lunedì 28 novembre 2011

Lo scandalo delle case di Mostacciano nelle carte dell’inchiesta sul crac del San Raffaele. - di Marco Lillo



A fine 2009, il Fatto Quotidiano scoprì la storia di tre ville comprate a peso d'oro dall'Ifo: due sono rimaste inutilizzate, una è stata venduta a Niccolò Pollari a prezzo stracciato. Ora la vicenda è tra gli incartamenti dei pm di Milano che indagano sul fallimento dell'ospedale di don Luigi Verzè.

La villa di Niccolò Pollari
Finalmente una Procura si interessa della storia delle ville del San Raffaele di Mostacciano, uno scandalo denunciato due anni fa dal Fatto. Due delle tre ville sono state comprate nel 2009 dall’Ifo di Roma (ente regionale che gestisce l’ospedale Regina Elena) al prezzo stratosferico di 10 milioni. Quei soldi, stanziati dal ministero diretto da un dirigente del San Raffaele,Ferruccio Fazio, potevano essere usati per curare i malati di tumore con macchine e sale operatorie più moderne e invece sono finiti nel buco nero del crac del San Raffaele. Il direttore dell’Ifo che firmò quell’acquisto inutile, Francesco Bevere, è stato promosso dall’ex ministro Ferruccio Fazio nel dicembre 2010 direttore generale della programmazione sanitaria del ministero della salute, un ruolo di prestigio.

Non meno scandalosa la storia della terza villa, svenduta quattro anni prima a mezzo milione di euro a un altro amico di don Verzé: Niccolò Pollari, allora capo dei servizi segreti militari. Il Fattosi era già occupato della doppia vendita due anni fa. Ora qualcosa si muove, ma a Milano. La società di consulenza Deloitte, incaricata dalla nuova amministrazione di far luce sui conti del San Raffaele, dedica un paragrafo della sua relazione, finita agli atti dell’inchiesta dei pm milanesi sul crac, a questa vicenda immobiliare. Al di là della sua rilevanza penale, la storia delle tre ville merita di essere raccontata perché rappresenta un oltraggio ai malati di tumore in cura al San Raffaele di Milano e al Regina Elena di Roma.

Per capire perché, bisogna prima andare al catasto e poi a Mostacciano per vedere il diverso prezzo e destino delle ville comprate dall’Ifo e da Pollari. Delle due ville comprate con soldi pubblici, la costruzione più grande è completamente abbandonata. Nella piscina (cosa se ne dovevano fare i malati di tumore è un mistero) cresce l’erba e gli operai usano il giardino come base dei lavori nel complesso del Regina Elena che si trova alle spalle. L’altra villa più piccola è usata solo per una minima parte per gli uffici tecnici dell’Ifo, l’ente regionale che ha sperperato i 10 milioni. Il 21 luglio 2009 Francesco Bevere, il direttore generale dell’Ifo, l’istituto pubblico controllato dalla Regione Lazio che gestisce gli ospedali Regina Elena e San Gallicano, delibera l’acquisto. A mettere i soldi è il ministero della Salute diretto da Ferruccio Fazio, che il 26 marzo 2009 assegna con un solo decreto ben 19 milioni all’Ifo: 10 milioni e 260 mila euro per l’acquisto di due ville e dei suoli annessi, più altri 4, 5 milioni per comprare un macchinario modernissimo per la tomoterapia e altri 3,8 milioni per l’adeguamento alle norme antincendio delle sale operatorie.

A prescindere dai conflitti di interesse di Fazio (come Il Fatto ha scritto, la tomoterapia rappresenta la specialità dell’azienda di famiglia del ministro) sarebbe stato meglio spendere i dieci milioni di euro per quella macchina e per le sale operatorie, invece che per una villa con piscina nella quale oggi si tuffano le rane di Roma. L’ex direttore dell’Ifo, Francesco Bevere, nonostante lo stato delle ville dopo due anni dalla sua scelta, continua a difendere l’operazione. “Quando ero all’Ifo ho presentato un progetto e ho ottenuto da tempo”, spiega Bevere, “un finanziamento di 5 milioni dalla Regione per la realizzazione, nella nuova proprietà immobiliare, di un Hospice, di un moderno Reparto di terapia del dolore e di interventi di riabilitazione a favore dei malati oncologici. Un’altra porzione della proprietà acquistata era finalizzata all’installazione di una modernissima apparecchiatura di protonterapia“.

Al Fatto risulta però che in Regione la pratica è ferma. Se le ville comprate con tanti soldi pubblici sono inutilizzate, quella comprata da Pollari con pochi soldi privati è stata ristrutturata alla grande dalla famiglia dell’ex generale, ora consigliere di Stato, che può tuffarsi in piscina alla faccia dei pazienti e dei creditori del San Raffaele. Il villino Anselmo, ora villa Pollari, era stato comprato per 1, 2 milioni di euro dal San Raffaele nel 18 luglio 1994 e svenduto a Pollari 11 anni dopo a 500 mila euro. L’ex capo del Sismi giustificò il prezzo ridicolo per 27 vani catastali con una perizia che attestava lo stato fatiscente. Ma i consulenti di Deloitte scrivono: “Risultano disponibili tre perizie di valutazione”. L’ultima è quella dell’architetto Munari “che stimava il villino in data 22 luglio 2005 in prossimità della cessione in euro 498 mila”, ma prima ce n’erano altre due. Nel dicembre 2003 l’architetto Moauro stimava il valore dell’immobile in 2, 1 milioni. Pollari giustificò il prezzo basso con la necessità dei lavori. Ma i consulenti annotano che nella terza valutazione, fatta dall’Ufficio del territorio su richiesta dell’Ifo, il prezzo era ridotto proprio “in ragione dei costi stimati di ristrutturazione a 1, 4 milioni di euro”. Non solo: “E’ stata rinvenuta una comunicazione datata 11 febbraio 2004 indirizzata dall’amministratore della Fondazione San Raffaele Mario Cal all’agenzia del territorio, nella quale Cal sosteneva che la perizia da 1, 4 milioni meritava di essere rivista in ragione del trend di forte incremento dei valori immobiliari”. Altro che mezzo milione.

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