mercoledì 28 agosto 2019

Cenotes, le "caverne" dei Maya. - Fabio Bogo

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Messico. Vicino a Tulum, un sistema di laghi, che celano grotte e caverne, unico al mondo. Scenario sublime, soprattutto per sub e snorkeler.

La porta d'ingresso nelle tenebre luminose dello Yucatan si chiama Dos Ojos. A cinquanta chilometri dalle rovine Maya di Tulum, dove il castello scruta il mar dei Caraibi in un paesaggio da cartolina, nel mezzo della giungla fitta e piatta che spezza in due il Golfo del Messico, le acque chiare e immobili di Dos Ojos ("i due occhi") squarciano il verde della foresta. Luis Martinez, uno dei primi subacquei esploratori del gigantesco sistema di laghi, caverne e canali sotterranei di acqua dolce che attraversano tutta la piana carsica della penisola che dal Chiapas sterza verso est e si tuffa nell'oceano Atlantico, aspetta con le bombole e le torce stagne. «Estas listo?», dice guardando l'imboccatura della grotta, un ovale perfetto tagliato nel calcare marrone. «Soy listo», sono pronto. «Bajamos entonces, cuidado...», scendiamo, stai attento. 

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Attento, perché scendere in immersione in uno dei cenotes messicani è un'esperienza particolare e quasi religiosa. Questi bacini erano sacri ai Maya, che usavano le acque per irrigare i campi, coltivare il mais, dissetare le città come Chichen Itza, Coba, Tulum, Palenque. E i cenotes (dzonot nella lingua Maya, storpiato in cenote dagli occupanti spagnoli) erano anche i cimiteri di giovani e donne che i Maya sacrificavano alle loro divinità per ripristinare quell'ordine cosmico turbato da siccità o inondazioni. L'acqua dava la vita, l'acqua dava la morte: enormi fondi e con le pareti lisce, erano impossibili da risalire; chi veniva lanciato laggiù non ritornava.


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Dalla fine degli anni Ottanta i subacquei messicani hanno iniziato l'esplorazione di questi bacini, scoprendo che quei piccoli laghi in superficie, chiari e freschi, erano solo la punta emersa di un mondo sotterraneo stupefacente, formatosi millenni fa, quando il mare si è ritirato e le acque dolci delle piogge e dei fiumi hanno preso il suo posto, impossessandosi delle caverne, dei cunicoli, delle forre scavate per secoli dalle onde. I cenotes hanno nomi immaginifici (Dos Ojos), mistici (Kukulkan), pratici (Bat Cave, la caverna dei pistrelli), storici (Gran Cenote, il luogo dei sacrifici di Chichen Itzà, la più fastosa città Maya). 


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Tutti hanno la stessa caratteristica: un ingresso a collo di bottiglia, superabile adesso grazie ad una scala di legno che scende lungo le pareti e ad una piattaforma di legno, e sotto un incredibile sistema di grotte, arcate e volte che corrono per decine di chilometri sotto la pianura, un sistema venoso interrotto da stalattiti e stalagmiti, un mondo di pinnacoli in continua evoluzione, che cresce, si modifica, si espande e si spezza al ritmo di tre centimetri l'anno, e che si percorre lentamente, come uno slalom al rallentatore, osservando il lavoro compiuto dalla natura secolo dopo secolo. 


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Per scendere serve una torcia stagna, una muta di almeno cinque millimetri, l'attrezzatura completa per le normali immersioni subacquee e un po' di sangue freddo: si nuota a un metro dal fondo seguendo un cavo giallo ancorato a dei picchetti, facendo attenzione a non toccare pareti o fondali per non sollevare i sedimenti e intorbidire l'ambiente. «Cuidado», si raccomanda ancora Luis, facendo segno con gli occhi e con le mani, mentre la torcia illumina il cavo seguendone il percorso che sfuma nel buio al tempo stesso minaccioso e invitante. Perderlo potrebbe significare non ritrovare la via d'uscita. 


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Dos Ojos è il più famoso dei cenotes della Riviera Maya, quella che corre lungo la costa da Cancun a Tulum, paradiso di spiagge bianche e alberghi alveare costruiti per il turismo di massa americano. Si raggiunge con un percorso sterrato di quattro chilometri che si stacca dall'autostrada, a un chilometro a sud di Xel-Ha. Gli archeologi marini che hanno esplorato il suo sistema hanno calcolato al momento un'estensione di 56 chilometri: è il terzo in ordine di grandezza, dopo Ox Bel Ha (129 chilometri) e Nohoch Nah (61 chilometri), ma il più suggestivo per la presenza di ampie grotte, alte anche 60 metri sopra il livello delle acque sommerse e illuminate parzialmente dalla luce del sole.


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Certo, rispetto all'esplosione di vita animale della vicina barriera corallina dei Caraibi, le acque dolci dei cenotes non riservano grandi emozioni dal punto di vista della fauna subacquea: pochi i pesci, rare le tartarughe. Ma quando il buio è rotto dall'azzurro mozzafiato che illumina una cupola, grazie ad un raggio di sole che filtra da una stretta apertura nella roccia, o quando le stalattiti e le stalagmiti si che si protendono le une vero le altre (tra cento anni magari si fonderanno per creare una sottile colonna) si colorano improvvisamente di viola, si ha la sensazione di essere in una dimensione spazio-tempo surreale, in una tenebra luminosa e liquida, il cui silenzio è rotto solo dal rumore del respiratore e dai leggeri colpi delle pinne che spostano delicatamente l'acqua. 


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I cenotes non sono riservati solo ai sub, generalmente esperti. L'industria del turismo messicano ha gradualmente aperto anche ai semplici appassionati di snorkeling le porte del mondo sotterraneo Maya. Anche perché, specialmente nella stagione più calda, quando da luglio a settembre le temperature sfiorano i 35 gradi e l'umidità ti incolla i vestiti alla pelle, un bagno nelle acque trasparenti è un'esperienza rinfrescante da non perdere. Bastano un costume, le pinne ed una maschera per passare un'ora e galleggiare sospesi tra l'azzurro dell'acqua, il verde delle liane che quasi la sfiorano, le mangrovie che la presidiano. Se le creature marine che abitano i fondali non sono di particolare interesse, diverso è il discorso per la giungla che ti avvolge. Non è difficile avvistare falchi, tucani, pavoni, colibrì e in cielo veder volteggiare gli avvoltoi. In terra le onnipresenti iguane, i basilischi, le scimmie ragno e, più raramente, il cervo dalla coda bianca. Bello guardarli, mentre al termine dell'immersione o della nuotata si sorseggia una birra gelata, pensando a quel mondo sotterraneo che aspetta ancora laggiù.


https://www.repubblica.it/viaggi/2011/11/16/news/cenotes_le_caverne_dei_maya-117047121/?fbclid=IwAR1ug1fQbFb68wD5kjnuynhy7yQG6G17pKod-3mhuXHo5zOEI_ENNKfYiow

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