martedì 18 febbraio 2014

UNA ESTROMISSIONE IN STILE MAFIOSO. - Viviana Vivarelli

Napolitano “voleva Monti al governo dal giugno 2011″. Il Colle: “Vero, ma è fumo”
Il succedersi degli eventi è impressionante e sono contrassegnati tutti dal più brutale attacco alla democrazia mai visto in 60 anni.
Alla vigilia dell’impeachment di Grillo arriva il colpo del Financial Times a Napolitano, pubblicato, guarda caso, dal Corriere, uno che è sempre stato coi piedi in due staffe. Napolitano riceve Renzi, che non ha nessuna carica parlamentare o ministeriale. Non sente prima i partiti come richiede la Costituzione, no, viola la prassi costituzionale e chiama direttamente quello che ‘deve’ nominare. Non agisce da coordinatore delle scelte parlamentari come vuole la Costituzione, ‘nomina’ arbitrariamente chi gli pare, come ha già fatto con Monti e Letta!
Renzi non è nessuno, a parte l’incredibile bagarre televisiva e mediatica che lo ha imposto agli occhi degli Italiani, la sua unica dote sta nei1.895.332 voti presi alle primarie del Pd in cui hanno votato  2.814.801 elettori sugli 8 644 523 che hanno  scelto il Pd alla Camera (nemmeno un piddino su 4). Siccome gli elettori italiani in tutto sono  50 449 979, è come se Renzi rappresentasse il 5,5 %  del popolo italiano!
Ma ecco che proprio alla vigilia dell’impeachment, l’inglese Financial Times anticipa un libro di Friedman, giornalista americano che ha lavorato su Rai3, che fa scoppiare uno scandalo: Napolitano si è consultato con Monti “ben 4 mesi prima che B cadesse”, e B è caduto non solo per il difetto dei numeri in Parlamento ma per decisione della Casa Bianca, per cui i mercati che hanno rialzato lo spread con lo scopo di mandarlo a picco minacciando di far crollare le azioni di Mediaset in Borsa (come già aveva spifferato Bossi dopo il G8 di Nizza). Così le società di rating ci hanno declassati illecitamente (malgrado le denunce dei nostri magistrati) e i banchieri di Wall City e della City di Londra hanno fatto dei begli affari su di noi. B è stato costretto ad andarsene e i poteri forti con la collusione di Napolitano hanno messo un loro uomo di fiducia, Monti, a capo del saccheggio italiano. Il mondo finanziario europeo collaborò ben contento di mandarci a picco e di banchettare sulle nostre imprese fallite e in primis esultò la Merkel (mentre si incontravano segretamente Prodi, Passera e De Benedetti, i quali addirittura stilarono il programma di Monti).
Monti, ricordiamolo sempre, non ha mai rappresentato la maggioranza degli elettori italiani, è stato scelto solo in quanto membro del Bilderberg e  presidente europeo della Trilaterale, il gruppo neoliberista di speculatori fondato da Rockfeller che sta rovinando l'Europa e primariamente l'Italia. Così abbiamo avuto l’aumento delle tasse, la Fornero e il suo attacco al mondo del lavoro col debito che  aumentava di 180 miliardi, la protezione di Clio ai Riva, il No deciso di Monti alla separazione delle banche d’affari da quelle di investimento, il No alla tassazione dei derivati e a un controllo sulle banche, e un primo atto di governo in cui Monti dava alla banca newyorkese Morgan Stanley 2 miliardi e 567 milioni di euro. A Monti Napolitano ha fatto seguire il docile Letta, vicepresidente della Aspen, altro esecutore del Bilderberg che ha portato avanti il patto con Berlusconi, il contratto sindacale unico, i regali alle banche, la svendita del patrimonio pubblico (Poste ecc.). Ma, di fronte al malcontento popolare, eccoci al gradino più basso: il debole Letta non basta più, va troppo piano nello smantellamento dell’Italia e così, dopo 10 mesi, se ne progetta il rapido assassinio, prendendo come sicario il rampante e ambiziosissimo Renzi, il cui pedigree non sta certo nei pochi voti presi (un partito del 5,5% non significherebbe nulla in Italia) ma nei 100 punti di un programma fatto da Gori (il programmista di Berlusconi), in cui si delinea un perfetto piano di estrema dx che piace molto al sistema finanziario come piacerà di sicuro alla P2: cancellazione dei diritti del lavoro e dello stato sociale, privatizzazione totale di beni e servizi, nessun sistema elettorale con preferenze ma anzi abolizione graduale dell’elezione democratica (Province, Senato…) in vista della trasformazione della repubblica da parlamentare a presidenziale, mentre Napolitano si dà da fare tentando (finora bloccato dai 5 stelle) di abolire l’art.139 della Costituzione, per trasformarla da rigida a flessibile e mette su la sceneggiata dei famigerati ‘saggi’ per cambiare in un colpo solo mezza Costituzione (secondo la ‘direttiva’ della prima banca d’affari USA: la Goldman Sachs). Quando Grillo avanza la messa in stato di accusa del PdR, i partiti lo difendono compatti ridicolizzandolo. Ma intanto Renzi come primo atto va a prendere ordini dalla Merkel e stringe i rapporti con B, sia direttamente che tramite Verdini che sembra lo abbia finanziato con 4 milioni di euro e lo ‘allevi’ dal 2009, cioè da 4 anni, come ‘cavallo di Berlusconi’.
Insomma la politica italiana sembra diventata un fatto privato tra Napolitano, Berlusconi, Monti-Letta e ora Renzi (con Prodi e De Benedetti nell’ombra), mentre i veri protagonisti nemmeno compaiono sui media italiani e sono: il sistema bancario-finanziario e la Trilaterale che ne è a capo.
Ed ecco il Financial Times che mette in difficoltà Napolitano e lo fa ad opera di un giornalista americano, il che fa temere piani anche peggiori. E per la prima volta abbiamo una lievissima critica fatta da Napolitano al Parlamento europeo all’austerity che ci sta massacrando. Siamo a 2 mesi dalle elezioni europee, con l’euro criticato solo del M5S, che solo per questo è il granellino di sabbia del sistema.
Appena Friedman parla, Napolitano che ha sempre sostenuto Letta, capisce che non può più continuare e Letta cade. Il Pdr non perde nemmeno tempo a sentire i partiti, li ignora, ignora anche e soprattutto il M5S che è il 2° partito italiano e rappresenta 9 milioni di elettori, sente solo il Pd e lo fa a nomina avvenuta, seguendo il nuovo diktat internazionale.
Scrive Pietro Ancona: “20 anni di berlusconismo non sono stati sufficienti a prepararci allo spettacolo del Segretario del Partito che pugnala alla gola il Capo del  Governo del suo stesso partito, assistito da un vecchio cinico che abita il Quirinale”.
Il totoministri di Renzi a questo punto è una buffonata. I poteri turbocapitalisti sanno già  chi mettere, magari la figlia di quel Reichlin economista liberista scelto dalla banca d’Inghilterra, sicuramente non saranno persone atte a fare gli interessi nostri e sicuramente saranno iperliberisti, per darci il governo più di dx mai visto in Italia, col consenso del Pd e di Sel, naturalmente, per la regola del “Tengo famigghia e poltrona”. Dopo di che la spoliazione dell’Italia sarà una cosa seria. E’ diventato risibile anche nemmeno parlare di processi per la compravendita di singoli parlamentari, stiamo assistendo al più grande mercato che la politica abbia mai fatto di se stessa: un intero parlamento e governo che si vendono in blocco al massimo aggressore!
Come diceva Ferrara: “La politica si basa sul ricatto”. Non sempre sui reati passati, spesso su quelli futuri.
Il Financial Times ha minacciato Napolitano e ha avuto il suo scalpo: porterà Renzi al governo nel modo più antidemocratico che si possa immaginare. Renzi sarà Capo del Governo per la resa ‘bulgara’ di 136 persone nel più avvilente suk politico della storia della Repubblica italiana.
Come dice Pietro Ancona: “Siamo lontani mille km dalla Costituzione e dalla prassi consolidata che regola le crisi di governo. Siamo lontani dalla democrazia”.
Ma ora il giovane squalo non può solo proclamare, per tenersi in sella deve trattare. E qui cominceranno i suoi guai.
(ricevuta tramite email dall'autrice)

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Giancarlo Cancelleri

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La roccaforte dove Ligresti ospitava il gotha del potere. - Grazia Longo


Il palazzo di via delle Tre Madonne a Roma passato dalla Fondiaria Sai di Salvatore Ligresti alla Unipol dove risiedono molti inquilini famosi.

LA ROCCAFORTE DOVE LIGRESTI OSPITAVA IL GOTHA DEL POTERE

Appartamenti di 220 metri quadri con canoni da case popolari


Più che un palazzo è un castelletto: tre enormi e lussuosi blocchi neoclassici color giallo arancio con terrazze alberate e fontana con zampilli nel cortile centrale, dietro l’enorme cancello elettrico. La roccaforte romana dove Ligresti ha dato alloggio al gotha politico, bancario e mediatico più in vista del Paese – e molto vicino a Berlusconi – si trova immerso nel verde della zona più vip, via delle Tre Madonne, del quartiere più vip della capitale, i Parioli.
Non c’è neppure bisogno di scorrere i cognomi sui 42 campanelli – la maggior parte dei quali peraltro si limita a una sigla o al nome di una città, tipo New York – per capire che da queste parti in fatto di potere non si scherza. Bastano la Digos e i carabinieri che si alternano di guardia – 24 ore al giorno – perché è qui che abita il vice premier e ministro degli Interni, Angelino Alfano. E prima ancora di entrare nel merito degli altri inquilini famosi, vale la pena ricordare che oltre alla notorietà possiedono anche la fortuna. Come definire diversamente il prezzo stracciato dell’affitto? Fino a una decina di mesi fa molto al di sotto del prezzo di mercato per appartamento di almeno 220 metri quadri.
Così almeno riferiscono fonti ben informate che negano categoricamente il rispetto del canone dovuto di 6 mila euro al mese. Ed è quanto implicitamente conferma l’Unipol che pur non volendo fornire indicazioni precise sul canone d’affitto, sottolinea che «tutti i contratti sono in via di revisione con un nuovo canone d’affitto». Ma la pacchia per qualcuno è ben lungi dal finire. Perché se è vero che da un anno il patrimonio immobiliare di via delle Tre Madonne 14, 16 e 18 è passato dalla Fondiaria Sai di Salvatore Ligresti alla Unipol, è altrettanto vero che per molti il contratto d’affitto stipulato con la famiglia Ligresti non è ancora scaduto e quindi resta invariato alla vecchia e vantaggiosa cifra.
Non c’è da stupirsi che in virtù della doppia esclusività, estetica ed economica, in molti abbiano scelta questa come dimora principale. L’ex ministro alla funzione pubblica Renato Brunetta ha da poco fatto le valigie verso altri lidi. Da pochi mesi si è trasferito anche Marco Cardia – rampollo dell’ex presidente della Consob, Lamberto – e avvocato di professione. Attività che tra l’altro gli ha consentito di lavorare come consulente proprio per l’ex padrone di casa Ligresti.
Esce a buttare la spazzatura, invece, l’ex direttore generale della Rai Mauro Masi, in tenuta sportiva da sabato pomeriggio – pantaloni della tuta, camicia e un gilé di piumino – prima di salire sull’auto blu con autista.
Non abita più qui il vice di Fini Italo Bocchino, che ha tuttavia lasciato l’appartamento alla moglie da cui si è separato, la produttrice tv Gabriella Buontempo, che ama far jogging nel parco della vicinissima Villa Borghese. Il suo è l’unico cognome scritto a penna su un cartoncino incollato con lo scotch. Mentre Chiara e Benedetta Geronzi – figlie dell’ex banchiere Cesare condannato a 5 anni per bancarotta fraudolenta – cercano l’anonimato dietro a due lettere.
Ma è evidente a chiunque che la star tra i super inquilini è il vice premier Alfano: abita qui alle Tre Madonne da quando era ministro della Giustizia e in più d’uno si domandavano come potesse accettare di diventare inquilino di Salvatore Ligresti, che già all’epoca della stipula del contratto era un ex pregiudicato condannato in Cassazione per corruzione. Sia come sia, l’avamposto pariolino dei Ligresti faceva coppia con l’ospitalità che la famiglia riservava ai suoi ospiti più illustri – ministri, parlamentari, prefetti – al Tanka Village di Villasimius, in Sardegna dove venivano offerte tonnellate di aragoste. Generosità che emerge anche da un’intercettazione telefonica tra l’ex amministratore delegato di Fonsai Fausto Marchionni e Alberto Alderisio, uomo vicinissimo al clan Ligresti.
Nella lussuosa residenza romana, invece, alloggi da favola per amici importanti che occupano appartamenti gestiti dai fedeli camerieri filippini. Alcuni escono a fare la spesa, ed evitano accuratamente di fornire informazioni. La consegna al silenzio vale oro. Tanto quanto il valore degli alloggi, in barba all’affitto pagato decisamente meno del valore reale.