domenica 23 gennaio 2011

Cassazione conferma, Cuffaro a Rebibbia!




di Silvia Cordella - 22 gennaio 2011
La seconda sezione penale della Corte di Cassazione presieduta da Antonio Esposito ha rigettato il ricorso dell’ex presidente della regione siciliana Salvatore Cuffaro e lo ha condannato definitivamente a 7 anni di carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio.

La sentenza è stata una doccia fredda per l’ex Senatore del Pid (popolari di italia domani) che questa mattina sperava in un annullamento con rinvio ed il conseguente ridimensionamento del reato così come prospettato ieri dal procuratore generale Giovanni Galati, che ha chiesto alla Corte di Appello di eliminare l’aggravante mafiosa senza la quale Cuffaro, anche in caso di condanna, non sarebbe finito in carcere per il sopraggiungere della prescrizione. Ritenendo invece fondato il quadro accusatorio dei pm di Palermo, il Presidente Esposito ha confermato pienamente la condanna che il 23 gennaio del 2010 i giudici d’Appello avevano inflitto a Cuffaro ritenendolo colpevole di aver favorito il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro con il quale nella primavera del 2001, durante la campagna elettorale che lo portò ad essere Governatore in Sicilia, aveva intrattenuto rapporti attraverso la mediazione dell’ex assessore alla Sanità del comune di Palermo Domenico Miceli, anche lui condannato definitivamente lo scorso novembre per concorso esterno in associazione mafiosa. La Suprema Corte inoltre ha ritenuto Cuffaro colpevole anche per la vicenda sulle fughe di notizie legate a Michele Aiello, il magnate di Bagheria ritenuto vicino al capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, proprietario della lussuosa clinica oncologica privata (sottoposta ad amministrazione giudiziaria) “Villa Santa Teresa” alla quale la Regione, durante la gestione Cuffaro, ha pagato per le prestazioni di cure antitumorali tariffe di dieci volte superiori rispetto a quelle vigenti nelle altre regioni italiane. A caldo il Procuratore capo della Procura di Palermo Francesco Messineo si è detto soddisfatto. “La sentenza della Corte di Cassazione – ha commentato - conferma l'impianto accusatorio sostenuto dalla procura in primo grado” che quella volta “era stato accolto dai giudici solo parzialmente – mentre successivamente - la Corte d'Appello lo ha confermato”. “Ora la sentenza è definitiva”. Cuffaro dopo il verdetto ha deciso subito di costituirsi presentandosi al carcere di Rebibbia a Roma. “Adesso – ha detto ai giornalisti quando è uscito da casa - affronterò la pena come è giusto che sia, questo è un insegnamento che lascio come esempio ai miei figli”. “Sono stato un uomo delle istituzioni – ha proseguito – e ho un grande rispetto della magistratura che è una istituzione, quindi la rispetto anche in questo momento di prova. Una prova – ha concluso – che certamente non è facile ma che ha rafforzato in me la fiducia nella giustizia e soprattutto ha rafforzato la mia fede”. “La giustizia ha fatto il suo corso – ha commentato Rita Borsellino, deputato europeo del Pd - e la sentenza di oggi pone fine a una vicenda che ha mostrato con tutta evidenza il coacervo politico, affaristico e mafioso che ha retto la Sicilia nell'ultimo decennio. A fronte di tutto ciò e senza dimenticare i gravissimi crimini di cui si è macchiato l'ex governatore, mi preme tuttavia esprimere apprezzamento per l'atteggiamento tenuto nel corso del processo da Salvatore Cuffaro, che ha mostrato massimo rispetto tanto per l'operato dei magistrati, quanto per la sentenza dei giudici”. “Un atteggiamento dignitoso – ha concluso la Borsellino - che si contrappone in maniera netta a quello dei troppi uomini politici che, come il presidente del Consiglio, sono soliti rispondere alle accuse della magistratura denigrando i giudici e sottraendosi alla giustizia”. Salvatore Cuffaro in carcere ha portato con sé dei libri, secondo uno dei suoi avvocati, Oreste Dominioni, “godrà di un condono e delle riduzioni di pena che potranno esserci per buona condotta”. Dalla sua cella l’ex Governatore attenderà anche il verdetto del processo che lo vede imputato di concorso esterno in associazione mafiosa davanti al Gup di Palermo. I Pubblici Ministeri che rappresentano l’accusa, Nino Di Matteo e Francesco del Bene, a giugno dello scorso anno hanno chiesto per lui la condanna a dieci anni. “A differenza di altri che tentano di sottrarsi al processo – aveva dichiarato Di Matteo a fine requisitoria - l'imputato ha avuto una condotta irreprensibile - ma i fatti sono veramente gravi. Per la rilevanza del contributo fornito all'organizzazione criminale da un politico capace e influente nel contesto nazionale”. La concessione delle attenuanti dunque era stata scartata “per l'intensità e la pervicacia con cui s' è attivato” a favore della criminalità organizzata anche se la pena sarà diminuita di un terzo grazie al rito abbreviato. Oggi la Corte di Cassazione ha confermato le condanne anche agli altri imputati del processo sulle “Talpe”. Michele Aiello è stato condannato definitivamente a 15 anni e mezzo di carcere per associazione mafiosa (che sconta al Pagliarelli di Palermo) mentre Giorgio Riolo, che stanotte dorme nel carcere campano di santa Maria Capua a Vetere dove sarà accompagnato dai suoi colleghi del Ros, ha beneficiato di un leggerissimo sconto di pena da 8 anni inflitti in Appello ai 7 anni e 5 mesi della Cassazione.




2 commenti:

  1. Quando ieri si è consegnato al carcere romano di Rebibbia Totò vasa vasa aveva una espressione completamente diversa da quella della foto con la coppola. Infatti, l'aggravante della finalità mafiosa che la Cassazione ha confermato, nonostante la richiesta di segno opposto del Procuratore Generale, impedisce di fruire della misure alternative alla detenzione, salvo che non dimostri che non fa più parte della Mafia. Inoltre, grava sulle spalle dell'ex-governatore una richiesta di condanna a 10 anni di carcere in un procedimento penale in cui Salvatore Cuffaro ha chiesto il rito abbreviato, e quindi al netto degli sconti previsti per tale modulo processuale.

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  2. Non ci speravo, debbo confessarlo.
    Ora attendiamo anche l'esito dell'altro processo.
    Lui, come altri ancora in libertà, ha contribuito al degrado della Sicilia e, a mio giudizio, avrebbe meritato una pena maggiore.

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