Chi dice che Giuseppe Conte e il suo Governo giallorosso tirano solo a campare, si segni che ieri è stato raggiunto un obiettivo paragonabile per importanza alla straordinaria gestione della pandemia o al mare di soldi strappati in Europa col Recovery Fund. Il via libera alla rete unica della telefonia, cioè alla costruzione dell’autostrada digitale che porterà la fibra e internet veloce nelle nostre case, ha un valore eccezionale. Soprattutto perché sarà a controllo pubblico.
Dopo l’aria e l’acqua, l’accesso al web diventerà nel tempo il bisogno principale, molto più di quanto non sia già adesso. Anche per questo era penoso che l’Italia fosse ancora al palo nella costruzione della più importante infrastruttura immateriale. Di strada, a dire il vero, se ne stava facendo da una parte con Tim e dall’altra con Open Fiber (società di proprietà di Enel e Cdp), col risultato però di duplicare i costi e procedere lentamente, sapendo sin dall’inizio che così si sarebbe coperto l’intero Paese solo tra molti anni.
I governi di destra, a cui interessavano solo le televisioni del principale, e quelli di sinistra, che non erano riusciti ad andare oltre l’insufficiente idea di Open Fiber, ci hanno condannato, insomma, a un’imperdonabile attesa, mentre in tutto il mondo i servizi internet sono da tempo più accessibili e avanzati. Ci voleva dunque Conte, e la spinta più di tutti di Beppe Grillo e del ministro Patuanelli, per mettere insieme i due grandi player (ai quali si è già aggiunto Tiscali) e aprire all’Italia questa porta del futuro.
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