domenica 2 settembre 2012

Crisi e lavoro, l’Italia ancora al passo di B. I tecnici tra mini-riforme e annunci. - Stefano Feltri


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I ministri del governo Monti non devono essere (ri)eletti. E i loro risultati stanno nelle cifre dell'Istat: giovani disoccupati al 35 per cento, senza lavoro al 10,7, Pil a -2,5. Nonostante l'esecutivo sia al potere da quasi un anno e i destini di medio termine continuino a essere incerti.

Chissà se Mitt Romney riuscirà ad andare alla Casa Bianca. Dovesse farcela, il merito non sarebbe certo del suo carisma, ma della visione della politica che incarna: i problemi sono complessi, non serve un uomo di palazzo per risolverli, ma un businessman di successo (vi ricorda qualcosa?). Clint Eastwood ha conquistato più applausi di Romney alla convention repubblicana di Tampa, due giorni fa, declinando così la ragione per cui bisogna votare l’ex capo della Bain Capital invece che il sogno democratico di Barack Obama: “Io e voi possediamo questo Paese. Non i politici. I politici sono nostri dipendenti. Il voto è importante. Non conta che tu sia repubblicano, democratico, libertario o qualunque altra cosa, siete voi migliori. Non dimenticatelo. E quando qualcuno non fa il suo lavoro, dobbiamo mandarlo via”. Il vecchio regista conservatore dice di essersi commosso più per i 23 milioni di disoccupati che per le interviste di Obama da Oprah Winfrey.
I tecnici del governo Monti, a differenza di Romney e Obama, non devono essere (ri)eletti. Ma l’eastooding, il metodo Clint, si può applicare anche a loro. Senza neppure dover fare le domande a una sedia vuota, come ha fatto il regista di Gran Torino a Tampa, a causa dell’ovvia assenza di Obama. Le risposte ci sono già nei numeri diffusi dall’Istat: i giovani disoccupati sono sempre al 35 per cento, i disoccupati complessivi al 10,7, il Pil nel 2012 a -2,5 e in recessione anche nel 2013, lo spread sopra 450.
Alcune riforme sono state fatte – lavoro, pensioni, liberalizzazioni – e hanno dato risultati alterni ma almeno in gran parte misurabili. Altri ministri hanno fatto parecchi annunci, su tutti il titolare dello Sviluppo Corrado Passera, le cui tracce concrete sono impercettibili. Altri ministri, per quanto privi di portafoglio e quindi di un potere di spesa autonomo, hanno sfruttato al meglio le risorse scarse a loro disposizione, da Enzo Moavero che ha massimizzato il peso diplomatico di Monti e dell’Italia nei negoziati europei a Fabrizio Barca, capace di far arrivare sul territorio decine di miliardi di fondi non spesi che parevano destinati a restare soltanto sulla carta o a tornare a Bruxelles.
I tecnici sono al potere da quasi un anno. L’Italia che tra qualche mese lasceranno non pare tanto migliore di quella che hanno ereditato, salvo che per il non trascurabile dettaglio che Silvio Berlusconi è a distanza di sicurezza dal potere. I destini di medio termine sono incerti quasi come un anno fa, ancora si discute di se e come dovremo chiedere aiuto ai fondi salva Stati. Le colpe non sono tutte dei “nostri dipendenti” al governo, ovviamente, ma qualche responsabilità sì. Chissà cosa ne penserebbe Eastwood, se li giudicherebbe degni dello stipendio pagato dai contribuenti o invece li licenzierebbe con la disinvoltura tipica di Mitt Romney quando rilevava aziende per rivenderle spezzettate.

Insultato e diffamato, la guerra di Grillo contro media e politici. - Emiliano Liuzzi e Giulia Zaccariello


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Il comico genovese risponde alla pressante campagna messa in piedi contro di lui da buona parte della politica italiana. Tutto nasce con l'espulsione di Valentino Tavolazzi dal M5s per arrivare agli ultimi articoli sparati da UNità e Repubblica.

L’intervento di Grillo sul suo blog arriva il giorno della pubblicazione di due articoli. L’Unità, il quotidiano di area Pd, titola “Le balle di Grillo: l’Aids non esiste”, mentre Il Giornale mette in prima pagina una sua foto (un fotomontaggio tratto dal film“Scemo di guerra”, di Dino Risi) con lui che fa il saluto fascista (il titolo è “Quando Beppe Grillo era fascista”). In realtà, per Grillo, quella che sta per finire è stata un estate segnata da una serie di attacchi durissimi, interni ed esterni.
In due mesi ha ricevuto siluri da ogni parte. E nessuno ci è mai andato giù per il sottile. A partire da Bersani che, scordando a casa la compostezza, gli ha dato del fascista. “Venga qui (inteso come la festa dell’Unità ndr) a dirci che siamo zombie”. E Grillo, che sul ring è abituato più a picchiare che a incassare, oggi ha risposto per le rime: “Istigano perché qualcuno mi elimini”. Politicamente, fisicamente anche.
Se vogliamo trovare un inizio alla campagna contro Grillo bisogna andare ai margini del suo stesso Movimento, il 5 stelle, e trovare un altro personaggio che della compostezza ha fatto una carriera. Parliamo di Valentino Tavolazzi, primo espulso dalla Grillo & Casaleggio. A metà luglio il consigliere comunale di Ferrara rompe il silenzio e pubblica una lettera aperta: “Centinaia di migliaia di cittadini – scrive – non vogliono che il progetto politico Movimento sia a scadenza come il latte né che sia un esperimento di marketing politico. Se anche Grillo e Casaleggio non lo vogliono, si diano una mossa per farlo camminare con le proprie gambe”. Segue, meno di un mese dopo, un altro j’accuse, sempre firmato Tavolazzi: “È Casaleggio il vero padrone del Movimento 5 stelle” dichiara il ferrarese, che, non avendo avuto risposta dall’appello precedente, sembra così volersi togliere più di un sassolino dalle scarpe.
Tavolazzi, da anonimo consigliere comunale, riempie i titoli dei giornali. Diventa il pretesto degli avversari di Grillo (dentro e fuori dall’orbita dello stesso comico) per attaccare il comico un giorno sì e l’altro anche. A ferragosto, poi, esplode il caso delle interviste tv a pagamento. La bufera mediatica si abbatte soprattutto sui consiglieri regionali a 5 stelle dell’Emilia Romagna e del Piemonte, Giovanni Favia e Davide Bono, che ammettono di aver usato soldi pubblici per acquistare visibilità su alcune emittenti locali. Uno scivolone che non sfugge a Grillo, che tempo due giorni bacchetta i suoi, sempre per mezzo del suo blog: “Pagare per farsi intervistare è come pagare per andare al proprio funerale”. Ma non si accontenta, e nello stesso intervento denuncia una sorta di campagna mediatica contro il suo ‘non partito’. Con toni aspri. “Da mesi, con un ritmo sfiancante, i quotidiani, e le testate on line che vivono di notizie ‘copia e incolla’ e rimbalzano le falsità, insultano, diffamano, spargono menzogne, inventano fatti, creano dissidi inesistenti, diffondono odio su di me e sul Movimento 5 Stelle”. Sarà il Fatto Quotidiano a scoprire che la pratica era di tutti i partiti, compreso il Pd che aveva definito l’acquisto di spazi pubblicitari come “immorale”.
Passa poco più di una settimana e scoppia una lite feroce con il leader del centrosinistra Pier Luigi Bersani. Il segretario del Pd, alla sua prima uscita dopo la pausa estiva alla Festa di Reggio Emilia, punta il dito contro la campagna degli “zombie” , promossa da Grillo sul suo blog e ripresa anche dall’Idv, definendola fascista. Un attacco al quale il comico genovese risponde dando al numero uno del Pd del “fallito che ha ‘agito in accordo con ex fascisti e piduisti per un ventennio, spartendo insieme a loro anche le ossa della Nazione”. Ma Bersani non molla e prepara un contrattacco, che nei giorni seguenti si traduce in due stoccate lanciate dai palchi delle Feste dell’Unità . Prima, a Bologna, dà del “pirla” a Grillo e a tutti coloro che accusano il segretario Pd di “essere contro la rete”. Poi, a Piacenza, lancia la provocazione: “Grillo governerà da un tabernacolo?”, facendo riferimento al fatto che appare e scompare.
Questa mattina, probabilmente, non ha resistito. Non sono Cassius Clay e di incassare non ho nessuna voglia, deve aver pensato. Lo ha fatto aprendo i giornali, Repubblica in particolare, che indica all’interno del Movimento una sorta di chiamata alle armi contro Grillo. Il pretesto è l’espulsione di un consigliere del quartiere Saragozza, a Bologna. In realtà il caso si sgonfia in poche ore. Boriani spiega al fattoquotidiano.it di non aver nessuna intenzione di diventare un caso Tavolazzi, di aver preso accordi a suo tempo e di aver già firmato la sua sospensione perché aveva fatto due mandati.
Repubblica Bologna però rilancia e dice che i “grillini” avrebbero presentato un esposto all’Agcom. In realtà è una svista colossale. L’esposto è stato fatto, sì, ma all’Agcm, autorità per la concorrenza. E non è firmato da nessun esponente del Movimento, ma da un simpatizzante, senza nessuna carica. E a quel punto Grillo salta in piedi, e spara dal blog. “Vogliono eliminarmi”. Risponde come lui sa fare, probabilmente meglio degli altri. Sommergendo l’avversario di parole e demagogia, pugni e calci.

Grillo: “Da media istigazione a delinquere. Come negli anni di piombo”.


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Il leader del Movimento 5 Stelle scrive sul suo blog e riadatta un passaggio di 1984 di George Orwell. Poi ammonisce e avverte: "Dal tiro al bersaglio metaforico, si passerà a quello reale? ... Li diffami, li isoli e poi qualcuno li elimina. Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere".

Tutti contro Grillo. Grillo contro tutti. Non è un gioco di parole, ma un gioco al massacro che oggi il leader del Movimento 5 Stelle ribattezza “Il rito dell’Odio” ripescando un intero passaggio del libro “1984″ di George Orwell. Il comico genovese attacca, rievoca “gli anni di piombo”, squaderna sul suo blog gli epiteti che gli sono stati affibbiati negli ultimi tempi e punta il dito contro i media: “Istigazione a delinquere”. ”Il rito dell’Odio era cominciato. Come al solito, la faccia di Beppe Grillo, il Nemico del Popolo, era apparsa sullo schermo. S’udì qualche fischio, qua e là, fra i presenti. La donnetta dai capelli color sabbia diede in una sorta di gemito in cui erano mescolati paura e disgusto. Grillo era il rinnegato. Durante il suo secondo minuto, l’Odio arrivò fino al delirio…. “Porco! Porco! Porco! ” “Populista! Populista! Populista!” “Fascista! Fascista! Fascista!” “Assassino! Assassino! Assassino!” “Evasore! Evasore! Evasore!”… La cosa più terribile dei Due Minuti d’Odio non consisteva tanto nel fatto che bisognava prendervi parte, ma, al contrario, proprio nel fatto che non si poteva trovar modo di evitare di unirsi al coro delle esecrazioni”. 
Dopo la prolungata lite a distanza con Pier Luigi Bersani oggi da due sponde diverse del giornalismo arrivano gli “attacchi”. L’Unità, quotidiano fondato da Antonio Gramsci e di area Pd, titola “Le balle di Grillo: l’Aids non esiste”, mentre Il Giornale, fondato da Indro Montanelli e appartenente alla famiglia Berlusconi.  mette in prima pagina una sua foto di quando recitava. Un fotogramma estrapolato dal film di Dino Risi “Scemo di guerra” con l’allora giovane interprete che fa il saluto fascista; titolo dell’immagine “Quando Beppe Grillo era fascista”. Eppure a scorrere gli archivi non è la prima volta che Grillo diventa “bersaglio metaforico” come scrive oggi. Nei mesi e negli anni passati tanti hanno detto “male” di lui. Questa la definizione di Silvio Berlusconi: “Grillo è l’espressione peggiore della sinistra peggiore”, Valter Veltroni: “Grillo semina zizzania”, Eugenio Scalfari, fondatore ex direttore del quotidiano la Repubblica: “Peggiore Destra, quella populista, demagogica, qualunquista che cerca un capo in grado di de-responsabilizzarla”. E proprio sul quotidiano, diretto da Ezio Mauro, nelle pagine bolognesi si legge di “una guerra vera e propria. In Emilia Romagna”  dove si starebbe allargando “la frattura tra la base e lo Staff del blogger” compreso un “esposto all’Agcm (Autorità garante della concorrenza e del mercato) degli “epurati” contro la “Casaleggio e Associati”, che possiede il simbolo del Movimento 5 Stelle”.  Ma Grillo proprio stamattina ha smentito: “Contrariamente a quanto riportano oggi i giornali il simbolo del Movimento 5 Stelle è registrato a mio nome e non della Casaleggio associati. Basterebbe una verifica per non fare figure di merda”. 
E così a difesa, quasi a scudo, contro questa ondata, Grillo cita Orwell, autore della “rivoluzionaria” Fattoria degli animali, lanciando il suo anatema contro i media e contro gli avversari. ”Il rito quotidiano dell’Odio da parte di aizzatori di professione nei miei confronti, nei confronti degli appartenenti al Movimento 5 Stelle e dei miei collaboratori sta diventando fragoroso, insopportabile, indecente – argomenta -. Lo scopo è quello, chiaro, di creare dei mostri da abbattere per mantenere lo status quo”, prosegue accusando i critici perché “non discutono mai nel merito, ad esempio del Programma del M5S, insultano, fomentano con l’obiettivo di isolare, infamare, distruggere”. “E dopo? Cosa verrà dopo?”, si domanda Grillo che passa a fornire anche uno scenario: “Dal tiro al bersaglio metaforico, si passerà a quello reale? L’informazione sta sconfinando in molti casi in istigazione a delinquere, come avvenne negli anni di piombo. Li diffami, li isoli e poi qualcuno li elimina. Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere”. 
Sostituendo il suo al nome dell’Emmanuel Goldstein creato dalla penna del scrittore britannico, Grillo ripercorre quel “rito dell’Odio” per poi fare la sua chiusa riprendendo il riadattamento della citazione: “E tutto un tratto afferrò un pesante dizionario di Neolingua della Casta e lo scaraventò sullo schermo. Questo andò a colpir diritto il naso di Grillo e poi ricadde a terra: la voce continuava inesorabile. Tutti strillavano e battevano furiosamente i tacchi contro il piolo della sedia. La cosa più terribile dei Due Minuti d’Odio non consisteva tanto nel fatto che bisognava prendervi parte, ma, al contrario, proprio nel fatto che non si poteva trovar modo di evitare di unirsi al coro delle esecrazioni”.

Eloquenti risposte.



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Brividi in Formula 1, l'incidente a Spa.

Belgium Formula One Grand Prix







La Ferrari di Fernando Alonso e la McLaren di Lewis Hamilton subito fuori al via del Gran Premio del Belgio sul circuito di Spa. La vettura dell'inglese toccata dalla Lotus di Grosjean ha innescato un tamponamento a catena al semaforo verde che ha costretto al ritiro diversi piloti compreso il leader del Mondiale. L'incidente alla partenza del Gp del Belgio ha messo fuori gioco anche la Sauber di Perez e la Lotus di Grosjean responsabile del pauroso tamponamento a catena. Il francese ha sbarrato la strada ad Hamilton che lo ha preso in pieno facendo volare la sua vettura, atterrata poi pericolosamente sulla parte anteriore della Ferrari di Alonso. Dopo l'incidente è entrata la safety-car rimasta in pista per quattro giri per permettere la pulizia del tracciato. In testa alla gara la McLaren di Button.

http://www.ansa.it/web/notizie/photostory/sport/2012/09/02/Brividi-Formula-1-incidente-Spa_7412731.html

A cosa stai pensando?


Ebbene, io sto pensando che mi sono ritrovata con tantissimi amici e che insieme possiamo diventare una forza imbattibile.
Dobbiamo solo prendere coscienza del fatto che siamo la linfa vitale della terra che ci ospita, dobbiamo darci da fare perchè tutto torni alla normalità, e non dobbiamo farlo solo per noi, ma soprattutto per chi ci sostituirà in futuro e verso i quali abbiamo delle responsabilità. 
Rimbocchiamoci le maniche, quindi, e facciamo capire a chi si è impossessato delle nostre vite che i nostri diritti sono inalienabili, indiscutibili. Mandiamoli tutti a casa, non lasciamo che continuino a spogliarci dei beni accumulati con sudore, che lascino loro il maltolto e vadano a farsi fottere dove gli pare.
Noi possiamo dar loro solo la libertà, se mai dovessero decidere di mollare la presa, altrimenti potremmo anche citarli per crimini verso l'umanità, perchè è un crimine costringere la gente che regge l'economia di un paese nella stretta di balzelli senza dar nulla in cambio, è un crimine lasciare che aziende licenzino i lavoratori per andare a produrre altrove dove la mano d'opera costa meno, è un crimine decidere se una coppia sterile debba o possa avere dei figli, è un crimine decidere se un malato terminale debba venire alimentato contro la sua volontà, che poi è anche quella naturale, è un crimine decidere che la volontà del cittadino operoso non debba essere presa in considerazione, è un crimine costruire inceneritori che nessuno vuole, è un crimine costruire un ponte che non serve a nessuno, è un crimine costruire treni veloci quando non funzionano quelli che servono alla gente che lavora, è un crimine far allagare città per una semplice pioggia - vedi l'alluvione di Genova - è un crimine insozzare a appestare l'aria che respiriamo per non multare aziende che pensano solo al profitto e ungono le tasche dei pochi per comprare il loro silenzio, e ..... possiamo continuare all'infinito.
Noi siamo la forza trainante del paese, noi siamo il popolo sovrano, noi dobbiamo decidere ciò che è meglio per noi.
Loro hanno dimostrato ampiamente di non essere in grado di governare, sono inutili e dannosi.
Io dico basta!
Diciamolo insieme.


By Cetta

HENRY KISSINGER E IL GRUPPO BILDERBERG DIETRO ALL’OMICIDIO DI ALDO MORO.


«Nel 1982, John Coleman, un ex agente dell’intelligence che poteva accedere a tutti gli stadi del potere e a tutte le carte segrete, rivelò che l’ex Presidente del Consiglio italiano Aldo Moro, «un alto esponente della Democrazia Cristiana, che si opponeva alla “crescita zero” e alle politiche di riduzione della popolazione [oltre che al signoraggio (Nota di Andrea Di Lenardo)], pianificate per il suo Paese, fu ucciso da killer gestiti dalla loggia massonica P2 [di Licio Gelli, amico di Henry A. Kissinger, membro del R.I.I.A. e del Gruppo Bilderberg (Nota di Andrea Di Lenardo)], allo scopo di piegare l’Italia ai voleri del “Club di Roma” e del Bilderberg, volti a deindustrializzare il Paese e a ridurne in modo considerevole la popolazione».
In La Cerchia dei Cospiratori1, Coleman afferma che le forze della globalizzazione volevano utilizzare l’Italia per destabilizzare il medio Oriente, il loro obiettivo principale.
«Moro progettava di dare stabilità all’Italia attraverso la piena occupazione e la pace industriale e politica, rafforzando l’opposizione cattolica al comunismo e facendo in modo che la destabilizzazione del Medio Oriente fosse più difficile da ottenere»2.
Coleman descrive con dovizia di particolari la sequenza di eventi che paralizzò l’Italia: il rapimento di Moro e la spietata esecuzione della sua scorta, da parte delle Brigate Rosse [collegate, almeno per quanto riguarda la figura di Franceschini, con i vertici dei Liberali al Parlamento Europeo, esattamente con un funzionario del Parlamento Europeo, amico di Gaetano Martino, di Antonio Martino (membro della P2) e del padre di Alessio Vinci, come provano le lettere originali di cui sono in possesso (Nota di Andrea Di Lenardo)], nella primavera del 1978 alla luce del giorno, e la sua successiva uccisione. Il 10 novembre 1982, in un’aula del tribunale di Roma, Corrado Guerzoni, un intimo amico della vittima, testimoniò che Aldo Moro – che è stato un leader politico per decenni – «fu minacciato da un agente del “Royal Institute for International Affaire” (RIIA), mentre era ancora ministro».
Coleman racconta che, durante il processo ai membri delle Brigate Rosse, «molti di loro testimoniarono di essere venuti a conoscenza dell’implicazione di un alto funzionario degli Stati Uniti nel pieno per uccidere Moro». Tra il giugno e il luglio del 1982, «la vedova di Aldo Moro testimoniò che l’omicidio di suo marito era stato il risultato di una serie di minacce alla sua vita, mosse da qualcuno, che lei definì una figura molto importante della politica degli Stati Uniti».
Quando il giudice le chiese se poteva dichiarare alla Corte cosa aveva detto precisamente questa persona, Eleonora Moro ripeté esattamente lo stesso concetto espresso da Guerzoni: «Se non cambi la tu alinea politica, la pagherai cara».
In una delle pagine più emozionanti del libro, Coleman scrive: «A Guerzoni, richiamato dal giudice, venne chiesto se era in grado di identificare la persona, di cui aveva parlato la signora Moro. Guerzoni rispose che si trattava di Henry Kissinger, come aveva già detto precedentemente».
Perché un importante uomo politico statunitense minaccia un leader di una nazione europea indipendente? La testimonianza sensazionale, e potenzialmente distruttiva delle relazioni tra Stati Uniti e Italia, di Guerzoni fu immediatamente diffusa da tutti i media dell’Europa occidentale, il 10 novembre 1982. curiosamente, nessun canale televisivo americano pose l’attenzione su quella notizia, anche se Kissinger venne condannato per complicità in omicidio. Ma questo silenzio non è poi tanto sorprendente, come capiremo meglio nella seconda parte del libro, quando parleremo del “Council [on (Nota di Andrea Di Lenardo)] Foreign Relations” [C.F.R. (Nota di Andrea Di Lenardo)]»3.
Daniel Estulin
(autore, prestigioso giornalista investigativo ed ex agente del K.G.B.)
Oltre al Gruppo Bilderberg, anche il Mossad di Israele collaborò all’omicidio di Moro. Si veda:
E pensate che Giorgio Napolitano e Henry Kissinger o collaborano nell’Aspen Institute di Israele e della Fondazione Rockefeller di David Rockefeller (membro del Gruppo Bilderberg, del C.F.R. e della T.C.). L’ho dimostrato in un mio articolo:
Giorgio Napolitano (vicino a C.L.) era un membro del P.C.I., quello stesso P.C.I. che sosteneva che fosse giusto lasciare che Moro fosse assassinato. Il P.C.I. combatté strenuamente per lasciare Moro al suo destino. Chissà come mai. R chi furono gli altri due che sostennero che fosse giusto lasciare che Moro fosse assassinato? Giulio Andreotti (membro della P2 e vicino a C.L.) e a Francesco Cossiga (vicino alla Massoneria e a C.L.), i due nuovi padroni della D.C., una volta che fu ammazzato Moro. Guarda caso.
Andrea Di Lenardo
1J. Coleman, Cospirators’ Hierarchy: The Story of the Committee of 300, America West Publisher, 1992.
2J. Coleman, Cospirators’ Hierarchy: The Story of the Committee of 300, America West Publisher, 1992.
3D. Estulin, Il Club Bilderberg, Città di Castello (PG), Arianna Editrice, 2012, pp. 89, 90.
19:30 Scritto da: gnosisveritas in IL BLOG NERO D’ITALIAIL BLOG NERO DEGLI U.S.A.
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Tratto da: HENRY KISSINGER E IL GRUPPO BILDERBERG DIETRO ALL’OMICIDIO DI ALDO MORO | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/09/02/henry-kissinger-e-il-gruppo-bilderberg-dietro-allomicidio-di-aldo-moro/#ixzz25KVwF8lI
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario! 


http://www.informarexresistere.fr/2012/09/02/henry-kissinger-e-il-gruppo-bilderberg-dietro-allomicidio-di-aldo-moro/#axzz25KUrqiZO