domenica 2 gennaio 2011

Finocchiaro, indagine a Catania sull’appalto al marito.




Lo scorso 15 novembre la senatrice capogruppo PD Anna Finocchiaro è presente all’inaugurazione del presidio territoriale di assistenza di Giarre. L’appalto, del valore di 1,7milioni di euro (finanziamenti pubblici) è stato affidato senza gara alla Solsamb Srl, amministrata da suo marito, Melchiorre Fidelbo. Ora però la Guardia di Finanza ha sequestrato gli atti, la Procura di Catania ha aperto un fascicolo e gli ispettori regionali, con una relazione, hanno concluso che tutta la procedura “è illegittima”.

Facciamo un passo indietro: nel luglio 2007 vengono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le linee guida ministeriali per i progetti del Piano Sanitario Nazionale benedetto dall’allora ministro Livia Turco. Un mese dopo, il consorzio Sanità Digitale presenta il progetto per la Casa della Salute di Giarre, dal costo di € 1,2mln. Al suo interno ci sono, con quote del 5%, il dipartimento di Anatomia dell’Università di Catania guidato dal Prof. Salvatore Sciacca, l’Azienda Sanitaria 3 di Catania guidata ai tempi dal manager Mpa Antonio Scavone; la Tnet Srl con il 40% e la Solsamb Srl amministrata dal marito di Anna Finocchiaro che detiene il 50%.

Caduto il governatore siciliano Totò Cuffaro, però, scatta la rivoluzione sanitaria del suo successore Raffaele Lombardo. In Sicilia non servono “Case della Salute” ma “Presidi Territoriali di Assistenza”. Carte alla mano è necessaria una rimodulazione. E i costi lievitano: 20mila€ per lo studio del territorio, 420mila per il “project management”, 50mila per l’assistenza al progetto hardware ed 1,2milioni per i “software diversi”. Il totale lordo sale a € 1.690.000, esclusi i costi gestionali non previsti, “con un incremento – scrivono adesso gli ispettori della Regione – del 17% rispetto al progetto del 2007”.

La lievitazione dei costi si accompagna con un passaggio di consegne: il consiglio di amministrazione del consorzio Sanità Digitale stabilisce che tutti i proventi saranno attribuiti alla Solsamb Srl del marito di Anna Finocchiaro. Piccolo particolare: in tre anni nessuna gara pubblica è stata bandita.

Il 30 luglio 2010 l’Azienda sanitaria 3 guidata dal manager Giuseppe Calaciura, militante dell’Mpa di Raffaele Lombardo, sigla la convenzione con la Solsamb. Poco tempo dopo il Pd entra in giunta con Lombardo forte del sostegno della senatrice democratica. E così si arriva al paradosso: il 15 novembre, per inaugurare il presidio sanitario, si ritrovano insieme due mondi storicamente distanti, anche solo ricordando che nel 2008 Anna Finocchiaro si era candidata alla presidenza della Regione siciliana contro Lombardo (e il centrodestra).

Nella foto a lato è immortalato il taglio del nastro della “Casa della Salute” di Giarre, Comune roccaforte dell’Mpa. Il primo a sinistra con i baffi e la cravatta è Melchiorre Fidelbo, marito della senatrice democratica, amministratore della Solsamb Srl, accanto a lui c’è il manager autonomista Giuseppe Calaciura che ha siglato la convenzione, segue Teresa Sodano, sindaco di Giarre pupillo di Raffaele Lombardo, quindi Massimo Russo, magistrato assessore regionale alla Sanità, e poi al centro ci sono Anna Finocchiaro e l’ex ministro Livia Turco, ideatrice delle Case della Salute.

Sotto i flash dei fotografi scattano le proteste dei cittadini di Giarre perché da poche settimane è stato chiuso l’ospedale principale. “Anna Finocchiaro…Vergogna!”, gridano, il filmato è rimbalzato sul web, all’improvviso la senatrice si avvicina ai manifestanti e chiede: “Vergogna di che?”. Accanto a lei c’è il marito amministratore dell’azienda che ha vinto l’appalto senza gara.

LA RELAZIONE DEPOSITATA. Gli ispettori regionali inviati dall’assessore Massimo Russo hanno stilato una relazione di dieci pagine, adesso finita in commissione Sanità. L’appalto della Solsamb sarebbe stato affidato in violazione del D.lgs 163/2006 e “dei principi di libera concorrenza – scrivono gli ispettori – parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità”. Secondo gli ispettori, l’affare avrebbe “violato il Codice degli appalti” trattandosi di importi di rilevanza comunitaria “e non rientra nei casi di esclusione”.

Gli ispettori intervengono anche sul passaggio di consegne tra il Consorzio Sanità Digitale partecipato dalla Solsamb e la stessa Solsamb: “in ordine a ciò – si legge nella relazione – occorre rilevare che tale attribuzione caratterizza la fornitura quale “esternalizzazione” che, come è noto è espressamente vietata dall’art.21 della legge regionale 14 aprile 2009 n.5 che dispone che “è fatto divieto alle aziende del servizio sanitario regionale o agli enti pubblici del settore di affidare mediante appalto di servizi o con consulenze esterne, l’espletamento di funzioni il cui esercizio rientra nelle competenze di uffici o di unità operative aziendali”.

“Sulla base della documentazione acquisita – conclude la relazione – e delle analisi svolte, con riguardo anche agli atti assessoriali propedeutici al procedimento autorizzativo, si ritiene che il provvedimento di affidamento a privati dell’organizzazione ed informatizzazione del PTA, da parte dell’Asp di Catania, evidenzi i profili di illegittimità, come sopra esposti”. Su questi presupposti è stata annunciata da Massimo Russo la revoca imminente dell’appalto.

L’amministratore unico della Solsamb srl, Melchiorre Fidelbo, ha chiesto un’audizione alla Commissione Sanità dell’Ars dicendosi “a disposizione per avere l’opportunità di descrivere e far comprendere il rilievo scientifico che il progetto sperimentale di “Casa della salute” rappresenta per la sanità Siciliana”. Contemporanemte Fidelbo ha annunciato ricorso al Tar sostenendo che la gara d’appalto non era necessaria perchè si trattava di “opere dell’ingegno” e che non esisterebbe alcuna connessione tra la vicenda e il ruolo politico della moglie presente all’inaugurazione. Ha anche osservato che “il clima che si e’ voluto instaurare di strumentalizzazione politica non consente uno sviluppo compiuto e sereno del progetto a 3 o 5 anni”, minacciando querele agli organi d’informazione siciliani.



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