Con la tipizzazione del reato in uno specifico articolo del codice, non sarà più applicato a chi si macchia di 'concorso' l'articolo 416-bis sull'associazione mafiosa che prevede pene più alte. Si va dalla reclusione da 3 a 6 per anni per la semplice associazione, ai 4-9 anni per chi promuove o dirige l'associazione, fino ai 4-10 anni in caso di associazione armata. Le pene poi sono aumentate da un terzo alla metà se le attività economiche controllate dagli associati sono finanziate con il profitto dei delitti. Compagna chiede poi l'abrogazione dell'articolo 418 sull'assistenza agli associati, oggi punita con la reclusione fino a due anni, «rimasto sostanzialmente inapplicato».
Al suo posto prevede un nuovo articolo, con una pena da 3 mesi a 3 anni, che in più cancella la non punibilità dei congiunti. In attesa di leggere il testo, dura la prima reazione del Partito democratico e dell'Idv che fanno muro contro ogni ipotesi di alleggerimento della pena.
La giurisprudenza, ha spiegato Compagna nell'introduzione del ddl, pur in mancanza di indicazioni normativa «ha ritenuto di applicare anche al reato associativo di cui all'articolo 416-bis del codice penale l'istituto del concorso previsto dall'articolo 110». E nonostante «gli apprezzabili sforzi» della corte di Cassazione che «ha introdotto e legittimato l'ipotesi di concorso esterno», per il senatore restano «una serie di problemi irrisolti connessi alla mancata tipizzazione del reato». Compagna, ha tenuto a ricordarlo lui stesso rispondendo all'Agi, fu l'unico nel giugno del 1993 a votare in giunta per le Autorizzazioni a procedere del Senato contro l'autorizzazione chiesta nei confronti di Giulio Andreotti, accusato di collusione con la mafia. Da allora, ha spiegato, ha sempre pensato che fosse necessario intervenire per tipizzare un reato non previsto nel codice Penale «per allegerire la barbarie» dal momento che «più che un garantista io sono un vero innocentista».
Per Compagna «l'idea che le condotte associative possano essere punite senza che vi sia stato nemmeno un inizio di esecuzione del programma criminoso e addirittura fuori di una effettiva partecipazione al sodalizio non può non determinare serie preoccupazioni». Evidentemente «in Italia negli ultimi quattro lustri la tradizionale passione per i delitti associativi si è rivelata travolgente». Da qui il testo, composto di due articoli, per il quale il senatore ha spiegato di essersi mosso «nello stesso spirito» di Giuliano Pisapia che aveva presentato due proposte di legge in materia.
Nel ddl, al primo punto, si chiede di introdurre dopo l'articolo 379 del codice penale il 379-bis e il 379-ter. Il 379-bis, sul favoreggiamento di associazioni di tipo mafioso, prevede che «chiunque fuori dai casi di partecipazione alle associazioni di cui all'articolo 416-bis agevola deliberatamente la sopravvivenza, il consolidamento o l'espanzione di un'associazione di tipo mafioso, anche straniera, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni». Il 379-ter, relativo all'assistenza agli associati, stabilisce che «chiunque, fuori dai casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano a un'associazione di tipo mafioso, anche straniera, al fine di trarne profitto è punito con la reclusione da 3 mesi a 3 anni. La pena è aumentata se l'assistenza è prestata continuativamente. L'articolo 2 invece prevede l'abrogazione dell'articolo 418 del codice penale.
Critica l'opposizione. «In generale siamo contrari a qualsiasi ipotesi di riduzione di pena, sarebbe un segnale bruttissimo», ha commentato Andrea Orlando, responsabile giustizia del Pd. Sulla stessa linea Massimo Donadi, capogruppo dell'Italia dei valori alla Camera. «Se per un verso la codificazione è una cosa buona, non altrettanto è la riduzione della pena che porta con sè anche termini più brevi di prescrizione e un declassamento del reato», ha detto, «ma vogliamo comprendere la ratio della proposta».
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