Posto che, secondo Flaiano, in Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco, resta da capire che forma abbia il cervello di Prodi. Che ne abbia in abbondanza lo si desume, tra l’altro, dalle dimensioni della testa che lo contiene. Ma ciò che affascina, alla luce dei motivi da lui addotti per votare No al taglio dei parlamentari, è la conformazione. Il quesito referendario è semplicissimo, così come la riforma in ballo: siete favorevoli alla legge costituzionale votata quattro volte dalle due Camere con maggioranza oceaniche che riduce i deputati da 645 a 400 e i senatori da 315 a 200? Chi vota Sì ritiene che i parlamentari siano troppi e chi vota No che siano troppo pochi o perfetti. I partiti, i giornali e il mondo giuridico sono affollatissimi di voltagabbana in malafede che predicavano il taglio fino all’istante in cui non l’hanno ottenuto i 5Stelle: poi son diventati contrarissimi, regalando agli odiati “grillini” l’esclusiva della probabile vittoria del Sì e un’ottima copertura per la sicura sconfitta alle Regionali. Ma Prodi è di un’altra categoria, ancor più bizzarra e indecifrabile: quella dei coerenti nell’incoerenza. Spiega infatti sul Messaggero: “Pur riconoscendo che, dal punto di vista funzionale, il numero dei parlamentari sia eccessivo, penso che sarebbe più utile al Paese un voto negativo, per evitare che si pensi che la diminuzione del numero dei parlamentari costituisca una riforma così importante per cui non ne debbano seguire altre ben più decisive”. Cioè: gli eletti sono troppi, ma lui vota No perché se vince il Sì, che condivide, qualcuno penserà (chi? perché? maddeché?) che questa riforma meno importante sia così importante da impedirne altre più importanti.
Lo sragionamento ricorda il “famolo strano” di Verdone e fa il paio con quello che nel 2016 portò Prodi a dire Sì alla schiforma Renzi anche se non la condivideva: “Le riforme proposte non hanno la profondità e la chiarezza necessarie, tuttavia per la mia storia personale e le possibili conseguenze sull’esterno, sento di dovere rendere pubblico il mio Sì, nella speranza che giovi al rafforzamento delle regole democratiche soprattutto attraverso la riforma elettorale” (non oggetto del referendum). La riforma era una “modesta” ciofeca, ma bisognava accontentarsi: “Meglio succhiare un osso che un bastone”. Quindi: quattro anni fa Prodi votò Sì a una legge che non gli piaceva perché ne avrebbe innescate altre che gli sarebbero piaciute; oggi vota No a una legge che gli piace perché ne impedirebbe altre che gli piacerebbero. Fila, no? Sì, se si esclude un cervello a linea retta. Restano l’ondulata, la spezzata e l’intrecciata. Ma, in attesa di una bella Tac, propenderei per la spirale. O la serpentina.
Nessun commento:
Posta un commento