venerdì 10 giugno 2011

La crisi, Tremonti e il Cavaliere


Tutti i giornali, anche quelli che sostengono Berlusconi e il suo governo, raccontano lo sfaldamento politico della maggioranza. Alcuni notabili berlusconiani giurano che nei voti di fiducia i numeri ci sono...

Tutti i giornali, anche quelli che sostengono Berlusconi e il suo governo, raccontano lo sfaldamento politico della maggioranza. Alcuni notabili berlusconiani giurano che nei voti di fiducia i numeri ci sono e non cambiano. Può darsi che sia così, ma i numeri non possono coprire lo sfaldamento politico. Di questo si tratta. Nel Pdl la balcanizzazione è raccontata nelle cronache quotidiane. Il prestigio e il carisma politico del Cavaliere sono in caduta libera.
La Lega perde voti e non ha più un gruppo dirigente coeso: Maroni dice che voterà i referendum e Bossi annuncia che diserterà le urne. La storia dei ministeri al Nord si va a concludere con una farsa: il ministro Calderoli, che come tutti i parlamentari può presentare proposte di legge, ha annunciato una iniziativa legislativa popolare che la Costituzione riserva ai cittadini non parlamentari. L’accozzaglia dei “responsabili” radunata in un gruppo parlamentare non regge: tutti vogliono un ministero o un sottosegretario. Ma, se guardiamo oltre i confini, non è difficile capire che il ruolo dell’Italia nella Comunità internazionale è ridotto a qualche comparsata del presidente del Consiglio in riunioni in cui è accolto come il nonno a cui tutto è perdonato, anche se tocca il culo alle cameriere. In questo quadro il conflitto tra il presidente del Consiglio e il ministro dell’economia Tremonti ha assunto caratteri e dimensioni senza precedenti. Io non so se è vero, come leggo sui giornali, che il presidente del Consiglio faccia pedinare il suo ministro, del quale pare che registri le comunicazioni che avvengono tra loro due. L’accusa rivolta a Tremonti di non allargare i cordoni della borsa per finanziare le richieste clientelari dei parlamentari è il segno dello sfaldamento di cui parliamo. Insomma, si vuole porre rimedio alla crisi con mance di denaro pubblico.
Tutto questo mentre la Ue ci ricorda il rapporto squilibrato tra debito pubblico e PIL che richiede un controllo rigoroso dei conti pubblici. E si parla di una manovra di 40 miliardi di euro. Tuttavia, penso che il tema del fisco nel nostro paese sia aperto non per le ragioni per cui gridano i corifei del Cavaliere, che vogliono solo allargare i cordoni della borsa e, al tempo stesso, pretendono tregue e attenuazioni alla lotta all’evasione fiscale. L’annuncio del Cavaliere di una legge delega sul fisco è un diversivo, un’autentica presa in giro. Ritengo che occorra intensificare l’impegno volto a colpire l’evasione e utilizzare il ricavato per la detassazione dei redditi dei giovani lavoratori e dei vecchi pensionati. Fatte queste considerazioni, una domanda si impone: può questo paese restare nel caos governativo sino al 2013? Una risposta occorre darla, anche perché la legge elettorale vigente è una vergogna e non è più nemmeno funzionale a un sistema di alleanze, in crisi nella maggioranza e incerto nell’opposizione. È questo il tema dell’oggi, su cui sarebbe utile e necessario un confronto onesto tra governo e opposizione, per decidere quando e come interpellare il popolo con le elezioni.



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