sabato 6 aprile 2013

Niente comici e froci al Governo


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Dialogo fra Dario Fo e Giuseppina Manin. Anticipazione del libro che uscirà tra qualche settimana. “NIENTE COMICI E FROCI AL GOVERNO”.
Il giorno 2 aprile 2013 arriva al Tribunale di Palermo una lettera di minaccia rivolta al PM Di Matteo tanto esplicita che la Questura si preoccupa subito di raddoppiare la scorta e le difese a protezione dei giudici del capoluogo di Sicilia cercando di bloccare i mafiosi che, con quell’avvisata, vogliono mettere l’accento sulla crisi politica e condizionarne gli esiti.
Ci risiamo con il clima di stragi o è soltanto una minaccia generica?

Ad ogni buon conto il 3 aprile 2013, su Il Fatto Quotidiano si può leggere proprio in prima pagina il testo di un messaggio intimidatorio spedito a firma di Cosa Nostra ai giudici antimafia di Palermo. L’avviso centrale inviato da un personaggio che si firma “un uomo d’onore della famiglia trapanese” è esattamente questo: “Niente comici e froci al governo”.
I commentatori più accorti dei comportamenti della criminalità mafiosa temono che si voglia ripristinare il clima del 1992 quando ebbe inizio una serie di stragi per tutta l’Italia da Roma a Firenze fino a Milano. E soprattutto i criminali misero a segno il massacro di Falcone e della sua scorta e qualche tempo appresso fecero saltare in aria una macchina con un enorme carico di tritolo che uccise Paolo Borsellino e gli uomini che lo accompagnavano.
Anche allora, quelle stragi ebbero inizio proprio durante il crollo della Prima Repubblica “sotto i colpi della crisi finanziaria, di Mani Pulite e della Lega Nord”.
Come oggi, la popolazione viveva in una situazione di vuoto di potere che allarmò la criminalità organizzata di Cosa Nostra. Marco Travaglio sottolinea che la malavita rischiava di perdere il controllo del sistema e quindi reagì con inaudita violenza, “con un mix di stragi e trattative che miravano a ‘destabilizzare per stabilizzare’ secondo l’ormai risaputo sistema della strategia della tensione”.

GIUSEPPINA: Ma con chi ce l’ha Cosa Nostra quando minaccia “guai a voi se eleggete froci e comici al governo?”.
DARIO: Beh, il comico evidentemente è Grillo, non certo Berlusconi, che ha un altro rapporto, ben diverso, con la criminalità organizzata della Sicilia. Un rapporto molto più affettuoso grazie all’intercessione dell’amico fondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, che giustamente si può vantare per le sue relazioni davvero pericolose con la mafia testimoniate da una condanna a 7 anni ribadita nell’ultimo processo.

GIUSEPPINA: Ho capito, ma l’altro veto, diciamo così, contro gli omosessuali a cui accenna la missiva minatoria a chi si rivolge? A Vendola forse?
DARIO: Ma no, per carità! E’ un personaggio siciliano naturalmente, rappresentante del Partito Democratico, si chiama Rosario Crocetta, che ha assunto il ruolo di Presidente della Regione Sicilia e che, oltretutto, in compagnia e grazie alle sollecitazioni dei consiglieri eletti fra i Cinque Stelle sta ottenendo un successo mai raggiunto da nessun altra amministrazione nella storia d’Italia.

GIUSEPPINA: Evidentemente quel successo è qualcosa che irrita terribilmente Cosa Nostra, soprattutto perché è di esempio nefasto verso la popolazione, che così può rendersi conto che anche in una regione manovrata dalla criminalità più potente d’Europa, se si posseggono le volontà e gli adeguati progetti si può addirittura gestire la vita di un’isola così vasta e difficile.
DARIO: Sì sì, certo è straordinario che il successo elettorale dei grillini abbia addirittura mosso l’attenzione della mafia. A parte il segnale deleterio di fondo che esprime: con un po’ di cinismo questa attenzione si può anche leggere come una manifestazione di stima.

GIUSEPPINA: Già, lo stesso compiacimento che sicuramente prova un agnello vedendosi ammirato da un branco di lupi che lo osservano con la bava alla bocca... Nonostante tutto quello che è successo, continuano a considerarlo un despota.
DARIO: Beh, speriamo che Beppe non si monti la testa. D’altra parte ad attenzioni del genere lui c’è abbastanza abituato. Basta leggere i commenti di quasi tutti i giornali della penisola ogni volta che esprime un giudizio o dichiara il proprio programma. 

GIUSEPPINA: E’ vero, il complimento più comune è sempre quello di essere un despota, un tiranno, il capo supremo di una confraternita di semplici che della politica sanno solo per sentito dire.
DARIO: Poi, soprattutto ci sono i maître à penser che tracciano elogi davvero magniloquenti sull’intelligenza e sulla cultura dei due associati Casaleggio e Grillo da produrre subito un attacco di dissenteria spernacchiosa aritmica.

GIUSEPPINA: Dobbiamo però ammettere che Grillo ha fatto l’impossibile per far levitare un interesse addirittura morboso verso il suo personaggio e il movimento tutto. Quel rifiutare la presenza delle televisioni nazionali durante i suoi comizi, il nascondersi durante le visite delle troupe della RAI e di Mediaset, il negare la partecipazione ai talk show ai suoi seguaci e, soprattutto, gli insulti elargiti in una smoderata sequenza alla volta di giornalisti, uomini politici, commentatori e opinionisti vari di gran fama...
DARIO: Adesso poi che anche la mafia si interessa a lui, chi può più arrestare la sua popolarità? Sarebbe esaltante vederlo protetto da truppe armate dello Stato arrivare sistemato dentro un carro armato dal quale spunta solo la sua testa coperta da un casco guerresco.

GIUSEPPINA: Ci manca solo che il Papa in persona da San Pietro mandi un saluto affettuoso al caro fratello Beppe il genovese.
DARIO: No, meglio ancora, sarebbe di maggior valore se Papa Francesco lo paragonasse al Santo di Assisi dicendo: “Non io son degno di portare quel nome, ma Beppe, solo lui, il nostro giullare più amato. Anzi, mi rivolgo a voi miei fedeli per indicarvelo come l’unico degno di salire al Colle del Quirinale per assumere l’incarico di Presidente della Repubblica del nostro paese!” 

GIUSEPPINA: Beh mi pare che qui si stia un po’ esagerando...
DARIO: E allora eleggiamolo almeno Presidente del Consiglio, è il minimo che possiamo accettare.
A proposito di mafia: fra tutti i giornali usciti in Italia in questi giorni le minacce di morte ai giudici, agli omosessuali nonché ai comici – leggi Grillo – sono state riportate solo da tre giornali: il Fatto Quotidiano, il Corriere e La Repubblica in testa. Per quanto riguarda invece i telegiornali ben pochi hanno dato la notizia e sempre accennandola a malapena. Siamo arrivati proprio alla barbarie informativa più smaccata.Infatti nessun’autorità di Stato e di governo pronuncia un monosillabo per dare solidarietà e sostegno ai magistrati nel mirino, “non parliamo ai froci e ai comici”. Come commenta giustamente Travaglio: “Immaginate se la lettera [mafiosa] dicesse ‘non vogliamo al governo il PD’ o ‘Monti’ o ‘Berlusconi’, sarebbe il titolo di apertura di tutti i giornali e tg”. Ma nel nostro caso la regola è il silenzio.
GIUSEPPINA: In compenso quasi tutti i giornali hanno riportato la notizia che il PG della Cassazione Gianfranco Ciani ha appena promosso un’azione disciplinare contro Di Matteo - proprio il giudice che ha ricevuto la minaccia di morte da Cosa Nostra - e la Ministra della Giustizia Paola Severino ha inviato al Procuratore Generale un elogio per l’azione prodotta, per altre ragioni ma legate all’insabbiamento della trattativa Stato-mafia.
DARIO: Ad ogni modo fa impressione il tempismo con cui ci si getta contro personaggi caduti sotto le attenzioni della mafia. Ha quasi il sapore di un biglietto di condoglianze in anticipo. Se succedesse il disastro se la caverebbero tutti a tempo debito con una bella corona di fiori di Stato e Amen.


Infine, il commento del giornalista Andrea Scanzi su Facebook: 

Mi fa paura la lettera mafiosa (ritenuta attendibile) al PM Di Matteo contro il "governo di comici e froci". Mi fa paura che Beppe Grillo non accetti la scorta. Mi fa paura che nessuno ne parli, o quasi, tranne Il Fatto Quotidiano. Mi fa paura, soprattutto, che ora come nel 1992 la politica stia vivendo un cambiamenti drastico. E la mafia, si sa, non ama gli tsunami. Guai ad abbassare la guardia. Guai.



Leggi anche:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/05/mafia-fo-non-vuole-comici-e-froci-al-governo-intende-grillo-e-crocetta/553242/

Ha, ha, ha...



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Via libera all'articolo 37 dello Statuto siciliano. Le tasse delle imprese resteranno nell'Isola. - Accursio Sabella

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Via libera all'applicazione dell'articolo 37 dello Statuto speciale siciliano sulla base del quale spettano alla Sicilia le imposte pagate dalle imprese con stabilimenti nell'Isola ma con sede legale altrove. Il governatore Crocetta: "Passaggio storico, da oggi inizia una nuova era per la nostra terra".

PALERMO - "Da oggi le imprese che operano in Sicilia pagheranno le tasse nell'Isola". Ad annunciarlo sono il presidente della Regione Rosario Crocetta e l'assessore all'Economia Luca Bianchi che spiegano: "Uno dei sogni dei padri dello Statuto siciliano e degli autonomisti trova attuazione su proposta della regione siciliana". Dunque è arrivato il via libera all'applicazione dell'articolo 37 dello Statuto speciale siciliano sulla base del quale spettano alla Sicilia le imposte pagate dalle imprese con stabilimenti nell'Isola ma con sede legale altrove.

"Il governo nazionale - aggiunge Crocetta - ha approvato all'unanimità il provvedimento sulla base delle buone prassi di bilancio che il governo siciliano ha avviato, attraverso le azioni di spending review, i tagli delle province, delle partecipate, la revisione di spesa per gli assessorati, il taglio del salario accessorio, la chiarezza dei conti, quindi, sulla base dell'azione di buon governo che la Sicilia sta portando avanti. Il governo siciliano e i siciliani tutti - prosegue la nota del governatore - ringraziano il governo nazionale per il riconoscimento di un diritto. Utilizzeremo nel miglior modo possibile la fiducia che ci viene data, portando avanti con giustizia le politiche di rigore senza massacro sociale, sostenendo le imprese e i poveri".

Il presidente sottolinea l'importanza storica di una battaglia storica che la politica siciliana porta avanti da anni: "Da oggi inizia una pagina nuova per la Sicilia, la sfida di cominciare a farcela da soli, con l'orgoglio di essere siciliani, mettendo a posto i conti e sviluppando l'economia. La Sicilia - continua Crocetta - non vuole vivere di assistenzialismo e parassitismo, vuole vivere con le proprie risorse e questo cambia la prospettiva totale e inverte la tendenza politica di oltre 50 anni. Siamo orgogliosi, felici, insieme a tutti i siciliani, di festeggiare una rivoluzione che continua e che è in corso in Sicilia. Questo è merito di tutti i siciliani. Ce la faremo a fare divenire la nostra regione, una delle più sviluppate d'Europa, ma anche una regione che diventa un simbolo sul piano dei diritti civili, della lotta alla mafia, della trasparenza, dando impulso a una rivoluzione culturale che mette al centro anche i soggetti deboli. Un grazie sentito al presidente del Consiglio e a tutti i ministri ed in particolare al ministro Grilli ed al dirigente Fabrizia La Pecorella. Grazie al ministro Barca per il decreto sui fondi Fas approvato nella seduta di Governo di oggi".


http://livesicilia.it/2013/04/06/via-libera-allarticolo-37-dello-statuto-siciliano-le-tasse-delle-imprese-resteranno-nellisola_293013/

Finalmente!

Emma Bonino - Marco Travaglio



Oggi, 6 aprile, su "il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio analizza, ripercorrendola, la carriera politica di Emma Bonino, in vista di una possibile candidatura al Quirinale. Riportiamo di seguito alcuni estratti: 

Da sempre radicale, si è poi candidata nel '94 con Forza Italia fondata da Berlusconi, Dell'Utri, Previti & C., e col centrodestra berlusconiano è rimasta alleata, fra alti e bassi, fino alla rottura del 2006, quando è passata al centrosinistra. Ha ricoperto le più svariate cariche: deputata, senatrice, europarlamentare, commissario europeo, vicepresidente del Senato, ministro per gli Affari europei nel governo Prodi.

Nel '94, quando si candidò per la prima volta con B., partecipò con lui e la Parenti a un comizio a Palermo contro le indagini su mafia e politica. Poi, appena eletta, fu indicata dal Cavaliere assieme a Monti come commissario europeo. Il che non le impedì di seguitare l'attività politica in Italia, nelle varie reincarnazioni dei radicali: Lista Sgarbi-Pannella, Riformatori, Lista Pannella, Lista Bonino. Nel '99 B. la sponsorizzò per il Quirinale, anche se poi confluì su Ciampi. Ancora nel 2005, alla vigilia della rottura, la Bonino dichiarava di "apprezzare ciò che Berlusconi sta facendo come premier" (una legge ad personam dopo l'altra, dalla Gasparri alla Frattini, dal lodo Schifani al falso in bilancio, dalla Cirami alle rogatorie alla Cirielli) e cercava disperatamente un accordo con lui.

Alle meritorie campagne contro il finanziamento pubblico dei partiti, fa da contrappunto la contraddizione dei soldi pubblici sempre chiesti e incassati per Radio Radicale. Nel 2010 poi la Bonino fece da sponda all'editto di B. contro Annozero : il voto radicale in Vigilanza fu decisivo per chiudere i talk e abolire l'informazione tv prima delle elezioni. Con tutto il rispetto per la persona, di questi errori politici è forse il caso di tenere e chiedere conto. 


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Pd: Bindi vs Bersani, da Franceschini ok a Berlusconi. Renzi: “Nessuno vuole votare”. -


Pd: Bindi vs Bersani, da Franceschini ok a Berlusconi. Renzi: “Nessuno vuole votare”
Rosy Bindi costretta a smentire frasi pesanti su Bersani pubblicate questa mattina sul Secolo XIX. Ma senza spendere, comunque, una parola a sostegno del segretario. Dario Franceschini che dalle colonne del Corriere della Sera sdogana il dialogo con Berlusconi: “Basta complessi di superiorità, ha preso i nostri stessi voti ed è il capo del centrodestra”. A questo proposito, Bersani giovedì incontrerà il Cavaliere, che potrebbe proporgli una linea favorevole alla sua sopravvivenza politica. E poi c’è Renzi che commenta: “Mi sembra che qui siano in pochi a voler andare al voto”. Basta aggiungere la “disponibilità” offerta dal ministro Fabrizio Barca a guidare il partito e il caos che in questo momento attraversa il Pd è servito. In ogni caso, dopo settimane in cui “l’inciucio” con il Pdl è sempre stato escluso a priori da Bersani e dai suoi, ora la linea diventa decisamente più morbida, sebbene le spaccature interne siano ormai evidenti.
ROSY BINDI: “BERSANI NON SA CHE FARE” – “Bersani non sa più che fare e il partito è fermo, senza prospettiva”. Anche la fedelissima Rosy Bindi ha perso la fiducia nel segretario e nella sua gestione, rendendo evidente la frattura in corso nel Pd. Le parole dell’ex ministro sono riportate dal Secolo XIX. Quando il giornalista le chiede se il partito non si senta ostaggio di un segretario impegnato in una lotta troppo personale, Bindi risponde: “E’ così, purtroppo”. Proprio lei, che ai tempi della campagna per le primarie di coalizione, lo scorso autunno, rispondeva colpo su colpo alle provocazioni di Matteo Renzi, ora ammorbidisce la linea rispetto al sindaco di Firenze: “Sta facendo il suo in questo momento, sta dicendo cose che pensano molti cittadini”. Insomma, non solo Rosi Bindi non para più i colpi in arrivo contro Bersani, ma cambia completamente linea e critica apertamente il segretario. Un nervosismo che, spiega lei stessa, parte dall’impasse che si è creata con l’incarico esplorativo, un tentativo fallito ma da cui il leader Pd non ha voluto sfilarsi: ”Se avessimo proposto un nome autorevole e non strettamente partitico – aggiunge Bindi sul prossimo presidente della Repubblica – come poteva essere Rodotà, ma ce n’erano molti altri, avremmo forse potuto contare su un atteggiamento più morbido da parte dei grillini. Non dico sull’appoggio, questo no, ma su un certo malessere interno, questo sì”. Perché non si è arrivati a proporre un altro nome? Non è stato fatto, spiega Bindi, “perchè Bersani non ha rinunciato, non ha voluto rinunciare, ha addirittura fatto un comunicato in cui lo ribadiva con estrema forza e convinzione. A quel punto che poteva fare il capo dello Stato senza un passo indietro palese del presidente che aveva incaricato? Ha preso tempo e poi, come sappiamo, ha proposto i saggi”.
LA SMENTITA: “IO STO IN SILENZIO” - ”Non c’è stato alcun colloquio con il Secolo XIX e le frasi virgolettate non sono mie. Sono stata fermata per strada da un signore che non ricordavo neppure fosse un giornalista, il quale mi ha subissato con le sue considerazioni e i suoi giudizi sulla situazione politica a cui non ho replicato. E’ molto grave che un incontro casuale si trasformi in una conversazione giornalistica e ancor più grave che le osservazioni del cronista vengano pubblicate come mie risposte mai date”. Lo afferma Rosy Bindi in una nota.La presidente del Pd Rosy Bindi aggiunge come “il mio silenzio, rispettoso del mio partito e del Presidente della Repubblica, sia ampiamente verificabile su tutti i mezzi di informazione”. Una precisazione in cui, in ogni caso, Bindi non spende una parola a favore della linea Bersani. Il Secolo XIX, comunque, conferma la notizia: “L’incontro tra Bindi e il nostro giornalista è avvenuto giovedì in via di Ripetta a Roma. Lì hanno scambiato una serie di considerazioni pubblicate oggi”.
FRANCESCHINI: “DIALOGO CON BERLUSCONI” - E’ l’auspicio che Dario Franceschini formula in un’intervista al Corriere in cui lancia l’appello ai suoi ad “abbandonare questo complesso di superiorità, molto diffuso nel nostro schieramento, per cui pretendiamo di sceglierci l’avversario”. L’ex segretario del Pd sottolinea: “Ci piaccia o no, gli italiani hanno stabilito che il capo della destra, una destra che ha preso praticamente i nostri stessi voti, è ancora Berlusconi. E’ con lui che bisogna dialogare”. Franceschini respinge al mittente, però, uno scambio tra il sostegno del Pdl a un governo Pd e l’elezione del Capo dello Stato: si annunciano sette anni “burrascosi”, dice, e “il prossimo Capo dello Stato deve essere in ogni caso una persona di garanzia eletta con un’intesa più larga possibile. Per sua natura non può essere eletto con un mandato. Deve essere libero fin dalla prima scelta: assegnare l’incarico di formare il governo”. Un governo per cui, comunque, “chiusa la possibilità di un rapporto con Grillo, i numeri dicono che o si accetta un rapporto con il Pdl, o non passerà nessun governo”.
RENZI: “LE ELEZIONI? NON LE VOGLIONO IN TANTI” – “Noi dobbiamo abituarci -ha detto il sindaco, riferendosi alla situazione di stallo politico – alla serenità, alla serietà e alla coerenza. Io non so se la situazione di un governo Pd-Pdl sia quella che davvero i dirigenti romani sceglieranno”. Per Renzi “le alternative sono tre: governo Pd-Pdl, governo Pd-5 Stelle, o elezioni. Un governo Pd-5Stelle Grillo non lo vuole – ha affermato il sindaco -. Le elezioni mi sa che non le vogliono in tanti. Sul governo Pd-Pdl staremo a vedere. E’ difficile che uno come me, che sta lontano da Roma, possa capire come va a finire”.  
Siamo nel marasma più totale! C'è una crisi d'identità evidente, non si riesce più a capire dove sono la destra e la sinistra, c'è solo il gioco di potere.

venerdì 5 aprile 2013

Crocetta denuncia le consulenze d’oro di Serit: “10 milioni all’anno”. - Claudio Porcasi

crocetta serit e social trinacria


A sorpresa, nel primo pomeriggio di oggi, Rosario Crocetta convoca una conferenza stampa relativa a “comunicazioni importanti” su Serit Sicilia e Social Trinacria.
Il governatore, che incontra i giornalisti nella Sala degli Specchi di Palazzo d’Orléans, esordisce commentando l’approvazione della legge sulla doppia preferenza. “Non si può gridare all’inciucio dopo l’esito del voto di ieri – puntualizza Crocetta -. I grillini hanno perso un’occasione. Il modello Sicilia è questo. Vogliamo essere la prima Regione d’Italia a introdurre il voto elettronico dopo quello sulla doppia preferenza di genere per eliminare il problema del controllo dei voti di preferenza”.
Poi, si passa alla ‘difficile’ situazione di Serit.
Serit – dichiara il governatore – ha uno scoperto bancario di 160 milioni di euro con Monte dei Paschi. La Serit, da quando Montepaschi è uscita dalla società di riscossione siciliana, paga un mutuo con un rateo annuo di 20 milioni alla banca toscana. Mi ha colpito, scorrendo le carte, notare che Serit ha inoltre affidato 400 incarichi per 10 milioni all’anno a soli tre professionisti. Come se non bastasse per 15 anni è stati erogati circa 1 milione e 300mila euro di euro all’anno per consulenze legali a uno studio di Palermo. Inoltre il servizio di riscossione costa alla Serit 12 milioni all’anno. Un fiume di denaro ingiustificato”.
In merito a Social Trinacria Onlus, Crocetta non le manda certo ‘a dire’ e presenta la sua visione di una piena emergenza lavorativa che coinvolge oltre 3.000 persone: “I lavoratori di Social Trinacria – dice il presidente della Regione – sono gli auto flagellanti, che percorrono in corteo spesso le vie di Palermo. La situazione attuale è che sono pagati regolarmente. Prendono il doppio di quanto dovrebbero, dal momento che a loro spetterebbe solo un sussidio di disoccupazione. Non c’è nessuna traccia formale del legame tra Social Trinacria e la Regione. Non vi è traccia del patrocinio. Motivo per cui si potrebbe configurare il reato di millantato credito. E ancora: “La legge prevedeva un sussidio invece di fatto una Onlus pagata dalla Regione ha assunto 3500 persone senza un criterio. Non sappiamo nemmeno cosa fanno questi lavoratori della Social Trinacria. Sia chiaro che per me ci sono i poveri e basta. Non quelli che fanno comodo alla politica per far vincere le elezioni”.
Il presidente annuncia poi di aver presentato, sia per Social Trinacria che per Serit, un esposto alla Procura della Corte dei Conti e alla Procura antimafia.
In merito alla notizia, circolata ieri, di una probabile offerta di Crocetta ad Antonio Ingroia della poltrona di dirigente dell’ufficio di Presidenza della Regione siciliana a Roma, il governatore chiarisce: “Con Ingroia beviamo tanti caffè e basta”.
Crocetta, infine, a margine della conferenza stampa, rivolge invece parole rassicuranti nei confronti dei lavoratori dell’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese e dell’indotto industriale che hanno manifestato oggi per le vie di Palermo insieme ai dipendenti della Keller di Carini e anche davanti alla presidenza della Regione. “Stiamo lavorando per trovare una soluzione sia per i lavoratori dell’ex stabilimento Fiat si per quelli della Keller – spiega il governatore. – Certo l’assenza di un governo nazionale stabile con cui confrontarsi non rende agevole il nostro lavoro”.
Intanto il presidente Crocetta sta per ricevere i lavoratori ex Pip e Social Trinacria con una delegazione sindacale. I sindacati chiedono chiarezza sulle accuse mosse dal governatore nel corso della conferenza stampa e sul futuro dei lavoratori.

Finalmente svelata la vera natura del progetto politico parlamentare del M5s. Ecco che cosa veramente fanno in parlamento. - Sergio Di Cori Modigliani


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Il dovere dell’informazione.
Questo sito è riuscito a procurarsi un documento inoppugnabile –che alla prova dei riscontri è risultato legale- il quale dimostra nei fatti, e lo svela alla cittadinanza, la vera natura del progetto politico del M5s. Ormai, non è più possibile far finta di nulla e va quindi diffuso, pur consapevoli che desterà in più di una coscienza diversi interrogativi, che consigliamo a tutti di porsi durante il week end, facendo funzionare il proprio cervello in piena autonomia.
L’evento si è verificato ieri in parlamento.
Approfittando del fatto che la maggior parte dei deputati, sia piddini che pidiellini, erano tutti presi da Ruby che farfugliava una sceneggiatura sulle scalinate del palazzo di giustizia a Milano, mentre l’attenzione dei media, delle istituzioni, della classe politica dirigente, era imperniata a cercare di analizzare il frutto del prodotto intellettuale dei Saggi Signori, una pattuglia di neofiti, eletti quaranta giorni fa nelle liste del M5s, ha tentato una sortita, peraltro legale e consuetudinaria.
A dire il vero, la “colpa” è di due donne: la deputata Maria Edera Spadoni e la senatrice Elisa Bulgarelli. Loro sono le due prime firmatarie e quindi spetta a loro la responsabilità di essere identificate e rubricate come le firmatarie della interrogazione parlamentare al governo.
E’ iniziata così, con una semplice domanda: “Quali azioni intende mettere in campo il governo italiano per recuperare subito i 98 miliardi di euro evasi dalle slot machines?”. Le due relatrici, che si rendevano conto della totale indifferenza dei rappresentanti del governo, hanno osato andare avanti nella loro richiesta. “A fronte di un costo sociale così elevato ed esorbitante e delle sempre più numerose patologie dovute al gioco d’azzardo, il governo non ritiene opportuno vietare su tutto il territorio nazionale la diffusione e la distribuzione degli apparecchi di slot machines, videolottery e i giochi d’azzardo on-line?”.  Accorgendosi che non c’era nessuno disponibile all’ascolto fisico, l’interpellanza è stata presentata ufficialmente sotto forma scritta, firmata da 61 parlamentari. In tal modo, viene rubricato come atto parlamentare formale. Tale domanda-interpellanza impone al governo una immediata risposta, sia da parte del ministro degli interni che da parte del ministro del Tesoro e del primo ministro attualmente in carica, il dimissionario prof. Mario Monti, il quale è in carica “solo per gestire gli affari correnti”. Appunto. Questi 61 parlamentari hanno specificato che, in questo caso, si tratta, per l’appunto di “un affare corrente”: urge trovare i 100 miliardi di euro per consentire alla Pubblica Amministrazione di saldare in toto al 100% i debiti che hanno contratto con i fornitori, in modo tale da consentire alle aziende in crisi di credito di poter riavviare un percorso virtuoso dell’economia.
Nel documento dell’interrogazione parlamentare si spiega come “nel 2011, il mercato italiano del gioco d’ azzardo ha raccolto, al netto dei premi erogati, 18,4 miliardi di euro, pari al 4,4% del mercato mondiale e oltre il 15% di quello europeo. Secondo il Conagga (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’ Azzardo), a fronte di una netta riduzione dei risparmi delle famiglie e della spesa per alimenti a causa della crisi economica, nel 2011 la spesa sul gioco d’azzardo e’ cresciuta del 30% rispetto al 2010. Secondo una rielaborazione dei dati AAMS del 2012, la spesa annua pro capite sul gioco d’azzardo e’ di 1703 euro e per  il CNR, il gioco d’ azzardo coinvolge il 58,1% dei maschi tra i 15 e i 19 anni e il 36,8% delle ragazze“.
Non contenti del loro folle ardire, i firmatari della interrogazione parlamentare hanno spiegato come “di fronte ad un aumento della spesa sul gioco d’azzardo, le entrate per l’erario hanno visto una riduzione di circa il 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e secondo le indagini della Guardia di Finanza, ammonta ad oltre 98 miliardi di euro l’evasione fiscale di alcune societa’ concessionarie di slot machines, dei quali solo una minima parte e’ stata ad oggi recuperata”. Un caso questo, nato dalle inchieste del colonnello Rapetto, che aveva denunciato con forza gia’ dal 2007 lo stato delle cose e che fu rilanciato pubblicamente nel V day ‘Parlamento Pulito’ del 2007 da parte di Beppe Grillo“.
Il documento prosegue nella disamina del problema e conclude nel seguente modo:
Chi vede nel gioco d’azzardo diffuso e liberalizzato un fattore economico positivo per il Paese si sbaglia di grosso dato che il rapporto 2011 della Corte dei Conti dice e spiega che il consumo dei giochi interessa prevalentemente le fasce sociali piu’ deboli’ e, secondo Conagga, gioca di piu’ chi ha una minore scolarizzazione. Secondo una stima della stessa associazione che tiene conto dei costi sanitari, dei costi indiretti e dei costi per la qualita’ della vita” (sono sempre la Spadoni e la Bulgarelli a spiegarlo) “i costi sociali complessivi causati in Italia dai giocatori d ‘azzardo patologici sono stimabili tra i 5,5 e i 6,6 miliardi di euro, andando percio’ ad assorbire gran parte delle risorse incassate dall’erario. I soldi che le famiglie spendono nei giochi vengono tolti dai consumi, provocando un danno indiretto per le casse dello Stato dovuto alla ‘mancata’ Iva incassata, quantificabile, secondo Conagga, in 3,8 miliardi di euro ogni anno. Gli apparecchi, quali slot machines e videolottery, raccolgono il 54% del fatturato complessivo e, grazie alle loro caratteristiche quali minore lasso di tempo fra una partita e l’ altra, l’assenza di relazioni umane, la spazialita’ e temporalita’ diffusa e gli stimoli visivi e sonori, risultano essere i maggiori responsabili d’ instaurarsi di dipendenze“.
Chiudono l’interrogazione parlamentare chiedendo “formalmente e ufficialmente” al governo in carica di provvedere immediatamente a far valere l’applicazione della Legge per fare in modo che l’erario si riappropri dei 98 miliardi di euro che sono stati fin qui evasi dai gestori delle slot machines. Tra i firmatari di tale documento vi sono i seguenti eletti, alla Camera: Spadoni, Dell’Orco, Ferraresi, Sarti, Di Stefano, Bernini, Dell’Osso, Mucci, Colletti, Cominardi, Giordano, Tacciono, Grande, Di Battista, Sibilia, Scagliusi; e al Senato della Repubblica: Bulgarelli, Mussini, Montevecchi, Gambaro, Taverna, Scibona, Cioffi, Martelli, Puglia e altri.
Sappiamo anche i nomi e i cognomi, adesso.
In nessun organo di stampa, in nessuna televisione, nessun giornalista ha dato notizia di questo fatto. Nelle consuete rubriche della Rai (parlamento oggi, novità in parlamento, che cosa dice il parlamento, transatlantico) non si è trovato cenno a tale interrogazione. Sono consapevoli della pericolosità di simili affermazioni e quindi hanno ritenuto opportuno che il paese non debba sapere che cosa stia accadendo nel parlamento italiano.
Si vede da questi comportamenti che gli eletti del M5s non sanno fare politica e sono ingenui, come sostengono i loro detrattori. Forse non sanno che dodici anni fa, Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Massimo D’Alema chiusero un accordo, tale per cui alla sinistra spettava il controllo “politico” delle sale Bingo, mentre la destra si occupava di gestire “politicamente” la gestione delle slot machines? Si ripartirono il territorio, benedetti dalla Corte dei Conti che approvò “la trovata” come un’ottima modalità per lo Stato di incassare soldi educando allo stesso tempo la popolazione.
Adesso, invece, questo gruppo di parlamentari vuole a tutti i costi che il governo intervenga subito per far valere lo Stato di Diritto pretendendo ed esigendo l’immediato pagamento dei 98 miliardi dovuti all’erario (per lo più ascrivibili alla famiglia mafiosa messinese dei Corallo, proprietari della società madre Atlantis, con sede in Florida, Usa, e le sue 12 sotto-società operanti nel territorio della Repubblica Italiana) pensando che in tal modo si troverebbero subito i soldi per pagare le aziende italiane creditrici sull’orlo del fallimento.
Questo, pretendono.
Adesso sappiamo che cosa fanno in parlamento.
Sono pericolosi, non vi è dubbio.
Finalmente capiamo perché il PDL, il PD e la cupola mediatica, ogni giorno, grazie all’amoroso contributo quotidiano televisivo dei talk show men&women (ai quali ci aggiungiamo anche la complicità degli ottusi miopi su facebook) insistono sul fatto che i parlamentari del M5s sono pericolosi.
Hanno ragione.
Lo sono.
Tutto sta a vedere per chi. 
Buon week end a tutti.