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giovedì 29 ottobre 2020

Il premier e la guerra dei matti. - Gaetano Pedullà

 

L’impennata dei contagi è inarrestabile, la Francia torna in lockdown, le Borse di tutto il mondo crollano, ma in Italia si continua con le polemiche su cosa chiudere o non chiudere, e a chi tocca deciderlo. L’opposizione con in testa Salvini non offre aperture al Governo neppure su un decreto che al di là del brutto nome (Ristori) distribuisce subito oltre cinque miliardi, mentre le Regioni procedono in ordine sparso: chi ferma le scuole, chi lascia i ristoranti aperti fino alle 23, chi ha sul tavolo previsioni di ricoveri ospedalieri insostenibili e non volendo assumersi la responsabilità di scelte impopolari come il coprifuoco di grandi città sfruculia il ministero della salute, per capire se gli atti del ministro ancora contano più delle interviste in tv di un suo consulente.

Siamo la culla della civiltà, ma in nome del diritto di ciascuno di fare quello che ci pare assistiamo inerti ad assurde manifestazioni di piazza, e dobbiamo pure sorbirci i sofisticati interventi televisivi di chi giustifica questi stronzi che bruciano auto e devastano vetrine, perché senza lavoro si muore mentre chi si becca il Covid è in gran parte asintomatico. E pazienza se muoiono ogni giorno centinaia di persone.

L’Italia grazie al buonsenso di chi sta governando, e che probabilmente anche i peggiori detrattori un giorno ringrazieranno, sta cercando di evitare un nuovo game over delle attività. Perciò in piena emergenza far guerra all’Esecutivo è da folli, come lo è anche nella stessa maggioranza chi pensa alle poltrone. Ma di questi tempi mancano tante cose, ma non i matti in circolazione.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/il-premier-e-la-guerra-dei-matti/

sabato 16 novembre 2019

Le sardine e i tonni. - Marco Travaglio

L'immagine può contenere: 3 persone, folla

Mattia Santori, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Garreffa: sono i quattro amici trentenni che a Bologna hanno guastato la festa a Salvini col flash mob delle “Sardine”, organizzato in una settimana su Facebook senza spendere un euro: 12-13mila persone in piazza Maggiore, “sardine” perché stanno insieme, strette strette, anche se “non abboccano” al Cazzaro Verde. Il quale, col suo poderoso apparato mediatico e finanziario (strano: la Lega ha i conti sequestrati), ha affittato il Paladozza con 5mila seguaci cammellati perché “noi siamo l’Italia del popolo e delle piazze e gli altri quella del palazzo”. Bene: gli altri erano il doppio dei suoi e “l’Italia del palazzo”, per una sera, era la sua. La prova di forza s’è tramutata in prova di debolezza, anche se le piazze non sono le urne e Bologna non è l’Emilia né la Romagna. Ma il segnale c’è stato, forte e utile per una politica che vive ormai solo di emozioni e di attimi.

Quattro cittadini, invece di imprecare al destino cinico e baro che di questo passo ci regalerà Salvini alla Regione Emilia Romagna (travestito da Lucia Borgonzoni) e poi Palazzo Chigi (in carne e ossa), si sono rimboccati le maniche. E hanno fatto il miracolo. Con due armi infallibili. La prima è la distanza dai partiti: mentre Zinga e Bonaccini tentavano di appropriarsi della piazza piena, lì sfilava lo striscione “Lega e Pd due facce della stessa medaglia”. La seconda è l’ironia, di cui il Cazzaro, gonfio d’aria come la rana della fiaba, è totalmente sprovvisto. Come pure i suoi avversari, che continuano a prenderlo terribilmente sul serio. Invece, per sgonfiare i palloni gonfiati, basta uno spillo. L’avevano già capito in primavera i giovani e meno giovani del Sud che accoglievano con striscioni spiritosi sui balconi delle case il tour da spiaggia dell’allora ministro dell’Interno. È lo stesso spirito spontaneo, apartitico e scanzonato ma non per questo meno “politico”, dei Girotondi del 2002. E poi dei V-Day di Grillo e Casaleggio nel 2007-2008, il primo proprio in piazza Maggiore. Grillo ci tornò nel 2010 gettandosi sulla folla col canotto arancione, mentre presentava i candidati 5Stelle alle loro prime Regionali. Pare passato un secolo: infatti il M5S, lì e non solo lì, non presenterà la lista. Un gesto che sarebbe giusto se fosse il frutto di una scelta di desistenza e resistenza, non di marasma e paura. Ma, liste o non liste, il problema dei 5 Stelle e del Pd è tornare a parlare a quella piazza senza metterci il cappello. E chissà che la soluzione non sia quella di confessare di non avere una soluzione in tasca per tutto, come ha fatto onestamente Conte a Taranto. Parlare meno, ascoltare di più.

https://infosannio.wordpress.com/2019/11/16/le-sardine-e-i-tonni/