martedì 17 marzo 2015

Perù. L’industria dell’olio di palma abbatte 23.000 ettari di foresta vergine. - Massimo Bonato

deforestazione
Per la coltivazione della palma da olio, diverse aziende operanti in Perù nel settore dell’olio di palma distruggeranno più di 23.000 ettari di foresta vergine nel nord dell’Amazzonia peruviana.
L’allarme proviene da diverse organizzazioni non governative, che hanno fornito dati riguardo alle due piantagioni di Maniti e Santa Cecilia, in cui le operazioni di deforestazione sono ormai imminenti, grazie a una recente decisione del governo. Se la deforestazione procede solo in queste due colture verranno interessati 9300 ettari di foresta.
“Abbiamo fatto un’analisi approfondita delle immagini satellitari del progetto e abbiamo concluso che il 84,6% delle piantagioni Maniti e Santa Cecilia sono foresta vergine”, recita un comunicato congiunto, steso dall’Associazione per la conservazione del bacino amazzonico del Perù e l’Associazione per la conservazione del Rio delle Amazzoni, citate dal «Guardian»:  “Questo implica disboscare 9343 ettari di foresta vergine”.
Le aziende coinvolte – la Islanda Energia e la Palmas del Amazonas – ricevono “un sostegno tecnico e finanziario” dalla Palmas del Espino, leader del settore dell’olio di palma del Perù e parte di uno dei più potenti gruppi di business nel paese, il Gruppo Romero.
Anche se l’area minacciata dalla coltivazione estensiva della palma da olio in Perù è minore che in altre regioni, come nei vicini Ecuador e Colombia – ma anche Indonesia o Malesia – l’espansione di questo settore nel territorio peruviano si è rivelato drammatico negli ultimi anni. Sia il governo centrale sia le amministrazioni regionali hanno adottato misure per promuovere e incoraggiare la coltivazione e più di 1,5 milioni di ettari sono stati identificati come potenzialmente adatti per la palma da olio, il che ha reso questo settore una delle minacce maggiori per l’Amazzonia peruviana.

Clima, allarme Nasa: “Rischio siccità”. E la California estrae acqua di 20mila anni fa. - Davide Patitucci

Clima, allarme Nasa: “Rischio siccità”. E la California estrae acqua di 20mila anni fa

In uno studio condotto dal Goddard institute for space studies, in collaborazione con la Cornell University e la Columbia University, e pubblicato su “Science Advances" si parla di “rischio siccità senza precedenti nel 21 secolo nelle pianure centrali e nelle regioni sud-occidentali americane”.

Le guerre del futuro potrebbero scoppiare a causa dell’oro blu. L’acqua potrebbe diventare sempre più rara e, di conseguenza, sempre più preziosa. Gli allarmi sul clima degli scienziati ormai non si contano più. L’ultimo, contenuto in uno studio Usa condotto dal Goddard institute for space studies della Nasa, in collaborazione con la Cornell University e la Columbia University, e pubblicato nei giorni scorsi su “Science Advances”, parla di “rischio siccità senza precedenti nel 21 secolo nelle pianure centrali e nelle regioni sud-occidentali americane”. Tutta colpa del surriscaldamento globale – stimato, secondo l’ultimo rapporto dell’Ipcc, il panel dell’Onu per lo studio dei mutamenti climatici, tra gli 0,3 e i 4,8 gradi entro la fine del secolo -, che potrebbe provocare solo negli Usa “35 anni di siccità, a partire dal 2050”, a causa di minori precipitazioni e un aumento dell’evaporazione.
Ne sanno qualcosa gli abitanti della California, che sta vivendo uno dei peggiori periodi di siccità della sua storia, e dove il 2014 è stato l’anno più caldo da quando si effettuano misure delle temperature. Come se non bastasse, le autorità locali hanno deciso di mettere in campo iniziative che potrebbero peggiorare la situazione. Stanno, infatti, pompando dal sottosuolo acqua più antica delle Piramidi, piovuta sulla Terra all’epoca in cui i nostri antenati attraversarono per la prima volta lo Stretto di Bering, passando dall’Asia al continente americano, tra i 15 e i 20mila anni fa. Acqua preistorica, quindi. “Quello che vedo è un futuro disastroso – commenta Vance Kennedy, idrologo 91enne che ha studiato tutta una vita le falde acquifere californiane -. Stiamo rimuovendo acqua che è stata nel sottosuolo molto a lungo, e che non potrà essere facilmente rimpiazzata”.
Tutta quest’acqua sarà in larga parte impiegata in agricoltura. “Se continuiamo ad irrigare a un tasso crescente come stiamo facendo negli Usa, non andremo avanti a lungo”, commenta Leonard Konikow, idrogeologo dell’U.S. Geological Survey. Il rischio, paventano i geologi Usa, è che parte del terreno possa lentamente affondare, un fenomeno definito dagli esperti “subsidenza”. Per spiegarlo, gli studiosi ricorrono al paragone con le spugne. “All’inizio hanno un bell’aspetto, ma dopo un mese di utilizzo quotidiano – spiega Bryant Jurgens, idrologo presso lo U.S. Geological Survey – perdono efficacia. Una cosa analoga accade alle falde acquifere”.
Il World economic forum (Wef), intanto, nel suo recente “Rapporto sui rischi globali per il 2015” evidenzia che nel 2030 la domanda di acqua rischia di essere superiore del 40% rispetto alle risorse disponibili. “Tutte le maggiori aree agricole del Pianeta, dalla Central Valley californiana al nord della Cina e dell’India – si legge nel rapporto -, stanno estraendo troppa acqua dalle falde”. Con pericolose ripercussioni sui centri abitati. “Centri urbani come Dhaka, Houston, Jakarta e Città del Messico stanno letteralmente collassando – spiegano gli esperti del Wef -. Jakarta, ad esempio, è già sprofondata di 4 metri nel corso di una generazione”. E la soluzione non sembra dietro l’angolo. “La perdita di acqua di faglia e l’aumento delle temperature – sottolinea lo studio della Nasa – probabilmente non faranno che aumentare l’impatto futuro della siccità nelle regioni più esposte, rendendo più complicato un adattamento”. “Abbiamo realmente bisogno – conclude Toby Ault, della Cornell University, uno degli autori della ricerca – d’iniziare a pensare a orizzonti più a lungo termine”.

Tangenti, arrestato il presidente di Federacciai. -



Antonio Gozzi, industriale patron della società di calcio Entella, in manette a Bruxelles.

Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, l’associazione delle aziende siderurgiche italiane, amministratore delegato del Duferco (produzione e import export di acciao) nonché patron della Virtus Entella che milita nel campionato di serie B di calcio, è stato arrestato in Belgio con l’accusa di aver pagato tangenti.  

Genovese di Chiavari, 61, professore universitario, Gozzi è stato arrestato insieme a un collaboratore, Massimo Croci, appena atterrato all’aeroporto di Bruxelles nell’ambito di un’inchiesta per corruzione. Secondo l’accusa avrebbe corrotto degli ufficiali nella Repubblica democratica del Congo per ottenere appalti. La società con sede a Lugano afferma che Gozzi e Croci si erano espressamente recati a Bruxelles per rispondere all’invito del giudice d’istruzione a testimoniare nell’ambito di un’inchiesta su un caso di corruzione, per la quale è già stato arrestato il sindaco di Waterloo, Serge Kubla, lo scorso 24 febbraio.  

Duferco ritiene «inammissibile» il modo di fare pressione utilizzato dalla giustizia belga. Duferco aveva già negato a fine febbraio di essere implicata nel caso di corruzione in Congo per il quale i suoi due dirigenti sono stati chiamati a testimoniare. E per il quale ieri sono finiti in manette. Oggi la società è controllata dalla cinese Hebei Iron and Steel Group. 

Grandi opere, Anm: schiaffi ai giudici Renzi replica: frasi false e tristi.

Grandi opere, Anm: schiaffi ai giudici
Renzi replica: frasi false e tristi


Rodolfo Sabelli critica pesantemente una serie di interventi legislativi che favorirebbero la corruzione, dalla "depenalizzazione del falso in bilancio alla riduzione della prescrizione". Dura risposta del premier.


"Uno Stato che funzioni dovrebbe prendere a schiaffi i corrotti e accarezzare chi esercita il controllo di legalità. In Italia accade il contrario". 
Così il presidente dell'Associazione nazionale dei magistrati Rodolfo Sabelli commenta l'inchiesta di Firenze sulle tangenti sulle Grandi opere. "I pm sono stati virtualmente schiaffeggiati e i corrotti accarezzati", afferma Sabelli. Dura la replica di Renzi: frasi false e tristi.
Il numero uno dell'Anm si riferisce a una serie di interventi legislativi che avrebbero favorito i corrotti, a cominciare dall'epoca di Tangentopoli, per arrivare nel 2002 "alla depenalizzazione del falso in bilancio e nel 2005 alla riduzione della prescrizione". Sabelli conclude quindi: "Chi semina vento raccoglie tempesta". E chiede a "chi ha responsabilità della cosa pubblica" di dare "il buon esempio" perché nel Paese possa "diffondersi la cultura della legalità".

Dura replica del premier Renzi - "Questo governo intende combattere perché in questo Paese non si formi uno stato di polizia ma di pulizia". Così Matteo Renzi alla Scuola superiore di polizia, spiegando che il ruolo dell'Anticorruzione è quello di "eliminare la sporcizia". Ha poi replicato alle accuse dell'Anm: "Lo Stato non dà schiaffi a magistrati e carezze ai corrotti. Sostenere questo è falso e triste". E ha esortato: "Non abbiate paura dell'appartenenza allo Stato".

Slitta l'esame del ddl anticorruzione. Renzi: "Pene aumentate". Emendamento su falso in bilancio

Slitta l'esame del ddl anticorruzione. Il testo, atteso per martedì in Aula verrà esaminato molto probabilmente dall'Assemblea la prossima settimana. Il governo infatti ha presentato il suo emendamento sul falso in bilancio in Commissione Giustizia ma il termine per i subemedamenti è stato fissato a mercoledì prossimo alle 16.
L'emendamento - Il viceministro per la Giustizia, Enrico Costa, ha presentato l'emendamento sul falso in bilancio al ddl anticorruzione. La seduta della Commissione Giustizia del Senato è stata sospesa per mancanza del numero legale. Quando Costa è arrivato nell'aula della Commissione per presentare l'emendamento, i parlamentari del Pd risultavano infatti assenti. Così il presidente Nitto Palma ha deciso di sospendere la seduta. A Palazzo Madama è arrivato anche il Guardasigilli Andrea Orlando. La seduta è poi ripresa. Per Orlando "ci sono tutte le condizioni per rispettare i tempi per l'Aula. Il testo è equilibrato, efficace e incisivo che colma le lacune. Può mordere il fenomeno della corruzione".
Renzi: "Pene aumentate e prescrizione raddoppiata" - "Contro corruzione proposte governo: pene aumentate e prescrizione raddoppiata. E l'Autorità oggi è legge con presidente Cantone", afferma il premier Matteo Renzi su twitter dopo l'emendamento presentato in Senato sul ddl anticorruzione.
Falso in bilancio, da 3 a 8 anni - Il falso in bilancio torna ad essere un reato. Ma non un reato di danno, bensì di pericolo. Il che significa che non si dovrà provare di aver alterato il mercato o di aver prodotto un danno alla società quando si rappresentano situazioni non vere nei bilanci. Poi scompaiono le soglie di punibilità (previste in un primo momento) e si inaspriscono le pene per le società quotate in borsa, per quelle che emettono titoli sul mercato e per le banche: chi falsifica il bilancio di questo tipo di società rischia da 3 a 8 anni di reclusione. Rendendo così possibili eventuali intercettazioni. Queste alcune delle novità contenute nell'emendamento sul falso in bilancio presentato dal governo al ddl anticorruzione. 
Per le normali società, invece, nel caso in cui "consapevolmente" si espongano "fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero" o li si omettano, la pena è della reclusione da 1 a 5 anni. Cioè senza intercettazioni, previste per i reati con condanne superiori ai 5 anni. Per le piccole società, cioè quelle che secondo il codice civile non possono fallire, è prevista la procedibilità a querela di parte. Per i fatti di lieve entità, la reclusione andrà dai 6 mesi ai 3 anni, mentre è prevista, sulla base di quanto deciso dalla recente riunione del Consiglio dei ministri, la non punibilità per particolare "tenuità del fatto". Ma toccherà al giudice valutare caso per caso. Ma non saranno solo i direttori generali o gli amministratori, o i sindaci a pagare in caso di falso in bilancio. Se i vertici delle società commetteranno tale reato, anche per loro sanzioni più severe: dovranno pagare dalle 200 alle 600 quote. Quindi anche loro avranno interesse a che i propri amministratori siano onesti.
Cioffi del M5S: "Nessuno faccia scherzi" - Intanto il capogruppo del M5S al Senato Andrea Cioffi ammonisce: "Che nessuno pensi di togliere il ddl anticorruzione dall'Aula, nessuno faccia scherzi". Questo alla vigilia della conferenza dei capigruppo che dovrà decidere se calendarizzare il testo per l'Aula. "Una legge anticorruzione è sempre più urgente, anzi diventa indispensabile dopo gli arresti di Incalza e altri. Sono 731 giorni - ha ricordato - che la legge è stata depositata e non è arrivata in Aula per responsabilità della maggioranza.
Grasso esulta - In precedenza la notizia della "esistenza" dell'emendamento sul falso in bilancio aveva indotto all'esultanza Pietro Grasso. "C'è una buona notizia. Alleluja, alleluja! Il famoso emendamento sul falso in bilancio è arrivato e questa è una novità importante", aveva detto il presidente del Senato a margine della presentazione di un libro a Roma.
Nitto Palma: "Soddisfatti ma non gridiamo alleluia" - "Siamo soddisfatti per l'arrivo dell'emendamento del governo sul falso in bilancio. Forza Italia ha immediatamente cessato l'ostruzionismo, anche se non gridiamo 'alleluia' come fa qualcuno", dice invece il presidente della commissione Giustizia Francesco Nitto Palma al termine della seduta di commissione Giustizia con un chiaro riferimento al presidente del Senato e al suo comento. 

Stati Uniti, Robert Durst incastrato dal documentario: «Li ho uccisi io»

Robert Durst (Reuters)

La frase, rubata da un microfono rimasto aperto, sembrava solo un finale ad effetto del documentario trasmesso da Hbo sul miliardario americano, che è stato arrestato.

«Che diavolo ho fatto? Li ho uccisi tutti, ovviamente». 
La frase, rubata da un microfono rimasto aperto ad intervista conclusa, sembrava solo un finale ad effetto del documentario trasmesso da Hbo sulla vita e i misteri di Robert Durst, ma ora pare essere la svolta che potrebbe finalmente mettere la parola fine ad almeno uno dei casi rimasti irrisolti che coinvolgono il miliardario americano. Non a caso, meno di 24 ore prima della messa in onda, dell’episodio finale del documentario «The Jinx», il 71enne erede di un impero immobiliare a New York, è stato arrestato dall’Fbi a New Orleans per l’omicidio di Susan Berman, trovata morta nella sua casa di Beverly Hills nel 2000.

Microfono ancora aperto.
La polizia di Los Angeles, dove il miliardario dovrà essere ora trasferito, ha spiegato che «in base a nuove indagini e prove venute alla luce, abbiano identificato Robert Durst come la persona responsabile della morte di Ms Berman». Non è stato però specificato di quali prove si tratti, ma il Los Angeles Times ha rivelato che il documentario ha avuto un ruolo determinante nella decisione di procedere all’arresto. La frase incriminata, per molti una vera e propria confessione, è stata registrata mentre Durst si era alzato, evidentemente con il microfono ancora aperto, per andare al bagno. E lo stesso regista Andrew Jarecki intervistato oggi da Good Morning America ha ammesso che al momento della registrazione non si era accorto di quella battuta cruciale. «E’ stato così spaventoso quando l’abbiamo sentita, è stato inquietante», ha detto il regista raccontando come, durante il montaggio, abbia ascoltato il borbottio di Durst.

«Da anni sostiene la sua innocenza, nulla è cambiato»
Anche l’avvocato del miliardario, Chip Lewis, è convinto che l’arresto sia stato coordinato con la messa in onda del documentario. «Da anni sostiene la sua innocenza, nulla è cambiato», ha aggiunto il legale affermando che comunque il suo legale non si opporrà al trasferimento a Los Angeles per fronteggiare le accuse. Berman, una scrittrice il cui padre era legato alla mafia di Las Vegas, fu uccisa proprio pochi giorni prima di essere ascoltata dalla polizia che aveva riaperto il caso della scomparsa della moglie di Durst, il primo eclatante omicidio per il quale il miliardario è stato accusato. 
In realtà il corpo di Kathie McCormack, scomparsa nel 1982 mentre si stava recando a New York dove studiava, non è mai stato trovato, e Durst ha sempre sostenuto di averla vista l’ultima volta alla stazione ferroviaria di Westchester dove l’aveva accompagnata. I familiari della donna accusarono da subito il marito, descritto come un violento che aveva più volte aggredito la moglie, ma Durst non fu mai arrestato. Mentre il miliardario finì in manette, e in tribunale, nel 2001 per l’omicidio di Morris Black, un suo vicino di Galveston, in Texas, dove Durst viveva, travestito da donna in un anonimo appartamento da 300 dollari al mese, per sfuggire al sempre crescente interesse di media e polizia alla sua vicenda. In questo caso Durst - che tentò anche la fuga dopo essere stato rilasciato con una cauzione di un miliardo di dollari per essere poi catturato in Pennsylvania - ammise di aver ucciso Black per legittima difesa durante una lite e di averne smembrato il corpo «perché preso dal panico». Una linea difensiva che fu accolta dalla giuria texana: il miliardario patteggiò una pena di 5 anni ma già l'anno dopo era libero sulla parola. 
Ora però Durst rischia la pena di morte

Hawaii da sogno: 100% di energie rinnovabili entro il 2040.

Hawaii

HAWAII - Hawaii paradiso incontaminato e meta da sogno. Sì, ma non solo. Se tutto va bene – e l'impegno non è certo da poco – entro il 2040 l'arcipelago del Pacifico più famoso al mondo sarà alimentato da energie 100% rinnovabili. L'idea arriva da Camera e Senato nazionali, che hanno stabilito all'unanimità l'aumento del loro Renewable Portfolio Standard (RPS) dall'attuale obiettivo del 70% entro il 2030 al 100% entro il 2040 appunto. È chiaro che il salto di 12 punti percentuali in appena sei anni è un traguardo notevole, ma il senatore Mike Gabbard, che ha proposto il disegno di legge, rassicura: «Possiamo arrivare al 65% entro il 2030, quindi il 100% è sicuramente fattibile».
UN SETTORE ENERGETICO PARTICOLARE - Ad oggi, il Paese ricava appena il 21% della propria energia da fonti alternative e presenta un mercato energetico che ha davvero poco a che fare con quello del resto degli Usa. Come l'Alaska e il Texas, le Hawaii non possiedono una propria rete elettrica. Nel 2013, sono state il Paese con i prezzi dell'energia elettrica più alti (tre volte superiori alla media nazionale) a causa della forte dipendenza dalle importazioni: tanto per avere un'idea dei numeri, il Paese ogni anno spende da 3 a 5 miliardi di dollari per l'importazione di combustibili fossili. Più di due terzi della produzione di energia elettrica sull'isola deriva dal petrolio importato, mentre nel resto degli Stati Uniti il petrolio conta per meno dell'1% nella produzione di elettricità.
LE COMPAGNIE TRADIZIONALI CONTRO L'ENERGIA PULITA - Nel 2013, la capacità installata di energia rinnovabile (vento, biomassa e geotermica) è stata pari a poco più di 600 megawatt, mentre l'energia eolica ha rappresentato il 42% del totale. L'industria del solare è decollata negli ultimi cinque anni e sta raddoppiando ogni anno. Basti pensare che il Paese ha alcune delle risorse eoliche più importanti al mondo, il sole che splende quasi ogni giorno, le onde e persino un vulcano. Secondo il presidente della commissione Casa, Energia e Ambiente, Chris Lee, le compagnie legate all'energia tradizionale hanno iniziato a spingere contro questa "alternativa più economica", rifiutandosi ad esempio di collegare i pannelli solari delle case sostenendo che ci sono stati «problemi tecnici», cosa non vera. «Lo stesso tipo di tattica ostruttiva per impedire la concorrenza che ALEC ha sostenuto per anni» (ALEC è un'organizzazione che riunisce politici conservatori e grandi interessi corporativi).
ARCIPELAGO A RISCHIO - A questo punto la scelta green delle Hawaii pare non più rinviabile. Le condizioni ambientali dell'isola sono molto precarie: erosione delle coste, barriere coralline che stanno morendo, siccità, inondazioni, condizioni meteorologiche estreme. Secondo il National Climate Assessmen, le Hawaii sono a forte rischio per gli effetti dei cambiamenti climatici: l’aumento del livello dell’oceano provocherà infiltrazioni saline nelle già limitate riserve di acqua dolce. L’aumento delle temperature e il cambiamento dei modelli delle precipitazioni metteranno ancora più a rischio la sopravvivenza degli animali autoctoni, e il turismo, che rappresenta un quarto dell’economia dello Stato, rischia di perdere aree strategiche come Waikiki Beach e da solo potrebbe significare una perdita di 2 miliardi di dollari di introiti l'anno.