La Convenzione - Nel “dl rilancio” è previsto il rinnovo del contratto per un altro anno. Il gruppo dei traghetti deve allo Stato 180 milioni.
Da quattro anni deve 55 milioni di euro allo Stato e da un anno altri 65 che continua a non saldare. Eppure, è scritto nella bozza del decreto “rilancio”, il governo vuole rinnovargli il contratto per il servizio di continuità territoriale marittima da 73 milioni di euro all’anno, in scadenza a luglio. Stiamo parlando di Cin, società controllata dalla Moby di Vincenzo Onorato, già finanziatore della fondazione Open, di quella di Giovanni Toti e poi cliente di Beppe Grillo Srl (che gestisce il blog del fondatore del M5S) e della Casaleggio Associati.
Cin nel 2012 rilevò gli asset della Tirrenia in via di privatizzazione e si assicurò 8 anni di convenzione. I 380 milioni del prezzo sarebbero dovuti servire a coprire in parte i circa 700 milioni di euro di debiti lasciati a una bad company statale facente capo al ministero dello Sviluppo economico. Ne vennero pagati subito 200, gli altri furono rateizzati con versamenti nel 2016, 2019 e 2021. Ma mentre il debito contratto per l’operazione cominciava a rivelarsi insostenibile – tanto che oggi l’intero gruppo Moby è in gravi difficoltà e ha già sventato un’istanza di fallimento –, Cin non ha pagato le prime due rate, adducendo una controversa clausola della privatizzazione legata alle procedure di Bruxelles sulla gestione pubblica di Tirrenia. La clausola è intanto decaduta per la conclusione di quelle indagini, ma lo Stato continua a mostrarsi accomodante.
A dispetto di questa situazione, pochi giorni fa il ministero dei Trasporti ha aggiudicato a Moby l’appalto da 1,2 milioni per la fornitura di un traghetto da usare come alloggio per la quarantena dei migranti salvati nelle nostre acque. Quanto a Cin, solo nell’autunno 2018 la bad company – alla cui guida il governo Renzi aveva posto all’inizio del 2016 Beniamino Caravita, già avvocato di Onorato – si è decisa a portarla in Tribunale per il mancato pagamento della prima e poi della seconda.
Partito il contenzioso, a fine 2018 Moby ha prelevato da Cin 85 milioni di euro fra riserve e dividendi, senza che il Mise ha eccepito. Nei primi mesi di quest’anno il Tribunale di Roma ha spiccato i provvedimenti di sequestro per l’equivalente delle due rate saltate (120 milioni), ma la bad company, d’accordo con Mit e Mise, non ne ha chiesto l’esecuzione, cioè non ha bloccato i conti correnti né fatto mettere all’incanto le navi. In proposito i ministeri non hanno risposto alle domande del Fatto. Secondo indiscrezioni la bad company si è accontentata del riconoscimento da parte di Cin del debito (e quindi della rinuncia a impugnare i provvedimenti) e dell’iscrizione di ipoteche non di primo grado. La bad company vi ha rinunciato nel 2016 e Onorato ha potuto utilizzare la flotta come garanzia per rifinanziarsi su quelle navi per cui il debito esiste.
Le casse di Cin sarebbero vuote. Ma dove è finito il 70% della convenzione che il Mit paga entro la fine di marzo? Se Cin lo ha ceduto a sconto, rendendo così insequestrabile il suo credito, perché il Mit non s’è opposto? Non sono le uniche domande senza risposta. Che la convenzione sia in scadenza lo si sa da 8 anni. A marzo 2019 Antitrust e Authority dei Trasporti, evidenziando l’illegittimità (rispetto alle norme Ue) di una proroga, hanno messo a punto ogni dettaglio della gara che hanno invitato il Mit ad avviare a breve. La ministra Paola De Micheli ha sempre soprasseduto e mercoledì in audizione alla Camera e poi nella relazione tecnica al decreto ha spiegato che la convenzione sarà prorogata a causa del Covid-19, “perché la necessaria analisi di mercato sarebbe falsata dal contesto”. Un contesto di servizi ridotti, non fosse altro per lo stop al traffico passeggeri, per cui lo Stato, Bruxelles permettendo, decide di pagare (per almeno un anno) altri 73 milioni. In 9 anni solo dallo Stato Cin incasserà così 650 milioni per navi avute dallo Stato e mai finite di pagare.
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