lunedì 10 febbraio 2020

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 10 Febbraio

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Il partigiano Silvio. “Il presidente Berlusconi si vanta addirittura di essere stato un partigiano” (Alessandro Sallusti, Dimartedì, La7, 4-2). Calcolando che è nato nel 1936, non si esclude che fosse pure un eroe del Risorgimento.

Maestri di giornalismo. “La figlia di Tortora accusa: Travaglio fa cattivo giornalismo” (intervista di Gaia Tortora a Pietro Senaldi, Libero, 3.2). Mo’ me lo segno.

Tentazione unica/1. “Il premier ora dica se siamo di troppo. Possiamo lasciare” (Maria Elena Boschi, senatrice Iv, La Stampa, 8.2). “Non voteremo questo pasticcio. Se lo vogliono fare, ci caccino” (Renzi, Corriere della sera, 8.2). In fondo non chiedono granchè: possibile che non si possa proprio accontentarli?

Tentazione unica/2. “Renzi: mi accordo con Salvini per il voto dopo il referendum” (il Giornale, 8.2). Magari: mal che vada, un Matteo su due ce lo leviamo dalle palle.

Memento. “Ricordiamoci che i mafiosi sono uomini di merda” (Alessandro Sallusti sulle rivelazioni di Graviano su B., il Giornale, 8.2). Però sono degli ottimi stallieri.

Quattro amici al bar. “Tutti contro Bonafede… Domanda: possibile che abbia ragione Bonafede, mentre il resto del mondo ha torto? Non s’apre un problema di legittimazione democratica per questa normativa, sconfessata dai suoi stessi destinatari (i magistrati, ndr)?” (Michele Ainis, Repubblica, 2.2). “L’Anm ha chiesto da sempre l’interruzione della prescrizione con la sentenza di condanna di primo grado, per restituire al processo la sua piena efficacia” (mozione unanime del Congresso dell’Associazione nazionale magistrati, 1.12.2019). “Ormai la blocca-prescrizione la vogliono solo Bonafede, Travaglio e pochi altri” (Luca Telese, Otto e mezzo, La7, 29.1). “A difendere l’addio alla prescrizione sono rimasti quattro amici al bar: Travaglio, quattro pm e Bonafede. Il resto del mondo, e a ragione, è contrario” (Filippo Facci, Libero, 6.2). “La riforma della prescrizione piace al 59%. Il 57% ritiene che la prescrizione spesso consente ai colpevoli di evitare la condanna e propende per l’eliminazione o l’allungamento affinché si giunga a sentenza, evitando l’estinzione del reato; solo il 20% la considera una garanzia per gli imputati” (Nando Pagnoncelli, Corriere della sera, 7.2). Mi sa che, in quel bar, tutti non ci stiamo.

Testa di Trota. “Quelli del Fatto mi vogliono rovinare la vita. Mi perseguitano per uccidere la Lega” (Renzo Bossi, Libero, 7.2). Gli abbiamo chiesto come si chiama.

Via Craxi. “Com’è difficile intitolare una strada a Craxi” (Fabio Martini, La Stampa, 5.2). Le tangenziali sono già tutte impegnate?

Da un Matteo all’altro. “Io consigliera di Salvini? Se vuole…” (Annalisa Chirico, la Verità, 3.2). Poveretta, come s’offre.

Il ciuccio. “Le balle di Marco/1… Tanto per dare qualche informazione, il capo della magistratura esiste, ed è il presidente della Repubblica” (Sansonetti, Il Riformista, 4.2). No, è il presidente del Csm: la magistratura è “autonoma e indipendente da ogni altro potere”, anche da lui.

Il bi-ciuccio. “Le balle di Marco/2… L’on. Bruno Bossio non è imputata, è indagata in una sola indagine” (Sansonetti, ibidem). Purtroppo la Procura di Catanzaro nell’ultimo anno ha chiesto due volte il suo rinvio a giudizio. Dunque è imputata, e due volte.

Sempre. “Non è un problema di Renzi o di Lucia Annibali… Noi siamo sempre stati contrari (alla blocca-prescrizione)”. (Lucia Annibali, deputata Iv, Corriere della sera, 5.2). Anche quando la proponevano loro.

Il titolo della settimana/1. “Di Maio torna in piazza contro il suo governo” (Repubblica, 6.2). Poi, in piccolo e in lieve contraddizione col titolo, il sommario: “Chiede di trasformare l’iniziativa anti-vitalizi in una giornata a difesa delle riforme M5S: ‘Vogliono cancellare lo stop alla prescrizione e il reddito di cittadinanza’”. Siccome a voler cancellare lo stop alla prescrizione e il reddito di cittadinanza non è il governo, che anzi li difende, ma Renzi, indovinate chi va “contro il suo governo”.

Il titolo della settimana/2. “Il partito degli anti-Davigo” (rag. Claudio Cerasa, Il Foglio, 5.2). Si riunisce nell’ora d’aria.

I titoli della settimana/3. “Prescrizione, torna tutto in bilico. Travaglisti furiosi (Sansonetti, Il Riformista, 4.2). “Prescrizione, palla a Conte: saprà liberarsi di Travaglio?”, “Dai, avvocato Conte: scarica Travaglio e salva governo e diritto” (Sansonetti, ibidem, 5.2). “Prescrizione, l’ultimatum di Travaglio: o Renzi molla o è crisi” (Sansonetti, ibidem, 6.2). Dài, su, Piero: adesso è l’ora della medicina.


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Ritorna Belsito: la cassa di soldi e l’aiuto del Trota. - Luigi Franco e Thomas Mackinson



L’ex tesoriere della Lega Nord (quello dei fondi spariti) chiese a Renzo Bossi di organizzare una spedizione dall’Africa.
Un aereo cargo russo, una cassa con milioni di euro in contanti sparita nel nulla. E una partita di oggetti d’arte della Costa d’Avorio. Sono gli elementi di una strana vicenda che unisce ancora una volta gli ex compagni di partito e di processo Francesco Belsito e Renzo Bossi. Condannato per i fondi della Lega, costati al partito una confisca da 49 milioni, Belsito cerca affari in Africa come consulente e investe soldi “per conto di amici”. Questo ha spiegato nell’’intervista condotta per Sono le Venti, il programma di approfondimento giornalistico di Peter Gomez sul Nove.
Tra gli investimenti dell’ex tesoriere della Lega salta fuori l’artigianato locale. Belsito, che per sua stessa ammissione ne sa poco o nulla, l’anno scorso ha tentato di esportare ben 138 casse contenti 700 statue di legno: 50 elefanti, 50 scimmie, 300 maschere, 200 statue e 100 ippopotami. Il dettaglio si legge nell’autorizzazione rilasciata dal Museo del costume di Grand Bassam, l’ente che in Costa d’Avorio dà il nulla osta all’uscita dal Paese di manufatti locali. Sul documento è indicato il proprietario della merce, ed è proprio Belsito, con tanto di numero di passaporto.
A occuparsi del trasporto vengono chiamati imprenditori russi che mettono a disposizione un aereo cargo. Ed è qui che entra in scena Renzo Bossi. È stato l’ex “trota” a metterli in contatto con Belsito e chiedere loro i preventivi. Alla fine, però, il trasporto salta. E qui le versioni dei protagonisti divergono. Secondo gli imprenditori, incontrati dai cronisti a Mosca, le casse vengono fermate nel giugno 2019 ad Abidjan, la capitale della Costa d’Avorio, prima di partire per Istanbul, la destinazione prescelta per le casse. “Durante un’ispezione viene aperta una cassa, era piena di banconote da 100 euro”, raccontano mostrando la foto di un baule colmo di denaro. “C’è anche una scatola di diamanti. Noi non ne sapevamo nulla”.
Bossi, raggiunto mercoledì scorso sotto la sua abitazione milanese, dice di essersi occupato solo dei preventivi per il trasporto aereo, su incarico dell’ex compagno di partito. Alla fine il migliore è quello dei russi: 120mila euro. “Questa non l’ho mai vista”, dice in lacrime appena gli viene mostrata la foto della cassa piena di soldi. “Mi sono cagato sotto”. Sostiene che l’aereo non sia mai arrivato ad Abidjan, perché Belsito, nonostante il contratto, non ha mai versato l’acconto agli imprenditori. Promette un’intervista per l’indomani, in modo da chiarire tutti i dettagli della vicenda. Ma anziché venire all’appuntamento, rilascia una intervista al quotidiano Libero in cui accusa i giornalisti di volerlo fregare e di averlo intimidito. Cosa in realtà mai avvenuta. Aggiunge di non saper nulla dei “traffici” di Belsito e di essere tornato in contatto con l’ex tesoriere dalle Lega dopo il processo solo “per carineria”.
Dal canto suo Belsito, ammette di essersi interessato a una partita di oggetti d’arte tribale, ma sostiene che l’affare è andato a monte quasi subito. E sulla cassa piena di soldi? “La cassa non esisteva, sono stato truffato anch’io da un avvocato d’affari locale che mi ha mostrato quella foto per convincermi a lavorare con lui. Ho perso 200mila euro”. Eppure esiste un video, in mano agli imprenditori russi, in cui Belsito, alla presenza di Bossi, parla di una cassa ad Abidjan. Il video, insieme ad altri documenti e interviste esclusive verrà mandato in onda da Sono le Venti, nel corso di una inchiesta a puntate che inizia questa sera.

La prescrizione è una catastrofe!

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Cambiate musica. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 9 Febbraio


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Secondo il sondaggio Pagnoncelli-Corriere, il 57% degli italiani pensano che la prescrizione sia una scappatoia per i colpevoli e il 59% di chi conosce la legge Bonafede e la condivide. Buon segno: nemmeno questi partiti infami e questa “informazione” degna di loro sono riusciti a mettere l’anello al naso alla gente. Ora qualcuno dovrebbe domandarsi come sia possibile che, di una legge che domina giornali, tg e talk da mesi, solo il 5% sappia tutto e un altro 40% qualcosa. Il motivo è semplice: se ne dicono e sentono di tutti i colori, senza che arrivi mai un esperto a zittire tutti e a dire come stanno le cose. Infatti i primi a non sapere nulla sono i media: molti descrivono il “lodo Conte bis” all’incontrario: cioè come una norma che svuota la Bonafede bloccando la prescrizione non più dopo la sentenza di primo grado, ma dopo quella d’appello se c’è doppia condanna. Una cosa inutile, visto che in Cassazione si prescrivono solo 600 dei 130 mila processi morti ogni anno. Per fortuna è una balla.

1. Indagini e primo grado. Non cambia nulla: se la prescrizione scatta prima della sentenza di primo grado, il processo muore lì. Le cose cambiano dopo la sentenza di primo grado.

2. Primo grado, condanna. Se il pm e/o la difesa impugnano, si va in appello. E la prescrizione è abolita fino alla sentenza definitiva, salvo che in appello arrivi l’assoluzione (vedi punto 5).

3. Primo grado, assoluzione. Se il pm impugna, si va in appello. E la prescrizione continua a correre, ma con 2 anni in più di sospensione rispetto ai termini attuali: quanto basta per celebrare gli altri due gradi, anche con i tempi medi odierni. Ma bisogna sbrigarsi, dunque nessun rischio di “processi eterni” per gli assolti in tribunale.

4. Appello, condanna. Se il pm e/o la difesa ricorrono, si va in Cassazione. La prescrizione si blocca sine die fino alla sentenza di terzo grado (conferma della condanna d’appello, annullamento senza rinvio, annullamento con rinvio a nuovo appello).

5. Appello, assoluzione. È la novità del lodo Conte-bis. Se il Pg ricorre (caso rarissimo: riguarda il 2-3% delle assoluzioni), si va in Cassazione. E si recupera la prescrizione “persa” in appello, come se non fosse mai stata bloccata dopo la prima sentenza: termini ordinari, più i 2 anni di sospensione in appello, più 1 altro anno previsto per il giudizio di Cassazione. Anche qui, pochi rischi che il processo si prescriva in vista del traguardo o che duri in eterno.

Ora chi strilla sugli “imputati a vita” cambi musica e dica finalmente la verità: cioè che non voleva processi più brevi, ma più processi morti.

Prestito per villa di Renzi, sotto la lente anche un bonifico di Serra. - Ivan Cimmarusti e Sara Monaci

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Non c’è solo il finanziamento per l’acquisto della casa da parte di Matteo Renzi sotto la lente degli inquirenti fiorentini. Ci sarebbe anche la modalità di restituzione del denaro a Anna Picchioni, madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli, da cui l’ex premier ha ricevuto un prestito di 700mila euro tramite bonifico per comprare la sua villa a Firenze. In particolare, le verifiche si concentrano su una dazione giunta dal finanziere Davide Serra e utilizzata da Renzi, assieme ad altre somme, per saldare quel debito.

Il prestito è stato in effetti restituito dopo quattro mesi. La storia però sembrerebbe più complicata. O meglio, potrebbe avere qualche aspetto ulteriore da approfondire.
Sulla base di una segnalazione di operazione sospetta (Sos) arrivata al Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Firenze, al comando del colonnello Luca Levanti, nel 2018 dal nucleo Valutario della Gdf si chiede un approfondimento ulteriore rispetto a una precedente Sos che riguardava proprio la signora Picchioni, nell’ambito di un fascicolo di un caso di bancarotta di un piccolo imprenditore fiorentino.
Si spiega dunque che Picchioni aveva ricevuto un finanziamento da parte di suoi familiari (i figli) per 700mila euro, finalizzato a effettuare un prestito ai coniugi Matteo Renzi e Agnese Landini per l’acquisto di un immobile valutato complessivamente 1,4 milioni di euro. Successivamente, nel giugno 2018, la cifra è stata restituita con un versamento dal conto corrente dei coniugi a favore di Anna Picchioni a titolo di «restituzione prestito».
La provvista per la restituzione del denaro che parte dal conto personale di Renzi, ora sotto la lente degli inquirenti, era di 500mila euro, presso la Bnl (filiale di Roma). Dall’analisi dell’estratto conto emerge che il senatore ha ricevuto 119mila euro da Celebrity speakers e Mind Agency per attività di conferenziere e 454mila euro dalla Arcobaleno 3 srl per la sua attività di personaggio televisivo; il resto dal fondo Algebris Uk, riconducibili a Davide Serra.
L’inchiesta è in una fase preliminare, dunque ancora tutta da verificare. Ruota attorno alla Fondazione Open, l’ente creato nel 2012 e chiuso nel 2018 per sostenere le iniziative politiche di Matteo Renzi. Una «articolazione di un partito», secondo l’accusa, che raccoglieva «finanziamenti illeciti alla politica». Ipotesi d’accusa smentita dal leader di Italia Viva, che contro la magistratura fiorentina non nasconde una certa nota polemica. Risultano indagati l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della Fondazione, e il presidente di Toscana Aeroporti spa Marco Carrai, ex consigliere di Open assieme al resto del “Giglio magico”, Maria Elena Boschi e Luca Lotti. L’accusa preliminare è di finanziamento illecito e traffico di influenze.
Stando agli atti investigativi un ruolo decisivo sarebbe stato svolto da Carrai, tanto che nei documenti si legge che «l’indagato ha svolto un ruolo decisivo nel reperimento dei finanziatori e nel raccordo tra gli stessi e gli esponenti politici rappresentati dalla Fondazione». Un sostanziale incarico di “cerniera”, dunque, tra 25 imprenditori e lo stesso Renzi, almeno stando alle ricostruzioni preliminari della magistratura fiorentina. Di fatto, però, si è scoperto che somme di denaro sarebbero finite anche in altre “casseforti”. Negli atti, infatti, si fa riferimento a movimentazioni finanziarie verso Lussemburgo. In particolare «risulta che l’indagato (Carrai, ndr) è tra i soci della società Wadi Ventures Management Company sarl con sede a Lussemburgo il cui unico asset è la società Wadi Ventures sca, anch’essa con sede in Lussemburgo e con oggetto sociale le partecipazioni societarie». Secondo gli investigatori quest’ultima società sarebbe destinataria di «somme provenienti, fra gli altri, da investitori italiani già finanziatori della Fondazione Open».

https://www.ilsole24ore.com/art/prestito-villa-renzi-sotto-lente-anche-bonifico-serra-ACuffX2

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domenica 9 febbraio 2020

Asportato tumore gigante di 12 kg, operazione record a Palermo.


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L’asportazione di un tumore di 12 kg, un’operazione da “o la va o la spacca” con un alto rischio per la paziente, che ne era pienamente consapevole, è stata portata a termine dall’equipe dell’unità operativa di chirurgia oncologica della clinica “La Maddalena” a Palermo.
La donna di 60 anni, dell’entroterra siciliano, era stata visitata da tre centri in tutta Italia che però avevano considerato molto rischiosa l’operazione per un sarcoma addominale. Adele (nome di fantasia), soffriva da due anni quando è stata visitata dal dottor Pietro Mezzatesta che dopo aver informato la famiglia dei rischi ha dato l’ok all’operazione.
Alla donna è stata rimossa una massa enorme che occupava l’addome comprimendo gli organi: prima dell’operazione sembrava fosse incinta. L’asportazione è stata condotta lo scorso novembre da medici e infermieri che hanno lavorato in sala operatoria 5 ore.
prevenzione tumore“L’intervento era complesso per l’impossibilità a raggiungere dei piani anatomici sicuri – dice il chirurgo oncologo Lucio Mandalà che ha operato – Eravamo in presenza di una massa che occupava l’intera cavità addominale. A ciò si aggiunge la gestione anestesiologica di una paziente gravemente compromessa nella funzionalità di più organi e apparati per il tumore”.
Adele era passata da diversi centri: gli specialisti avevano escluso la possibilità di un intervento chirurgico risolutivo per l’altissima probabilità di morte e avevano optato per cure palliative con medicinali per la gestione dei sintomi. Prima dell’operazione la donna aveva baciato il marito, che nell’aprile scorso era stato sottoposto a trapianto di fegato all’Ismett, e i due figli che l’hanno abbracciata forte dandole coraggio consapevoli della delicatezza dell’intervento.
“La paziente è stata dimessa dopo il decorso post operatorio durato un mese – aggiunge Mandalà – durante il quale si sono avvicendate tutte le figure professionali della Maddalena che hanno contribuito alla ripresa fisica e psichica. La donna infatti dopo alcuni giorni dal risveglio era depressa per la sua debolezza e pensava di non riuscire più a camminare”.
Adele ha festeggiato in Natale e il capodanno nel reparto di Chirurgia ma con grande gioia ha spento 60 candeline a casa sua.
“Il buon esito di un delicato intervento chirurgico come questo, che si svolge in condizioni che definiremmo ‘al limite’ per tanti aspetti – spiega il chirurgo – è il risultato di una condivisa strategia di cure erogate da tutte le specialità presenti nel centro e certamente riempie di orgoglio un chirurgo siciliano come me questa singolare vicenda in cui due membri di una famiglia che vive in un paese al centro della Sicilia abbia avuto la possibilità di ricevere cure eccezionali, come un trapianto di fegato o l’asportazione di un tumore raro gigante, nel giro di pochi mesi a Palermo senza dover migrare verso altre regioni d’Italia o addirittura all’estero”.
L’equipe che ha operato era composta anche dai chirurghi Luigi Casà, Paolo De Marco, dagli anestesisti Sebastiano Mercadante, Patrizia Villari e Fabrizio David e dagli infermieri Francesco Marabeti e Antonio Coppola.

https://www.ilsicilia.it/asportato-tumore-gigante-di-12-kg-operazione-record-a-palermo/?fbclid=IwAR1dJU_GaTbIg7cJ3IQS70w0yMuAwIAfJ-qUIL_XUrbxwyPvGXFEc85Zi_g

Renzi perde, ma ci ripensa: Italia Viva si tiene le poltrone. - Wanda Marra



PRESCRIZIONE – L’ACCORDO TRA PD, M5S E LEU METTE NELL’ANGOLO IL PARTITINO DELL’EX LEADER DEM, DOPO GIORNI DI MINACCE. MA LUI ORA DICE: “NON CE NE ANDIAMO”.


“Renzi? È nel pallone”. La definizione che va per la maggiore è questa. Per una settimana, l’ex premier ha terremotato la politica italiana, sparato ad alzo zero contro l’equilibrio della maggioranza, intrapreso una guerra santa nel nome della prescrizione. Ma con l’intesa di giovedì notte sul lodo Conte bis tra Pd, M5S e LeU ha perso. Certo, l’accordo è fragile e soprattutto richiede una serie di passaggi parlamentari pieni di ostacoli. Ma Renzi si è rapidamente infilato in un cul-de-sac. L’obiettivo originario – con buona pace della giustizia – era defenestrare Giuseppe Conte e ottenere un nuovo governo. Come dimostra uno scambio di battute durante il vertice. “Noi non torniamo indietro sulla prescrizione”, ha argomentato Maria Elena Boschi. Per sentirsi ribattere: “Ma se si è in maggioranza insieme, bisogna trovare un punto di equilibrio accettabile. Altrimenti significa che i problemi sono altri”. Lei non ha risposto. Come dire, chi tace, acconsente. Tanto è vero che il premier è così tornato sulla questione: Iv promette battaglia? “Battaglia è una parola che non si addice tra forze di governo. Dobbiamo ritrovarci a ragionare nel merito”.
Il piano si scontra con la volontà di Sergio Mattarella, che non sarebbe disposto a far nascere un nuovo esecutivo in questa legislatura. E dunque, l’alternativa a “Giuseppi” sono quelle elezioni che Iv non può permettersi. Perché poi – dopo giorni di sovraesposizione mediatica – cala nei sondaggi, invece di crescere. Quindi, qual è l’obiettivo?
“Questi sono tutti pazzi, il Pd si è piegato”, andava argomentando Renzi ieri. Da qui a una strategia chiara, il passo non è breve. D’altra parte, è il suo limite, ormai noto a tutti: come tattico è fulminante, ma quando si tratta di elaborare progetti di lunga prospettiva, l’errore in genere gli è fatale.
La prima cosa chiara è che Iv non ha nessuna intenzione di uscire dal governo e di dare l’appoggio esterno. “Siamo una forza riformista, non cediamo al populismo nella giustizia. Non ce ne andiamo, ma se ci vogliono cacciare, ce lo dicano”, ha detto ieri mattina l’ex premier. Non ci pensa proprio a rinunciare a quella fetta di potere che ha. Tanto più che ora si gioca la partita per lui centrale delle nomine. “Vorrebbe più considerazione politica da Conte”, dicono i suoi. Significato confuso.
È stata la Boschi, nel pomeriggio, a rilanciare la linea dura: “La mediazione è una toppa peggio del buco”. Iv ha chiesto ad Alfonso Bonafede di non presentare il decreto che recepisce l’accordo nel prossimo cdm. Ma se lo farà, è pronta a non votarlo. Poi c’è il passaggio sul lodo Annibali nel Milleproroghe: i renziani diranno sì. Così come voteranno la proposta Costa che arriva in Aula il 24 febbraio per cancellare la riforma Bonafede. Fino a qui, però, grossi rischi non ci dovrebbero essere né per il governo, né per lo stesso Renzi di vedersi sfuggire il voto di mano: i numeri per mandare sotto la maggioranza alla Camera non ci sono. E in Senato? Fino a dove si spingerà l’ex premier? Potrebbe non deciderlo per parecchi mesi. Sul Milleproroghe, il governo è intenzionato a mettere la fiducia: non ci sarà modo di votare qualche emendamento “pericoloso”. Per quel che riguarda la proposta Costa, il senatore di Scandicci sarebbe pronto a ripresentarla come primo firmatario. Ma ci vorranno mesi prima che sia calendarizzata. Poi, ci saranno i voti sul Lodo Conte bis e sulla riforma del processo penale. Anche per quelli, ci vuole tempo. Non è detto, però, che Renzi non si trovi a un bivio sconveniente: dover scegliere tra una marcia indietro e un voto che rischia di far chiudere la legislatura.
Anche qui, le variabili sono tante. Quanti lo seguiranno, mettendo a rischio la propria sopravvivenza in Parlamento? Sentite Pier Ferdinando Casini, vicino ai renziani: “Renzi ha ottenuto sulla #prescrizione un risultato tutt’altro che insignificante. Non trascurerei di valorizzarlo”. Gli umori dentro Iv non sono dei migliori: il partito non dà nessuna garanzia sul futuro.
Da notare che ci sono voci che circolano insistenti da mesi. “Matteo non ne può più, è pronto a mollare la politica e a lasciare tutto a Maria Elena”, si racconta nei corridoi del Senato. Che alla fine lo faccia davvero, magari per dedicarsi alle sue attività parallele (e molto retribuite), come le conferenze in giro per il mondo, è tutto da dimostrare. Finora la politica l’ha tenuto in ostaggio come una sorta di amante tossica, nonostante la discesa rovinosa. Ma il fallimento del suo progetto è un dato ormai conclamato. E la delusione è tanta.