venerdì 29 novembre 2013

Strage di Viareggio, il treno di fuoco che sfigurò la Versilia: anche Moretti a giudizio. - Diego Petrini

Strage di Viareggio


A Lucca via al dibattimento con 33 imputati per la morte di 32 persone avvenuta il 29 giugno 2009: sarà uno scontro tra perizie a definire le cause dello squarcio nella cisterna. L'ad di Ferrovie il principale accusato dalle associazioni dei familiari delle vittime, ma amato dalla politica: la riconferma dopo il rinvio a giudizio e il cavalierato conferito dal Quirinale. Tra le parti civili Nicola Cosentino: il carico era destinato a un'azienda della sua famiglia.

Ana, 42 anni, stava per uscire per chiedere aiuto: la tempesta di fuoco la sorprese con la mano appoggiata alla maniglia del portone. Era una badante e cercava di salvare Mario, 90 anni, che non si poteva alzare dal letto. Hamza, 16 anni, era riuscito a emergere dalle macerie. Ma voleva tornare dentro casa per salvareIman, la sorella di 4 anni. Sono morti entrambi all’ospedale, come i genitori Mohammed e AzizaLuca, 5 anni, i genitori lo avevano portato in auto perché credevano che lì si sarebbe salvato: non ebbe scampo, come sua mamma, Stefania, e suo fratello Lorenzo, 2 anni. Emanuela, 21 anni, era andata a trovareSara, 24 nella sua casa di via Ponchielli: insieme gestivano un’agenzia immobiliare. Quella sera, dopo essere stata inghiottita e risputata da fiamme e fumo, Emanuela chiamò la mamma a notte fonda: “Mamma, c’è stato un incidente, ma non ti preoccupare, non mi sono fatta nulla”. Morirà il 3 luglio, quattro giorni dopo che il vagone-cisterna di un treno merci aveva vomitato gpl sui binari della stazione di Viareggio e poi sulle strade vicine, addosso alle porte, dentro le case. La città che tutti ricordavano per il Carnevale e per le spiagge, ora, da 4 anni e mezzo, trova il suo nome legato a un disastro ferroviario, il quinto più grave di tutti i tempi. Una tragedia che ha un’ora e un giorno precisi (le 23,48 del 29 giugno 2009), ma il cui dolore – sottoforma di agonia – si prolungò per giorni, per settimane, per mesi. Per il tempo, cioè, in cui continuarono a morire i feriti, mangiati dentro dal fuoco ora dopo ora. L’ultima vittima, la 32esima, si chiamava Elisabeth Silva Teran Guadalupe, 36 anni: si arrese tre giorni prima di Natale, sei mesi dopo il disastro.
Inizia il processo: 33 imputati per la morte di 32 persone
Trentadue morti, quanti quelli provocati dal naufragio della Costa Concordia. Ma qui non c’era una nave gigantesca da togliere dagli scogli di un’isola: si fa presto a togliere un treno dall’occhio delle telecamere. E qui non c’era nemmeno un comandante preso a male parole da un ufficiale, né c’erano presunte amanti in plancia di comando, né manovre spericolate compiute per fare un favore a questo o a quello. Qui ci vogliono le squadre di ingegneri per spiegare perché l’asse di un vagone carico di gas infiammabile che dal Piemonte deve arrivare in Campania si è spezzato. E poi il treno non è semplicemente il treno: le cisterne sono di una multinazionale americana ma con insegna di un’azienda austriaca, il locomotore è di Ferrovie dello Stato, il carro è stato costruito in Polonia, revisionato in Germania e montato in provincia di Mantova. Una storia troppo faticosa da capire e per questo sfuggita spesso dalle pagine dei giornali, perfino in momenti cruciali come l’incidente probatorio su motrice e vagoni. Ora però quella storia comincerà ad avere la verità di un processo.
Il dibattimento inizierà mercoledì 13, gli imputati sono 33 e tra questi c’è l’amministratore delegato di Ferrovie dello StatoMauro Moretti. Gli altri dirigenti del gruppo a processo sono l’amministratore delegato di Rfi Michele Mario Elia, l’amministratore delegato di Trenitalia Vincenzo Soprano, l’amministratore di Fs Logistica  Gilberto Galloni, il direttore della Divisione Cargo Fs Mario Castaldo. Poi dirigenti regionali, direttori tecnici, responsabili di settore e manager di Ferrovie, di Rfi e di Trenitalia. A giudizio sono finiti anche Giuseppe Pacchioni e Paolo Pizzadini, rispettivamente amministratore delegato e tecnico della Cima Riparazioni, l’azienda di Bozzolo (Mantova) che aveva montato il carro-cisterna. Poi gli stranieri, i dirigenti di Gatx in AustriaGermaniaPolonia e dell’Officina Jungenthal di Hannover che aveva revisionato il vagone. Fra i reati ipotizzati il disastro ferroviario colposo, l’incendio colposo, l’omicidio e le lesioni colpose plurime. Ad alcuni imputati sono state contestate anche violazioni delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Le parti civili sono un centinaio: fra loro ancora non c’è lo Stato, che ha tempo fino alla prima udienza del processo, domani, e che è in trattativa con le assicurazioni di Gatx e Fs per un accordo sull’eventuale risarcimento. Sono già state depositate le liste con le richieste di testimoni, che dovranno passare al vaglio dei giudici: in quella dei pm figurano, fra gli altri, Diego Della Valle e Luca Cordero di Montezemolo (per i loro ruoli in Italo), mentre, in quelle delle parti civili ci sono anche Nichi Vendola (per i rapporti Regione Puglia-Fs) e l’esponente del Pdl Nicola Cosentino (il carico era destinato a un’azienda della sua famiglia).
La sera del 29 giugno 2009
Il 29 giugno 2012 il treno 50325, partito da Trecate (Novara), deve raggiungere Gricignano (Caserta). Oltre alla motrice ci sono 14 cisterne cariche di gpl: all’interno di ognuna ci sono 35mila litri di gas liquido. Il convoglio va a 90 all’ora, dentro i limiti di 100: supera la stazione di Viareggio, ma dopo poche centinaia di metri il primo vagone deraglia, si sdraia sui binari, si trascina, mentre il treno continua a correre. La fontana di scintille non si vede più solo quando la cisterna viene perforata per mezzo metro. Il convoglio infuocato alla fine si ferma. Ma non le fiamme – secondo alcuni testimoni alte come gli stessi palazzi – e nemmeno il gas. Fuoco e gas corrono, saltano muri, spaccano finestre, abbattono porte, demoliscono stabili. Rastrellano, vanno a cercare le vittime una ad una. Mentre sono in scooter, mentre sono seduti a tavola o a letto. I macchinisti avevano già capito tutto. Erano corsi alla Croce Verde a dare l’allarme: finiranno incenerite anche le ambulanze. Viareggio, dopo un boato che fa morire d’infarto due anziani e devasta un intero quartiere, è illuminata a giorno, colpita al cuore, e chiede aiuto a tutti i pompieri della Toscana. Ce n’è uno di Livorno, per esempio, che è al suo ultimo turno prima della pensione: 18 anni prima era stato tra i primi a salire sul Moby Prince, carbonizzato e senza mai una spiegazione. 
La perizia sulle ragioni del deragliamento e le cause dello squarcio nella cisterna
Le prove del processo si sono già formate nell’incidente probatorio, dopo i sopralluoghi e le prime relazioni dei periti. Le conclusioni del consulente del gip sembrano aver dato ragione a Ferrovie dello Stato. Al centro del confronto non la ragione del deragliamento (l’asse del vagone che ha ceduto perché fratturato), ma la causa dello squarcio nella cisterna. Secondo la Procura fu l’effetto dell’impatto con un “picchetto”, cioè uno spezzone di rotaia piantato a terra per indicare le curve. Per i tecnici delle Ferrovie (e per il perito del gup che ha rinviato a giudizio i 33 imputati) fu un elemento dello scambio, la “piegata a zampa di lepre”. Un dettaglio nient’affatto banale. La “piegata” è indispensabile, i picchetti possono essere sostituiti con altri sistemi meno rischiosi, come ora ha ordinato – 4 anni dopo la strage – l’Agenzia per la sicurezza delle ferrovie. Nelle 150 pagine firmate dai consulenti del tribunale segnalano però che all’ultima manutenzione la “cricca” (così viene chiamata la rottura dell’asse) era già di 11 millimetri e poteva essere rilevata con gli ultrasuoni.
Le accuse all’ad Mauro Moretti
Altre questioni tecniche, secondo il gup Alessandro Del Torrione, dovranno essere chiarite nel dibattimento. ”Noi dubbi non ne abbiamo” disse il giorno del rinvio a giudizio il procuratore capo di Lucca Aldo Cicala. E secondo i magistrati lucchesi Mauro Moretti, l’amministratore delegato di Ferrovie – ad prima di Rfi e poi di Fs – non ha valutato i pericoli e i rischi del passaggio di treni carichi di sostanze pericolose da stazioni circondate da case. L’alto dirigente di Ferrovie è accusato di “inosservanza di leggi ordini, regolamenti e discipline” e di “omissioni progettuali, tecniche, valutative, propositive e dispositive”. Da una parte secondo la Procura lucchese Moretti non avrebbe valutato “il pericolo costituito dalla presenza” dei picchetti e non lo avrebbe fatto neanche quando venne emanata, a fine 2001, una specifica tecnica Rfi, “che prevedeva, sì, la sostituzione del tradizionale sistema di picchettazione” ma “per finalità solo commerciali, come quelle relative al miglioramento del comfort di viaggio ed alla riduzione dei costi e non per l’eliminazione di un elemento in sé pericoloso”. Non solo. Per i pm l’ad di Fs non avrebbe poi valutato la possibilità di ridurre la “velocità di transito lungo la tratta della stazione di Viareggio” o di adottare “meccanismi tali da garantire un’immediata frenatura del convoglio in caso di svio”. E infine non avrebbe assunto “alcuna determinazione in merito alla necessità o almeno all’opportunità, di tenere adeguatamente separata la sede ferroviaria della stazione di Viareggio” dalle abitazioni e non avrebbe proposto la “realizzazione di separazioni, di barriere”. I danni, secondo i pm, avrebbero potuto essere “potenzialmente sterminati”. Armando D’Apote, avvocato di Moretti, dopo il rinvio a giudizio assicurò: “Confido che il processo potrà diradare i dubbi, quelli che hanno fatto prevalere la scelta dibattimentale”.
Moretti, da “uno spiacevolissimo episodio” al cavalierato
E la faccia di Moretti è diventata inevitabilmente il bersaglio delle associazioni dei familiari delle vittime. Erano passati tre giorni dalla strage e le Ferrovie già escludevano qualsiasi responsabilità: “Non abbiamo attivato ancora la nostra assicurazione. Anzi, credo farebbero bene ad attivarla i proprietari del carro” disse lo stesso amministratore delegato in commissione al Senato. Il carro era vetusto, “omologato nel 2004 ma la componentistica di sicurezza risale al ’74 e risulta fabbricato in Germania Est. E’ il carro che determina l’immatricolazione ma è la componentistica a fare la sicurezza”. Ed è peraltro proprio in commissione, a Palazzo Madama, nel 2010, che Moretti – per i parenti delle vittime – passa il segno: “Vi prego di considerare – dice Moretti ai senatori – che quest’anno, per la sicurezza – a parte questo spiacevolissimo episodio di Viareggio – abbiamo ulteriormente migliorato: siamo i primi in Europa”.
Le associazioni hanno chiesto più volte le sue dimissioni. Lo seguirono perfino a Genova, per una festa democratica in cui Moretti era invitato: finì con tafferugli e denunce e con la fuga dell’ad. E la politica? Ha cambiato qualche norma per migliorare la manutenzione dei vagoni. E ha rinnovato il mandato di Moretti. Due volte. Prima con il governo di Silvio Berlusconi. Poi con l’esecutivo delle larghe intese guidato da Enrico Letta, nell’agosto scorso, pochi giorni dopo il rinvio a giudizio. E d’altra parte il 31 maggio 2010, un anno dopo il disastro, fu il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a intervenire: conferì a Moretti il titolo di cavaliere del lavoro. 

Incidente ferroviario di Viareggio.

L'incidente ferroviario di Viareggio del 29 giugno 2009 è stato un grave[3] disastro ferroviario verificatosi in seguito al deragliamento del treno merci 50325 Trecate-Gricignano; a causa della fuoriuscita di gas da una cisterna contenente GPL perforatasi nell'urto si è subito innescato un incendio di vastissime proporzioni che ha interessato la stazione di Viareggio, qualche centinaio di metri a sud del fabbricato viaggiatori della stessa, e le aree circostanti.

Convoglio[modifica | modifica sorgente]

Il treno, composto da 14 carri cisterna, era trainato dalla Locomotiva E.655.175.[4] Il primo carro era immatricolato presso la compagnia ferroviaria polacca PKP ed era stato costruito nel 2004 e revisionato il 2 marzo 2009 da una società di Bozzolo (MN), la Cima Riparazioni,[5] mentre gli altri 13 presso le ferrovie tedesche Deutsche Bahn[Cosa, costruite o revisionate?].[6] I carri con il gas sono stati instradati lungo il binario del raccordo interno che collega la raffineria SARPOMa San Martino di Trecate (NO) alla rete ferroviaria convenzionale da FS Logistica, che prima avrebbe compiuto le operazioni di verifica della sicurezza dei 14 carri[7][8] e alla Stazione di Novara sono stati agganciati al convoglio[Perché oltre ai 14 carri cisterna il convoglio era formato anche da altri? Da quello detto prima non sembrerebbe] . Le cisterne del convoglio, tra cui quella da dove è fuoriuscito il gas che ha innescato l'incendio, appartengono alla multinazionale americanaGATX (sebbene rechino l'insegna KVG, la quale è una società austriaca di proprietà di GATX Rail[9]) e poi date in locazione a FS Logistica che ha utilizzato i carri per i servizi a Sarpom[10][11]. I treni erano diretti senza alcuna sosta a Gricignano di Aversa in provincia di Caserta, destinato all'Aversana Petroli della famiglia Cosentino di Casal di Principe, sempre in provincia di Caserta.

Cronologia[modifica | modifica sorgente]

La zona dell'esplosione, 14 luglio 2009
Alle 23:48 CEST del 29 giugno 2009, il treno merci 50325 Trecate-Gricignano, con il suo convoglio di quattordici carri cisterna contenenti GPL, deraglia per cause probabilmente legate al cedimento del carrello del primo carro cisterna, che trascina fuori dai binari altri quattro carri. Solo dal primo carro, la cui cisterna viene perforata da un elemento dell'infrastruttura, fuoriesce il gas GPL che al contatto con l'ossigeno e alla prima possibilità d'innesco si è incendiato. I danni sono immediati e 11 persone muoiono in pochi minuti, investite dalle fiamme o travolte dal crollo degli edifici; 2 altre persone sono stroncate da infarto e decine sono ferite; di esse molte rimangono gravemente ustionate, e la maggior parte muore, molti anche a distanza di diverse settimane dall'evento. I due macchinisti sono rimasti indenni: dopo aver dato frenatura al convoglio si sono messi in salvo dietro ad un muro che li ha protetti dalla fiammata del gas innescato.
Il deragliamento si è verificato in corrispondenza del sovrappasso pedonale che scavalca il fascio binari sud della stazione ferroviaria, collegando via Burlamacchi con via Ponchielli. Il gas sembra essersi propagato in direzione di quest'ultima via, nella cui area si registra infatti il maggior numero di vittime, feriti e di edifici crollati o danneggiati. Alcune abitazioni sono state poi abbattute su ordinanza delle autorità comunali perché non più agibili o per costi di riparazione superiori ad una ricostruzione ex novo. Nei giorni successivi è stato inoltre abbattuto anche lo storico sovrappasso ("La Passerella") per i gravi danni strutturali riportati dallo stress termico.
In totale si contano 31 morti[12] (33 contando i due deceduti per infarto) e 25 feriti. I funerali di Stato ai quali hanno partecipato almeno 30.000 persone si sono tenuti il 7 luglio[13] allo Stadio Torquato Bresciani per 15 vittime, altri 7 hanno ricevuto le esequie con rito musulmano in Marocco.[14] Due altri morti, avvenuti indirettamente per infarto, non sono stati messi nella lista ufficiale.

Probabili cause[modifica | modifica sorgente]

In attesa delle conclusioni ufficiali delle commissioni di inchiesta la probabile causa dell'incidente è attribuibile al cedimento strutturale di un'asse del carrello del primo carro-cisterna deragliato.[15] La prima foto pubblicata[16] sembra confermare che l'incidente sia stato provocato dalla rottura dell'asse per fatica (cricca della boccola), dato che la sezione fratturata mostra la classica superficie "marezzata" per il 90% della sua superficie. Questa modalità di rottura è tipica degli assili ferroviari e per prevenirla sono previste stringenti procedure cicliche di controllo, che nel caso di specie non sarebbero state rispettate.[senza fonte]

Vittime[modifica | modifica sorgente]

NazionalitàMorti
Italia Italiani23
Marocco Marocchini7
Ecuador Ecuadoriani2
Romania Romeni1
Totale33
Le persone decedute a causa del disastro sono state 33.[17][18]. Undici sono decedute nell'esplosione e nel seguente incendio[19] e altre venti per le ustioni, nei mesi successivi[20]. Vanno poi aggiunti due anziani deceduti per infarto presumibilmente causato dallo shock dello scoppio o dalla vista della scena del disastro[21].

Inchiesta giudiziaria[modifica | modifica sorgente]

A sei mesi dall'incidente ferroviario, l'indagine giudiziaria volta a individuare le responsabilità della strage non ha ancora visto alcun indagato. Il 29 dicembre 2009 si è quindi verificata un'azione dimostrativa che ha portato al blocco di un Eurostar diretto aGenova (ore 21:17) e di un InterCity diretto a Livorno (ore 21:56).
Nel novembre 2009, sia la società GATX sia le Ferrovie dello Stato hanno annunciato la volontà di liquidare i danni dell'incidente, manifestando l'intento a pervenire in tempi brevi ad offerte di risarcimento congiunte con i familiari delle vittime.[22] Solo un mese più tardi, tuttavia, la società GATX nega il risarcimento richiesto da quaranta parti lese[23]. A questa situazione si aggiungono le dichiarazioni espresse da Moretti in occasione di un'audizione al Senato, nel febbraio 2010: l'amministratore delegato delle ferrovie declassa la sciagura ad uno a spiacevole episodio[24]. D'altro canto, però, il 22 dicembre 2009 un treno adibito al trasporto di gpl si è incendiato nei pressi di Grosseto: tra le località in cui il convoglio è transitato vi è anche Viareggio[25] e, sebbene non vi siano state conseguenze, il fatto getta un'ombra sulla sicurezza del trasporto di materiale pericoloso su ferrovia.
Il 29 marzo 2010, dopo nove mesi dall'incidente e nessun indagato, i familiari, gli amici e alcuni concittadini delle vittime si recano davanti alla procura diLucca al fine di sollecitare le istituzioni a fare luce sulle responsabilità dell'incidente.[26]. I Comitati sorti all'indomani della tragedia hanno dato vita ad un sit-in che si è protratto per trentadue ore, trentadue come il numero delle vittime che l'incidente ha causato. Inoltre i Comitati hanno dato inizio ad una raccolta di firme per chiedere le dimissioni dell'AD di Trenitalia Moretti.
La svolta arriva il 21 aprile, allorché la Procura di Lucca rende noto che vi sono sette indagati.[27]. Non si conoscono tuttavia i nomi dei presunti responsabili.
Il 21 giugno 2010 la Procura di Lucca rende noto che l'inchiesta ha iscritto 18 persone nel registro degli indagati, sottolineando che "L'individuazione dei soggetti da sottoporre a indagine non può ritenersi allo stato conclusa" e che "il numero degli indagati potrebbe crescere "in rapporto ai vari profili di colpa identificati".[28] Di questi - riferiscono i quotidiani Corriere della Sera e Il Tirreno - si conoscono i nomi di quattro persone: i tedeschi Joachim Lehamann 42 anni, Andreas Schroter 44 anni, Uwe Kriebal 46 anni dell’officina Jungenthal di Hannover (dove fu controllato l'assile che rompendosi causò il deragliamento)[29] ed il mantovano Paolo Pizzadini, 44 anni, della Cima riparazioni di Bozzolo (MN).[30] Viene invece mantenuto il riserbo degli inquirenti sui nomi degli altri indagati. Lo stesso giorno, l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti dichiara: "Non escludo che io stesso sia coinvolto. Ogni qualvolta nella storia ci sono state cose di questo genere tutti quanti sono stati compresi negli avvisi di garanzia."[31]
Il 16 dicembre 2010 la procura di Lucca ha emesso 38 avvisi di garanzia, in base ai quali risulta indagato lo stesso Moretti[32][33][34]. Il 7 marzo 2011 a Lucca, nell'ambito delle indagini condotte alla Procura della Repubblica per stabilire le cause degli eventi del 29 giugno 2009, si è svolta la prima udienza dell'incidente probatorio che dovrà ricostruire la dinamica del disastro ferroviario e cercare di fare chiarezza sulle cause attraverso varie prove tecniche. Alla prima udienza dell'incidente probatorio presieduto dal giudice per le indagini preliminari Simone Silvestri, hanno partecipato circa 200 persone tra avvocati e parti lese, non era presente nessuno dei 38 indagati. L'incidente probatorio si è concluso all'udienza del 4 novembre 2011. La perizia disposta dal giudice per le indagini preliminari ha individuato la causa dell'incidente nel cedimento "a fatica" dell'assile del primo carrello del primo carro cisterna. Ha altresì accertato che la "cricca", la cui propagazione ha determinato la frattura dell'assile, era già presente quando il pezzo di ricambio fu spedito dall'officina tedesca Jugenthal di Hannover all'officina italiana Cima Riparazioni di Bozzolo, che provvide alla sua installazione sul carro, circa tre mesi prima dell'incidente. Ha accertato infine che lo squarcio della cisterna fu provocato dall'impatto contro un elemento fisso dell'infrastruttura (la punta di una controrotaia dello scambio "piegata a zampa di lepre").
Il 4 giugno 2013 viene confermato il licenziamento del ferroviere Riccardo Antonini, motivato dalla "rottura del vincolo fiduciario tra azienda e dipendente": l'uomo era stato consulente delle famiglie delle vittime ed era stato querelato dal Moretti.[35] Solidarietà è stata espressa dal sindacalismo di base, che ne chiede l'immediato reintegro[36], e dalla Rete dei Comunisti.[37] L'11 giugno 2013 di fronte alla stazione di Viareggio si è inoltre svolto un presidio di solidarietà al ferroviere licenziato.[38]
Il 22 luglio 2013 la Commissione Ministeriale di Indagine del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti pubblica una relazione che ribalta completamente la tesi sostenuta dagli ingegneri di Ferrovie dello Stato e dei periti del GIP secondo cui la causa dello squarcio e quindi della fuoriuscita di GPL e dell'esplosione, è da addebitarsi all'impatto contro la cosiddetta "zampa di lepre". Nel rapporto della Commissione Ministeriale la causa dello squarcio è da addebitarsi invece all'urto contro un picchetto di regolazione curve. Il documento pubblicato sul sito del Ministero dei Trasporti include un filmato animato 3D in cui vengono valutate numerose ipotesi di dinamica dell'incidente. Nel filmato si evidenziano dei punti fondamentali dati per certi da tutti i periti incaricati della ricostruzione degli eventi. Tali punti vengono utilizzati per sostenere l'attendibilità o la non attendibilità delle varie ipotesi dinamiche prese in considerazione. Per la Commissione Ministeriale, verificata la compatibilità geometrica e la attendibilità di tutti i punti in questione, la causa più probabile è che il carro cisterna sia stato squarciato in seguito all'impatto con il picchetto n°24 posto in uscita dalla stazione di Viareggio, appoggiando la conclusione a cui sono arrivati anche i periti della Procura di Lucca e dai consulenti tecnici dei parenti delle vittime.
Il 18 luglio 2013 il GUP di Lucca Alessandro Dal Torrione decide per il rinvio a giudizio di 33 imputati, tra cui i vertici delle Ferrovie dello Stato, e fissa al 13 novembre 2013 la data di inizio della prima udienza del processo per la strage.

Ricostruzione[modifica | modifica sorgente]

Il 22 gennaio 2010 sono iniziati i lavori di ricostruzione dell'intera area distrutta.

Commemorazioni[modifica | modifica sorgente]

Monumento alle vittime dell'incidente nel Cimitero Comunale di Viareggio
Il 29 luglio 2009, ad un mese della strage, si tenne la prima commemorazione: una marcia silenziosa di circa 15.000 persone.
Il 14 luglio 2009 si è celebrata una partita in memoria della strage allo stadio dei Pini di Viareggio, il cui devoluto è andato in donazione al Comune di Viareggio.[39][40]
Il 29 giugno 2010 è stato il primo anniversario dell'incidente ferroviario. La commemorazione si è aperta con la scoperta della targa di fianco alla Croce Verde, uno dei luoghi simbolo della strage. Di seguito i partecipanti si sono spostati allo stadio dei Pini per partecipare a un momento di riflessione e di preghiera per poi dare il via a un lungo corteo (in testa i familiari delle vittime) per le strade della città. Quasi ventimila persone, con fiaccole e messaggi di solidarietà, hanno sfilato per i cinque chilometri di percorso, attraverso la passeggiata a mare, la stazione e la Croce Verde, fino ad arrivare in via Ponchielli. Qui, alle 23:48, tutte le sirene dei mezzi di soccorso hanno suonato contemporaneamente per un minuto, riportando la mente dei viareggini a quei terribili momenti e in seguito 32 rintocchi di campana hanno salutato le 32 vittime della strage. Tutti i treni in transito sulla adiacente ferrovia hanno partecipato al lutto e al ricordo fischiando 3 volte.
Negli anni successivi si sono svolte commemorazioni.  

giovedì 28 novembre 2013

Giancarlo Cancelleri Portavoce a 5 Stelle.



La caduta di Berlusconi viene oggi festeggiata da tutti come un grande avvenimento, eppure noi restiamo con l’amaro in bocca. 
Crediamo che questo debba essere un momento di riflessione e non di festa, perché a conti fatti, Berlusconi, ha governato/comandato per vent’anni. 

Venti lunghi anni in cui non ha mai avuto un’opposizione, venti anni in cui ha distrutto l’economia di un paese ma soprattutto la sua cultura, creando una società plasmata sui suoi modelli televisivi. 

Prima del suo avvento i nostri giovani volevano fare gli ingegneri o i medici, ora in molti sognano di fare i tronisti o le veline.

Il problema non è che oggi sia decaduto (ma lo è veramente?), ma più il fatto che il nostro sistema abbia permesso ad un uomo così potente ed influente di entrare nella cosa pubblica senza che nessuno abbia mai potuto contrastarlo.


Crediamo che solo grazie alla presenza del Movimento 5 Stelle si sia potuto raggiungere questo risultato, ma non è di certo qualcosa per cui rallegrarsi, perché di fatto, noi abbiamo deciso di entrare in politica per sopperire all’incapacità dell’attuale classe dirigente, e questo è già motivo di vergogna se ci pensate bene.


Gli Italiani sembrano non imparare dalla storia, abbiamo avuto il ventennio fascista, poi i quasi cinquant’anni di Democrazia Cristiana ed infine il berlusconismo, ma quando questo paese potrà avere una Repubblica fondata sulle idee e non sui centri di potere?
Noi ci stiamo provando e continueremo a provarci, perché qui le opzioni sono solo due, o vinciamo questa guerra o torniamo tutti a casa, ma se così fosse, allora per l’Italia non ci saranno più speranze.


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Sequestrati 140mila Pastelli Destinati ai Bambini: Sono Pericolosissimi!


E’ stata l’operazione “Scuola sicura“ della Guardia di finanza di Trento a scoprire e sequestrare in oltre 800 punti vendita di tutta Italia, 140mila pastelli pericolosi per la salute.
I pastelli in questione non hanno il marchio CE di sicurezza, per questo motivo i primi sospetti e così, su delega della procura di Reggio Emilia, i pastelli sono stati immediatamente sottoposti a specifici accertamenti meccanici e chimici ad opera di un laboratorio specializzato. 
Le analisi hanno evidenziato la terribile verità:
la vernice esterna di una serie di pastelli fluorescenti è intrisa di ftalati di tipo DEHP per un valore 3 volte superiore a quello consentito.
Gli ftalati di questo tipo sono in grado di produrre effetti analoghi a quelli di un ormone estrogenante, il quale provoca disturbi nello sviluppo dell’apparato riproduttivo maschile nonchè danni al fegato, ai reni ed ai polmoni e possibili ulteriori effetti di ritardo nello sviluppo mentale dei neonati e come se non bastasse sono anche cancerogeni.
I pastelli manco a dirlo provenivano dalla Cina ed erano destinati anche a bambini molto piccoli.
Nel frattempo il titolare della società che ha importato il prodotto e’ stato denunciato per il reato previsto dall’articolo 31 del decreto legislativo numero 54 del 2011, che, nel campo della sicurezza dei giocattoli, prevede l’arresto fino ad un anno.
E’ da Settembre che la Guardia di Finanza di Trento controlla gli scaffali dei prodotti per la scuola, migliaia di pastelli di produzione cinese privi del marchio CE di sicurezza erano sugli scaffali dei negozi cinesi e anche reclamizzati su un volantino promozionale di tre grandi catene distributive italiane.
I pastelli sono stati immediatamente sequestrato dalla Guardia di Finanza che coordinata dal procuratore della Repubblica di Reggio Emilia, Giorgio Grandinetti, hanno risalito l’intera filiera distributiva sino all’importatore e primo distributore, una nota e regolare società emiliana, che li aveva acquistati da un fornitore cinese, per poi procedere ai sequestri su tutto il territorio nazionale.
Al porto di La Spezia è stato individuato e bloccato anche un container in arrivo via mare dalla Cina, i carabinieri della Guardia di Finanza lo hanno seguito fino allo sdoganamento a Bologna dove hanno poi sequestrato tutti i prodotti in esso contenuti.
Verificate se avete in casa di questi pastelli, la marca non sembra esserci, vi possiamo solo fornire le immagini ufficiali messe a disposizione dalla Guardia di Finanza e il filmato del sequestro. Se avremo altre notizie vi avviseremo tempestivamente.
Un consiglio che voglio darvi è quello di verificare SEMPRE la presenza del marchio CE di sicurezza, di affidarvi a marche conosciute per i giocattoli e i prodotti destinati ai bambini e di diffidare di prodotti a basso costo, senza marca e senza riferimenti per un eventuale reclamo.
Per vostra informazione potete visitare il sito del Marchio CE per verificare com’è esattamente e poter quindi riconoscere il falso ->www.ce-marcatura.it

Mutolo fiume in piena: “Napolitano cela la verità sulla trattativa, Berlusconi vinse grazie a Cosa Nostra”.




Il pentito Mutolo parla della trattativa, di Napolitano, di Paolo Borsellino e dei contatti che Silvio Berlusconi ebbe con Cosa Nostra.

-Redazione- La trattativa tra Stato e mafia è innegabile. Questa l'opinione di Gaspare Mutolo, il pentito che fu braccio destro di Totò Riina.
Intervistato da "La Zanzara", su radio 24, l'uomo offre la sua ricostruzione di quegli anni, soffermandosi anche sulla citazione come teste del presidente Napolitano, nell'ambito del processo palermitano che dovrebbe far luce sui patti che intercorsero tra istituzioni e criminalità organizzata. "La trattativa fra Stato e mafia esiste da sempre, c'è stata di sicuro", ha spiegato Mutolo. "Il presidente Napolitano, detto con grande rispetto, si è voluto immischiare nei processi,vuole coprire qualcosa che non era giusto e nascondere la verità". Poi conferma le ipotesi che in molti hanno tentato di abbattere, sulla strage di via D'Amelio, ovvero che "Paolo Borsellino fu ucciso perché era contrario alla trattativa, al cento per cento." Di fatto, Mutolo ammette che vi fu un'accelerazione, con l'eccidio del giudice, dopo la strage di Capaci: bisognava fermare chi ostacolava gli interessi istituzionali e mafiosi, quelli dei criminali e dei politici collusi.
Proprio sui politici collusi, il collaboratore di giustizia, non appare affatto clemente: secondo lui dovrebbero "subire le stesse sorti del mafiosi, anzi peggio. Peggio del 41 bis, dovrebbero essere castrati". "La vera mafia è a Roma", aggiunge, "Invece i trattamenti sono diversi”.
Mutolo si concentra persino sulla figura dell'ex premier: "“Ho avuto delle esperienze personali con il personaggio Berlusconi", ricorda. Specifica che non era legato "in senso stretto" alla mafia, "ma aveva contatti con qualche mafioso, come attestano delle sentenze." D'altra parte, prosegue, "è difficile per certe persone non avere rapporti con la mafia".
"Nel ‘74", ricostruisce, "mi trovavo a Milano con altri personaggi perché dovevo fare un sequestro di persona. Dopo ci fu un richiamo per tutti e non si parlò più di sequestrare Berlusconi. Poi arrivò ad Arcore lo stalliere siciliano Vittorio Mangano…”. E anche Dell'Utri "aveva molti contatti coi mafiosi": "E’ una cosa risaputa, un dato di fatto”, chiosa Mutolo, che fornisce anche la propria opinione in merito il ritorno di Forza Italia, rivelandosi scettico: “I tempi non sono quelli del ‘93 e del ‘94", osserva. A quel tempo Berlusconi "fece il pieno perché c’era la mafia, che ha aiutato Forza Italia."
"Questo è sicuro", ribadisce, "ho sentito a riguardo molte intercettazioni del ‘93.Tutta la Sicilia mafiosa era per Forza Italiatutte le organizzazioni mafiose hanno votato Berlusconi, perché i mafiosi si sentivano traditi dalla Dc mentre i comunisti erano contro”.
“Oggi la mafia non è più quella di vent’anni fa",  spiega ancora Mutolo. "Sono quasi tutti in galera, anche se di amici dei mafiosi oggi in Parlamento ce ne sono ancora tanti. Meno di prima ma ancora tanti. Lo posso dire al cento per cento." E dove sono? "Più a destra che a sinistra". D'altra parte, "se ogni tanto si sente l’urlo di Riina, come quello di un coniglio in gabbia, è perché si è sentito tradito dalle promesse che gli hanno fatto allora”.
L'intervista si sposta poi sulla sua persona: “Vivo ancora sotto protezione e lo Stato mi dà 1200 euro al mese", ammette. "Non dico che sono pochi, ma per quello che ho fatto merito questo ed altro. Sono uno dei pochissimi collaboratori che ha detto tutto e a cui lo Stato non ha mai rimproverato nulla. Però mi ha confiscato tutto. Devo pagare tutto dalla a alla zeta, non ho parenti. Dipingo e vendo qualche quadro, non mi posso lamentare”.
Riguardo alle proprie preferenze politiche, spiega che gli "piacerebbe tornare a votare". Un tempo si ritrovava nei Radicali, perché Pannella "aiutava i disagiati ed era contro alcune leggi". Ora, però, voterebbe per un partito di sinistra: "Mi piace particolarmente Matteo Renzi", conclude.