Il governo sarebbe pronto a vendere il 4,9% di Terna. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, lo ha anticipato in un'intervista al Washington Post, che però ha riportato una percentuale sbagliata (il 49%, mentre la Cdp possiede solo il 29% della società della rete elettrica). La vendita sarebbe "one shot". Dunque la partecipazione pubblica tramite Cassa si fermerebbe al 24%, in modo da mantenere la presa su una società considerata strategica (la rete elettrica è tra quelle sulle quali sono riconosciuti i poteri di golden power).
Il punto è anche un altro. Con la vendita del pacchetto del 5% di Terna e con lo Stato al 24% della società della rete, si romperebbe ufficialmente il tabù del 30%. La vecchia soglia dell'Opa considerata anche come limite minimo per poter esercitare il controllo sulle società pubbliche controllate dal Tesoro. L'operazione Terna, dunque, potrebbe aprire a repliche anche su Enel, Eni e Finmeccanica, dove lo Stato possiede quote ancora superiori al 30%.
Tra le società indicate da Letta che saranno inserite nel piano di privatizzazioni c'è anche Fincantieri, altra società partecipata dalla Cassa Depositi e Prestiti tramite Fintecna. Stamattina, l'amministratore delegato della società cantieristica, Giuseppe Bono, si è mostrato freddo sull'ipotesi. Per la quotazione di Fincantieri, ha detto, "sono pronto da 7-8 anni". Secondo Bono, quando Letta parla di privatizzazione pensa alla quotazione dell'azienda: "non credo - ha spiegato l'a.d. di Fincantieri - che pensi di venderla, credo che pensi di quotarla tenendo una quota che consenta al governo di mantenere il controllo". In ogni caso, Bono dice no a qualunque ipotesi di vendita di una quota del capitale ad altri player internazionali: "non abbiamo bisogno di partner, noi vogliamo comandare a casa nostra".
Si stanno svendendo tutti i nostri gioielli di famiglia dopo, naturalmente, averli spolpati.
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