giovedì 11 febbraio 2010

Insider trading e aggiotaggio: la mafia in Borsa


di Aaron Pettinari - 9 febbraio 2010
Milano.
Non solo edilizia. L'infiltrazione mafiosa nell'economia legale ha diverse forme di espletamento e di certo non sfuggono gli investimenti in borsa. I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Milano, con un'operazione partita 4 anni fa, hanno indagato 18 persone, alle quali martedì è stato notificato l'avviso di conclusione indagini, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.


La complessa indagine denominata "Texada" costituisce lo stralcio di una più vasta inchiesta che ha visto protagonisti gli affiliati alla nota famiglia mafiosa dei Rizzuto, con base a Montreal (Canada), nei cui confronti sono stati già effettuati arresti nell'ottobre 2007 (operazione "Gold Moustache"). I reati contestati sono di associazione per delinquere finalizzata all'insider trading e all'aggiotaggio, con l'aggravante della transnazionalità. 
Secondo l'accusa i 18 indagati italiani, tra cui figurano anche promoter finanziari e dipendenti di società di intermediazione mobiliare, operavano sui mercati regolamentati italiani e stranieri, tramite sofisticate tecniche di Borsa, con lo scopo di truffare i risparmiatori. In pratica gonfiavano e sgonfiavano artificiosamente i prezzi dei titoli sul mercato, un metodo chiamato “market abuse”. 
In particolare i promotori “promuovevano” investimenti sugli andamenti del titolo “Infinex”, quotato all'Over the counter della Borsa statunitense e al mercato regolamentato di Brema e Berlino. A passare le “dritte” erano i boss Roberto e Antonio Papalia, soci della Infinex Ventures Inc. Le informazioni, talora false, servivano a pilotare la movimentazione dei titoli, «anche servendosi di banche svizzere», ai danni sia degli stessi istituti di credito, sia dei risparmiatori.
Tra queste informazioni sensibili - si legge nel documento di chiusura delle indagini firmato dal pm Bruna Albertini - c'è “nel giugno - luglio 2004 l'imminente uscita di notizie che avrebbero fatto salire il titolo Infinex quali la prossima distribuzione di un dividendo consistente in una azione ogni 10 possedute, per il quale la società stava predisponendo gli incartamenti da presentare alla Sec e successivamente avrebbe annunciato tale fatto attraverso gli organi di informazione”. E ancora è presente la notizia che nell'ottobre 2004 ci sarebbe stato “un imminente aumento di capitale della società Infinex Ventures per circa 100 milioni di dollari, grazie all'ingresso di un nuovo socio con disponibilità patrimoniale quantificata da Roberto Papalia in 22 alberghi tra cui uno a Pompei, 2 casinò oltre a sviluppi immobiliari in Spagna e Santo Domingo”.
Nel 2006 gli indagati hanno quindi contribuito a divulgare l'informazione privilegiata, poi rivelatasi falsa, che la società Infinex “avrebbe acquisito il 50% dei diritti appartenenti a tale Francesco Rodolfo, di estrazione di oro in una grossa miniera in territorio cileno”.
Il profitto accumulato dagli indagati e dai loro mandanti, nei quattro anni di manipolazione del titolo “Infinex”, ammonta a circa 15 milioni di euro, veicolati - attraverso l'apertura di conti correnti in Svizzera - nelle casse canadesi dei boss. Tra gli indagati figurano alcuni personaggi già noti alle cronache per avere in passato abusivamente sollecitato il pubblico risparmio su alcuni investimenti rivelatisi in seguito truffaldini. È stato altresì tentato, senza riuscirvi, di acquisire il controllo di una Società di intermediazione mobiliare (Sim) milanese.



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