Pochi giorni fa il Corpo forestale dello stato ha sequestrato più di 17.000 confezioni di farmaci veterinari per un valore complessivo di 2,5 milioni di euro. I medicinali erano destinati a bovini e suini. La banda era composta da farmacisti, allevatori, grossisti e veterinari attivi in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, coordinati da un grossista specializzato nella rivendita di farmaci veterinari.
L’operazione merita una certa attenzione per l’ampiezza dell’area d’azione e il numero di persone coinvolte nel traffico clandestino. Le autorità hanno condotto 101 perquisizioni per un totale di 65 persone indagate. Il trucco era semplice, un gruppo di allevatori compiacenti acquistava farmaci in quantità superiore a quello somministrato realmente agli animali e le dosi in eccesso venivano utilizzate per il mercato clandestino.
La vicenda è grave sia perché si tratta di grossi numeri sia perché il problema dell’uso di sostanze illecite negli allevamenti, come cortisonici, ormoni ed antibiotici, non è ancora stato risolto negli ultimi 40 anni. La notizia non ha avuto il risalto che merita sui mezzi di comunicazione quali giornali e siti internet, anche se stiamo parlando potenzialmente di migliaia di capi trattati in modo fraudolento e non più identificabili coi controlli di routine. In questa situazione carne, latte e formaggi possono tranquillamente arrivare sul mercato e essere distribuiti ai consumatori attraverso macellerie, supermercati, o la ristorazione.
Poche settimane fa Il Fatto Alimentare ha denunciato l’esistenza del 15% dei capi bovini trattati con farmaci e medicinali illegali per aumentare la massa muscolare, riprendendo i dati diffusi da un centro specializzato, istituito dal Ministero della salute. Tuttavia di fronte a questi numeri nessuno ha detto niente. Le associazioni di categoria e quelle degli allevatori non hanno preso posizione e non hanno diramato comunicati. Assocarni brilla per l’assenza e anche altre associazioni legate al mondo agreste, sempre solerti nel segnalare le frodi alimentari non hanno detto nulla. Come mai? Perchè questo silenzio assordante. Perché quando si parla di carne, ormoni e anabolizzanti in Italia le notizie trovano poco riscontro sui media? Abbiamo chiesto ai soggetti interessati di rispondere a questi interrogativi.
Per il momento ci ha scritto solo Uniceb (*) sostenendo che “purtroppo, le mele marce esistono in tutti i campi ed in tutti i settori e questi episodi dovrebbero servire soprattutto per far emergere chi lavora correttamente piuttosto che essere utilizzati come scoop per demonizzare degli interi comparti produttivi”. La lettera continua dicendo “che questi avvenimenti non devono in nessun caso porre ombre sul sistema di allevamento italiano che è composto da migliaia di operatori seri e corretti che rispettano appieno la moltitudine di obblighi previsti dalla normativa comunitaria e nazionale”.
Ci sembrano motivazioni deboli, per episodi che non coinvolgono un gruppo ristretto di allevatori, ma lasciano ipotizzare l’esistenza di tanti operatori abituati a trattare migliaia di capi con farmaci illegali.
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