mercoledì 15 giugno 2022

Brindano gli impresentabili: due consiglieri, uno assessore. - Saul Caia

 

PREFERENZE - Voti pure ai due arrestati. La Dc di Cuffaro prende il 5,6%.

Sono stati marchiati come “impresentabili” dalla commissione nazionale antimafia, perché a processo per concussione, corruzione e riciclaggio. Eppure gli elettori palermitani li hanno premiati consegnandogli uno scranno nell’aula consiliare di Palazzo delle Aquile, nelle stesse elezioni in cui la Dc del pregiudicato Totò Cuffaro ha messo insieme il 5,6 per cento, superando la soglia di sbarramento.

Tra i più votati c’è Giuseppe Milazzo, che ha ottenuto 1822 preferenze con Fratelli d’Italia, mentre è imputato per concussione. “Non ho nulla di cui vergognarmi e non ritengo assolutamente di essere impresentabile – ha detto Milazzo –, anche perché sono stato rinviato a giudizio per un reato non grave, e senza mai essere stato condannato in primo grado”. Siederà in consiglio anche Giuseppe Lupo, per tre volte deputato regionale e già componente della Commissione antimafia siciliana, che in questa tornata ha raccolto 1406 preferenze con il Pd. Lui invece è sotto processo per corruzione.

Nella squadra di governo del neo sindaco Roberto Lagalla dovrebbe trovare un posto Totò Lentini, già tre volte deputato regionale e legato politicamente all’ex governatore autonomista Raffaele Lombardo. Lentini è capolista di Alleanza per Palermo con la quale ha racimolato 764 voti. Su di lui pende un’imputazione per concussione in una vicenda iniziata nel 2015. “Confido con la massima serenità di poter dimostrare la mia totale innocenza”, auspica Lentini. Non troverà spazio invece Francesco La Mantia, l’ultimo “impresentabile” inserito nell’elenco stilato dalla commissione presieduta da Nicola Morra. Non sono bastati i 242 voti con Noi con l’Italia. “È un errore clamoroso – ha detto La Mantia –, per me un impresentabile è una persona che ha avuto delle condanne per mafia o per reati contro la Pubblica amministrazione”. Il candidato centrista è stato condannato in primo e secondo grado per riciclaggio, ma la Cassazione ha annullato la sentenza di appello rinviando gli atti. Bisognerà rifare il processo bis, con l’udienza fissata il prossimo 17 novembre.

Non ha invece battuto ciglio Lagalla, che nel giorno del trionfo ha sminuito la presenza degli “impresentabili” nella sua coalizione. “Non hanno commesso reati gravi – ha detto il neo sindaco – Avrei chiesto ai partiti le dimissioni di quanti, eventualmente eletti, risultino avere legami con la mafia. Non mi sembra che nella mia coalizione ci sia qualcuno che abbia commesso reati riconducibili a rapporti con la criminalità organizzata”.

Chi avrebbe intrattenuto rapporti con la mafia è stato arrestato a pochi giorni dalle elezioni dalla Dda di Palermo coordinata da Paolo Guido. Eppure, anche dal carcere, i candidati hanno raccolto oltre 200 preferenze. Appena 57 voti sono andati a Pietro Polizzi di Forza Italia, accusato di voto di scambio politico-mafioso con il boss Agostino Sansone di Passo di Rigano. Proprio in quel quartiere, alcuni presidenti di seggio hanno rinunciato all’incarico. “Se sono potente io… siete potenti voi altri!”, aveva detto Polizzi nell’incontro del 10 maggio scorso al boss Sansone, per poi fare un passo indietro durante l’interrogatorio di garanzia: “Mi ritiro dalla competizione elettorale, non sono più in corsa, nell’ipotesi remota di una elezione non accetterei”. Altre 147 preferenze invece sono andate ad Adelaide Mazzarino, non coinvolta nell’inchiesta ma travolta dalla polemica perché correva alle urne in tandem con Polizzi. Anche lei ha deciso di ritirarsi prima del voto, pur essendo ormai impossibile cancellare formalmente la candidatura.

Qualche preferenza in più è stata raccolta dal geometra Francesco Lombardo di Fratelli d’Italia, nonostante sia detenuto per essere andato il 28 maggio a Brancaccio dal boss Vincenzo Vella a chiedergli “una ventina di voti”. Dopo l’arresto, le figlie Giulia e Federica hanno pubblicato un messaggio sui social difendendo il padre e chiedendo comunque di votarlo, “per dimostrare realmente che persona è”. L’appello però non è bastato a farlo entrare in Consiglio, dato che Lombardo si è fermato a 161 voti.

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