mercoledì 20 gennaio 2016

Diplomi e lauree per novantenni con la terza elementare: l'ultimo trucco di Banca Etruria.



Dati falsi sul titolo di studio per chi investiva su obbligazioni ad alto rischio. 


Diplomi e lauree mai conseguiti per chi investiva in obbligazioni ad alto rischio. Così capitava che in Banca Etruria, una novantenne che a malapena nella sua vita aveva conseguito la terza elementare, nei questionari Mifid che le ha permettevano di investire 40.000 euro in subordinate, l'attempata signora risultava come per magia titolare di diploma di scuola superiore. Idem per un operao edile, investitore di 20mila euro, che dalla terza media raggiunge un diploma. Fittizio ma necessario per poter accedere a quel tipo di trattamento finanziario. 
Un'inchiesta di Repubblica rivela che i fascicoli dei truffati sono nelle mani della Federconsumatori, l'associazione che da anni si occupa delle persone finite nelle mani della scaltrezza criminale delle banche. Chiara Rubbiani dell'associazione racconta che "quaranta persone ci hanno portato la documentazione che Banca Etruria ha fornito loro e nella quasi totalità dei casi il Mifid è stato compilato dai funzionari con dati che non corrispondono a quelli reali".
L'acronimo Mifid sta per "Market in financial instrumets directive" e rimanda alla direttiva europea che disciplina la vendita dei prodotti finanziari. Impone che il compratore abbia ben compreso e sia consapevole dei potenziali rischi cui va incontro (...) "Ma è evidente - spiega Chiara Rubbiani - che qui si tratta di persone che non avevano conoscenza alcuna degli strumenti finanziari che stavano acquistando". Persone anziane, in alcuni casi ultranovantenni, che firmavano una dichiarazione nella quale sostenevano di non aver bisogno della disponibilità dei soldi per "i prossimi dieci anni". 
E via testimonianze di uomini e donne che su quell'ordine di piazzare 130 milioni di euro di subordinate emesse nel 2013 hanno battuto la testa. Intanto l'inchiesta giudiziaria va avanti nelle mani del procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, che il Csm ha dichiarato compatibile con la titolarità dell'inchiesta nonostante la consulenza con il Dipartimento degli Affari giuridici di Palazzo Chigi. Quattro i magistrati chiamati da Rossi per analizzare 45 denunce di altrettanti clienti caduti vittima della presunta truffa.

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