvicinato dell’asteroide 2012 DA14. Secondo l’esperto di meccanica celeste Andrea Milani, dell’università di Pisa e responsabile del gruppo di ricerca NeoDyS, specializzato nel calcolare le orbite degli asteroidi più vicini alla Terra “tra i due eventi non c’è alcuna relazione”. Le immagini della pioggia di meteoriti che stanno circolando su Internet “mostrano una scia che sembra caratteristica dell’impatto di un asteroide”, ha detto Milan. E’ quindi probabile che a causare la pioggia di meteoriti sia stato l’impatto di un asteroide, naturalmente diverso da 2012 DA14, e probabilmente più piccolo di questo. Le immagini mostrano una scia luminosa, una lunga traccia discontinua che si allarga e si restringe, interrotta da più esplosioni. “Una scia del genere è provocata da un oggetto che scarica parte della sua energia frammentandosi”, ha spiegato Milani. I frammenti più grandi a loro volta si spezzano, generandone altri. E’ così che un asteroide che eplode nell’impatto con l’atmosfera terrestre si trasforma in una pioggia di meteoriti. Anche l’Esa, l’agenzia spaziale europea conferma che non ci sono legami tra l’evento avvenuto in Russia e l’asteroide che si sta avvicinando alla Terra. 
Il presidente Putin preoccupato invia Protezione civile. La pioggia di meteoriti “è la prova che non solo l’economia è vulnerabile, ma l’intero pianeta” dice il premier russo Dmitri Medvedev dal Forum Economico di Krasnoyarsk, augurandosi che l’evento non causi gravi conseguenze. Allo stesso tempo Medvedev, come riportato dalla radio Kommersant FM, ha ipotizzato che la caduta dei corpi celesti diventi “un simbolo del forum” economico in corso in Siberia. Il presidente Vladimir Putin è preoccupato per la situazione e ha chiesto di inviare sul luogo dell’incidente un gruppo di specialisti della protezione civile, in aggiunta al personale già presente, per “valutare i danni e prestare maggiore aiuto alla gente”. Il leader del Cremlino lo ha dichiarato in un incontro a Mosca con il ministro delle Emergenze Vladimir Puchkov, come riferisce l’agenzia russa Itar-Tass. Putin ha criticato il sistema esistente di monitoraggio come “non del tutto efficace”: a suo avviso, la pioggia di frammenti cosmici sugli Urali “ci deve interessare non dal punto di vista astronomico, pure importante per gli specialisti, ma da quello del sistema di allerta della popolazione su tali fenomeni, per quanto possibile”. 
Questa mattina la città nella Russia Centrale di un milione di abitanti si è risvegliata tra lampi di luce e violente esplosioni a bassa quota, presumibilmente causate dall’onda d’urto dei frammenti nell’atmosfera. Secondo l’Accademia delle Scienze russa, la massa del meteorite era di circa 10 tonnellate: è entrato nell’atmosfera alla velocità di 15-20 km al secondo, e si è distrutto all’altezza di 30-50 km. Tre schegge sono già state individuate, annuncia il ministero degli Interni, nei distretti circostanti di Chebarkul e di Zlatust. Panico tra i malcapitati, alcuni dei quali hanno temuto una “fine del mondo” in ritardo sul calendario Maya; ma anche ironia sul web: “E’ un segnale per Putin: dopo il papa, deve dimettersi”. Non mancano le teorie del complotto: per il leader nazionalista Vladimir Zhirinovski non di meteoriti si tratta, ma del collaudo di una nuova arma realizzato

giovedì 14 febbraio 2013

Milano, arrestato il finanziere Proto La sua discesa in campo divise il Pdl.



È accusato di manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza. Nei mesi scorsi aveva scatenato la rabbia di Alfano: «Se ci sono degli indagati in lizza mi ritiro».

MILANO
I militari della Guardia di finanza di Milano hanno arrestato il finanziere Alessandro Proto, accusato di manipolazione del mercato e ostacolo all’attività degli organi di vigilanza. La richiesta di arresto, firmata dal gip Stefania Donadeo, è stata avanzata da procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Isidoro Palma. 

Nei mesi scorsi Proto aveva ventilato la possibilità di candidarsi alle primarie del Pdl provocando la reazione di Angelino Alfano che aveva minacciato di non presentarsi alla consultazione se in lizza ci fossero stati anche indagati, con chiaro riferimento al finanziere e a Gianpiero Samorì. 


I precedenti:

Clini, tutto famiglia e potere. - Emiliano Fittipaldi




Si vede poco, ma è uno degli uomini forti del governo. Perché per decenni ha intrecciato reti ad alto livello, in Italia e all'estero. Con qualche conflitto di interesse.

Corrado Clini è un vecchio socialista e sa, come gli ha insegnato il suo maestro Gianni De Michelis, che del politicamente corretto bisogna diffidare. Anzi: fregarsene. «La Tav si deve fare, il Ponte di Messina sarebbe un'opera bellissima, il nucleare a certe condizioni mi va bene, gli Ogm sarebbero utili», ha chiosato appena nominato ministro dell'Ambiente. Distillando nei mesi successivi altre pillole che hanno fatto rabbrividire i verdi duri e puri. «Le grandi navi? Continueranno a entrare nella Laguna di Venezia, non ci sono altre soluzioni praticabili. L'Ilva? I rischi da considerare sono quelli dei decenni passati. Il protocollo di Kyoto? Non è uno strumento adatto per combattere la CO2». Parole che in bocca ai suoi predecessori avrebbero scatenato un pandemonio, ma se enunciate da lui, il supertecnico voluto da Mario Monti, trovano adepti persino tra le associazioni green.

«Chi è Clini? Uno degli uomini più potenti del governo. E' stato direttore generale del ministero dal 1989 al 2011, la storia della sua carriera è parallela alle drammatiche vicende ambientali di questo Paese, ma difficilmente troverà qualcuno che ne parli male», racconta Fabrizio Fabbri, ex Greenpeace, che l'ha conosciuto quando era capo della segreteria dell'ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio. «Nel 2008 tentammo di sostituirlo, dimostrò di avere robusti appoggi politici e perdemmo la partita. Col tempo scoprimmo che aveva costruito una rete di relazioni importanti non solo in Italia, ma in tutto il mondo. In Cina e nei Balcani è il regista di una diplomazia parallela a quella del ministero degli Esteri. E' capace, preparato, ambizioso. L'obiettivo principale di Clini? E' Clini».

TRA MARGHERA E DE MICHELIS. Ventitré anni consecutivi al potere, il ministro che adora Freddy Mercury è tra i pochi boiardi sopravvissuti alla fine della Prima Repubblica. Per raccontare la sua ascesa bisogna partire dall'inizio. Nato a Latina 65 anni fa, faccia da attore e una laurea in medicina a Parma, il giovane Corrado si trasferisce a Venezia all'inizio degli anni '70. Operaista cattolico, diventa direttore del servizio di igiene e medicina del lavoro della Usl e si batte per la salute degli operai di Marghera. Pietro Comba, epidemiologo di fama, lo ricorda così: «Abbiamo lavorato molto bene insieme al suo staff». «Era abile, intelligente e preparato, a Marghera ha fatto seriamente il suo lavoro», aggiunge Massimo Cacciari: «E' la sua carriera al ministero che critico e ho criticato, visto che si è sempre svolta in ossequio ai potenti di turno. Quando ero sindaco non mi ha mai dato una mano su nulla: nessuna polemica con l'Eni, nessun aiuto quando chiedevamo al governo due lire per le bonifiche. Il Mose? Non è un segreto che lui sia un entusiasta sostenitore del progetto.


Clini si sposa, diventa padre di quattro figli, compra casa a Merano, comincia a curare il vestiario e a frequentare il giro di De Michelis. Le serate in discoteca cementano l'amicizia e la militanza socialista: diventa inseparabile compagno di Renato Brunetta e Maurizio Sacconi, conosce Franco Frattini e Letizia Moratti. Sono sponsor che pesano: nel 1984 viene eletto all'assemblea nazionale del Psi, nel 1987 il neo ministro dell'Ambiente, Giorgio Ruffolo, lo chiama a Roma come responsabile dell'ufficio studi. Nel 1989 deve gestire lo smaltimento dei rifiuti tossici della nave Jolly Rosso, inceneriti (nonostante le proteste di Legambiente che sospetta la presenza di uranio) nell'impianto della Monteco. Pochi mesi dopo è promosso direttore generale del dicastero.

AMBIENTE E AZIENDE. Clini sa come farsi voler bene da tutti. Il suo contratto è rinnovato sotto governi di ogni forma e colore. Con Ciampi, Amato, Berlusconi e Prodi tiene le deleghe su questioni cruciali come la qualità dell'aria, le emissioni degli impianti industriali, le industrie a rischio. La sua linea è chiara: le aziende non vanno combattute come fossero nemici, ma l'ambiente va protetto attraverso uno sviluppo che sia «sostenibile». Una posizione da "ambientalista liberista", dice qualche suo detrattore che lo avrebbe visto meglio al ministero dell'Industria. Nel 1995, mentre celebrava l'Enel capace «di investire 20 mila miliardi (di lire, ndr) per abbattere le emissioni e far crescere la qualità» entra in polemica con Greenpeace, che denunciava collegamenti tra la presenza di diossina nella Laguna e il petrolchimico di Marghera. «Non bisogna criminalizzare le aziende che abbiamo anche costretto a investire miliardi nel disinquinamento», spiegò. Pochi mesi dopo i magistrati sequestrarono gli impianti, proprio per la presenza dei veleni. Clini elabora per primo i piani di risanamento di Brindisi, Taranto, Priolo e Gela (nel 1994 annunciò finanziamenti per 650 miliardi di lire, di cui una grande percentuale pubblica) e Piombino, ma i lavori di bonifica - che, va detto, erano di stretta competenza della direzione comandata dall'altro dominus del ministero, il suo rivale Gianfranco Mascazzini - sono rimasti spesso solo sulla carta.


IL DOPO KYOTO. Ottimi rapporti con Confindustria, eccellenti con le associazioni ambientaliste (che ricevono finanziamementi anche dal ministero) e con i partiti di destra e sinistra, Clini spicca il volo nel 2001, quando Berlusconi rimette all'Ambiente Altero Matteoli. Tra loro c'è un asse di ferro e Corrado aggiunge alle deleghe della "protezione internazionale dell'ambiente" quelle per lo sviluppo delle energie rinnovabili in Italia. E' sulle prime che concentra maggiormente l'azione dei suoi uffici. Capisce che il protocollo di Kyoto (che lui avrebbe voluto più flessibile per accontentare gli Usa: per i maligni non è un caso che l'ambasciata americana lo consideri, come si legge in un file di WikiLeaks, «il nostro migliore amico al ministero») e il mercato internazionale delle quote di CO2 possono diventare un'opportunità. Per le aziende italiane, e per le sue ambizioni personali. Il protocollo permette infatti ai Paesi industrializzati che hanno vincoli di emissione di realizzare nei Paesi in via di sviluppo progetti per ridurre i gas serra: in questo modo le imprese italiane possono fare business e contemporaneamente guadagnare crediti nella borsa mondiale delle emissioni. Certificati che possono essere scontati sia per rispettare gli impegni di Kyoto sia venduti sul mercato. Un'operazione spesso conveniente: intervenire sugli impianti che inquinano in Italia è in media molto più costoso che aprire una discarica verde o piantare alberi nel Terzo mondo. «L'effetto serra ha un impatto globale, e abbattere i gas all'estero per il clima ha lo stesso identico risultato, se non meglio, che farlo dentro i confini nazionali», chiosa lui. «Inoltre la cooperazione internazionale rappresenta per l'Italia un obbligo, non una scelta».

TRA CINA E BALCANI. L'ex socialista, che guadagna circa 200 mila euro l'anno e dichiara di possedere solo una Fiat 500, punta sui paesi della ex Jugoslavia e sulla Cina, e crea due progetti di cui pochi, in patria, conoscono l'esistenza: il "Sino-italian Cooperation Program" e la "Task-Force Central and Eastern Europe"(i siti Internet, solo in inglese, non sono linkati su quello del ministero. «Strano, provvederò subito», commenta il ministro). Il primo gestisce dal 2000 due uffici a Pechino e Shanghai, pagati dal ministero dell'Ambiente e dall'Ice con personale italiano (quasi tutti esperti esterni al ministero) e un gran viavai di imprenditori e politici cinesi che pianificano iniziative di cooperazione e investimenti per milioni di euro. Nel 2004 Clini lancia poi la "Task Force" europea con sede a Belgrado e l'intento di offrire opportunità di investimento alle aziende in Serbia, Montenegro, Macedonia e Albania, ma progetti speciali vengono realizzati anche in Belize, Libia e Marocco. 


A capo della struttura (anche qui la gran parte dei dipendenti sono co.co.co.) il direttore generale sceglie di piazzare la sua nuova compagna Martina Hauser. Triestina doc, classe '68, oggi fa un doppio lavoro: prende lo stipendio come consulente del ministero («I ragazzi hanno bisogno ancora di lei, è una grande esperta in materia ambientale», spiega il ministro) sia come assessore allo Sviluppo sostenibile a Cosenza.
Se qualcuno sostiene che le attività coordinate da Clini non abbiano dato grandi risultati per la difesa dell'ambiente («Figuriamoci, ho realizzato 1.200 progetti avanzati per l'idrogeno, per il telecontrollo del traffico, per l'edilizia ecoefficiente», si difende), di sicuro l'attivismo fuori dai confini nazionali ha potenziato a dismisura la sua rete: è entrato nel board di influenti istituti cinesi, ha incontrato da semplice dirigente i ministri di mezzo mondo, ha stretto rapporti con aziende importanti come Eni ed Enel. Comincia così ad attirarsi qualche invidia. Romano Prodi e Pecoraro Scanio cercano di cacciarlo, ma a dargli qualche grattacapo saranno solo i comboniani di padre Alex Zanotelli, che criticarono pesantemente la sua decisione, nel 2007, di assegnare 721 mila euro a una società di Napoli (con poche credenziali e rapporti con mercanti di armi, disse il frate) per uno studio di fattibilità relativo alla bonifica di una discarica in Kenya. Indagato dai pm di Roma insieme ai soci della srl, la sua posizione venne poi archiviata.


CONFLITTI DI INTERESSE. Al ministero Clini può contare su una squadra compatta. Il braccio operativo Antonio Strambaci gestisce la cassaforte, la fedelissima Valeria Rizzo è la nuova negoziatrice sul clima, il sottosegretario Tullio Fanelli, laureato in ingegneria nucleare, conosce l'industria italiana come pochi altri. A dargli suggerimenti c'è anche lo spin doctor Paolo Messa, direttore di "Formiche", ma è la compagna Martina, un tempo moglie del ministro dell'Interno montenegrino Andrija Jovicevic, la sua prima consigliera.

Tanto che lo scorso Natale l'ha voluta vicino a sé al vertice di Durban in Sudafrica. I due si incontrano per lavoro anche all'università Ca' Foscari di Venezia, dove siedono in un comitato di gestione voluto dal rettore, e spesso in terra calabrese. La triestina nel 2011 si è trasferita nel profondo Sud chiamata dal neosindaco di Cosenza Mario Occhiuto, vecchio amico di Clini e architetto di grido che molto ha lavorato in Cina con il ministero. Il ministro, che a marzo è andato di persona all'inaugurazione del canile voluto dalla fidanzata, di recente ha firmato con il Comune un accordo da 450 mila euro per lo sviluppo sostenibile di Cosenza. «Identici accordi», spiega lui, «sono stati firmati anche con altri comuni». Tra i quali c'è di sicuro Duino, un paesino vicino Trieste dove la Hauser possiede un appartamento di otto stanze acquistato nel 2009 da una società americana, la Bluberry Llc, che ha trasformato un rudere di tre stanze in una bella villa vista mare. La casa è di fronte a un porticciolo (dove Clini quest'estate ha ormeggiato il suo motoscafo), che verrà presto riqualificato con i soldi del ministero dell'Ambiente. Già: lo scorso marzo il ministro è volato a Duino e ha promesso che i finanziamenti stanziati nel 2009 (1,6 milioni) arriveranno presto. Serviranno a ripristinare la Costa dei Barbari e il centro del paese. «Non si tratta solo del porticciolo, ma di una fascia costiera che arriva fino a Trieste. Il motoscafo? E' lungo poco più di cinque metri, non scherziamo. A Duino io amo andare soprattutto in canoa».


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/clini-tutto-famiglia-e-potere/2191117

Arrestato a Roma Angelo Rizzoli. La Procura gli contesta crac da 30 milioni.



Roma - (Adnkronos/Ign) - E' accusato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. I fondi delle società fallite usati per ristrutturare immobili. Sospeso il trasferimento in carcere per motivi di salute. Indagata la moglie, sequestrati beni per 7 milioni di euro.

Roma, 14 feb. (Adnkronos/Ign) - Il produttore televisivo e cinematografico, nonché ex editore, Angelo Rizzoli, è stato arrestato dai finanzieri del Comando provinciale di Roma, per un crac da oltre 30 milioni di euro, in qualità di amministratore unico della 'Rizzoli Audiovisivi Srl' (oggi Tevere Audiovisivi Srl) società holding in liquidazione, con l'accusa di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale per aver cagionato con dolo il fallimento di 4 delle società controllate: Produzioni internazionale Srl, Ottobre Film Srl, Delta Produzioni Srl e nuove produzioni Srl.
L'operazione rappresenta l'epilogo di complesse indagini del Nucleo Polizia Tributaria di Roma, coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, avviate a seguito dell'istanza di concordato preventivo presentata il 30 aprile 2012 dalla Tevere Audiovisivi Srl, storica casa di produzione televisiva e cinematografica costituita e diretta da Rizzoli, capogruppo di una holding composta da altre società operanti nel medesimo settore, tutte fallite tra il gennaio 2011 e il marzo 2012.
Rizzoli per il momento è rimasto a casa a causa delle sue precarie condizioni di salute. A segnalare la situazione è stato il professor Franco Coppi suo difensore. A questo punto gli investigatori della Finanza hanno fatto la segnalazione alla Procura della Repubblica e l'ufficio del pubblico ministero dopo aver disposto accertamenti medico-legali ha chiesto al gip Aldo Morgigni che l'ordine di custodia cautelare in carcere non venga per il momento eseguito e che il produttore venga trasferito sempre provvisoriamente in una struttura ospedaliera idonea.Secondo una delle accuse mosse dagli inquirenti, Angelo Rizzoli avrebbe fatto fallire le società del suo gruppo "distraendo" e "dissipando" le risorse economiche della Rizzoli Audiovisivi per la costituzione di "un notevole patrimonio immobiliare" e non per salvaguardare l'equilibrio patrimoniale della holding, peraltro anch'essa in stato di insolvenza.Le indagini del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma hanno evidenziato come Rizzoli "abbia fatto fallire le società del suo gruppo non per salvaguardare l'equilibrio patrimoniale della holding (peraltro anch'essa in stato di insolvenza) - sottolineano i finanzieri in una nota - ma per il profitto personale proprio e della sua famiglia".''A prescindere dei risultati economici dell'attività produttiva infatti - si sottolinea - le risorse economiche della Rizzoli Audiovisivi sono state sistematicamente distratte e dissipate nel corso degli anni a favore della costituzione di un notevole patrimonio immobiliare (oggi sottoposto a sequestro), concentrato in un'altra società partecipata, la Gedia srl, quest'ultima amministrata dalla moglie del Rizzoli Angelo", la parlamentare del Pdl Melania De Nichilo, indagata per bancarotta fraudolenta.Tale ultima società, secondo gli investigatori, avrebbe beneficato di continui finanziamenti, per oltre 6,7 milioni di euro, provenienti dalla Rizzoli Audiovisivi, per sostenere le spese per l'acquisizione, la ristrutturazione, la gestione ed il mantenimento delle possidenze immobiliari in uso ai coniugi Rizzoli, tra cui la residenza ai Parioli e la tenuta di Capalbio."Successivamente, con atto di scissione, la società Gedia srl, una vera e propria cassaforte di famiglia - scrivono i finanzieri in una nota - usciva dal gruppo Rizzoli, in modo da sottrarre ai creditori in sede di concordato il patrimonio immobiliare che avrebbe ben potuto garantire l'ingente buco del gruppo, pari ad oltre 30 milioni di euro".Contestualmente all'esecuzione del provvedimento restrittivo nei confronti di Angelo Rizzoli, le Fiamme Gialle hanno eseguito, nei confronti dello stesso Rizzoli e della moglie, un decreto di sequestro preventivo di tutti i beni della famiglia, consistenti nelle quote del capitale sociale della Gedia Srl, in 7 immobili, tra cui la residenza ai Parioli e la tenuta 'ca' de dogi' e diversi terreni nell'Argentario, per un valore stimato di circa 7 milioni di euro. Per quanto riguarda il sequestro dell'immobile di via Pietro Paolo Rubens, di 21 vani, in Procura si sottolinea che resta a disposizione della moglie De Nichilo, in quanto il sequestro preventivo dei beni non deve limitare la sua libertà di movimento.

Tra le produzioni televisive realizzate dalle società poi fallite riconducibili ad Angelo Rizzoli ci sono anche le fiction tv 'Capri', 'Il generale Della Rovere', 'Ferrari', 'Cuore', 'Marcinelle' e l'opera cinematografica 'Si può fare'. Gli accertamenti compiuti e la ricostruzione dei fatti gestionali che hanno riguardato prima le società fallite in serie e poi la Rizzoli Audiovisivi in liquidazione, hanno consentito agli investigatori delle Fiamme Gialle di Roma di accertare come Rizzoli fosse "il dominus assoluto" di queste imprese, mentre gli amministratori di diritto delle stesse si limitavano unicamente a svolgere una funzione di 'prestanome'.Questi ultimi infatti, secondo quanto accertato dai finanzieri, "erano privi di qualsiasi potere decisionale e percepivano per il loro ruolo solo saltuarie remunerazioni da Rizzoli stesso, che invece incamerava tutti gli utili". Dal 2004 al 2011 Rizzoli avrebbe "prelevato dalle casse della Rizzoli Audiovisivi, soltanto a titolo di compenso di amministratore, oltre 6 milioni di euro, in controtendenza rispetto all'andamento economico della società ed al progressivo aumento della sua esposizione debitoria"."In pratica Rizzoli - spiegano i finanzieri - utilizzava le società controllate, poi dichiarate fallite, per la produzione in subappalto dalla controllante Rizzoli Audiovisivi di prodotti cinematografici e televisivi, i cui proventi venivano poi incamerati interamente dalla controllante stessa. Quest'ultima ometteva di pagare le fatture delle controllate operative, rendendo le stesse non in grado di far fronte ai debiti assunti nei confronti dei propri fornitori e soprattutto dell'Erario (per oltre 14,5 milioni di euro) e degli Istituti Previdenziali (Inps e Enpals), per oltre 6 milioni di euro. Da qui l'istanza di fallimento presentata dall'Agente della riscossione Equitalia".


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