Rieccole, ma è presto per dire se sia davvero la volta buona. Alla Camera sono pronte le nuove norme sul conflitto di interessi: il testo base elaborato dalla commissione Affari costituzionali, dopo una lunga serie di audizioni, andrà in aula il 27 luglio. È presto per dire se si riuscirà ad approvarlo rapidamente: l’ambizione è di fare entrare in vigore le nuove regole già a partire dal 1 gennaio 2021, ma serve che la maggioranza ne faccia una priorità. Almeno è quanto spera il presidente della commissione, Giuseppe Brescia (M5s) a cui è toccato fare “una sintesi, ma al rialzo” delle proposte già depositate a Montecitorio (dei 5 Stelle e l’altra del Pd ma firmata al tempo anche da Italia Viva) che ora dovrà superare la prova degli emendamenti. Impresa certo non facile. Ma urgente, come sottolinea il pentastellato: “I conflitti d’interesse dei detentori di cariche politiche, siano essi al governo o in Parlamento, hanno più volte creato interferenze e condizionamenti su una corretta e imparziale azione politica, fino a minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella gestione della res publica. Analogo effetto hanno avuto i casi di conflitti di interesse nella Pubblica Amministrazione”.
E infatti ce n’è un po’ per tutti. A partire da chi vorrà ricoprire incarichi di governo che per questo dovrà rinunciare praticamente a qualunque carica, ufficio o funzione svolta in imprese, società, enti pubblici o privati e mettersi in aspettativa. Mentre se si tratta di liberi professionisti scatterà la sospensione di diritto dagli albi a cui sono iscritti per tutta la durata della carica nell’esecutivo. Ma non è tutto. È prevista anche l’incompatibilità patrimoniale per i titolari della carica di governo (ma anche del coniuge e dei parenti entro il secondo grado) che posseggano partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale di alcune imprese. Quali? Quelle in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle regioni o dagli enti locali o che operi in regime di monopolio. Oppure nei settori della difesa, del credito, dell’energia, delle comunicazioni, dell’editoria, della raccolta pubblicitaria o delle opere pubbliche o svolga altra attività di interesse nazionale.
A vigilare sarà l’Antitrust che avrà il potere di far decadere chi non si liberi da una posizione di conflitto di interessi o si rifiuti di conferire le proprie attività a una società fiduciaria o nei casi più estremi, a vendere beni e attività patrimoniali incompatibili con l’incarico politico ricoperto. Obblighi stringenti abbinati al divieto di aggiudicarsi anche per interposta persona lavori, servizi e forniture. Questo quanto al governo e ai membri della autorità indipendenti. Ma la nuova disciplina riguarda anche parlamentari, consiglieri e assessori regionali e non solo. Sentite qui.
Saranno ineleggibili alla Camera o al Senato, direttori e vicedirettori di testate giornalistiche nazionali se hanno esercitato l’incarico nei 6 mesi prima dell’accettazione della candidatura. Ma anche i sindaci nei comuni con meno di 20 mila abitanti, i capi e i vicecapi di gabinetto dei Ministri. E chiunque abbia anche incarichi di natura dirigenziale, gestionale, amministrativa, di controllo o di vigilanza, di qualsiasi società o impresa costituita in qualsiasi forma, anche a partecipazione pubblica o mista, che svolga la propria attività in regime di autorizzazione o concessione.
Qualunque titolo che sia rilasciato dallo Stato, ma anche da amministrazioni pubbliche, istituzioni, e altri enti pubblici o anche da regioni e province. Insomma vincoli stringenti che riguarderanno anche i magistrati. Per i quali si cerca di limitare le porte girevoli con la politica, innanzitutto con l’innalzamento da 6 mesi a 2 anni prima dell’accettazione della candidatura del periodo di ineleggibilità per correre nelle circoscrizioni dove esercitano le loro funzioni. “Chi va al governo o in Parlamento per realizzare l’interesse della nazione e non quello personale e particolare non ha nulla da temere da questo testo e anzi lo può votare con convinzione”, dice il presidente della commissione Brescia, convinto che solo così si potrà restituire credibilità “non solo all’azione politica, ma anche ai tanti imprenditori e a tanti altri soggetti e professionisti che si affacciano all’esperienza politica”.