venerdì 25 marzo 2011

Nelle mani giuste. - di Marco Lillo.


Le carte delle inchieste sul neoministro dell'Agricoltura. Quei rapporti pericolosi con i boss siciliani

Francesco Buscemi starà festeggiando a suon di cannoli dopo avere visto in televisione il suo amico Saverio Romano giurare come ministro dell’agricoltura. L’uomo giusto al posto giusto. Nell’indagine che portò all’arresto di Buscemi per mafia c’è un’intercettazione del 2001 che spiega la sua felicità.

Buscemi era indagato per i suoi rapporti con il boss del mandamento di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, e con il braccio destro di Bernardo Provenzano, Giuseppe Lipari. Nato nel 1935, legatissimo a Vito Ciancimino, funzionario ai Lavori pubblici della Provincia, Buscemi sarà condannato in primo grado per il suo ruolo di ponte tra mafia e politica e si salverà in appello grazie alla derubricazione dell’accusa di mafia in favoreggiamento semplice, reato prescritto. Nei mesi precedenti alle elezioni del 2001 Buscemi andava a trovare il boss Guttadauro, uscito da poco di galera per concordare le strategie e i candidati. Il 3 maggio del 2001, per convincere il boss a sostenere Romano ricorda con orgoglio le “pazzie” di quel “ragazzo grazioso” per lui. Il dialogo merita di essere riproposto a beneficio di chi ha vistato la nomina di questo 46enne di Belmonte Mezzagno a capo di un ministero che dovrà gestire nei prossimi anni 15 miliardi di euro.

FR: Francesco Buscemi.
GU: Giuseppe Guttadauro.


FR: Tu sai che si porta a Bagheria? Si porta alle nazionali Saverio Romano…
GU: sì
FR: Saverio ti ho detto che per una cosa mia ha fatto pazzie. Perché lui è presidente dell’I.R.C.A.C. (l’istituto regionale per il credito cooperativo Ndr)…
GU: lo so…
FR: te l’avevo detto… presidente dell’I.R.C.A.C. ed avevo quella cosa sia al Banco di Sicilia – Cassa di Risparmio e sia all’ I.R.C.A.C., l’ultimo periodo all’I.R.C.A.C. Io dovevo pagare per uscirmene da quella camurria di quella firma che ho messo da Pacego (o simile)… quarantaduemilioni. Minchia, Saverio mi risulta per una settimana non ci andò perché gli avevano messo la “cosa” per firmarla … per dire che non mi davano più il benestare… perché Saverio ci ha fatto levare qualche trenta milioni, no a me a chi…. ai tre che eravamo. Così. Però mi disse Franco bisogna pagarli, quelli due pagali …perché passa il tempo ed io sono nei guai. Chiamò l’avvocato Minì’ (o simile) il Vice Direttore generale al suo studio e gli ha detto tu domani prende la lettera sul mio tavolo e te la porti da te e la fai scomparire per otto giorni ed io a otto giorni non vengo .. vedi che con me si è comportato molto abilmente …della nostra amicizia.
Ovvio che Buscemi insista con il boss.
FR: infatti ho detto a me stesso ne parlo con Peppino (Guttadauro Ndr) dico a te è arrivato input per Saverio Romano?
GU: si va be ma non…
FR: e allora ti è arrivato ..no..no…non… basta
GU: non è problema….
FR: te lo detto pure io..
GU: si va…
FR: con me si è comportato bene le cose giuste..
GU: si ma …
FR: e poi è un ragazzo grazioso …sarà eletto
GU: sicuro è eletto.


Il boss aveva ragione. Romano sarà eletto nel collegio di Bagheria e inizierà l’ascesa che lo porterà al dicastero dell’agricoltura. Il ministro proviene dalla stessa nidiata di Cuffaro: la Dc siciliana di Calogero Mannino. Il pentito Francesco Campanella, giovane consigliere comunale di Villabate passato alla storia come l’uomo che ha fornito la carta di indentità a Bernardo Provenzano per il suo viaggio a Marsiglia, fissa nella memoria un’istantanea: un pranzo romano nel 2001 quando Campanella era a sinistra, nell’Udeur di Mastella, mentre Romano correva a destra con Cuffaro. “Eravamo in una trattoria a Campo de’ Fiori con Franco Bruno, capo di gabinetto dell’allora onorevole Marianna Li Calzi, sottosegretario di Stato alla Giustizia e il dottor Sarno, che era un magistrato, sempre del gabinetto dell’onorevole Li Calzi. C’era anche mia moglie poi si aggiunsero Saverio Romano e l’onorevole Cuffaro che erano a Roma per questioni legate alle politiche del 2001. Franco Bruno, che conosceva perfettamente il mio cattivo rapporto con l’onorevole Romano, scherzando a tavola disse: “Saverio, tu sei candidato nel collegio di Bagheria dove c’è anche Villabate, ma lo sai che Francesco non ti vota, perché voterà per il centrosinistra?”. Stizzito l’onorevole Romano si alzò e pronunciò una frase che mi resterà sempre impressa: “No, Francesco mi vota, perché…”, lo disse in siciliano, “perché siamo della stessa famiglia”. E poi girato verso di me aggiunse: “Scinni a Villabate e t’informi”. Proprio con un atteggiamento duro e un riferimento specifico alla famiglia mafiosa, tanto da lasciare tutte le persone che erano presenti a quel pranzo senza fiato, senza parole [...]….Tornato poi a Villabate affrontai l’argomento, proprio come lui mi aveva chiesto in quella battuta, con Mandalà, il quale mi confermò che Saverio Romano era stato indicato dalla famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno”.

Ma non basta. Nella sentenza di appello che condanna Totò Cuffaro per favoreggiamento con l’aggravante di mafia, si legge:

…Secondo il Tribunale era pertanto pacificamente emerso che sia Romano che Cuffaro erano stati informati in modo palese e chiaro dal Campanella che la candidatura di Acanto era voluta dal gruppo di Villabate facente capo ad Antonino Mandalà (poi condannato in primo grado per mafia Ndr) cosa che i due avevano comunque accolto di buon grado; Il pm Antonino Di Matteo ha chiesto l’archiviazione per Romano con questa motivazione poco onorevole: “le dichiarazioni di Campanella sono parzialmente riscontrate con riferimento a significativi episodi denotanti la contiguità dell’indagato al sistema mafioso”. Le dichiarazioni del pentito invece “non hanno trovato adeguato riscontro nella parte in cui si riferivano a condotte poste in essere da Romano concretamente per favorire gli interessi della mafia”. Per il concorso esterno è necessario un contributo concreto a Cosa Nostra, non solo la contiguità. Quella però dovrebbe bastare per non essere scelti come ministri.





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