martedì 17 marzo 2015

Stati Uniti, Robert Durst incastrato dal documentario: «Li ho uccisi io»

Robert Durst (Reuters)

La frase, rubata da un microfono rimasto aperto, sembrava solo un finale ad effetto del documentario trasmesso da Hbo sul miliardario americano, che è stato arrestato.

«Che diavolo ho fatto? Li ho uccisi tutti, ovviamente». 
La frase, rubata da un microfono rimasto aperto ad intervista conclusa, sembrava solo un finale ad effetto del documentario trasmesso da Hbo sulla vita e i misteri di Robert Durst, ma ora pare essere la svolta che potrebbe finalmente mettere la parola fine ad almeno uno dei casi rimasti irrisolti che coinvolgono il miliardario americano. Non a caso, meno di 24 ore prima della messa in onda, dell’episodio finale del documentario «The Jinx», il 71enne erede di un impero immobiliare a New York, è stato arrestato dall’Fbi a New Orleans per l’omicidio di Susan Berman, trovata morta nella sua casa di Beverly Hills nel 2000.

Microfono ancora aperto.
La polizia di Los Angeles, dove il miliardario dovrà essere ora trasferito, ha spiegato che «in base a nuove indagini e prove venute alla luce, abbiano identificato Robert Durst come la persona responsabile della morte di Ms Berman». Non è stato però specificato di quali prove si tratti, ma il Los Angeles Times ha rivelato che il documentario ha avuto un ruolo determinante nella decisione di procedere all’arresto. La frase incriminata, per molti una vera e propria confessione, è stata registrata mentre Durst si era alzato, evidentemente con il microfono ancora aperto, per andare al bagno. E lo stesso regista Andrew Jarecki intervistato oggi da Good Morning America ha ammesso che al momento della registrazione non si era accorto di quella battuta cruciale. «E’ stato così spaventoso quando l’abbiamo sentita, è stato inquietante», ha detto il regista raccontando come, durante il montaggio, abbia ascoltato il borbottio di Durst.

«Da anni sostiene la sua innocenza, nulla è cambiato»
Anche l’avvocato del miliardario, Chip Lewis, è convinto che l’arresto sia stato coordinato con la messa in onda del documentario. «Da anni sostiene la sua innocenza, nulla è cambiato», ha aggiunto il legale affermando che comunque il suo legale non si opporrà al trasferimento a Los Angeles per fronteggiare le accuse. Berman, una scrittrice il cui padre era legato alla mafia di Las Vegas, fu uccisa proprio pochi giorni prima di essere ascoltata dalla polizia che aveva riaperto il caso della scomparsa della moglie di Durst, il primo eclatante omicidio per il quale il miliardario è stato accusato. 
In realtà il corpo di Kathie McCormack, scomparsa nel 1982 mentre si stava recando a New York dove studiava, non è mai stato trovato, e Durst ha sempre sostenuto di averla vista l’ultima volta alla stazione ferroviaria di Westchester dove l’aveva accompagnata. I familiari della donna accusarono da subito il marito, descritto come un violento che aveva più volte aggredito la moglie, ma Durst non fu mai arrestato. Mentre il miliardario finì in manette, e in tribunale, nel 2001 per l’omicidio di Morris Black, un suo vicino di Galveston, in Texas, dove Durst viveva, travestito da donna in un anonimo appartamento da 300 dollari al mese, per sfuggire al sempre crescente interesse di media e polizia alla sua vicenda. In questo caso Durst - che tentò anche la fuga dopo essere stato rilasciato con una cauzione di un miliardo di dollari per essere poi catturato in Pennsylvania - ammise di aver ucciso Black per legittima difesa durante una lite e di averne smembrato il corpo «perché preso dal panico». Una linea difensiva che fu accolta dalla giuria texana: il miliardario patteggiò una pena di 5 anni ma già l'anno dopo era libero sulla parola. 
Ora però Durst rischia la pena di morte

Hawaii da sogno: 100% di energie rinnovabili entro il 2040.

Hawaii

HAWAII - Hawaii paradiso incontaminato e meta da sogno. Sì, ma non solo. Se tutto va bene – e l'impegno non è certo da poco – entro il 2040 l'arcipelago del Pacifico più famoso al mondo sarà alimentato da energie 100% rinnovabili. L'idea arriva da Camera e Senato nazionali, che hanno stabilito all'unanimità l'aumento del loro Renewable Portfolio Standard (RPS) dall'attuale obiettivo del 70% entro il 2030 al 100% entro il 2040 appunto. È chiaro che il salto di 12 punti percentuali in appena sei anni è un traguardo notevole, ma il senatore Mike Gabbard, che ha proposto il disegno di legge, rassicura: «Possiamo arrivare al 65% entro il 2030, quindi il 100% è sicuramente fattibile».
UN SETTORE ENERGETICO PARTICOLARE - Ad oggi, il Paese ricava appena il 21% della propria energia da fonti alternative e presenta un mercato energetico che ha davvero poco a che fare con quello del resto degli Usa. Come l'Alaska e il Texas, le Hawaii non possiedono una propria rete elettrica. Nel 2013, sono state il Paese con i prezzi dell'energia elettrica più alti (tre volte superiori alla media nazionale) a causa della forte dipendenza dalle importazioni: tanto per avere un'idea dei numeri, il Paese ogni anno spende da 3 a 5 miliardi di dollari per l'importazione di combustibili fossili. Più di due terzi della produzione di energia elettrica sull'isola deriva dal petrolio importato, mentre nel resto degli Stati Uniti il petrolio conta per meno dell'1% nella produzione di elettricità.
LE COMPAGNIE TRADIZIONALI CONTRO L'ENERGIA PULITA - Nel 2013, la capacità installata di energia rinnovabile (vento, biomassa e geotermica) è stata pari a poco più di 600 megawatt, mentre l'energia eolica ha rappresentato il 42% del totale. L'industria del solare è decollata negli ultimi cinque anni e sta raddoppiando ogni anno. Basti pensare che il Paese ha alcune delle risorse eoliche più importanti al mondo, il sole che splende quasi ogni giorno, le onde e persino un vulcano. Secondo il presidente della commissione Casa, Energia e Ambiente, Chris Lee, le compagnie legate all'energia tradizionale hanno iniziato a spingere contro questa "alternativa più economica", rifiutandosi ad esempio di collegare i pannelli solari delle case sostenendo che ci sono stati «problemi tecnici», cosa non vera. «Lo stesso tipo di tattica ostruttiva per impedire la concorrenza che ALEC ha sostenuto per anni» (ALEC è un'organizzazione che riunisce politici conservatori e grandi interessi corporativi).
ARCIPELAGO A RISCHIO - A questo punto la scelta green delle Hawaii pare non più rinviabile. Le condizioni ambientali dell'isola sono molto precarie: erosione delle coste, barriere coralline che stanno morendo, siccità, inondazioni, condizioni meteorologiche estreme. Secondo il National Climate Assessmen, le Hawaii sono a forte rischio per gli effetti dei cambiamenti climatici: l’aumento del livello dell’oceano provocherà infiltrazioni saline nelle già limitate riserve di acqua dolce. L’aumento delle temperature e il cambiamento dei modelli delle precipitazioni metteranno ancora più a rischio la sopravvivenza degli animali autoctoni, e il turismo, che rappresenta un quarto dell’economia dello Stato, rischia di perdere aree strategiche come Waikiki Beach e da solo potrebbe significare una perdita di 2 miliardi di dollari di introiti l'anno.

Il patto tra il ministro Lupi e Incalza: "Per te faccio cadere il governo". E a suo figlio, Rolex, vestiti e lavoro. - Carlo Bonini


Il presidente di Anas Pietro Ciucci e il ministro Maurizio Lupi/Anas

Il presidente di Anas Pietro Ciucci e il ministro Maurizio Lupi/Anas


La telefonata: "Ti garantisco che se viene abolita la Struttura Tecnica di missione viene giù tutto... Se no vanno a cagare, cazzo".


ROMA . Non è iscritto nel registro degli indagati Maurizio Lupi. Ma le buone notizie, per lui, finiscono qui. Le 268 pagine dell'ordinanza del gip Angelo Antonio Pezzuti lo documentano ministro nelle mani dell'associazione per delinquere che, negli ultimi 15 anni, ha gestito appalti delle Grandi opere pubbliche per 25 miliardi di euro. Poco più che un ventriloquo di chi di quell'associazione è il motore: l'immarcescibile Ercole, "Ercolino", Incalza, "il venditore di fumo e cipolle", "l'uomo che vuol far credere che la luna è fatta di formaggio ", come dicono di lui nelle intercettazioni. Il Kaiser Soze delle Infrastrutture (14 procedimenti penali a carico e una sequela di assoluzioni o archiviazioni per "intervenuta prescrizione"). Così potente da "scrivere il programma del Ncd", da chiedere e ottenere la protezione di Alfano quando l'aria si fa greve e da mandargli un suo uomo, Francesco Cavallo, per cancellare un'interdittiva antimafia. Padrone a tal punto del Grande Gioco da imporre a Lupi la scelta dei suoi due sottosegretari, gli ex socialisti Riccardo Nencini e Umberto Del Basso De Caro. "Dopo che hai dato la sponsorizzazione per Nencini lo abbiamo fatto viceministro  -  si compiace Lupi con Incalza al telefono  -  Ora parlagli e digli che non rompa i coglioni. E comunque complimenti, sei sempre più coperto...".

"SE ROMPONO FACCIO LA CRISI"
Già, Lupi è a tal punto prigioniero di Incalza che, non solo  -  come annota l'ordinanza  -  va a difenderlo in Parlamento rispondendo a una lunga interrogazione dei 5 Stelle con un testo preparato dall'avvocato del grand commis (Titta Madia). Fa di più. Il 16 dicembre scorso è pronto a far cadere il governo Renzi, o comunque a giocare la carta del ricatto politico, se Palazzo Chigi dovesse insistere nel pretendere la soppressione o comunque il diretto controllo della Struttura tecnica di missione (di cui Incalza è presidente e che del sistema di corruzione è il perno). "Vado io  -  dice il ministro a "Ercolino"  -  Te lo dico già... Cioè io vorrei che tu dicessi a chi lavora con te che se no vanno a cagare! Cazzo! Non possono dire altre robe! Su questa roba ci sarò io lì e ti garantisco che se viene abolita la Struttura tecnica di missione viene giù il governo! L'hai capito? Non l'hanno capito?".

Del resto, quello che succede negli uffici di Porta Pia sembra il segreto di Pulcinella e trova una nitida descrizione nelle parole di Giovanni Paolo Gaspari (nipote dell'ex ministro dc Remo), già alto dirigente delle Ferrovie dello Stato e consigliere del ministero. Il 25 novembre del 2013, al telefono con Giulio Burchi, già presidente di Italferr spa, dice: "Ercolino... è lui che decide i nomi. Fa il bello e il cattivo tempo lì dentro. Il dominus totale. Al 100 per cento. Non si muove foglia. Sempre tutto lui fa. Tutto, tutto, tutto! Ti posso garantire. Maurizio (Lupi ndr) crede di fare qualcosa. Ma fa quello che gli dice quest'altro". Al punto da costruirgli annualmente il "bando su misura" che lo deve riconfermare nell'incarico di capo della Struttura tecnica. "Hanno naturalmente fatto un bando che si adatta solo ad Ercolino. Cioè deve aver fatto il capo della Struttura tecnica di missione per 10 anni, se no non può concorrere... Hai capito? ".

GLI AMICI PEROTTI E CAVALLO
Per Lupi, essere nelle mani di Incalza significa rispondere anche ai due uomini che ne sono i suoi facilitatori: Stefano Perotti (che di Incalza è anche socio nella "Green Field system", la società in cui ritorna il denaro prezzo della corruzione), l'ingegnere asso piglia tutto delle direzioni dei lavori imposte da Incalza ai general contractor delle Grandi opere, e Francesco Cavallo, un tipo senza arte né parte che, come si legge nel suo curriculum ("Negli ultimi 10 anni  -  scrive di sé  -  ho maturato esperienze significative nella gestione delle relazioni istituzionali, promuovendo e coadiuvando con successo i rapporti con opinion leaders, policy maker, istituzioni e stakeholders e gli affari istituzionali delle organizzazioni con le quali ho collaborato"), ha pochi ma decisivi meriti: è uomo di Cl (di cui Lupi è espressione nel governo e da cui è retribuito in pianta stabile attraverso "La Cascina" per "prestazioni inesistenti"), è stato amministratore delegato dell'Editrice del settimanale di area " Tem pi" e consigliere della Metropolitana milanese negli anni di Letizia Moratti sindaco. Ma, soprattutto, conosce Lupi dal 2004, come documentato da un'inchiesta di Bari sulla coop bianca "La Fiorita".
Nel rapporto tra Lupi e Perotti  -  che fino a prova contraria lavora con appalti del ministero  -  c'è un tratto amicale che non ha evidentemente in alcuna considerazione anche solo l'imbarazzo per un oggettivo conflitto di interesse. Lupi e signora sono regolarmente ospiti delle cene organizzate da Perotti nella sua casa di Firenze. Partecipano, la scorsa estate, al matrimonio della figlia in una cornice di ballerine vestite da farfalle. E, siccome  -  come scriveva Flaiano  -  gli italiani innanzitutto "tengono famiglia", Perotti si prende cura del giovane Luca, figlio del ministro, una laurea in ingegneria al Politecnico di Milano e una prima esperienza di lavoro a San Francisco.

PER LUCA REGALI E INCARICHI
A gennaio del 2014, Perotti fa infatti assumere Luca Lupi  -  ragazzo a cui tiene dai giorni della laurea per la quale ha pensato bene di regalare un Rolex da 10.350 euro  -  dal cognato, Giorgio Mor, mettendolo a lavorare nel cantiere per il palazzo di San Donato dell'Eni, di cui ha la direzione dei lavori. "Il ragazzo deve prendere 2.000 euro più Iva mensili", istruisce la segretaria e si raccomanda con il cognato di "farlo diventare il suo uomo su Milano". Ma che in quell'assunzione ci sia qualcosa che non va e che la cosa dunque non vada fatta sapere in giro è così chiaro a tutti che, al telefono, il nome di Luca Lupi non viene pronunciato. Per tutti è "il cugino della moglie di Perotti". E lo stesso Mor chiede di essere rassicurato se "la triangolazione" (e cioè l'assunzione per via indiretta, ma con costi a carico di Perotti) "non sia rischiosa ". È un fatto che, nel febbraio del 2014, dopo l'interrogazione dei 5 Stelle su Incalza e un articolo del " Fatto" che lo collega a Perotti, il figlio dell'ingegnere, Philippe, suggerisca al padre che da quel momento "niente più mail o telefono". E che, un mese fa, Perotti decida di aiutare il figlio del ministro a cambiare aria con un lavoro a New York, chiedendo che lo prenda in carico l'amico Tommaso Boralevi.

C'è anche chi pensa a saldare i vestiti sartoriali del ragazzo. È Cavallo. Che del resto è generoso anche con Nicola Beneduce, uomo nella segreteria di Lupi. Anche per lui, insieme al sarto che serve Lupi jr., un bell'orologio. "Tra i 7 gli 8 mila euro".




Noi non conosciamo i tecnocrati di Stato, questa casta segreta di dirigenti pubblici che le statistiche internazionali considerano la meno efficiente e la più pagata del mondo. Non li conosciamo perché si rifiutano scaltramente di andare in televisione: l'assenza di volto è per loro garanzia di impunità e di durata.
Chi di voi, fino a ieri, sapeva dell'esistenza di Ercole Incalza, da trent'anni burattinaio delle grandi opere, colui che decide cosa si fa e soprattutto chi lo fa? Proviene dalla Cassa del Mezzogiorno, la «cantera» dello spreco italico, e da lì è passato ai Lavori Pubblici, dove ha comandato da monarca assoluto con gli ultimi sette governi di destra, sinistra e centro.
Il processo ci dirà se l'ingegner Incalza è davvero il corruttore che lo accusano di essere. Di sicuro consentire a un uomo - fosse anche San Francesco - di imbullonarsi per decenni a una poltrona, maturando relazioni e segreti che potrà usare come arma di scambio e di ricatto, è lo specchio di un sistema marcio e imbelle. Perché noi non sapevamo di Incalza, ma la politica sì.
Arrivato al ministero, l'onorevole Lupi ha trovato il mandarino dei Lavori Pubblici ormai in pensione eppure ancora al vertice di una fantomatica «struttura tecnica di missione» che gli consentiva di continuare a dirigere, a settantuno anni, il traffico degli appalti.
Invece di accompagnarlo ai giardinetti, Lupi lo ha difeso in privato e nelle aule parlamentari, lodandone le qualità insostituibili quando i Cinquestelle ne chiesero la testa. E adesso si scopre che l'imprenditore Perotti, indagato perché in combutta con Incalza, regalò al figlio neolaureato del ministro un Rolex e un posto di lavoro nello studio del cognato. Corrotti, corruttori, figli e cognati: il selfie del nostro Paese.
La nausea è tanta, ma la soluzione sarebbe semplice. Limitare drasticamente la durata degli incarichi pubblici e considerare il ministro in carica responsabile degli atti firmati dai suoi burocrati. In tal caso, Lupi dovrebbe dimettersi in giornata.

Luca Lupi, il figlio del ministro coinvolto nell'inchiesta Grandi appalti.

Luca Lupi, figlio del ministro delle Infrastrutture del governo Renzi.
Luca Lupi, figlio del ministro delle Infrastrutture del governo Renzi.

Papà Maurizio ha diramato anche una nota alle agenzie, nel primo pomeriggio del 16 marzo, per provare a bloccare la “macchina del fango”.
Ma il turbillion ormai era partito, l'intercettazione servita di buona lena, lo “scandalo” scoppiato.
E così, nel giro di poche ore dall'ennesima retata anti-mazzette, il giovane Luca Lupi, 25 anni, figlio del ministro delle Infrastrutture, si è ritrovato su tutte le prima pagine dei giornali.
Il suo nome, infatti, compare negli atti dell'indagine della procura di Firenze su un presunto giro di tangenti legate alla realizzazione delle grandi opere - Tav ed Expo, ma no solo - che ha portato all'arresto di quattro persone e all'iscrizione nel registro degli indagati di altre 50.

LAVORO E REGALONE. Secondo i pm, Stefano Perotti - uno dei quattro arrestati con l'accusa di corruzione - per ingraziarsi il favore del ministro, di cui è amico da molto tempo, avrebbe procurato un lavoro proprio al figlio Luca nel cantiere del nuovo centro direzionale dell'Eni a San Donato.
E sempre dai coniugi Perotti il giovane avrebbe ricevuto un generoso regalo in occasione della laurea, un Rolex da 10 mila euro.

A NEW YORK DA MARZO. «Non ho mai chiesto all'ingegner Perotti né a chicchessia di far lavorare mio figlio. Non è nel mio costume e sarebbe un comportamento che riterrei profondamente sbagliato», ha dichiarato il ministro Lupi, precisando che il figlio lavora a New York dai primi di marzo.
In effetti Luca, che non è indagato nell'inchiesta, ha lasciato l'Italia un paio di settimane fa.

Studente modello, «perbene, serio e in gamba»

Diplomato al liceo scientifico Istituto Sacro Cuore di Milano (voto finale 100/100), il primogenito del ministro si è laureato al Politecnico in ingegneria civile con 110 e lode, nel 2013. Scriveva sulla rivista dell'ateneo, Polipo, e per un po' ha fatto volontariato con il Banco Alimentare. Un «ragazzo perbene, serio e in gamba», dicono di lui in ateneo. 

INTERNSHIP IN CALIFORNIA. Gli studi per la tesi - tema: “Integration of New Typologies in Design and Analysis” - gli sono valsi sei mesi di internship in California prima della laurea, nello studio Som (Skidmore owings and Merrill Llp), lo stesso che da marzo l'ha chiamato a lavorare nella sede di New York.
Prima del trasferimento, però, il giovane ingegnere ha lavorato come consulente per lo studio di architettura e ingegneria Mor, di Girogio Mor.
Ed è su questa consulenza che si sono appuntate le attenzioni dei magistrati.

I PM: «DUE MILA EURO AL MESE». «Perotti nell'ambito della commessa Eni, stipulerà un contratto con Giorgio Mor, affidandogli l'incarico di coordinatore del lavoro che, a sua volta, nominerà quale 'persona fissa in cantiere' Luca Lupi' per 2 mila euro al mese», scrive il Gip nell'ordinanza.

IL MINISTRO: «ERANO 1.300 NETTI». In realtà i termini dell'accordo non erano esattamente questi: «In attesa del visto per lavorare negli Stati Uniti», ha spiegato il ministro Lupi, «ha lavorato da febbraio 2014 a febbraio 2015 presso lo studio Mor di Genova con un contratto a partita Iva per un corrispettivo di 1.300 euro netti al mese».

lunedì 16 marzo 2015

RUSSIA, trovata pietra con microchip alieno di 250 milioni di anni fa.

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Ecco una foto della pietra, la moneta è stata messa per fare un confronto con le dimensioni del microchip alieno.

E’ stata trovata in Russia, nella regione di Rostov, da alcuni scienziati russi, una pietra con un microchip, presumibilmente alieno, risalente a più di 250 milioni di anni fa, un tempo in cui noi ci sognavamo di essere una civiltà avanzata, secondo gli scienziati, a quei tempi la terra era abitata da un’altra civiltà sconosciuta.
Su questa pietra è quindi presente un microchip alieno con una tecnologia precedentemente sconosciuta agli scienziati, ciò confermerebbe la teoria secondo la quale milioni di anni fa sulla terra vivesse un popolo molto più evoluto del nostro, che possibilmente ha abbandonato il pianeta grazie alle loro tecnologie così avanzate.
Per rispondere a tutte le vostre domande e dubbi, ecco un video che mostra chiaramente la pietra e la tecnologia che essa contiene, il cosiddetto microchip alieno.

Furti di luce, maxi inchiesta con cento indagati a Palermo. L'Enel licenzia gli impiegati infedeli. - Romina Marceca

Furti di luce, maxi inchiesta con cento indagati a Palermo. L'Enel licenzia gli impiegati infedeli

Sul registro degli indagati sono finiti professionisti, forze dell'ordine, commercianti e anche un verificatore della società. Un elettricista, soprannominato "il mago dei computer", è riuscito a modificare centinaia di contatori. A tradire l'azienda anche gli uomini di fiducia che si occupano di controllare gli impianti sospetti: licenziati in cinque.

E' l'inchiesta che da tre anni scava dentro e fuori all'Enel svelando truffe e furti di luce. Colpo su colpo, polizia e procura hanno alzato il velo su un fenomeno che a Palermo cresce di anno in anno. In cento, tra commercianti, professionisti, poliziotti e carabinieri, ma anche un verificatore dell'Enel, sono già finiti sott'inchiesta.
La beffa è che a tradire la società sono anche gli uomini di fiducia dell'Enel. Si chiamano verificatori e sono degli elettricisti provetti formati proprio per svelare le ruberie. In cinque sono stati già licenziati. Di questi, tre sono stati condannati, un altro è in attesa di giudizio e il quinto è coinvolto nella maxi inchiesta che coinvolge mezza città. La procura, per la mole di nomi e carte, ha dovuto istituire un pool di quattro magistrati - Maurizio Agnello, Renza Cescon, Claudio De Lazzaro e Gaetano Guardì - che da tre anni lavora all'indagine seguita dalla sezione Reati contro l'amministrazione della squadra mobile.


Il personaggio attorno al quale si sono concentrati gli investigatori, sin da subito, è Lino Caruso, un elettricista che è riuscito a violare il software di centinaia di contatori senza lasciare traccia e soprannominato "il mago dei computer". "Ho la terza media e ho studiato su internet. Ma quale mago, quello che facevo io l'hanno fatto anche altri", ha dichiarato a Repubblica. Dietro la sua porta ci sarebbe stata la fila per ottenere la modifica al misuratore dei consumi. Una modifica che ha consentito anche a grossi imprenditori della città di abbattere i consumi. Tutto al costo di massimo 300 euro. Il metodo cosiddetto della "regressione" è stato impossibile da intercettare anche agli esperti dell'Enel che hanno ammesso: "Non ci sappiamo spiegare come abbia potuto fare". 
E proprio dopo che il caso è scoppiato, l'Enel è corsa ai ripari. Ingegneri e studiosi hanno messo a punto alcune modifiche sui contatori, ancora top secret, sperando ancora una volta di riuscire a contrastare i furbetti della bolletta.


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/03/14/news/furti_di_luce_maxi_inchiesta_a_palermo_l_enel_licenzia_gli_impiegati_infedeli-109495668/

Strage ulivi in Puglia, aperta inchiesta. “Ma istituto indiziato gode di immunità”.

Strage ulivi in Puglia, aperta inchiesta. “Ma istituto indiziato gode di immunità”

La procura di Lecce indaga sull'origine del batterio Xylella fastidiosa che sta decimando gli alberi in Salento e su eventuali omissioni nell'arginarlo. Una pista porta all'Istituto agronomico mediterraneo di Valenzano. La pm Mignone a Famiglia cristiana: "Ma non è violabile dalla magistratura".

La strage degli ulivi in Salento diventa un caso giudiziario. Con una particolarità. Uno dei possibili indiziati, l’Istituto agronomico mediterraneo di Valenzano (Bari), “gode per legge di immunità assoluta”, spiega il pm di Lecce, titolare dell’inchiesta Elsa Valeria Mignone in un’intervista a Famiglia Cristiana. “L’autorità giudiziaria italiana non può violare il domicilio dell’istituto, non può effettuare sequestri, perquisizioni o confische”, spiega il magistrato.
La procura di Lecce indaga sull’origine del batterio Xylella fastidiosa che sta decimando gli alberi di ulivo salentini. L’inchiesta, secondo quanto riferiscono alcuni quotidiani, starebbe seguendo due possibili strade. La prima è che il batterio sia arrivato in Puglia in occasione di un convegno scientifico che fu organizzato nel settembre 2010 dall’Istituto agronomico mediterraneo. La seconda pista ipotizza che il batterio killer sia stato introdotto con le piante ornamentali importate dall’Olanda e provenienti dal Costa Rica. L’indagine sarebbe volta ad accertare anche se vi siano “omissionì negli interventi per frenare l’epidemia da quando l’allarme è diventato conclamato”.

Arrestato Ercole Incalza, super dirigente delle grandi opere. - M.F.r.


Il super-dirigente delle Infrastrutture è stato arrestato nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Procura fiorentina sull'Alta Velocità.

Il super-dirigente del ministero dei Lavori Pubblici Ercole Incalza, è tra i quattro arrestati dell'inchiesta della Procura di Firenze e del Ros. Gli altri sono gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza. Fondi del governo ci tengono a precisare che Incalza «attualmente non riveste nessun ruolo o funzione neanche a titolo gratuito». 

Secondo l'accusa sarebbe stato proprio Incalza - definito «potentissimo dirigente» del ministero dei Lavori Pubblici, dove è rimasto per 14 anni, attraversando sette governi, fino all'attuale - il principale artefice del «sistema corruttivo» scoperto dalla procura di Firenze.

Sarebbe stato lui, in particolare, in qualità di 'dominus' della Struttura tecnica di missione del ministero dei Lavori pubblici, ad organizzare l'illecita gestione degli appalti delle Grandi opere, con il diretto contributo di Perotti, cui veniva spesso affidata la direzione dei lavori degli appalti
incriminati. 

Riguardo agli altri due arrestati, Pacella è un funzionario del ministero, stretto collaboratore di Incalza, così come gravitava nell'ambito del dicastero anche Cavallo, presidente del Cda di Centostazioni Spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato. 

L'inchiesta fiorentina 
L'inchiesta coordinata dalla procura di Firenze ha portato già a quattro arresti e vede oltre 50 indagati. Il bando dell'inchiesta è il nodo fiorentino dell'Alta Velocità e per il sotto-attraversamento della città. Da lì l'inchiesta si è allargata a tutte le più importanti tratte dell'Alta velocità del centro-nord Italia ed a una lunga serie di appalti relativi ad altri grandi opere, compresi alcuni relativi all'Expo.

Le accuse 
Agli indagati vengono contestati i reati di corruzione induzione indebita, turbata libertà degli incanti e altri delitti contro la Pa. Le ordinanze di custodia cautelare sono in corso di esecuzione dalle prime ore di questa mattina a Roma e a Milano da parte del Ros, che contestualmente sta effettuando in diverse regioni perquisizioni di uffici pubblici e sedi societarie riconducibili agli indagati. Un «articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori»: è quanto evidenziato dall'inchiesta.
Secondo i carabinieri del Ros, coordinati dal procuratore Giuseppe Creazzo, Incalza aveva anche «portato un rilevante contributo» per agevolare il Consorzio Nodavia, capeggiato dalla Cooperativa rossa Coopsette. 

Chi è Ercole Incalza e cosa fa la struttura di missione
La carrierra di Ercole Incalza, già dirigente di lungo corso del ministero delle Infrastrutture, ha avuto una svolta nel 2001 con la nomina a capo della segreteria tecnica del ministro Pietro Lunardi (governo Berlusconi); ed è poi rimasto al ministero per quattordici anni, attraversando sette governi, lasciando l'incarico solo il 31 dicembre scorso. È passato attraverso Antonio Di Pietro (governo Prodi), quindi è stato promosso capo struttura di missione da Altero Matteoli (di nuovo Berlusconi), confermato da Corrado Passera (governo Monti), Lupi (governo Letta) e poi ancora Lupi (governo Renzi), fino a tre mesi fa. La struttura di missione delle Infrastrutture è lo snodo di tutte le grandi opere del Paese, il nuclueo dirigenziale del governo che sovrintende all'attuazione della legge obiettivo, al piano nazionale delle infrastrutture al monitoraggio di tutti gli investimenti. 

Dalla Cassa del Mezzogiorno alla Tav Ma la dirigenza di Incalza alla Struttura di missione è solo l'ultima parte di una lunga carriera iniziata negli anni '70 alla Cassa per il Mezzogiorno, della quale diventa dirigente nel 1978, assumendo nel marzo 1980 la responsabilità del Progetto Speciale dell'Area Metropolitana di Palermo. Giovane socialista pugliese approda al ministero dei Trasporti con Claudio Signorile.
Nel 1983 è consigliere del ministro dei Trasporti, poi nel giugno 1984 assume la responsabilità di capo della segreteria tecnica del Piano Generale dei Trasporti. Dal gennaio 1985 dirigente generale della direzione generale della Motorizzazione civile e dei trasporti in concessione, passa alle Ferrovie dello Stato nell'agosto 1991, per diventare amministratore Delegato della Treno Alta velocità Tav Spa dal settembre 1991 al novembre 1996.

Nel 1998 finisce ai domiciliari insieme all'ex presidente di Italferr Maraini. Dopo la bufera della Tangentopoli di Necci e Pacini Battaglia a metà degli anni Novanta, Incalza torna alla ribalta al ministero di Porta con Pietro Lunardi e diventa poi il braccio destro del ministro Altero Matteoli con l'incarico di capo della struttura tecnica di missione.