giovedì 21 marzo 2013

Per Bellavista Caltagirone sequestro di 145 mln.



Sigilli a ville di lusso a Capri e in Costa Azzurra, un superyacht di 71 metri che vale 100 milioni, un aereo privato e decine di immobili.

ROMA -  La Guardia di Finanza di Roma ha sequestrato beni mobili ed immobili per un valore di 145 milioni di euro a Francesco Bellavista Caltagirone, arrestato nei giorni scorsi nell'ambito dell'inchiesta sul porto di Fiumicino. Tra i beni sequestrati anche un aereo privato e un maxi yacht da 70 metri. Il sequestro è scattato per reati fiscali: Bellavista Caltagirone risultava nullatenente e aveva la residenza fiscale in Lussemburgo.
EVASE 162 MILIONI,SIGILLI A VILLE E AEREO SEQUESTRATI ANCHE YACHT DI 71 METRI E 23 IMMOBILI  - Gli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle che coinvolgono l'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone hanno consentito di portare alla luce una galassia societaria costituita da cinquanta imprese con sede formale non in Italia. E' emerso soprattutto l'evasione di imposte per 162 milioni di euro. Il maxisequestro di questa mattina riguarda in particolare 23 gli immobili del valore complessivo di circa 15 milioni di euro, di cui 18 in Italia tra cui appartamenti di lusso a Roma, Milano e provincia, Venezia, una villa ad Anacapri e 5 in Costa Azzurra. Tra i beni mobili figurano, invece, un lussuoso superyacht di 71 metri, battente bandiera di Madeira e dal valore stimato di circa 100 milioni di euro nonché un aereo privato, tipo Falcon, formalmente intestato ad una società lussemburghese, attualmente custodito in un hangar di un aeroporto estero, del valore di circa 30 milioni di euro.
INDAGATO PER EVASIONE FISCALE, CON LUI ALTRE 17 PERSONE - L'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone è indagato dalla Procura di Roma, assieme ad altre 17 persone, per associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale. Da qui la decisione del maxisequestro di ben per 145 milioni di euro. Il filone di indagine che ha portato oggi al maxisequestro di beni è distinto da quello culminato con l'arresto dell'imprenditore martedì scorso per vicende legate al porto turistico di Fiumicino, su cui indaga la procura di Civitavecchia. Le indagini delle Fiamme Gialle di Roma, coordinate dalla procura capitolina, hanno anche rivelato l'esistenza di una miriade di imprese estere, prevalentemente ubicate, oltre che in Lussemburgo, a Cipro, nel Principato di Monaco, a Madeira, in Francia ed in numerosi "paradisi fiscali" oltreoceano (tra cui le Isole Vergini Britanniche e le Antille Olandesi), per lo più utilizzate dall'imprenditore per l'intestazione di beni mobili ed immobili - sia in Italia che all'estero - nella esclusiva disponibilità sua e dei familiari. Dagli accertamenti svolti dagli investigatori è emerso, inoltre, che il gruppo Acqua Pia Antica Marcia, la cui holding capogruppo è la Sapam Spa, faceva capo ad una società lussemburghese, a sua volta inserita in una catena di controllo costituita da altre imprese estere con sede in Lussemburgo, Antille Olandesi e Liechtenstein ed avente al vertice un trust con sede a Malta.
La misura restrittiva dei giorni scorsi è stata firmata dal Gip di Civitavecchia Chiara Gallo su richiesta del pm Lorenzo del Giudice. Nel novembre dello scorso anno l'area del nuovo porto turistico di Fiumicino fu sequestrata dalla Guardia di Finanza per carenze strutturali, problemi di stabilità e sicurezza dell'intera opera. Oltre a Francesco Bellavista Caltagirone, il Gip del tribunale di Civitavecchia ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Emanuele Giovagnoli, legale rappresentante di alcune società che, secondo le indagini della Guardia di Finanza, sarebbero riconducibili a Bellavista Caltagirone. Secondo l'accusa, Caltagirone avrebbe distratto almeno 35 milioni dalla società Acqua Marcia.
GIP, FRODE PERNO POLITICA DI BELLAVISTA   "La frode ai danni degli interessi pubblici sembra rappresentare il perno della politica imprenditoriale di Francesco Bellavista Caltagirone". E' quanto sostiene il gip Civitavecchia Chiara Gallo nell'ordinanza di custodia in carcere emessa nei confronti dell'imprenditore romano e di Emanuele Giovagnoli. Alla base della misura restrittiva il pericolo di reiterazione del reato. "La condotta ascrivibile all'indagato - è detto nel provvedimento di 30 pagine - attraverso le disposizioni impartite ai suoi sottoposti o ai suoi uomini di fiducia, ha operato affinché la disponibilità di fondi di pertinenza di società allo stesso direttamente o indirettamente riconducibili fossero attribuiti solo formalmente ad una società soltanto in apparenza estranee al Gruppo Acqua Marcia, ma la cui attività é, in realtà, direttamente controllata da Bellavista Caltagirone". "La vicenda relativa alla realizzazione del porto di Fiumicino - conclude il gip - si caratterizza per un intento fraudolento preordinato e finalizzato a realizzare un'opera con caratteristiche costruttive di gran lunga inferiori a quelle previste dagli accordi iniziali e a sottrarre alle casse delle società coinvolte le ingenti risorse ricevute dal sistema bancario".
PERITO,SCOGLIERA REALIZZATA IN MODO CASUALE - Nell'area del porto di Fiumicino sono state riscontrate "gravissime criticità " dal perito nominato dal tribunale Civile che ha poi inviato la relazione preliminare alla Procura di Civitavecchia. Un estratto del documento viene citato nell'ordinanza di custodia in carcere per Francesco Bellavista Caltagirone. La relazione dell'ingegner Pietroantonio Isola si sottolinea che è stata riscontrata "una situazione che può degenerare sino a mettere a repentaglio la stabilità del corpo diga, che presenta una struttura in materiali sfusi non idonea a sopportare l'attacco diretto delle onde". Nella sua relazione il perito spiega, inoltre, che la "scogliera" è stata "realizzata in maniera casuale" e "non certo" con le caratteristiche "di una struttura sottomarina a difesa dell'opera foranea principale". Infine "in uno stato del tutto critico risulta oramai la punta estrema del molo ove si riscontrano solo materiali di piccola pezzatura, mancando massi delle categorie superiori".
COSTO 400 MLN, LAVORI CHIAVI IN MANO - Dinamica dei prezzi nei subappalti tale da fare in modo che, a fronte di un costo ipotizzato per la realizzazione dell'opera da parte della società affidataria per 400 milioni di euro, i lavori fossero appaltati, "chiavi in manò, a soli 100 milioni di euro". E' quanto evidenzia la Guardia di Finanza a proposito dei presunti illeciti legati ai lavori di costruzione del porto della Concordia, a Fiumicino, che oggi hanno determinato l'arresto di Francesco Bellavista Caltagirone e di Emanuele Giovagnoli. "Tale circostanza, più di altre - è detto in una nota delle Fiamme gialle - mostra come la prospettazione iniziale dei costi fosse del tutto disancorata dal valore dei lavori che, sin dall'inizio, la concessionaria intendeva eseguire". Un articolato meccanismo di frode nei lavori di costruzione - hanno accertato gli investigatori - con un sistema di attribuzione fittizia a soggetti terzi di somme di denaro, per complessivi 35 milioni di euro, oggetto di distrazioni a danno di due società vicine al gruppo imprenditoriale 'Acqua Marcia' di Roma, riconducibile a Bellavista Caltagirone".
Le modalità con cui il concessionario ha gestito contrattualmente l'esecuzione dei lavori, attraverso una catena di appalti e subappalti, presentano "molteplici anomalie - prosegue la Guardia di finanza- non spiegabili se non con il tentativo di mascherare intenti fraudolenti: contratti di sub-affidamento stipulati a distanza di un sol giorno l'uno dall'altro; mancanza, da parte delle società interessate, delle potenzialità strutturali per procedere autonomamente ai lavori". In questo contesto è stata attuata "una rilevante distrazione di fondi societari, circa 35 milioni di euro, a favore, per almeno 17 milioni di euro, di due società estere, con sede formale a Cipro, in tutto riconducibili a Bellavista Caltagirone, amministratore di fatto del gruppo "Acqua Marcia". "L'attività di spoliazione, risalente al periodo 2008-2010, - conclude la nota - è avvenuta, ad esempio, attraverso bonifici documentalmente giustificati quale corrispettivo di asserite prestazioni di consulenza, in realtà mai ricevute".

Bimbo conteso: la madre, è tornato a casa con me.



Il bimbo era stato prelevato a forza da scuola in ottobre. La donna l'ha ripreso con se' in forza di una sentenza della Cassazione.

E' gia' tornato a casa con la madre il bambino di 10 anni di Cittadella al centro di una dura controversia tra i genitori per la quale la Cassazione ha emesso una nuova sentenza che da' ragione alla donna. ''E' tornato con me ieri sera - ha detto la donna - Mi ha detto 'mamma riportami a casa, voglio che finisca questo incubo'''.
La donna, non avendo trovato subito il figlio nella casa-famiglia di Padova dove è ospitato, si è presentata a casa del padre, fino a ieri unico affidatario, mostrando copia della sentenza dei supremi giudici che avevano cassato il decreto della Corte d'Appello di Venezia. "Lui - ha detto, riferendosi all'ex coniuge - ha richiuso subito la porta, ma il bambino ha sentito la mia voce ed è uscito dalla casa, salendo nella mia macchina".
Il bambino tornerà nella scuola di Cittadella da dove era stato prelevato a forza nell'ottobre 2012. Lo ha confermato la madre, sostenendo che la scuola ha già dato il nulla osta. "Può tornare nella sua classe quando vuole" ha aggiunto. Nei mesi scorsi, quand'era nella casa-famiglia, il ragazzino - compirà 11 anni ad aprile - era stato inserito in una scuola elementare di Padova. "Nonostante il caos - ha detto la donna - ha avuto una pagella con tutti 9 e 10".
Il bimbo era stato prelevato a forza da scuola in ottobre in esecuzione di un provvedimento di affidamento al padre. Per l'avvocato della donna, Girolamo Coffari, "la sentenza fa a pezzi la Pas (sindrome alienazione parentale)". La Cassazione ha annullato con rinvio alla Corte d'appello di Brescia il decreto dei giudici di secondo grado di Venezia.
"Ora torna ad essere efficace - sostiene Coffari - il pronunciamento del tribunale dei Minori che aveva affidato il piccolo alla mamma. Sia chiaro però che mi farò garante affinché il bambino continui a vedere il padre. In caso contrario rimetterò l'incarico affidatomi dalla signora".
Il papà del bambino, raggiunto proprio mentre si trovava in compagnia del figlio, afferma di non conoscere la sentenza ma si dice "sereno". "Mio figlio si è riavvicinato a me - spiega - é completamente affettuoso e mi frequenta con gioia, così come con gioia frequenta i nonni". La Cassazione, secondo le prime informazioni, avrebbe deciso l'annullamento con rinvio del decreto dei giudici di secondo grado di Venezia sostanzialmente per un vizio di motivazione. Questo perché l'appello, sostiene la difesa della donna, non avrebbe esaminato le critiche mosse dalla madre all'accettazione della 'Pas', presa invece come elemento centrale nella scelta di affido del bambino al padre.

Sanità, ticket aumentati del 40% e più di un cittadino su due si rivolge al privato. - Adele Lapertosa


Sanità, ticket aumentati del 40% e più di un cittadino su due si rivolge al privato


C'è poi l'esplosione del welfare 'fai da te', con le badanti (774mila) che superano i dipendenti di asl e ospedali (664mila). E' questo il bilancio 2011 della politica di rigore nei conti nella sanità italiana, che emerge dal Rapporto Oasi 2012 dell'Università Bocconi. E le Regioni per pareggiare i conti hanno aumentato i tributi locali.

Sembrano lontani anni luce quel 2007 in cui ci si vantava che secondo l’Oms la nostra era la seconda sanità migliore al mondo per capacità e qualità dell’assistenza. Un patrimonio che non basta più e che si rischia di perdere. La realtà di oggi vede infatti i ticket sui farmaci aumentati del 40 per cento, più di un cittadino su due che paga di tasca propria visite ed esami per evitare le file della sanità pubblica e perché, tra ticket e superticket, spesso il privato costa meno. C’è poi l’esplosione del welfare ‘fai da te’, con le badanti (774mila) che superano i dipendenti di asl e ospedali (664mila). E’ questo il bilancio 2011 della politica di rigore nei conti nella sanità italiana, che emerge dal Rapporto Oasi 2012 dell’Università Bocconi.
Di fatto l’austerity sanitaria si sta traducendo in un taglio dei servizi, più tasse, e insoddisfazione nei cittadini, il cui giudizio è impietoso. Nel Centro-Sud la maggioranza valuta inadeguati i servizi offerti dal Servizio sanitario nazionale (53,5% al Centro, e 62,2 per cento al Sud, contro una media italiana del 43,9 per cento). A influire sul livello di qualità percepito c’è anche la massiccia politica di tagli messa in atto dalle otto Regioni sottoposte ai piani di rientro, tanto che il 57,8 per cento di chi vive in CampaniaLazioAbruzzoMolise, PiemonteCalabriaPuglia e Sicilia si è dichiarato insoddisfatto, contro il 23,3 per cento delle altre Regioni.
Il caro ticket pesa sulle tasche degli italiani per circa 5 miliardi di euro, tra compartecipazione della spesa sui farmaci e per visite specialistiche ed esami diagnostici. E a questa cifra, è probabile che dal primo gennaio 2014 si debbano aggiungere altri due miliardi di euro per effetto dell’ultima manovra Tremonti dell’estate 2011, se non ci saranno interventi correttivi, ora più che mai difficili, vista la situazione economica e politica. Per i farmaci gli italiani tirano fuori dal portafoglio circa un miliardo di euro, di cui circa 300 milioni da imputare al ticket vero e proprio, e gli altri 7-800 milioni di euro per il cosiddetto ‘spread‘, cioè la differenza tra il prezzo rimborsato dal Ssn e quello del medicinale che si vuole acquistare (generalmente tra farmaco generico e griffato). Ma la compartecipazione maggiore si ha per visite ed esami, per cui ormai i cittadini sempre più spesso si rivolgono al privato-privato. A fine 2012 i cittadini hanno speso quasi 1,3 miliardi di euro per le prestazioni di specialistica ambulatoriale nelle strutture pubbliche, e circa 3 miliardi di euro nelle strutture private convenzionate tra ticket nazionali (con una franchigia a 36 euro) e i superticket regionali, che aggiungono una quota fissa per ricetta (in genere di 10 euro).
Ad acuire il malcontento, c’è anche il fatto che oltre alla cosiddetta spesa ‘out of pocket’, cioè di tasca propria, i cittadini contribuiscono a pagare la sanità, che dovrebbe essere finanziata dalla fiscalità generale, con il moltiplicarsi di tasse, tributi e balzelli locali, utilizzati dalle Regioni per evitare di sforare i bilanci e ritrovarsi con i conti in rosso. Tra il 2011 e il 2012, secondo dati del ministero del ministero della Salute e dell’osservatorio Uil sulle politiche sociali, elaborati dalla Fiaso (Federazione di asl e ospedali), le Regioni hanno raccolto in questo modo quasi 5 miliardi, senza i quali già nel 2011 ben 16 di loro avrebbero tinto di rosso i propri bilanci sanitari. Per pareggiare i conti le Regioni in rosso hanno aumentato tributi locali e addizionali Irpef per 2,2 miliardi di euro nel 2011. Solo Valle d’Aosta, Friuli, Trento e Bolzano, Basilicata e Sardegna non hanno rincarato il bollo auto e cartolarizzato i debiti. E anche se per far fronte alla crisi e crescente penuria di risorse di questi ultimi anni, asl e ospedali sono ricorsi più spesso innovazioni gestionali, reti cliniche interaziendali per patologia e riorganizzazione degli ospedali per intensità di cura, il problema é che i loro manager continuano ad essere esposti ai venti della politica. In media i direttori generali di asl e ospedali restano in carica 3,6 anni, meno della durata dei loro contratti, che è di 5 anni. Altri anche per un solo anno. Insomma, finora i tagli della spesa sanitaria non sembrano aver portato alla tanto sospirata razionalizzazione della spesa e a minori sprechi, ma a meno servizi e più tasse.

Pietro Mennea, morto il campione che “bruciava” le macchine da corsa. - Luca Pisapia


Pietro Mennea, morto il campione che “bruciava” le macchine da corsa


Pugliese di Barletta, ha detenuto il record mondiale per 17 anni, dal 1979 al 1996, con il tempo di 19''72, che è tuttora il record europeo. E' stato anche deputato europeo dal 1999 al 2004 e avvocato. Giomi (Fial): "Un grande uomo di sport e un grande amico". Pomeriggio la camera ardente al Coni.

Addio a un Campione. Nato a Barletta 60 anni fa, Pietro Paolo Mennea, è morto in una clinica a Roma per una malattia incurabile. L’immagine che resta, e che resterà per sempre scolpita nella memoria, è quella del 28 luglio 1980: Stadio Lenin di Mosca, Giochi della XXII Olimpiade. Per il boicottaggio degli Stati Uniti ai blocchi di partenza della finale dei 200 metri piani i favoriti sono il giamaicano Quarrie, il britannico Welles e l’italiano Pietro Mennea, 28 anni dalla Puglia, detentore del record del mondo, stabilito l’anno precedente alle Universiadi di Città del Messico con 19,72”. Sorteggiato in ottava corsia, l’atleta parte lento come al suo solito, ma la progressione è inarrestabile: quarto all’uscita della curva, nel rettilineo si mangia gli avversari uno dopo l’altro e va a vincere tagliando il traguardo per primo con 2” di vantaggio sul britannico. Pietro Mennea vince la medaglia d’oro entrando nella storia, e lì rimane. 
Nato da una famiglia modesta, la leggenda vuole che da piccolo Mennea si fosse guadagnato la fama in città sfidando in corsa i “macchinoni” dei ragazzi più ricchi: non c’erano Alfa Romeo o Ferrari che tenessero, Pietro in velocità le bruciava tutte. E’ l’inizio di una delle storie più vincenti dello sport italiano, con una collezione di medaglie che dai Giochi del Mediterraneo arrivano fino a Europei, Mondiali e Olimpiadi, dove fu il primo a disputare quattro finali consecutive. Praticamente imbattuto dai Giochi di Montreal 1976 a quelli di Mosca 1980, di ogni Olimpiade ricordava con piacere il contesto storico e geopolitico che le accompagnava. Il suo primato, quello dei 200 metri piani, è diventato record a sua volta rimanendo imbattuto per ben 17 anni a livello mondiale e resistendo ancora oggi come record europeo.  
A fianco dello sport gli studi e l’impegno politico. Una prima laurea in scienze politiche e poi in giurisprudenza, scienze dell’educazione motoria e lettere, appesi gli scarpini al chiodo Mennea è stato avvocato, docente universitario e commercialista, scrittore con oltre venti libri all’attivo, e ha avuto anche diverse esperienze politiche prima con l’Idv, di cui fu eurodeputato a Bruxelles dal 1999 al 2004, e poi con Forza Italia. In una recente intervista al Fatto Quotidiano ribadì la sua contrarietà alla candidatura dell’Italia a ospitare le Olimpiadi nel 2020, spiegando con un filo di amarezza che “Nella storia recente le Olimpiadi hanno portato a chi le ha organizzate solo recessione e svalutazioni, vedi l’esempio della Grecia che è fallita. Le Olimpiadi oggi non portano valore, sono solo uno spettacolo che dura 15 giorni, un business economico”.  
“È una situazione troppo dolorosa, si fa fatica a fare commenti, perché non solo era un grande uomo di sport, ma anche un grande amico – ha detto Alfio Giomi, il presidente della Federazione Italiana Atletica Leggera -. Proprio qualche settimana fa ci eravamo ripromessi di vederci presto, al telefono. E non ci siamo riusciti. Per la Fidal (Federazione Italiana Atletica Leggera ndr.) è un giorno tristissimo”. Tra le condoglianze sincere di tutti gli uomini di sport, anche quelle del neo presidente del Coni Giovanni Malagò, che appresa la notizia telefonicamente mentre era in viaggio verso Milano, ha deciso di annullare gli impegni istituzionali e di far rientro a Roma. Oggi pomeriggio sarà allestita la camera ardente al Coni.
“Sono veramente sconvolto. Purtroppo sono fuori dall’ambiente sportivo da tanti anni e non sapevo che stesse male, ormai le notizie mi arrivano di riflesso”. Gianni Gola, ex presidente della Fial è “basito, era nel fiore degli anni, una delle più grandi figure dello sport italiano e un grande uomo. Riesco a dire solo di essere sconvolto”. 

Equitalia, protesta dei consumatori per aumento interessi di mora.


Equitalia, protesta dei consumatori per aumento interessi di mora


Federconsumatori e Adusbef sul piede di guerra per l'incremento del 15% applicato dal primo maggio sui pagamenti ritardati. Le due associazioni attaccano Befera: "Piove sul bagnato. Vuole fare cassa con metodi prepotenti ed arroganti".

Levata di scudi delle associazioni dei consumatori contro  la decisione di Equitalia di aumentare i tassi di interesse di mora dal prossimo primo maggio. Con l’aumento, che il direttore dell’agenzia delle Entrate, Attilio Befera, definisce “previsto dalla legge”, il tasso di interesse applicato sui ritardati pagamenti delle cartelle esattoriali iscritte a ruolo passa dal 4,55% al 5,22 per cento (+15%).
“Una vera e propria assurdità. Piove sul bagnato”, commentano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef. “Piuttosto che pensare ad aumentare i tassi di mora – proseguono Trefiletti e Lannutti – Equitalia dovrebbe dare la priorità ad una decisa riorganizzazione della struttura, migliorando i pessimi rapporti con il pubblico”.
E se Equitalia non darà risposte, le due associazioni “avvieranno tutte le iniziative necessarie per tutelare le famiglie”. Non solo, sottolineano Trefiletti e Lannutti, “non bastava l’aumento dei prezzi e delle tariffe, la caduta verticale del potere di acquisto (-14,1% dal 2008) e l’incredibile livello raggiunto dalla pressione fiscale nel nostro Paese, con aumenti solo nel 2013 di 421 euro”. Ma ora anche Equitalia, incalzano, “dà un ulteriore contributo per accrescere la preoccupazione e lo stato di vera e propria esasperazione in cui si trovano le famiglie”.
La società, “già tristemente nota per le cartelle pazze, ancora una volta, vuole fare cassa, per conto dell’Agenzia delle Entrate, con metodi prepotenti ed arroganti”, accusano poi Trefiletti e Lannutti e concludono: “E’ impensabile che un cittadino debba trascorrere giornate intere in coda per richiedere informazioni o attivare le procedure di contestazione o rateizzazione delle cartelle esattoriali”.
“L’adeguamento annuale dei tassi di interesse di mora applicati alle cartelle di pagamento è previsto dall’articolo 30 del dpr 602/1973. Pertanto non esiste alcuna discrezionalità da parte di Equitalia o dell’Agenzia delle Entrate che adotta il provvedimento con i nuovi tassi”, ha puntualizzato dal canto suo Equitalia. “Per evitare questo meccanismo è necessario che il Parlamento cambi la Legge”, spiega la società. Si precisa inoltre che “gli interessi previsti nelle cartelle sono riscossi da Equitalia per conto degli enti pubblici creditori ai quali vengono riversati insieme a tributi e sanzioni”.
Per quanto riguarda invece i rapporti con il pubblico, Equitalia “da sempre è impegnata nel migliorare l’assistenza ai cittadini. Lo scorso anno, ad esempio, sono stati attivati nei capoluoghi di provincia sportelli dedicati alla soluzione dei casi più delicati di famiglie e imprese in difficoltà a causa della crisi economica. Gli sportelli ordinari impegnati nei pagamenti, nelle rateizzazioni e nelle altre regolari attività garantiscono tempi d’attesa del tutto adeguati”.
Oggi, tra l’altro, “i cittadini hanno a disposizione diversi canali di contatto con Equitalia, come ad esempio il numero verde, per avere informazioni e assistenza, e il sito internet per effettuare numerose operazioni”. Non solo. “Continuare ad accusare Equitalia di responsabilità che non ha, non fa altro che alimentare il clima di tensione che, anche in questi giorni, ha portato a episodi di intimidazione nei confronti del personale”.
Noi siamo l'Italia, dove tutto funziona al contrario.

mercoledì 20 marzo 2013

Andrea Scanzi



C'è questo giochino in atto di zimbellare il parlamentare grillino. 
Soprattutto in Rete. 
Se hanno una pulce, diventa un tumore. 
Lo capisco e in parte è giusto. 
Si ergono a superiori e per questo stanno sulle palle a molti. 
Giusto sfottere chi casca nello scherzo telefonico di un finto Vendola (Campanella), chi scrive "siamo in streaming su La Cosa da Monte Citorio" (Fico) e chi si vanta (poi scusandosi) di non avere salutato la Bindi (Rostellato, la stessa che non sa cos'è la BCE). 
Scrivo anch'io, ogni giorno sul Fatto, che sono ragazzi inesperti. 
La loro comunicazione è debole e il monologo di ieri in conferenza stampa non mi è piaciuto (per niente). 
Poi però mi vengono dei pensieri odiosamente diversi dalla intellighenzia rosicante-dominante. 
Tipo che le discussioni e i pianti di sabato, quando si è trattato di votare il Presidente al Senato, denotano una passione autentica per la politica. 
Tipo che sono ragazze e ragazzi sinceri, magari ingenui, ma onesti e molto meno impreparati di quanto si creda (guardate cosa fanno nei Comuni e Regioni in cui sono). 

Tipo che, senza loro e il M5S, col cazzo che in Sicilia avrebbero abolito le Province. 
Tipo che, senza loro e il M5S, col cazzo che avremmo avuto la Boldrini (Grasso mi piace molto meno) e col cazzo che potremmo avere quel governo sognato di cui tanto abbiamo bisogno. 
Tipo che, se negli ultimi 20 anni avessimo avuto più grillini e meno Orfini e Moretti, Gelmini e Carfagna, non saremmo nella merda in cui siamo. Io, a queste ragazze e ragazzi, guardo con rispetto. 

E continuo a pensare che siano una risorsa - forse l'ultima - per la politica di questo paese. 
Uno stimolo, un pungolo. 
Imperfetti e manichei quanto volete, ma senza di loro avremmo ancora lo schifo che abbiamo avuto. 
Per troppo tempo. 
E in parte abbiamo ancora.

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=629381297078202&id=226105204072482

Parigi, perquisita la casa della Lagarde. - Giordano Stabile



Il direttore dell’Fmi sospettato di aver favorito Bernard Tapie nel contenzioso con la banca Credit Lyonnais. L’ex patron del Marsiglia ottenne 403 milioni di euro.

La casa parigina del direttore generale del Fondo Monetario internaziona (Fmi), Christine Lagarde, è stata perquisita oggi dalla polizia. 

Gli inquirenti hanno agito su ordine del tribunale che sta indagando sullo scandalo finanziario che, nel 2007, coinvolse l’ex finanziere Bernard Tapie e il Credit Lyonnais. Lagarde, allora ministro dell’Economia del presidente Nicolas Sarkozy, è stata coinvolta nelle indagini per un presunto abuso di potere

Il contenzioso tra l’uomo d’affari marsigliese Bernard Tapie e la banca Credit Lyonnais (Lcl), di proprietà pubblica al tempo dei fatti contestati. Si vuole verificare se la decisione, da parte della Lagarde, di affidare la sentenza sul caso a un tribunale arbitrale e non a uno ordinario, sia stata legittima o un abuso di potere. 

Il caso riguarda la consulenza che la banca diede all’uomo d’affari per la vendita del marchio Adidas, negli anni Novanta, e in particolare il fatto che l’istituto prima acquistò la società da Tapie, per poi cederla a un prezzo più elevato. Nel 2008, il tribunale arbitrale aveva riconosciuto a Tapie un risarcimento di 403 milioni di euro.