domenica 10 maggio 2009

Carte spagnole contro Fininvest Provocò un crac a Telecinco

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/05/01/carte-spagnole-contro-fininvest-provoco-un-crac.html

ROMA - Il cosiddetto «gruppo B» Fininvest, la corona di 64 società offshore che ne puntellavano la doppia contabilità, non è più soltanto affare italiano. Quattro fax, pubblicati ieri dal quotidiano spagnolo El Mundo, accusano Silvio Berlusconi di aver stornato, nella prima metà degli anni '90, 21 miliardi di pesetas (252 miliardi di lire) dalle casse della rete tv Telecinco, di cui è stato azionista, verso tre società offshore del comparto riservato Fininvest attraverso operazioni di compravendita di diritti cinematografici e di sfruttamento televisivo di eventi sportivi. Con un unico esito, annota El Mundo: «Provocare importanti perdite nei conti di Telecinco (58 miliardi di pesetas nel '95, 696 miliardi di lire) che portarono ad una serie di licenziamenti, mentre i guadagni di Berlusconi crescevano in modo spettacolare». La storia, così come ricostruita dal quotidiano madrileno, ha un' immediata ricaduta spagnola. Dimostrerebbe come Berlusconi abbia mentito al giudice che su di lui indaga. Quel Baltazar Garzon cui il proprietario di Fininvest ha sin qui negato ogni legame tra il suo gruppo e le società che mediarono con Telecinco l' acquisto dei diritti tv. Ma la storia - lo vedremo - ha un altrettanto immediato e importante rimbalzo italiano. Perché lì dove i documenti di El Mundo non arrivano, lì dove, in altri termini, i quattro fax non sono in grado di stabilire con completezza il ruolo del gruppo Fininvest nell' operazione di asserito «svuotamento» delle casse di Telecinco, a definire il quadro provvedono, come Repubblica è in grado di documentare, le 800 pagine della perizia della società internazionale di revisione contabile KPMG depositate nei mesi scorsi presso la Procura della Repubblica di Milano. Proviamo dunque ad ordinare i fatti. < ***& Scrive El Mundo: all' inizio degli anni '90, Telecinco - controllata da Silvio Berlusconi attraverso un sistema di partecipazioni in parte trasparenti, in parte mediate da catene societarie, che lo rendono di fatto l' azionista di maggioranza - si impegna a comprare da Redeespana, società del gruppo Berlusconi, l' intera produzione cinematografica americana e un 50 per cento della restante produzione potenzialmente acquisibile dalla rete. E questo sulla base di un prezzo ed una composizione di pacchetti lasciati alla libera determinazione della stessa società venditrice. Redeespana, per l' appunto. Gli interlocutori finanziari di Telecinco, tuttavia, rapidamente mutano. I diritti del contratto di compravendita stipulato con Redeespana vengono da questa ceduti a Reteeuropa Bv, altra società del gruppo Fininvest, e da questa all' olandese Rinoba. In un fax datato 3 aprile 1990 - documenta il quotidiano spagnolo - Candia Camaggi, fiduciario svizzero della Fininvest service sa., informa infatti Telecinco dell' avvenuta cessione. Circostanza del resto confermata da due ulteriori comunicazioni del 28 febbraio e del 5 ottobre del '92 con cui, ancora una volta, Fininvest service indica in Rinoba la società distributrice dei titoli «Russians are coming», «Valentino» e «West side story». Rinoba - documenta ancora El Mundo - agisce a nome di Reteitalia, vale a dire del gruppo Fininvest. Così come a Fininvest fanno capo «altre due società che hanno contribuito a svuotare le casse di Telecinco: le società ungheresi Magyar e Arner Kft, che poterono godere da parte del gruppo Berlusconi della cancellazione di debiti per 53 e 5 milioni di dollari». Il cerchio, insomma, sarebbe chiuso. Telecinco è obbligata dal suo «vero» proprietario - Silvio Berlusconi - a corrispondere a società solo «formalmente terze», ma di fatto nel suo controllo - Rinoba, Magyar, Arner - compensi per diritti tv che ne piegano le finanze. Mentre i profitti dell' operazione, almeno fino ai primi anni ' 90, vengono parcheggiati su conti offshore del gruppo Fininvest. Non sfugge che la nettezza delle conclusioni tratte dal quotidiano spagnolo presuppone che si dia risposta ad una altrettanto netta domanda: i documenti in possesso di El Mundo e del giudice Baltazar Garzon, a tutt' oggi in attesa di risposta ad alcune rogatorie svizzere, sono sufficienti da soli a concludere senza ombra di dubbio che quelle tre società - Rinoba, Magyar, Arner - siano effettivamente appartenute al gruppo Fininvest? <****& Tre settimane fa, Repubblica ha dato ampio conto del contenuto delle 800 pagine della perizia della società di revisione internazionale KPMG sui bilanci del gruppo Fininvest. Ed è a quelle pagine che è utile tornare per capire cosa siano «Rinoba», «Magyar», «Arner», «Fininvest service sa», «Reteeuropa» e il perché lungo questa catena vennero movimentati centinaia di miliardi. Che «Reteeuropa» sia società riconducibile a Berlusconi appare pacifico. Il 28 gennaio 1987 - scrivono i periti di Kpmg - il contratto di acquisto della villa alle Bermuda del proprietario di Fininvest viene infatti «sottoscritto per procura da Claudio Fano per conto di Silvio Berlusconi, indicato come Presidente della Fininvest e presidente del Consiglio di amministrazione della Reteeuropa limited». E' certo dunque che nella catena di cessioni dei diritti tv di Telecinco, almeno fino al momento in cui questi stazionano nel portafoglio di Reteeuropa, il collegamento con Fininvest sia inoppugnabile. Ma dopo? Scrive KPMG: «Le società Rinoba, Magyar, Arner hanno avuto caratteristiche simili a quelle incluse nell' elenco delle 64 società del gruppo B, il cosiddetto comparto riservato Fininvest». «Sebbene possedute da soggetti esterni al gruppo Fininvest o alle società del gruppo B della Fininvest avrebbero agito, nella sostanza, come società controllate per intervenire in specifiche operazioni». Tra l' altro - e in particolare - per la compravendita di diritti televisivi. «In Spagna come in Germania». Del resto, «Rinoba» - ricordano i periti di KPMG - già era stata oggetto delle curiosità dei primi revisori contabili dei bilanci Fininvest, la «Arthur Andersen», che la avevano definita «società solo formalmente terza, in quanto sembra appartenga sostanzialmente al gruppo Fininvest». Un' intuizione cui KPMG dà sostanza documentale iscrivendola, nonostante la sua formale veste di «controparte commerciale nella compravendita dei diritti tv», a quella catena di società che «hanno evidenziato le seguenti caratteristiche: essere state amministrate dai gruppi Arner per conto Fininvest e su basi fiduciarie; avere avuto conti presso la Finter bank & Trust di Nassau; aver avuto rapporti finanziari con società del gruppo B della Fininvest; aver avuto azionisti ed organi amministrativi comuni con società del gruppo B». E se «Rinoba» era uno schermo, altrettanto - conclude KPMG - lo erano Magyar e Arner, le due società ungheresi che figurano nella matassa spagnola. Non da sole, come KPMG segnala, perché di catene societarie, su Madrid, Fininvest ne allungò più d' una. Con un unico scopo. O, quantomeno, con uno scopo prevalente: «Sfruttare i trattati contro le doppie imposizioni, in modo da minimizzare l' impatto fiscale». Ecco dunque perché i denari che lasciano Madrid approdano a conti accesi da società ungheresi e olandesi su piazze offshore. Ecco perché, a segnalarne l' urgenza, provvede via fax Candia Camaggi della «Fininvest service sa», il cui ruolo - come riportato dalla perizia KPMG - ben descrive David Mills, l' architetto del comparto riservato Fininvest: «Tutte le operazioni con le majors erano organizzate da Fininvest service sa di Lugano. Candia Camaggi aveva responsabilità e poteri amministrativi per le varie società, costituite proprio per sfruttare le agevolazioni fiscali. Si trattava, a prescindere dalla denominazione, sempre di società della Fininvest». - CARLO BONINI PIER FRANCESCO FEDRIZZI

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